Giovani del 2000

Giovani del 2000

Informazione per i giovani del III millennio

ANNO XXIII numero I (80) marzo 2021

Direttore
Alessandra Delle Fave
Vice Direttore
Maurizio Martini
Capo Redattore
Mario Lorenzini
Redattori
Massimiliano Matteoni
Luigi Palmieri
Giuseppe Lurgio
Sito web
Mario Lorenzini
sede
via Leonardo Fibonacci 5, 50131
Firenze (FI)
Telefono e fax 055 580523
E-Mail redazione@gio2000.it
Sito internet www.gio2000.it
Tipologia: periodico trimestrale
Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze al n. 4197 del 26.06.2000

Gli articoli contenuti nel periodico non rappresentano il pensiero ufficiale della redazione, ma esclusivamente quello del singolo articolista.

Rubriche


In questo numero:

Editoriale
Drago d'acciaio di Mario Lorenzini
Cucina
Cibo avanzato non sprecato di Giuseppe Lurgio
Cultura
La federazione degli stati italiani di Loreto Giovannone
La federazione degli stati preunitari di Loreto Giovannone
L'unità italiana anglo-francese-americana di Loreto Giovannone
Gregg Braden: esperimenti sul potere dell'intenzione di SUBLIMEN. (Lista Mente
La Madonna della Bruna di Paola Tassinari
Maschera anti-stanchezza per gli occhi al the nero di Anadela Serra Visconti
Peptidi biomimetici per la ricrescita dei capelli di Anadela Serra Visconti
Introduzione alla lirica italiana - seconda parte: da Tommaso Campanella a Giacomo Leopardi di Massimo Bontempelli
Filosofia
Sul cercare attorno alle cose di Paola Tassinari
Scienza dello sport e sociologia del tipo sportivo: le ricerche di Nino Pino Balotta di Antonio Catalfamo
Vedere con l'udito: Il segreto di Daredevil di Anna Truzzi
Informatica
Smartwatch e salute di Mario Lorenzini
Medicina
Quanto e quale sale utilizzare? di Rossana Badaschi
Ipnosi e terza età di Francesca Ceccherini
SARS-CoVid-19: L’ipotesi del prof. Luc Montagnier, premio Nobel per la Medicina 2008. Composizione, modalità di somministrazione, effetti collaterali e controindicazioni dei vaccini Pfizer (Comirnaty)/BioNTech (mRNABNT162b2) e Moderna (mRNA-1273). Il vaccino AstraZeneca-Oxford-Pomezia. Differenze tra i tre vaccini. Chi è guarito ha una protezione simile al vaccino? Il business dei vaccini. Vaccinati deceduti dopo breve tempo dalla vaccinazione di Stefano Pellicanò
Novità in Medicina: XIX parte di Stefano Pellicanò
Novità in Farmacopea: XIX parte di Stefano Pellicanò
Novità in Sanità Pubblica: VIII parte (X) di Stefano Pellicanò
Racconti e poesia
Bagno Nettuno di Dunia Sardi
Donna Carmela, la levatrice (l’ostetrica): quella notte di 60 anni fa di Annamaria Antonelli
Libeccio di Francesco Burroni
Elogio della lentezza di Antonella Iacoponi
Primavera di Patrizia Carlotti
Riflessioni e critiche
La libertà non è togliersi la mascherina di Flavio Lucchini
Resilienza ai tempi del Coronavirus di Lista Mente gruppo Sublimen
Tempo libero
Parliamo di don Matteo Buggea di Giuseppe Lurgio
Sud Africa, orizzonti sugli oceani e santuari della natura di Gianfranco Pepe
Il Rafting anche per i non vedenti di Giuseppe Lurgio e Luigi Latini
Per sorridere un pò di Giuseppe Lurgio
Libri
Responsive Web Design with HTML5 and CSS (3rd ed.) Develop future-proof responsive websites using the latest HTML5 and CSS techniques di Mario Lorenzini
Comunicati
Info numero verde CROCE ROSSA ITALIANA di Giuseppe Lurgio

Editoriale

Drago d'acciaio

di Mario Lorenzini

Il film d’azione degli anni ‘90, con Brandon Lee, figlio del famoso Bruce Lee. Il riferimento “muscolare” con il noto artista marziale ha una chiara allusione al nuovo motore trainante del nostro Paese, Mario Draghi. Il freddo professore, di poche parole, schivo ai social. Chi parla e appare poco in pubblico, forse pensa e agisce di più. E tutti noi italiani ci auspichiamo un operato che risollevi la decadenza che ormai da tempo, ancor più grandemente con il Covid-19, sta affliggendo il nostro paese. Ricorrere all’ex di BCE e Banca d’Italia è stata realmente l’ultima e l’unica chance? Il tentativo veramente pietoso del nostro ex premier di cercare (ir)responsabili nelle camere, è stato il simbolo della bassezza che ha piegato la nostra politica a condizioni infime mai raggiunte prima. Conseguentemente, il nostro Presidente della Repubblica ha dovuto porre un ultimatum. E dopo accordi non raggiunti, la via delle elezioni anticipate avrebbe richiesto troppo tempo, tempo di cui non si può più abusare; quattro o cinque mesi, pare. Vorrei fare una riflessione. Ma quanto tempo abbiamo (hanno) bruciato finora al governo? Ritardi nell’erogazione della cassa integrazione, nei cosiddetti “ristori”, nella fornitura dei presidi protettivi come mascherine e camici. E quanti errori nella gestione di questa emergenza, tra chiusure inutili di attività COVID-free e aperture a singhiozzo? Quanta lentezza, dovuta a incapacità da un lato e lontananza dai problemi della gente comune. Allora, non sarebbe stato meglio impiegare un certo periodo di tempo a riorganizzare il parlamento dopo nuove elezioni? Parliamo di tempistiche inevitabili, dati i tempi di propaganda elettorale, votazioni e nomina dei ministri. Abbiamo passato gran parte della pandemia sotto l’emissione di numerosi e inconcludenti DPCM, ai limiti e al di fuori della legge; ma ciò è stato consentito, per l’appunto, data l’emergenza. Non avremmo potuto attingere a quella pratica, snellendo i tempi del percorso elettorale? Perché, francamente, la pubblicità dei programmi dei partiti vari, non c’è da saperla, ogni giorno i nostri parlamentari ce lo ricordano: FLAT-TAX a destra, bonus fiscali a sinistra; quota 100 a destra, Legge Fornero a sinistra, e così via. Ma questo nostro bel paese è quello delle regole, si invoca persino la Costituzione. Insomma, quando fa comodo a qualcuno, le norme ci sono, quando fa comodo a qualcun altro, si possono tranquillamente aggirare. La nostra speranza (non il ministro Speranza!) sta nella clemenza lucida di un uomo che conosce i mercati, la realtà italiana e ha radici in Europa. E che abbia, riferimenti linguistici a parte, la possenza di un drago. Una grande responsabilità necessita di un grande personaggio. Sarà lui il nostro messia?


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Cucina

Cibo avanzato non sprecato

di Giuseppe Lurgio

Lettori e lettrici che seguite assiduamente questa rubrica di arte culinaria dove le ricette piuttosto facili da eseguire spesso si mischiano anche a note di carattere tecnico passando poiper simpatiche curiosità non vi stupite se questa volta stravolgo le vostre aspettative. E sì, vi parlerò di "avanzi" e "sprechi alimentari". Se pensiamo che Ogni anno nel mondo circa 1/3 degli alimenti finisce sprecato. Soltanto in Italia per ogni famiglia sono 84,9 i chilogrammi di cibo che finiscono nell'immondizia, una quantità pari a 2,2 milioni di tonnellate. A questi si aggiungono gli alimenti invenduti dei negozi e delle grandi catene di distribuzione che devono far fronte alle esigenze dei consumatori. In questo caso la quantità di cibo sprecato si attesta a 2,89 chilogrammi all'anno pro capite, di cui almeno il 35% potrebbe essere recuperato per essere dato alle persone più bisognose. Insomma, un vero e proprio schiaffo in faccia alle centinaia di milioni di persone che ogni giorno devono vedersela con fame e povertà, tant'è che in Italia è stata introdotta il 5 febbraio la Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare. Lo spreco quotidiano del cibo è quello che più ci tocca da vicino si annida nelle nostre cucine. Tutto inizia e finisce nel luogo sacro dei nostri menù casalinghi: inizia, nel senso che la prima fonte dello spreco è una spesa sbagliata, e finisce, in quanto il cibo che sprechiamo è quello che scandalosamente gettiamo nella spazzatura. Cibo che è ancora perfettamente commestibile, ancora utile anche per preparare qualche piatto del nostro menù. Come possiamo allora evitare o almeno diminuire tali sprechi? Senza dubbio praticando una spesa intelligente. Prima di andare al supermercato verificate quali alimenti sono terminati ed evitate di approfittare delle offerte speciali se temete che non riuscirete a consumare prima della scadenza. Utilizzo strategico del frigorifero. Uno dei principali fattori di spreco alimentare è la scadenza dei cibi. A tal proposito, oltre a fare in modo intelligente la spesa, è fondamentale anche utilizzare qualche espediente per ricordarsi dei cibi che stanno per avvicinarsi alla data di scadenza. Un buon metodo è posizionarli nei reparti centrali del frigorifero, che sono i primi sui quali cade lo sguardo. • Il sottovuoto contro lo spreco. Nel caso non riusciate proprio a resistere agli acquisti compulsivi al supermercato, invogliati anche dalle miriadi di offerte, utilizzate una tecnica che vi aiuterà ad evitare inutili sprechi: il sottovuoto. Utilizzo sapiente del congelatore. Un altro espediente molto utile è congelare il cibo fresco o gli avanzi prima che si rovinino, confezionandoli in piccole quantità. • Attenzione alla scadenza. Non tutti i cibi vanno a male nei giorni successivi alla scadenza. Per alcuni alimenti, infatti, il ritardo di 24/48 ore incide in bassissima parte sulla qualità del prodotto quindi non affrettatevi a gettarli nel cestino. Inoltre, molti cibi riportano la dicitura "da consumare preferibilmente entro", che non ha niente a che vedere con la data di scadenza. In questi casi, superato il limite indicato, l'alimento non va a male ma semplicemente perde alcune caratteristiche di freschezza quindi buttarlo rappresenta uno spreco davvero inaccettabile. La Coldiretti ha messo a disposizione un utile decalogo di dieci accorgimenti che dovremmo seguire per fare una spesa più ragionata e lontana da eventuali sprechi. 1. Fai la lista della spesa 2. Procedi con acquisti ridotti e ripetuti nel tempo 3. Preferisci le produzioni locali e compra nei mercati a chilometri 0 4. Controlla sempre l'etichetta 5. Prendi la frutta con il giusto grado di maturazione 6. Chiedi la family bag al ristorante per consumare a casa gli avanzi 7. Acquista seguendo la stagionalità dei prodotti 8. Non tenere insieme i cibi che consumi in tempi diversi 9. Separa le diverse varietà di frutta e verdura 10. Cucina con gli avanzi ricette anti-spreco Gli avanzi in cucina sono pietanze rimaste non nei piatti dei commensali ma nei vassoi o nei recipienti di cottura. Sicuramente sono pietanze avanzate perchè si e magari esagerato nelle dosi o magari e mancato un commensale. Ma attenzione, gli avanzi possono essere anche prodotti non cucinati e rimasti in dispensa o in frigorifero e magari nessuno ne vuole e prima che scadano o si deteriorino possono essere impiegati nella preparazione di altre ricette. Inoltre, possiamo mettere tranquillamente tra gli alimenti che possono essere utilizzati per la preparazione di ricette anche alcuni dei i cosiddetti "scarti" e poi capiremo perché. Premetto che l'argomento e vasto per la quantità di prodotti che possono essere riutilizzati e elaborati e quindi tratterò un piccolo numero di essi. Ricordo anche a chi legge queste righe che l'utilizzo e il riutilizzo di alimenti siano essi avanzi o scarti alimentari riesce molto bene a chi ha fantasia e soprattutto una mentalità cosiddetta "riciclona"! Chi non ama il riciclo non credo che ad esempio possa mai utilizzare le bucce di fave o di piselli per preparare un gustoso piatto dal sapore particolare. C'è anche da dire che chi pratica con una certa assiduità il riutilizzo e l'utilizzo degli scarti ottiene anche un bel risparmio in termini economici. Ma ciò che ci deve motivare particolarmente è proprio lo spreco di alimenti come giià detto sopra. E ora partiamo con la pasta che e proprio quell'alimento che più spesso resta in grande quantità sia già condita che solo scaldata. Quando si tratta di spaghetti, vermicelli, bucatini o tagliatelle si può preparare la mitica frittata di pasta che tante volte le nostre mamme ci hanno preparato quando andavamo a fare i picnic o quando si andava al mare e si portava qualcosa da mangiare che alla fine era un vero pranzo! Basta sbattere tre o quattro uova in una terrina. del Parmigiano grattugiato e un pizzico di pepe e mischiare accuratamente unendo la pasta gia condita e fatta scolare del sugo di pomodoro in eccesso. Versare il composto in una padella con olio già bollente e girare da entrambi i lati. Se si tratta di pasta corta come penne. Maltagliati, rigatoni e simili basta passarli sotto un getto di acqua fredda e scolarli per bene e poi usarli per fare pasta all'insalata. Se sono conditi con un buon sugo di pomodoro si possono riscaldare il giorno dopo usando se possibile una padella di ferro nella quale vi e stato versato del buon olio di oliva.saltare la pasta fino a che si forma una leggera crosticina. il sapore e straordinario! Altro metodo e quello di imburrare una pirofila e riempirla di pasta condita con formaggio grana. provola. salame. e un po’ di uova sbattute e infornare a forno caldo per circa un 40 minuti. Altro discorso va fatto per pasta e fagioli. o pasta e patate. o anche pasta e piselli o lenticchie. Molti ne preparano apposta in più perché è risaputo che quando riposano queste preparazioni diventano saporitissime! Queste paste vengono riscaldate il giorno dopo in padella e in Campania sono dette "PASTA SCARFATA". Anche il riso si presta benissimo a essere riutilizzato, si può fare al forno come sopra per la pasta. oppure si può usare per fare arancini.ma ee ottimo se usato per preparare delle gustosissime frittelle! Ecco una ricetta semplice e di sicuro gradimento. Frittelle di Riso Ingredienti: minestra di riso o risotto avanzato uova farina bianca olio extra vergine di oliva In una terrina, incorporate alla minestra o al risotto avanzato le uova e tanta farina quanto basta per ottenere un impasto non troppo morbido. Dal composto così ottenuto, ricavate tante "pallette", quindi schiacciatele, passatele nella farina e fatele friggere in una padella nella quale avrete fatto spumeggiare abbondante olio. Una volta ben dorate da tutti i lati, ritirate le frittelle con una paletta forata, asciugatele dall'unto eccessivo con carta assorbente per alimenti e servitele con due gocce di aceto balsamico. Ora vedremo come utilizzare avanzi di verdure Per avanzi di cibo come le verdure, ci sono alternative meno diffuse, tra queste le più gustose sono le crocchette. Gli avanzi di verdure che possono essere utilizzati in questa ricetta sono numerosi: piselli, zucchine, carote, verza, cavolfiori ecc. L'importante è che le verdure vengano tagliate a piccoli pezzetti. Le crocchette di verdura costituiscono un ottimo contorno per i piatti a base di carne. Ciò che vi occorre per questa pietanza è del purè di patate (o delle patate lesse schiacciate) e del formaggio grattugiato. Mescolate il purè di patate con le verdure sbollentate. Insaporite con Parmigiano e aggiungete del sale. Con l'impasto formate dei dischi alti circa 2 cm e fateli riposare nel frigorifero per circa un'ora, al termine della quale potrete friggere le vostre crocchette in una padella antiaderente. Ora proviamo a riciclare formaggio, ricotta e mozzarella Con i pezzi di formaggio opportunamente grattugiati potete preparare il ripieno di polpette, polpettoni, pizze, pizzette oà anche di una semplice omelette. Idem per ricotta e mozzarella. La mozzarella avanzata, più secca e consistente, può essere usata per la preparazione di mozzarella in carrozza. Anche la ricotta avanzata, che è più secca e densa, si può usare per una frittura in pastella. Tagliate la ricotta a cubetti, preparate una pastella con farina e acqua frizzante. Immergete la ricotta nella pastella e friggete in abbondante olio ben caldo. Come riciclare il pane raffermo? Il pane raffermo si può usare per le classiche bruschette, oppure per la preparazione di antipasti. Bagnate il pane raffermo nel latte. Passatelo in una pastella (come quella descritta sopra per le ricotte fritte) e friggetelo. Se avete altri avanzi, potete farcire il pane con salumi e formaggi avanzati. Di solito il modo più comune di riutilizzare gli avanzi di pane e quello di affettarlo e metterlo a seccare e poi macinarlo per farne del buon pane grattugiato per cotolette e per indurire polpettoni o ripieni. Con il pane raffermo si può ottenere un deliziosissimo dolce dal sapore particolare, ecco la ricetta! Dolce di pane Ingredienti per quattro persone: grammi 500 di pane raffermo un litro di latte grammi 200 di zucchero grammi 100 di burro fuso tre uova tre mandorle amare grammi 60 di mandorle dolci pelate grammi 150 di amaretti un bicchierino di liquore all'amaretto o di altro gusto purché aromatico la scorza grattugiata di mezzo limone burro per ungere la tortiera. Preparazione. Fate macerare il pane tagliato a pezzi nel latte tiepido per quattro ore. Passatelo poi al mixer e fate ricadere il passato in una capace terrina. Aggiungete quindi al pane lo zucchero, il burro fuso ed il liquore. Mescolate con una frusta e, sempre lavorando energicamente, unite le uova e le mandorle tritate molto finemente. Incorporate anche gli amaretti ridotti in polvere, la scorza di limone grattugiata ed amalgamate con cura il tutto. Versate il composto così ottenuto in una teglia imburrata e fate cuocere per 30 minuti, in forno già preriscaldato a temperatura di 300 gradi circa. A parecchi e capitato di ritrovarsi alla fine di un pranzo o di una copiosa cena con dell'ottima carne avanzata. Come recuperare bistecche o fettine cucinate alla griglia o anche in umido? Un piatto molto appetitoso sono certamente le verdure farcite: melanzane, zucchine, pomodori, ma anche cipolle, patate e peperoni. La farcitura può essere vegetariana, oppure fatta utilizzando della carne. delle fettine, appunto, o delle bistecche avanzate. Passate la carne avanzata al mixer dopo averla eventualmente disossata. unendo del pangrattato aromatizzato con prezzemolo, zenzero, uno spicchio di aglio, un cipollotto, del formaggio parmigiano reggiano, uova, un filo di olio extravergine di oliva ed un niente di noce moscata Il risultato è eccellente. Questo "insolito" ripieno può essere anche usato per i ravioli, magari con l'aggiunta di una buccia di limone grattugiata sottilissima. Questo macinato può essere anche usato per deliziose polpette. Come per la carne anche il pesce rimasto si può riutilizzare, vediamo alcuni modi. Se avete cucinato un ottima frittura e ne è rimasta un bel pòe come saprete il giorno dopo è proprio immangiabile. Provate allora a soffriggere uno spicchio di aglio in un filo di olio e sfumare con un bicchiere di vino e di aceto bianco aromatizzato con delle foglioline di mentuccia fresca e di basilico. Irrorate la frittura avanzata e lasciatela marinare per un intero giorno rivoltandola spesso. il risultato è veramente appetitoso. Se ad avanzare invece è del pesce arrosto, spinatene accuratamente la polpa, tritatela, mescolandola con mezza patata lessata e schiacciata, aromatizzatela con un bicchiere di martini dry, degli steli di erba cipollina sminuzzata e mezzo bicchiere di panna. Amalgamando con cura, otterrete una saporita mousse che condirà alla perfezione i crostini che accompagneranno un ottimo aperitivo. E cosa farne delle seppie o dei calamari in umido avanzati?Un ottimo modo per "riciclare" questo avanzo è quello di tagliuzzarlo a pezzetti e di usarlo per condire un buon risotto. Bisognerà, però, avere l'accortezza di aggiungerlo al riso quasi a fine cottura, solo due minuti prima di mantecare con la consueta noce di burro e di decorare con del prezzemolo (o basilico) tritato. Anche i biscotti rotti e sbriciolati non vanno buttati, possono essere macinati finemente e servire per addensare creme o per spolverizzare tortiere. Si possono utilizzare anche per creare dei gustosi dolcetti. Polpette di biscotti 300 grammi circa di biscotti secchi macinati 150 grammi di nocciole tostate e macinate finemente 100 grammi di zucchero 50 grammi di cacao amaro due tazzine di caffè circa un bicchierino di liquore aromatico tipo "STREGA" farina di cocco quanto ne basta. Preparazione. Unite i suddetti ingredienti in una terrina escuso la farina di cocco, e impastate bene fino ad ottenere un impasto omogeneo e piuttosto duro.se dovesse risultare troppo duro tanto che si sbriciola aggiungete a piacere o altro liquore o qualche cucchiaio di acqua. Formate delle palline grandi come una noce e rotolatele nella farina di cocco. Adagiate su un piatto e fate riposare in frigo per due ore prima di servire. E ora vi darò due ricette con gli scarti ma vi assicuro che dopo che le avrete assaggiate non chiamerete piu scarti ma semplicemente cibo! Si tratta delle bucce di fava e delle bucce dei piselli che di solito buttiamo nella spazzatura senza nemmeno pensarci su due volte, eppure se opportunamente preparate danno sapori impensabili. Prima di riciclare le bucce di fave in cucina assicuratevi di usare solo fave fresche e provenienti da agricoltura biologica. Lavate accuratamente i baccelli prima di iniziare a cucinarli. Eliminate il filamento di chiusura e il picciolo e cuocetele per 10 minuti in acqua appena salata. Tagliatelle ai baccelli di fava Ingredienti per 4 persone: 300 grammi di baccelli di fave 300 grammi di tagliatelle all'uovo 6 acciughe sott'olio 2 fette di pane raffermo 1 spicchio d'aglio olio extravergine di oliva sale e pepe quanto basta Preparazione: Lavate bene le bucce di fave, tagliatele a fettine e scottatele in acqua bollente per 10 minuti. Tenete da parte le fave per la ricetta che preferite e usate le bucce per cucinare le tagliatelle. In una grossa padella fate riscaldare l'olio e lo spicchio d'aglio schiacciato. Aggiungete il pane raffermo tagliato a cubetti e solo dopo unite le acciughe schiacciate con una forchetta. Aggiungete i baccelli sbollentati e fateli saltare per qualche minuto, il tempo di insaporirsi. Aggiungete il sale. Cuocete la pasta e scolatela molto al dente, terminate la cottura nella padella contenente il condimento. Fate saltare le tagliatelle in modo da amalgamare bene tutti gli ingredienti. Mettete nei piatti e aggiungete, a crudo, una macinata di pepe nero. E ora una ricetta con le bucce dei piselli. Risotto con bucce di piselli Ingredienti: 500 grammi di piselli compresi di bucce 300 grammi di riso Vialone nano 50 grammi di burro 1 mazzetto di prezzemolo 1 scalogno 2 cucchiai di olio evo 60 grammi di fragoline di bosco 3 cucchiai di Parmigiano Reggiano 1 cipolla 2 litri di Brodo con i baccelli Sale e pepe quanto basta Preparazione: Sbucciate i piselli, lavate i baccelli e separateli rimuovendo il filamento "sul retro". Preparate un brodo con i baccelli e i piselli, mettendoli a bagno in 2 litri d'acqua. Lasciateli bollire per circa un'ora a fuoco moderato. Filtrate il brodo e passate le bucce e i piselli al passaverdure. Fate soffriggere senza far bruciare il trito di cipolla in 25 grammi di burro e olio. Aggiungete alla cipolla i piselli e insaporite per circa 5 minuti aggiungendo un po' di brodo e il prezzemolo tritato. Aggiungete il riso e parte del brodo. Fate cuocere e, man mano che evapora, gradualmente, aggiungete altro brodo: il riso non deve mai seccarsi. Procedete fino a termine della cottura (circa 14 minuti se usate il riso Vialone nano). Intanto che il riso cuoce, inserite le bucce di piselli nel passaverdure. A fine cottura, aggiungete la purea di bucce di piselli e gli stessi piselli al risotto. A fine cottura, aggiungete anche il rimanente burro, il formaggio e le fragoline di bosco. Il risotto alle bucce di piselli va servito caldo. Bene, come detto all'inizzio di questo scritto l'argomento e talmente vasto e vario che sarebbe impossibile citare tutti gli alimenti e il loro riutilizzo. Resta comunque valido il concetto secondo il quale per avere meno avanzi e meno sprechi occorre un acquisto e un utilizzo del cibbo piu oculato,ne guadagnano le nostre tasche esopratutto chi vive un disagio anche per acquistare il cibo. Un alimento acquistato e poi buttato nella spazzatura non serve a nessuno, uno non acquistato può essere utile a chi lo consumerebbe.


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Cultura

La federazione degli stati italiani

di Loreto Giovannone

La materia storica che conosciamo dal Risorgimento in poi è falsa e fuorviante, nasconde un regime monarchico feroce e asservito alle potenze straniere. La costruzione della narrazione storica italiana contemporanea, dal Risorgimento in poi è la costruzione, sotto pesanti condizionamenti, della storiografia nazionale schierata e di parte sabauda. La continua e persistente propaganda, usata a partire dal 1848, ha proposto e riproposto una secolare lettura della storia preunitaria indirizzata univocamente a celebrare la sola “unificazione nazionale”. Per affermare questo principio la propaganda maggiormente usata è quella che nella comunicazione viene comunemente detta delle "banalità scintillanti". La tecnica consiste nell'usare parole che evocano concetti o credenze di alto valore a cui sono strettamente associati. Parole comunemente usate nella retorica propagandistica e che inducono nelle masse convinzione senza essere supportate da fatti reali, da informazione o ragionamento. Parole che richiamano emozioni collettive come: l'amore per la patria, l'unità della nazione, la gloria, l'onore, il sacrificio, gli eroi, la libertà, che creano approvazione, consenso senza esaminare la ragione e la concretezza del significato. Per oltre 150 anni per la conoscenza della storia s'è proceduto in modo acritico con la l'imposizione della fazione che ha narrato una favolistica ricostruzione a senso unico, i fatti storici della penisola italiana. Cento anni dopo la problematica e mai avvenuta “unificazione nazionale”, lentamente e progressivamente, sono emerse le contraddizioni della visione faziosa del mondo accademico, degli storici docenti d'università, del credo collettivo artificioso della costruzione delle “nazioni”. Le ricerche in Archivi di Stato fatte da ricercatori indipendenti del Meridione, dopo il secondo conflitto mondiale, ha portato alla luce l'enorme quantità di documenti storici totalmente trascurati dal mondo accademico. I documenti dell'epoca testimoniano la falsa storia attualmente narrata, emerge la costruzione della mitologia risorgimentale ad immagine e somiglianza della classe politica dominante statalista, tutt'oggi e profondamente sabauda nelle sue sotterranee consorterie. La loro trascrizione e circolazione di parte della copiosa documentazione ha generato un irrigidimento delle istituzioni storico culturali dello Stato. Di fronte all'evidenza dei fatti documentati, la quasi totalità del corpo accademico ha reagito con veemenza arroccandosi dietro le indifendibili posizioni ideologiche eredità del passato, avocando a se il primato del metodo come esclusivo appannaggio di accademici. Totalmente ignorato l'apporto di ricercatori indipendenti, pur avendo un modus operandi scientifico nell'indagine storica. È in corso la reazione degli accademici a riaffermare l'azione propagandista di storici specializzati in storia medioevale prestati al Risorgimento che invadono la rete e i mezzi di comunicazione di massa, le riviste di settore, i testi di storia. Costante e continua è la distorsione nelle politiche pedagogiche del ministero dell'istruzione, l'accademismo sempre meno credibile alla collettività, non ha arrestato la volontà comune ad indagare nell'unica verità possibile, le fonti documentali. La visione faziosa e miope dell'accademismo ha generato contrasti, contrarietà insanabili nella diffusione della cultura storica e riaperto ferite nel rapporto Nord – Sud mai rimarginate. Si continua ad insegnare nelle scuole e nelle aule delle università la falsa storia di parte che non corrisponde alle prove documentate emerse dalla ricerca indipendente. Allo stato attuale siamo al punto che nella società esistono due versioni contrastanti della storia contemporanea, oltre al paradosso che, per la storia preunitaria e post-unitaria, gli storici di Stato negano il contenuto dei documenti che lo stesso Stato detiene e conserva nei suoi archivi. Stati preunitari e tentativo di difendersi dai cospiratori “settari” e dalla azione sotterranea della aggressiva corruzione massonica. Dopo la caduta dell'Impero napoleonico, mentre le monarchie europee e gli Stati italiani si riallineavano verso la restaurazione, iniziò la lunga corsa dell'espansione dell'Inghilterra sul Mediterraneo. I governi britannici imposero le politiche economiche, commerciali, coloniali con diversi mezzi: ? Le pressioni dei rappresentanti ufficiali dei governi. ? L'azione dei diplomatici presenti ovunque l'Inghilterra avesse interessi economici e rapporti commerciali. Il deterrente con la onnipresente Royal Navy nei mari italiani e gli usi militari di tutta la flotta commerciale che il governo britannico poteva requisire in ogni momento. ? L'azione sotterranea e occulta dei “settari” (una ferrea e potente massoneria in grado di operare ed intervenire in tutti gli ambienti di potere). ? Infine, una pervasiva propaganda ideologica nelle masse che agiva per formare l'opinione, il consenso politico collettivo da allora in poi. La pervasiva propaganda ideologica dei “settari”, la prima nell'Europa moderna applicata in tutti i settori della conoscenza, fu incrementata nel biennio 1848-49 con gli ideali della costruzione della “nazione”, ideali che vennero imposti negli Stati della penisola italiana con una risonanza di ampiezza sin lì sostanzialmente sconosciuta. Nei decenni anteriori i “settari” lavorarono costantemente e segretamente all’abbattimento degli Stati esistenti ed alla costruzione al loro posto di un nuovo soggetto politico unitario. Vennero costruite ed alimentate nella borghesia di apparato e di governo, una porzione decisamente ristretta dell’opinione pubblica, categorie politiche di orientamento democratico e repubblicano, e le componenti dell’opposizione liberale ai governi costituiti. Già durante i decenni della Restaurazione, furono divulgati dalla propaganda dei “settari” sia le libertà nel significato liberista, che le costituzioni come organizzazione sociale verticistica della società liberale. I settari massonici con la rete di affiliati, spie emissari, furono fermamente determinati a esercitare pressioni sui sovrani della penisola italica affinché essi con le riforme scardinassero le legittime forme politiche esistenti. Il disegno sotterraneo era collegato alla loro realizzazione del progetto di trasformazione dell'assetto politico della penisola. Con i moti del 1848-49 accelerarono radicalmente le dinamiche del quadro politico a loro favore. Oltre un secolo e mezzo dopo le reazioni del 1848, traspare ovunque l'artificiosa costruzione dei “miti” con la sotterranea regia di Inghilterra e Francia, anche perché non misero in alcun modo in pericolo il primato politico, militare e soprattutto economico dei due Stati, anzi li rafforzarono nella posizione politica sulla penisola italica. L'ingerenza britannica sotterranea sempre più presente nelle corti degli stati preunitari, con l'azione massonica conquistò interi settori della borghesia di apparato che si prestò a complottare e rovesciare i governi degli stati preesistenti, e a spodestare le monarchie italiche collegate con l'Impero austriaco. I potenti mezzi della propaganda, tutt'oggi attivi in forme più sofisticate, agitarono concetti ideologici quali “libertà” e “nazione” mascherando, incredibilmente, dietro l'indipendenza dall'Austria, la sottomissione ad un altro monarca straniero proveniente dalla Savoia. Sempre con i potenti mezzi della propaganda, fortemente condizionata dai “settari” di allora alla conquista del potere, costruiscono a tutt'oggi una fantasiosa, improponibile situazione politica. In questa faziosa linea la Treccani filoliberale nelle voci a carattere storico: Sotto la pressione di una cittadinanza che la congiuntura politica internazionale rendeva ogni giorno più convinta del probabile successo delle proprie rivendicazioni, prima nel Regno delle Due Sicilie, poi anche nello Stato pontificio, nel Granducato di Toscana e nel Regno di Sardegna costituzioni moderatamente liberali vennero accordate tra febbraio e marzo del 1848 da sovrani improvvisamente traballanti, i quali nei decenni precedenti erano stati tutt’altro che propensi all’idea di negoziare con i propri sudditi le modalità di esercizio di un potere sin lì declinato in termini autoritari e illiberali. (http://www.treccani.it/enciclopedia/dagli-antichi-stati-all-italia-unita_(L'Unificazione)/) Le ricostruzioni a carattere propagandistico inventano un artificio nel creare un particolare effetto con l'uso della tecnica delle "banalità scintillanti" come “la pressione della cittadinanza”, “la congiuntura politica internazionale”, “la bandiera dell’indipendenza dell’Italia”, “sovrani improvvisamente traballanti”, sono termini di per sé insignificanti in quanto gli stati preunitari non avevano “sovrani improvvisamente traballanti” anzi se si considera il solo Regno delle Due Sicilie è provato che avesse una economia solida e fiorente. Inoltre, godevano della protezione del potente Impero austriaco, alleanze e rapporti commerciali sia a nord che a sud del mediterraneo. La pesante ingerenza sotterranea dell'Inghilterra fu attuata con artificiose azioni che corrosero al loro interno gli Stati preunitari fino all'uso di forme altrettanto artificiose come i plebisciti plateali e falsati, infine con la corruzione della borghesia d'apparato costrinsero agli esili forzosi le dinastie governanti. La falsa descrizione della storia, artificiosa e non reale nasconde tutt'oggi la causa dei fatti storici. Ufficialmente ignorato il fatto, per esempio per il Granducato di Toscana, che le casse pubbliche venissero depredate e portate a Torino. Sconosciute le numerose manifestazioni del 1859 organizzate e regimentate in tutte le comunità rurali delle provincie toscane da Prefetti e Gonfaloni a favore del nuovo regime con sfilate e manifestazioni musicali. La “setta” alimentò l’onda montante dei cospiratori e di perturbatori, finalizzata nei proclami della propaganda, alla conquista e alla difesa della libertà in senso astratto ma liberale, ma sempre sotto una nuova monarchia straniera. Fu attuato il progetto di costruzione di una nazione italiana unita nella invasione militare e nel sangue di insorgenti del Sud in una guerra civile mai dichiarata, e contro la volontà dei singoli Stati invasi e sabaudizzati dal nuovo monarca Savoia. La costruzione delle nazioni fu affiancata di pari passi agli ideali di istituzioni liberali rapaci e strutturate nello statalismo di tipo hegeliano con lo Stato che diventa “Ente” scardinato nelle sue fondamenta di Stati dinastici. Dopo il 1860 fu attuata dai “settari” una manipolazione a tutti i livelli, prima delle élites della borghesia socialmente selezionata ed “affratellata”, poi delle masse in basso. Manipolazione il cui oscurantismo e le sue conseguenze formano tutt'ora, dopo 160 anni, le irrisolte contraddizioni ed i contrasti Nord – Sud di una mai realizzata unificazione.


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La federazione degli stati preunitari

di Loreto Giovannone

Archivio di Stato di Firenze Segnatura: Bianchi Ricasoli, 3, B (n. 29) Amministrazione Generale dei R.R. Palazzi e ville dello Stato di Toscana Modena 20 dicembre 1850 Nota riguardante l'abolizione dello Statuto. Nota verbale. A messa dagli Stati italiani conservatori l’opportunità di contrapporre l’unione loro agli uniti sforzi dei perturbatori, perché questa potesse attivarsi, il governo Estense proporrebbe che il regno delle due Sicilie, lo Stato della Chiesa, il gran ducato di toscana e i due ducati di Modena e di Parma, esponessero ciascuno all’esame dei rimanenti le le basi per le quali stimassero utile di erigere i relativi concerti. Ciò potrebbe effettuarsi in due modi con mezzo cioè del carteggio, oppure consegnando i progetti a uomini di fiducia, i quali convenendo insieme se li scambiassero, sciogliendo le difficoltà che porgesse sulla pratica applicazione dei medesimi. Fra i due modi citati, il governo Estense opinerebbe per accordare all’ultimo la presenza. Qualora dunque una tale opinione fosse ammessa dagli altri aventi interesse stimerebbe sì che la città di convegno potesse essere Firenze: che giunti colà fosse ufficio degli inviati, scambiati progetti, ed offerte in scritto le chieste spiegazioni sui medesimi, il riportar tutto ai propri alti mittenti dopo fissata o confermata la città dove riunirsi nuovamente il ritornare proprio nella città di cui sopra recandovi il progetto, quando fosse stato modificato dopo l’esame eseguito dagli altrui: il dissentirne allora l’accettazione complessiva e il formulario di finalmente una convenzione, stabile, od a tempo, che diverrebbe poi obbligatoria, quando forse ratificata dai rispettivi governi. Frattanto però il governo Estense in prova della sua buona volontà, e convinto della necessità di tali concerti, presenta fin d’ora in istante all’esame altrui le basi del proprio progetto. 1. l’Unione progettata, quantunque si offre in pratica tra i soli enumerati cinque Stati conservativi italiani, si crede però che non dovesse, virtualmente almeno escludere i possedimenti imperiali in Italia, e ciò anche per quei sussidi che l’impero, in vista dei medesimi, potrebbe accordare avvistati suddetti minacciati da interni ed esterni pericoli. 2. Premesso ciò, e ritenuto che la forza delle Sette Sta nella disunione dei principi, si crederebbe principale fondamento ad una unione sincera, il prendere sul prolungamento dello Stato uomo politico corrispettivo, o sull’adozione delle possibili modificazioni, quei concetti che potessero valere a rendere conformi le misure, e determinato l’avvenire dei cinque Stati. 3. Osservato il danno che lungo perno fa all’altro nel non avere al momento per sospetto quello che fu dichiarato ostile dal limitrofo, si proporrebbe di adottare un sistema conforme di polizia preserva attiva e repressiva, stabilendo ordinari e vicendevoli rapporti delle polizie tra loro: ammettendo l’arresto e la consegna reciproca dei delinquenti politici non permettendo all'esiliato per colpa politica dell’uno degli altri stati collegati, la dimora nei rimanenti, qualora questi ne siano stati analogamente diffidati. 4. Considerando che nelle milizie bene organizzate sta la forza dei governi. E, si crederebbe ancora che una organizzazione militare analoga adottata dagli indicati stati italiani potesse giovare così al morale dei soldati rispettivi rendendoli insieme camerata, Come a facilitarne in caso la pratica combinazione dei contingenti. Ciò ha messo in massima, dovrebbe poi in seguito venir condotto ad effetto da un apposito convegno di capaci Uffiziali dei vari stati. Si potrebbe però convenire sul minimo di forza attiva permanente a carico di ciascun collegato, e sulle condizioni normali ed ecco nomi che di mutuo sussidio e difesa. E qui sarebbe a desiderarsi che l’impero austriaco, e il regno delle due Sicilie volessero accordarvi distinti ufficiali per la nuova uniforme organizzazione, ammettendo di prestare all’evento, quali stati più forti l’agente materiale ai minori, ed a loro più prossimi. 5. Supposta nella stampa, specialmente periodica, l’offesa permanente e palese dell’ordine, qualora sia più o meno liberamente concessa, a chi ha l’interesse di sovvertirlo, si stimerebbe utilissimo l’adottare anche perciò un sistema di Uniforme legislazione: ammettendo per esempio la censura preventiva per le produzioni estere qualsivoglia anno e per l'interne teatrali non periodiche e dalle interne periodiche che concedendo bensì la censura posteriore punitiva giusta una legge da concertarsi, ma salvandosi l’anteriore approvazione dei redattori di qualsivoglia giornale, i cui articoli dovendo perciò essere sempre solo segnati o dal nome dello scrittore o dal segno preconvenuto con la censura, escluderebbe nei gerenti ogni arbitrario sia nell’accettazione di articoli anonimi, sia per l’adozione di collaboratori ignoti o sospetti. 6. A quanto si è detto superiormente si aggiunga la convenienza di non ammettere sconsigliatamente quelle altre due principali concessioni dei Governi, che si vorrebbe universalmente introdurre nelle costituzioni politiche come diritti dei governati, cioè la Guardia Nazionale, e la libertà di riunione; giacchè è ormai troppo evidente e riconosciuto il danno che esse arrecano al buon ordine, anco nei governi pienamente rappresentativi. 7. Si accenna soltanto per ora all’utilità di liberarsi in Comune con la deportazione dei nemici della società attuale, e con la regolare colonizzazione dell’eccesso della popolazione affinché Li spiriti vi trovino occupazione e sviamento, come accade negli altri stati d’Europa che tutti, tranne l’Italia, quando non abbiano colonie proprie, provvedano ai mezzi di una regolata emigrazione, giacché a miglior tempo E quando potesse riuscir gradito, si darebbero allora in proposito spiegazioni ulteriori. 8. Si emette in linea di desiderio l’idea di estendere i concerti anche a rendere il meno impossibile difformi tra loro le tariffe daziarie degli stati collegati e di togliere li impedimenti straordinari opposti alla libera circolazione. Non conterebbero allora più i governi tra i loro redditi il contrabbando sperabile in grande dei limitrofi, e cessando nei sudditi rispettivi incentivo a tentarlo, mancherebbe una delle occasioni più prossimi all’immoralità. 9. Perché l’unione forse agevolata dal sussidio di rapide comunicazioni si crederebbe vantaggioso lo stabilire tosto un sistema telegrafico per tutta Italia, che si collegasse con l'attivato già nel Lombardo Veneto e lo studiar poscia nelle vesti dell’interesse comune e non particolare, all’attivazione delle grandi linee possibili di strade ferrate. Non sono qui a dirsi le utilità politiche strategiche, ed economiche, che potrebbero ottenessi da tali concerti diretti più che all’interesse individuale di ciascuno Stato, ai grandi e durevoli interessi della penisola. 10. Per ultimo si crederebbe che dove si nutrisse fiducia che i preliminari all’unione portassero ad una probabilità di Como intelligenza, si notificasse tutto all’I. e B. Gabinetto Austriaco, siccome a Potenza che non è solo tra le principali italiane, ma dalla quale è da attendere ogni più opportuno sussidio morale e materiale, onde intendere se voglia aderirvi, per quanto riguarda i suoi possessi in Italia, o se ha eccezioni da emettere sulle cose nelle quali in massima i cinque Stati anzidetti sarebbero convenuti per la mutua loro difesa e conservazione. Modena 20 dicembre 1850. Amministrazione Generale dei R.R. Palazzi e ville dello Stato di Toscana N. 19. Nota riguardante l'abolizione dello Statuto. Nota verbale Interpellato verbalmente il Governo Estense a far conoscere l'intimo suo pensiero circa alle condizioni in cui versa attualmente la Toscana, e sulla influenza, che aver potrebbe in essa, nel rimanente degli Stati Italiani la riattivazione completa dello Statuto Costituzionale già concessole da S.A.I.R. il Granduca, non esita il Governo Estense, per quanto sia delicata la materia, e nella persuasione di cooperare coscienziosamente, per quanto da lui può dipendere al benessere dell'Italia intiera ed esprimere nelle seguenti riflessioni la propria opinione. E tanto più volentieri si presta a ciò, in quanto che si compiace di porgere nella confidenziale e benevola interpellazione del Governo Imperiale la desiderata iniziativa di quei concerti, che sono indispensabili per nutrire fondata speranza di poter ridonare in modo durevole la quiete e la prosperità ai diversi Stati d'Italia. Senza ricordare la Storia di questo Paese, lo che darebbe luogo a troppo lunghi ragionamenti, egli è però osservabile che fino ad ora ogni passo nel senso dell'unione della penisola venne fatto dal partito del movimento, e dai Governi nati da questo, cioè dai rivoluzionari di ogni colore, mentre i Governi legittimi nulla ppresero da siffatte scosse, dalle quali giammai uscirono trionfanti coi mezzi propri se pur vuolsi eccettuare quello delle Due Sicilie che per la prima volta ebbe questo vanto nel 1848. I rimanenti caddero l'uno dopo l'altro, e se pure esistono di nuovo, lo debbono al potente Aiuto delle Armi Austriache che tuttavia li protegge e li sostiene. Passando ad esaminare la situazione in cui trovasi attualmente la penisola italiane, e le diverse forme di governo che la reggono, trovasi tutt'altro che quello stabile ordinamento, che sarebbe garante di durevole quiete e prosperità. Il Piemonte è costituzionale di fatto con tutto il corredo di quelle istituzioni che a tal genere di Governo si adicono: il Regno Lombardo Veneto soggetto al Governo Militare ma colla promessa di una Costituzione: lo Stato di Modena assoluto come prima del 1848 ma nell'aspettativa di avere istituzioni analoghe a quelle degli Stati vicini, e conforme ai bisogni dei tempi: quello di Parma ugualmente, ma frattanto sottoposto a Governo Militare. La Toscana come il Piemonte, Costituzionale, ma di fatto sospende le assemblee legislative, e colla città di Livorno soggetta a Governo Militare: gli Stati Pontifici governati essi pure come prima del 1848 sembrando derogare positivamente alle concessioni del marzo di quell'anno, le disposizioni del motu proprio del 12 settembre 1849: Napoli finalmente pur esso si regge a forma di Monarchia assoluta, quantunque ottenesse istituzioni Costituzionali analoghe a quelle del Piemonte, e della Toscana. Sarà questo lo stato normale dell'Italia? Sarà esso il più atto a dar forza ai singoli Governi ad evitare ricadute, ad isolare la demagogia? No, certamente. I Governi militari sono transitori, le Costituzioni di fatto sospese, dovranno un giorno essere attivate o modificate, od abrogate: le Costituzioni in attività non danno prova molto favorevole della loro pratica utilità. I principi che la informano sono quelli che portarono li sconvolgimenti del 1848 e dagli stessi principi non possono alla lunga derivare diverse conseguenze. Può bensì la forza materiale impedirne momentaneamente lo sviluppo, ma cessando questa, come pur necessario che cessi, gli elementi del disordine non avrebbero più ostacolo che li comprimesse. Può dunque francamente asserirsi non essere questo lo stato normale dell'Italia, e perciò si veda quale debba piuttosto desiderarsi. Ma in ciò pare si rifletta che essendo l'Italia abbastanza omogenea per costumi, carattere, civilizzazione, ed interessi materiali e morali, quanto dicesi sottopunti generali di vista di una parte sola di essa, è applicabile anche al rimanente. Venendo ora alla più speciale interpellazione dell'I. R. Governo Austriaco, se ciò si ritenga che l'attivazione dello Statuto Costituzionale della Toscana del 12 febbraio 1848 possa influire a mettere in pericolo la quiete, e il buon ordine negli altri Stati d'Italia, sembra non potersi esitare a rispondere francamente in senso affermativo. In Toscana le passioni politiche sono soltanto compresse, il partito del movimento, dai Costituzionali ai Demagoghi è scoraggiato, ma esiste numeroso, disciplinato compatto, e benché le loro tendenze siano decisamente diverse, la loro attuale sconfitta, li unisce contro il comune nemico vale a dire l'Austria, ed i legittimi Italiani. Ove fossero attivate quelle Istituzioni l'affrenata libertà, indi licenza, della discussione nella stampa, ma chiuso nella Tribuna precipiterebbero nuovamente la Toscana in quell'abisso da cui l'hanno provvidamente sottratta le Armi Imperiali, e trarrebbe dietro di se altri Stati Italiani, tostoché in esso mancasse quel corredo di forza materiale che solo può fare argine al torrente. I nemici dell'Austria innalzerebbero la loro voce contro quella potenza che occupa ora la Toscana, abusando della libertà legale che riacquisterebbero per insinuarsi tra le diverse classi dei Cittadini, a sommoverle, dando alle proprie opinioni l'apparenza di pubblico voto, né l'Autorità civile legata dallo Statuto potrebbe prendere quei provvedimenti che bastassero a togliere siffatti impedimenti. L'odiosità che d'essi ricomincerebbero a spargere sulle truppe I. e R. darebbe luogo ai piu frequenti e disgustosi conflitti, e così sarebbe compromesso ora in faccia al paese, ora inverso dell'Austria il Governo Toscano. É forza quindi conchiudere che uno Statuto Costituzionale qualunque non potrebbe prevalentemente attivarsi in Toscana durante l'occupazione Austriaca. E potrebbe tale occupazione cessare ora, senza danno del paese, e dei vicini? La Toscana avendo come le altre parti d'Italia ancora molti elementi di disordine e fra questi dovendosi annoverare molta parte della più intelligente, ed attiva della popolazione, senza che siavi una forza Militare propria abbastanza numerosa, e bene organizzata, né un partito conservativo abbastanza compatto, l'abbandono attuale di quel paese per parte delle II e RR Truppe indebolirebbe il Governo in modo tale che non potrebbe certamente da solo frenare le mene segrete, e la propaganda d'idee sia nazionali, sia unitarie, sia Costituzionali, sia demagogiche, giacchè tutta questa varietà di elementi cosiddetti progressisti lavorano ora allo stesso scopo essendo tutti uniti egualmente. Queste idee non rimarrebbero certamente entro i Confini Toscani, ma si rifletterebbero, e si spanderebbero nei vicini Stati. É quindi chiaro che l'occupazione austriaca in Toscana nello Stato attuale delle cose deve riguardarsi come assolutamente necessaria. Contemporaneamente gettando lo sguardo sull'avvenire cui si collega quel più stabile ordinamento da darsi all'Italia, non sarà fuor di luogo l'osservare che il regno Lombardo Veneto come parte integrante della Monarchia Austriaca, dovrà col tempo venir retto dalla Costituzione del 4 marzo 1849. Se ciò in fatto accadesse, potrebbero gli altri Stati Italiani negare ciò che l'Austria concedeva ai propri Sudditi italiani? Potrebbe l'Austria comprimere negli altri Stati in caso di muovimenti in senso costituzionale, che non mancherebbero di accadere, il principio consacrato nel proprio paese, senza essere inconseguente? Da questi riflessi concludiamo che quando l'Austria attivi nel Lombardo Veneto la Costituzione del 4 marzo, o gli statuti provinciali, ai quali ottimamente cooperarono gli Uomini di fiducia espressamente chiamati a Vienna, non potrà evitarsi dagli altri stati d'Italia di accordare pure istituzioni non affatto dissimili nei loro paesi. Da ciò discende la somma convenienza che le istituzioni fossero in seguito per concedersi all'Italia siano stabilite da ciò la summa convenienza che le istituzioni che fossero per concedersi all’Italia siano stabilite d’accordo fra i vari Stati della medesima. Finché tutti i principi italiani non si trova o verranno nulla di me e a procedere per una stessa linea di condotta sempre intorno a quello che concede di più sì schiereranno Campioni della Demagogia a cospirare contro la quiete del rimanente dell’Italia, e dalle ottenute e concessioni si faranno appoggio per pretenderne delle maggiori. Né alla riattivazione completa delle costituzioni italiane del 1848 dovrebbero mai giungere le concessioni che pure potessero farsi di comune accordo dai principi italiani, in quanto che le suddette costituzioni imposte dalla violenza, o dal raggiro consacrano il principio della sovranità del popolo, ammesso il quale, riesce impossibile qualunque regolato governo. Questo principio proclamato in Francia nel 1830, e una abdicazione del potere sovrano a favore della più illuminata democrazie, è un passaggio con finto nome della monarchia alla repubblica. Si tolga adunque francamente questo principio e allora solo sarà possibile lo sperare in qualche stabile ordinamento. Le condizioni si facciano buste, moderate, ragionevoli dal sovrano al popolo, e allora solo sarà sperabile di vedere introdotto un sistema che presenti garanzia di un migliore e più stabile a venire. Forte il moto proprio del pontefice dato da portici il 12 settembre 1849, e lo statuto provinciale su un mento batto per lombardoveneto potranno offrire una traccia di quanto sia da concedersi senza intaccare le basi fondamentali della società. Ma soprattutto è necessario che i diversi principi d’Italia tolgano dall’incertezza dei loro popoli, il mantenerli nella medesima è un lasciare sperar lavoro di più, e ciò tendeva a mantenere quello stato di agitazione, e di inquietudine, che oggi riscontra sì generalmente nell’Italia, e che la sola forza cresce che si manifesti in generale rivolta. Dovrà poi essere cura precipua di ogni governo di bastare a sé stesso, cioè di acquistare tanta forza da saper reprimere i suoi nemici interni, formando a questo oggetto un buon militare, considerando che una buona truppa non costa più di una cattiva, e salva, in luogo di perdere. Così costituiti i governi d’Italia dovrebbero andar d’accordo fra loro e anche circa ai cambiamenti successivi che i tempi fossero per esigere, ritenuto che non vi sono istituzioni che possono riguardarsi come invariabili. Finalmente dovrebbero gli Stati che agiscono con viste uniformi sussidiarsi al bisogno scambievolmente. Modena 23 luglio 1850.


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L'unità italiana anglo-francese-americana

di Loreto Giovannone

Dopo 160 anni dall'Unità d'Italia è di dominio pubblico che l’Unificazione fu fatta per volontà politica di Inghilterra, Francia e America. Una invenzione anglo-francese e americana, le prove scritte erano nelle stampe inglesi e sotto gli occhi di tutti, bastava leggerle. Dopo il 2011 è stata pubblicata la prova maestra, proveniente dagli archivi della massoneria, la prova del diretto interessamento dei massoni americani. Storici ed accademici italiani insistono dopo 160 anni con la falsa versione della propaganda risorgimentale degli eroici padri fondatori della nazione, la nazione negli stati liberali, i patrioti, il mazzinianesimo con la religione laica della patria, la repubblica, libertà e giustizia per il popolo, la glorificazione dell’eroe dei due mondi. Oggi rimuovendo l’artificio retorico, il mito artefatto di Garibaldi s'è sgretolato davanti alle reali evidenze dei fatti storici. Anche l'altro mito dell'Unità italica per patriottiche e nazionalistiche aspirazioni è in caduta libera se ai vertici dello Stato si inneggia al passato mitologico Risorgimento, contemporaneamente si dichiara che siamo governati da entità sovranazionali. Il mito risorgimentale più abusato Garibaldi, uno dei condannati a morte da un tribunale Sabaudo (all. 1) come nemico della Patria e dello Stato, contumace, fuggito in Brasile, fu usato dagli inglesi sin dalle scorribande piratesche dell'America latina e poi fatto rientrare in Italia, prima nel fomentare disordini della Repubblica Romana (1849), poi come Dittatore in Sicilia (1860). Durante la spedizione in Sicilia il nizzardo agì sotto stretto controllo ed appoggio logistico-militare di alcune imbarcazioni della Royal Navy al comando dell’Ammiraglio Mundy in navigazione tra il Tirreno e il Mediterraneo. Inglesi ovunque in appoggio alla spedizione garibaldesca: Mundy stesso racconta in dettaglio lo spostamento strategico da Palermo a Malta per il controllo militare albionico; inoltre un battaglione di volontari inglesi vennero spediti dalla madrepatria in appoggio negli scontri a fuoco, inoltre Garibaldi fu strettamente osservato da Jessy White Mario, al seguito della spedizione ufficialmente come giornalista, alcune fonti la segnalano come amante di Garibaldi, più emissari vari diplomatici e militari. Il protettorato inglese della Repubblica delle isole ioniche, a poche miglia dalla costa pugliese, completa il quadro della dominazione militare inglese nei tre mari che circondano la penisola italica. I Francesi ugualmente presenti con alcune imbarcazioni militari, con Alessandro Dumas e la sua goletta Emma con armi e munizioni, ufficialmente come scrittore e fervente devoto alla causa italiana, più 500 volontari francesi. Tra i volontari si trovano rappresentate molte nazionalità europee ed una duplice presenza americana: la filibusta di Chatham Roberdeau Wheat e le imbarcazioni battenti bandiera americana. Motore occulto della vicenda la massoneria anglo-francese-americana a dirigere in segreto, tutti i vari passaggi militari, politici, economici a finanziare la spedizione. Documenti e fonti. La storia come la raccontano storici ed accademici è volutamente manipolata, enfatizzata dalla retorica e piena di errori fuorvianti sistematicamente ripetuti. Tuttavia alcuni di questi si possono provare unendo le prove documentate. Napoli 7 agosto 1860. L'affiancamento della Royal Navy inglese (All. 2) della spedizione garibaldesca è testimoniato dalla stampa inglese, ampiamente confermato dall'elenco diramato dalla Regia Divisione Navale Sarda, la visita di Garibaldi a Mundy, 9.11.1860 (all. 3), lo stesso testo dell’Ammiraglio lo conferma ampiamente come ordini ricevuti dal governo stesso. Regia Divisione Navale Sarda Nota dei legni da guerra che si trovano ancorati alla rada di Napoli il 7 agosto 1860, (elenco in Archivio Stato Fi.) Americani: Iroquois – Corvetta ad elice da 6 cap. Palmer Austriaci: Swarzemberg – Fregata da 60 colla cornetta del Commodoro Barone di Müllersdorf; la S. Lucia – Piroscafo a ruote da 6. Francesi: Bretagne vascello a elice da 131 colla bandiera del Vice Ammiraglio Le Barbier de Tinan; Algesiras vascello a elice da 91 con la bandiera del Vice Comandante Ammiraglio E. Paris; Imperial vascello ad elice da 84; Eylan vascello a elice da 80; Prony piroscafo a ruote da 6 Brasiliana: D. Isabel Corvetta da 18 senola di marina Inglesi: Hannibal vascello a elice da 91 colla bandiera del Comandante Ammiraglio Sir Rodney Mundy; Agamennon vascello ad elice da 91 Capitano Hope; London vascello ad elice da 91 Cap. Chads; Renown vascello ad elice da 90 Cap. Forbes; Caesar vascello a elice da 6 Ca. Mason; Intrepid cannoniera ad elice da 6 Com. Manyar Italiani: M. Adelaide pirofregata da 32 colla bandiera del C. Amm. Conte di Persano; Monzambano corvetta a ruota da 6 Com. Monale; Authion avviso* a ruota Com. Fai de Bruno; Dora trasporto ad elice Com. Del Canetto * (L'avviso o aviso era in origine una nave da guerra, di piccolo tonnellaggio (brigantino, cutter, schooner, sloop) e veloce, che serviva da collegamento per il comando o per fornire comunicazioni tra le varie navi e la terraferma e altri servizi militari o amministrativi. È l'abbreviazione dell'espressione spagnola barca de aviso (barca di avviso). Napolitana: Partenope fregata da 60 Com. Barone; Cristoforo Colombo fregata a ruote da 12 Posadille Spagna; Villa di Bilbao corvetta da 32 a vela spagnola. Volontari Inglesi combattono per Garibaldi. Un corpo di volontari inglesi fu presente su tutti i luoghi delle varie battaglie (Palermo, Volturno, Capua, Gaeta), partecipando almeno agli scontri tra il Volturno e Capua al comando di John Peard il cui busto troneggia nel romano Gianicolo il colle di Roma dedicato al Risorgimento testimonia ciò che non viene scritto nei libri di storia. Londra 16 aprile 1864. Combattenti inglesi nella invasione del Regno due Sicilie sotto il controllo dalla massoneria mondiale e siciliana. Il fervore del popolo inglese per Garibaldi non diminuisce, come si vede dagli avvenimenti della settimana. Venerdì il Generale accompagnato dal Duca di Sutherland si recò a Bedford... Nella sera pranzò col sig. Panizzi al British Museum... I sig. W. Monro, Horace e Augustus Platt che combatterono con Garibaldi per una parte considerevole della compagna del 1860 si presentarono a Stafford House. Appena egli sentì i loro nomi, benché avesse molti impegni, li fece chiamare, strinse loro la mano con effusione e li tenne in conversazione quasi mezz'ora. Domenica vi fu una scena commovente a Stafford House quando Garibaldi ricevette una deputazione di tutte le nazioni di membri della Loggia di Filadelfia, alla quale il Generale appartiene come Gran Maestro della Loggia di Sicilia. C'erano inglesi, americani, francesi, ecc. e Garibaldi conversò con loro nelle rispettive lingue. (The Illustrated London News, n. 1255, vol. XLIV) Londra 17 aprile 1864. Dispaccio Telegrafico. Il ricevimento che ebbe ieri Garibaldi al Palazzo di cristallo fu oltremodo splendido. Vi assistevano 30.000 persone, fra le quali molte famiglie aristocratiche e membri del Parlamento. Il Comitato italiano gli presentò un cappello sul quale stavano scritte le parole Roma e Venezia. Garibaldi nel rispondere ad un discorso direttogli, disse: “Senza l'aiuto di Lord Palmeston, Napoli sarebbe ancora sotto i Borboni; senza l'Ammiraglio Mundy, io non avrei giammai potuto passare lo stretto di Messina. Se l'Inghilterra si dovesse un giorno trovare in pericolo, l'Italia si batterà per essa.” Il Comitato gli regalò una spada d'onore. (Giornale Il Subalpino, 18.04.1864) Elenco dei diplomatici a fomentare cospirazioni, rivolte, corruzione. Dopo gli accordi di Plombières, prima del 1860, in tutto il Regno due Sicilie furono sguinzagliati in modo mirato agenti inglesi infiltrati ad ogni livello ed attivati i già esistenti cospiratori in sette carbonare e massoniche a fomentare rivolte. A Catania operava il ministro inglese sir Elliot, a Palermo, Messina e Siracusa agivano gli ufficiali sulle navi inglesi, In tutto il Regno due Sicilie l'agente consolare Collins, il comandante dell'Argus capitano Ingram, il console inglese Goodwin, l'Ammiraglio Roodney Mundy con la sua lunga esperienza nei mari del sud est asiatico e i suoi tre ufficiali Wilmot, Morgan, Cooper. Inglesi creano agitazione in Sicilia. All'inizio di aprile 1860 gli inglesi preparano in anticipo l'insurrezione siciliana del convento della Grancia a Palermo, e sebbene soffocata alla nascita, formò nell'intera isola 10.000 insorti e prese possesso degli interni inaccessibili. Nonostante tutto ciò, gli struzzi a Napoli poggiarono la testa nella sabbia e il 7, annunciato attraverso il loro organo, “perfetta tranquillità in tutta la Sicilia e il governo si sono preparati per tutti". Il loro amico a Parigi, M. Franchant, nel giornale la Patrie, ha anche confermato il resoconto della tranquillità in quell'isola "nonostante l'inglese tenti di creare agitazioni, che erano fin troppo evidenti". l'Inghilterra interviene per l'Unità italiana contro la legge delle nazioni (All. 2). Questi libri blu sull'Italia non sono pubblicati per fare un'invasione armata dell'Italia, ma per fare una lotta interna, fomentata in Italia per mezzo delle controversie oziose in cui è precipitata l'Europa e della fiducia cieca e infelice che la sua popolazione continua a riporre nel governo inglese… Gli accordi, le conversazioni a Plombières, in cui hanno partecipato Napoleon, Palmeston e Cavour, hanno portato alla guerra italiana. È necessario tenere a mente che tutto ciò che si ha da quanto è accaduto in Italia è la necessaria conseguenza della cospirazione tra un despota, un demagogo senza coscienza il più imprudente e pericoloso che sia mai esistito (Cavour)... La discesa di Garibaldi non può essere giustificata per il motivo che i siciliani avevano legittima causa di ribellione contro il loro Sovrano. Altri elementi che richiedono considerazione entrano nel caso. Garibaldi partendo dalla Sardegna, il re della Sardegna in pace con il re di Napoli. Il più debole dei cervelli confusi Sir William Atherton per quanto riguarda la legittimità delle sottoscrizioni in Inghilterra in aiuto di Garibaldi, fu abbastanza forte da capire che la partenza di questa spedizione da Genova era un flagrante oltraggio contro la legge delle nazioni. (The Diplomatic Review. British Intervention in Two Sicilies. Vol. 9-10, 2 january 1861, pag. 13). Raccolta fondi. Newcastle, 23 giugno 1860. English aid to Garibaldi. Estratti dall'articolo sull'invasione della Sicilia, dopo la sentenza dalla legge delle nazioni. Non appena è stato pubblicato un annuncio sulla stampa di Londra, che la raccolta fondi sarebbe stata in questo paese a sostegno dell'insurrezione siciliana, a Sir William Atherton fu chiesto in Parlamento se un procedimento di questo tipo fosse legittimo e che la risposta era: che non era illegale. Questa affermazione mostruosa fu successivamente contraddetta da ogni avvocato in casa, e il giusto signore, il signore, da allora ha cercato di negare quello che ha detto, dichiarando che tutto ciò che intendeva era che egli era in dubbio sull'argomento; ma, prima che queste spiegazioni avessero avuto luogo, il telegrafo, segnalando la sua prima risposta, aveva già fatto il male in ogni quartiere del mondo e anche l'espressione di un dubbio su tale questione non è meno pernicioso dei più forti termini di falsa affermazione. (Dal Newcastle Journal, del sabato 23 giugno 1860) Londra 1860/61. Inglesi finanziano la spedizione in Sicilia. Membri del “Garibaldi Italian Unity Committee”. MM.rs W.H. Ashurt, tesoriere. - W. Austin. - I. Sale Barker. - W. Coningham M. P. - Gore Langton M.P. - Frederik Lawrence. - W. I. Lanton. - W. T. Malleson. - M. P. Marsden. - William Shaen. - I. Stansfeld M. P. - P. A. Taylor. - Harry Tailor. - R. E. Wainewright. - I. White M.P. - I Macrae Maior M.A. Segretario – C. De Tivoli Segretario per la corrispondenza italiana. (Circolari alla Associazione dei Comitati di Provvedimento Presidente Garibaldi, pag. 106). Palmeston e il parlamento inglese, per mano di Vittorio Emanuele II, avevano scaricato il facinoroso Garibaldi già nell'ottobre 1860, un assaltatore piratesco, sovversivo condannato a morte fuggito nelle Americhe usato dagli inglesi per gli assalti pirateschi, ora usato per la spedizione in Sicilia a capo di un esiguo numero di volontari di tutte le risme, male assortiti e male armati, che partendo da Quarto per andare in guerra contro l'esercito borbonico e conquistare la Sicilia aveva dimenticato munizioni e viveri al porto di Genova. Garibaldi a capo di uno sparuto, eterogeneo, gruppo di facinorosi venne usato da Inghilterra e Francia come capo di un'associazione di corsari e pirati pieni di eroismo e ribalderia all'assalto. D'altronde Inghilterra e Francia avevano tradizioni militari di enorme rilevanza ed i loro accordi politici ed economici, sia sull'Italia unita in cui misero a capo Vittorio Emanuele II, sia sul canale di Suez per il commercio, sia la spartizione delle colonie nel sud est asiatico, non sarebbero stati scalfiti da una versione tirrenica di filibusta da loro stessi creata e finanziata con a capo Garibaldi. Ma lui ignaro, testardo, perseverò convinto che la Francia fosse a favore del Papa: Scalo Palomba – Alicudi – Eolie 5 luglio 1862. “Vado contro la Francia perché la Francia mantiene il Papa ed i briganti – Ad ogni costo voglio Roma – O Roma o morte – L'Inghilterra mi aiuta – Se riesco tanto meglio, se no, piuttosto che cedere, distruggerò l'Italia che io ho fatto” - Diversamente però da quanto disse Garibaldi si assicura che l'Inghilterra non dà appoggio ai disegni di lui. (giornale Il Mediatore 5 luglio 1862) Inghilterra e Scozia finanziariono l'invasione della Sicilia, anche la popolazione partecipò attivamente lavorando gratuitamente un giorno alla settimana. Nei testi di storia e nell'insegnamento nelle università italiane è ordinario ignorare la verità nota. Scotland e Garibaldi. Il Risorgimento italiano in generale e la spedizione di Garibaldi in articolare, ha suscitato un certo interesse e coinvolgimento in Scozia, che ha superato il resto della Gran Bretagna. Quando scoppiò la guerra nel 1859, gli scozzesi espressero la propria simpatia in vari modi pratici. L'elenco delle iscrizioni fu aperto in tutte le principali città e, se Norbert J. Gossman stimò il contributo britannico totale a sterline £ 15,528 15s, è esatto, Glasgow ed Edimburgh da sole hanno raccolto più di un quarto dell'intera somma versata dalla Gran Bretagna. Nel frattempo gli operai di Glasgow lavoravano senza retribuzione nella metà di sabato libero per le munizioni a Garibaldi. Più vicino alla scena dell'azione, Donald Miller della ditta Henderson Brothers a Livorno vendette forniture militari a Garibaldi a prezzo di costo e l'aiutò anche in altri modi. Salpò per Palermo nella City of Aberdeen (all. n.3), un vecchio piroscafo scozzese a vapore di proprietà di Denny Brothers di Dumbarton, che fu noleggiato per portare volontari garibaldini da Genova a Palermo dove Miller negoziò con l'agente dei proprietari per un ulteriore uso della nave; e così fu su una nave scozzese che Garibaldi costeggiò la terraferma, con duemila uomini, il giorno prima della battaglia di Milazzo. (Janet Fyfe associate professor at the School of Library and Information Science, University of Wertern Ontario, London, Canada. The Scottish Historical Review. Vol.57, n. 164, parte 2, ottobre 1978, pagg. 168-181). La Repubblica delle isole ioniche. È un mistero senza soluzione la totale dimenticanza, noncuranza e sciatteria di storici ed accademici nostrani che, scrivendo del Risorgimento, non affrontano mai la reale situazione politica nel Mediterraneo, il dominio militare inglese dei tre mari che circondano lo stivale. Eppure è nota la supremazia militare inglese sul mediterraneo; eppure è noto l'uso delle Isole Ioniche durante la guerra di Crimea come magazzino militare per armamenti e truppe; è noto che il Vice-Ammiraglio Smart, KH, era Comandante in Capo di Sua Maestà Britannica delle Forze navali nel Mediterraneo; è noto che l'Inghilterra estendeva il controllo da Gibilterra alla Repubblica delle isole Ioniche; è noto che solo 80 miglia separano Corfù (l'isola più a nord dell'Arcipelago delle isole Ioniche) da S. Maria di Leuca; eppure sono note le rotte della navigazione nelle Isole Ioniche della flotta commerciale di Lord Aberdeen detta “colonna dorica”; è noto che con il famoso piroscafo a vapore City of London della flotta commerciale della Denny Brothers di Dumbarton fornì l'appoggio logistico alla spedizione garibaldesca. È inspiegabile il perchè gli storici nostrani non considerano la reale situazione politica del Mediterraneo nel 1860, non tracciano un quadro politico esaustivo a fronte della concomitanza dei fatti quali: ? le pressioni militari anglosassoni sull'Impero Ottomano ed in specifico sulla Turchia con il presidio militare del protettorato delle Isole Ioniche; ? gli enormi interessi commerciali anglo-francesi in atto prima e dopo il 1860 sul Mediterraneo per l'imminente apertura del canale di Suez; ? l'aggressione militare sabaudo-piemontese al Regno Due Sicilie con lo spostamento del controllo politico-finanziario al sud Europa. Da 160 anni il controllo politico e militare anglo-franco-americano del Mediterraneo, è pressochè totale. La demolizione del Regno Due Sicilie fu solo un capitolo dell'espansione imperiale e colonialista anglo-francese che controllando militarmente il Mediterraneo si garantì e si garantisce tutt'oggi il controllo del commercio mondiale. Tutt'oggi lo sbocco del canale di Suez è sotto rigido controllo inglese, Akrotiri e Dhekelia sono due Territori britannici, posti nell'isola di Cipro di fronte a Porto Said, occupati da basi militari del Regno Unito. Americani parteciparono attivamente alla invasione del Regno due Sicilie. 1) 10 giugno 1860, da Genova partenza del vapore sardo Utile con 850 volontari, e con la barca americana Charles-and'Jane con munizioni. Il volontario ungherese Türr rese noto che la spedizione era partita da Genova senza munizioni e senza viveri. 2) Il 21 giugno, da Genova, - vapore Veloce con bandiera americana con 200 volontarì. Arriva in Sicilia la spedizione Medici in precedenza denominata “La Nazione Armata” con i vapori americani Washington, e Franklin, e 2 legni a vela, scortati dal piroscafo sardo Gulnara. 30 giugno, da Livorno, - vapore americano Oregon, con volontari, e munizioni. 3) Maggio 1860. Almeno 4 imbarcazioni presenti tra Tirreno e Mediterraneo al servizio di Garibaldi battono bandiera americana, la Washington, la Franklin, l'Oregon, 1 clipper. 4) Maggio 1860 Garibaldi a Palermo incontra Tortorici arrivato da poco da Nuova Orleans ed ebbe offerto dal Gran Consiglio di Sicilia il 3* grado regolare. 5) Chatham Roberdeau Wheat: l’avvocato americano che con la sua filibusta servì sotto Giuseppe Garibaldi e combatté nelle battaglie di Calatafimi, di Monreale, di Milazzo, del Volturno nel 1860. (Historica Wiki) 6) 1862 a raccogliere i finanziamenti in Italia per la guerra di secessione americana è Garibaldi. 7) 1862 a spedire ex soldati borbonici (almeno 2500) alla guerra di secessione americana furono Garibaldi e Liborio Romano. La statua nel Village New York, oggi può configurarsi come un tributo per la fornitura di soldati, prigionieri borbonici, a combattere nella guerra di secessione. 8) 1861-1870 i finanziatori esteri del Regno d’Italia sono le banche d’investimento Rothschild Londra, Rothschild Parigi, Hamro Londra. 9) 1868 la moneta cartacea delle 2 £ italiane è di proprietà della Banca Americana di Nuova York. è un dato di fatto che se uno stato straniero ti stampa la moneta ne è padrone. 10) Dal 1860 in poi progressivamente inizia la grande emigrazione verso l’America, manodopera italiana per le miniere e le industrie americane. Volontari francesi: Il 13 luglio, comandante Boyer, che comandava la Mouette (il gabbiano) che stazionava nel porto di Palermo, ha informato l'ammiraglio de Tinan che "Garibaldi ha oggi, in Sicilia, diecimila soldati tutti piemontesi, milanesi, romagnoli, con l'eccezione di cinquecento francesi e cinquecento ungheresi”. (Parigi, National Archives: Marine BB4 784, f ° 30 v °. (F. Boyer. Les volontaires francais avec Garibaldi) Finanziamenti francesi al Piemonte. Il 13 agosto, da Marsiglia, parte per la Sicilia il vapore Pausilipe trasportando per Garibaldi casse d'armi direttegli da Alessandro Dumas. Parigi 22 ottobre 1861. Essendo La Francia obbligata, in seguito della sottoscrizione al prestito italiano, di spedire ogni giorno una quantità di denaro a Torino, il governo italiano, dietro domanda del ministro delle finanze francese, ha aggiornato il relativo versamento. (Giornale La Campana del Popolo, 26.10.1861. (All.1) Volontari di altre nazionalità. Ungheresi al seguito di Istvan Turr, Scozzesi, Finlandesi al seguito di Hermann Likanen, Bulgari al seguito di Petko Voyvoda. Il Gianicolo di Roma è il colle che testimonia nella pietra delle sculture e le stele la verità poco praticata dai testi di storia. Le testimonianze sono li nei busti che raffigurano i personaggi della propaganda. Giuseppe Mazzini e gli inglesi. Firenze 22 giugno 1862, giornale popolare “Il Pepe Buono” riassume l'asservimento della stampa alla potente Inghilterra e il disprezzo per il cospiratore e mestatore Giuseppe Mazzini. Londra 17 giugno, Metto su moneta doppia che quanto al Mazzini i frementi ve lo avranno dipinto come un pezzo grosso di diplomazia, come un Ferruccio in guerra; sentite ora come lo giudicano al Parlamento inglese, dove parlano certi dottori di politica da far la barba a quanti mestatori c'è al mondo. Lord Brougham, ch'è un bravuomo e ci vuole bene davvero, ecco cosa disse il 17 alla Camera: “Quanto a Mazzini, non ho nessuna stima di lui né come soldato, né come diplomatico (il pubblico scoppiò in battimani), perché come soldato non ha mai esposto la vita in nessun modo, e come politico non ha fatto altro che cospirare. Bravo! Gridarono tutti. Il ricercatore, storico, Nicola Zitara, il 22 dicembre 2006 affermava: Il nostro passato non è lontano millenni, come si racconta, ma solo 150 anni. È necessario che la coltre di bugie che circonda la nostra identità collettiva sia fugata. La consapevolezza del passato ci aprirà gli occhi e ci permetterà di guardare al futuro. Un futuro ancora da venire perché dopo 160 anni nessuno degli storici ed accademici italici parla di influenza straniera, perché non si dice la verità storica documentata con lo scopo di mantenere la colonia interna sotto il controllo delle oligarchie che albergano nelle viscere dell'amministrazione dello Stato. L'Unità d'Italia fu una invenzione anglo-francese-americana e non degli eroici padri fondatori della nazione o patrioti. La falsa versione della propaganda risorgimentale di storici ed accademici, dopo 160 anni non è più credibile, già da anni i vertici delle istituzioni dello Stato parlano di “poteri sovranazionali” scavalcando la storica formazione degli Stati nazionali propagandata in tutto l’800. Prosegue e si conclude qui l'analitica esposizione delle manovre anglo-francese alla conquista della penisola italica nel “Risorgimento”. L'Unità d'Italia fu la prima tappa della espansione coloniale anglo-francese fino al sud est asiatico dopo l'apertura del canale di Suez. Durante la piratesca spedizione garibaldina, Inghilterra e Francia furono presenti nel Tirreno con le loro marinerie militari e i loro volontari che parteciparono attivamente all'aggressione militare, agli scontri armati della guerra civile al Meridione, guerra condotta arbitrariamente sul suolo di uno Stato sovrano, autonomo, con un governo autonomo riconosciuto sino allora da tutte le potenze europee. Nessuno mai ha reclamato sulla gravissima violazione del diritto delle nazioni. Le centinaia di migliaia di civili morti nella resistenza per difendere la propria terra, i propri paesi, case e famiglie, i fucilati e i deportati, una vera Vandea, furono tutti ridotti a briganti dediti alla grassazione e alla rapina. La piu grande insorgenza popolare in Europa dopo la rivoluzione francese da questione politica fu rudotta a fenomeno di criminalità comune dalla retorica del regime liberale. Nessuno ha avuto alcuna forma di giustizia o di riconoscimento morale. Lo Stato postunitario ha preferito seppellire nel dimenticatoio, insieme alla verità, all'etica, alla civiltà del dibattito politico, la macelleria dei comandi militari del neo esercito italiano, anche la memoria dei molti militari piemontesi invasori, i bersaglieri e di altri reparti dell'esercito italiano caduti sotto i colpi della guerriglia degli insorgenti delle popolazioni del Sud. Uniti per volontà straniere nel sangue e con le armi, poi per pauperismo ed emigrazione al nord e in tutto il mondo. La storia politica e sociale degli ultimi 160 anni ne è testimone, la deportazione dei civili meridionali in lager del nord, messa in atto nel Risorgimento 70 anni prima del nazismo, che la non nazione non riconosce. Per parafrasare Giacinto Da Sivo: l'Italia non è Nazione e mai lo sarà, dal Risorgimento stesso e dal dawinismo sociale del “positivismo” viene il discrimine e il razzismo della lombrosiana divisione in due italie. Fonti: - The Diplomatic Review. British Intervention in Two Sicilies. Vol. 9-10, 2 january 1861, pag. 13. - Janet Fyfe associate professor at the School of Library and Information Science, University of Wertern Ontario, London, Canada. The Scottish Historical Review. Vol.57, n. 164, parte 2, ottobre 1978, pagg. 168-181. - Historica Wiki 2020 - A.S.Fi - Carlo Petrucco. Documenti su Garibaldi e la massoneria. Gherardo Casini Editore (pag. 17) - The map of Europe by treaty; showing the various political and territorial changes... vol III, by Edward Hertsler, cb, London 1875 - Giacinto De Sivo. L'Italia e il suo dramma nel 1861 - Marianna Borea. L'Italia che non si fece. Armando Editore. 2013


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Gregg Braden: esperimenti sul potere dell'intenzione

di SUBLIMEN. (Lista Mente.)

Gregg Braden ha scritto più di 20 libri, molti dei quali sono diventati bestseller. Il suo "Il codice del tempo" è rimasto a lungo nella lista dei bestseller del New York Times. Le idee di Braden sono spesso sconvolgenti. Gregg Braden è uno studioso capace di sconvolgere il pubblico, in quanto, pur partendo da postulati scientifici, esprime idee che non coincidono con quelle della scienza tradizionale. Molte delle sue posizioni sono basate su tre esperimenti che, ovviamente, costituiscono la prova di quanto afferma; tuttavia, tali prove non sono state replicate, pertanto non sono formalmente accettate come evidenze scientifiche. Alcune affermazioni di Braden sono senz'altro audaci, come quella secondo cui se molte persone meditano con un obiettivo comune, possono cambiare la realtà. Questo è ciò che alcuni chiamano "il potere dell'intenzione". Afferma, inoltre, che le emozioni influenzino il DNA e che, pertanto, l'auto-guarigione sia possibile e funzioni in modo simile. Prima di parlare degli esperimenti di Gregg Braden, o meglio, degli esperimenti sui quali basa le sue tesi, è importante chiarire che la scienza non ha avallato nessuna delle sue affermazioni, sebbene non le abbia nemmeno contestate sistematicamente. L'argomento trattato richiede dunque apertura mentale e prudenza. "Quando un certo numero di persone si riunisce e sceglie in un dato momento di creare un'emozione precisa nel proprio cuore, quell'emozione può influenzare intenzionalmente gli stessi campi che sostengono la vita sul pianeta Terra." -Gregg Braden- Gregg Braden: scienza e spiritualità Negli anni 70 Braden ha lavorato come geologo informatico per la Phillips Petroleum. Successivamente, ha lavorato come Senior Designer Computer Systems presso la Martin Marietta Defense Systems. Nel 1991 è stato nominato direttore tecnico operativo presso Cisco Systems. Braden ha anche approfondito lo studio delle culture antiche e maturato un grande interesse per le tematiche spirituali. Parte dall'idea che scienza e spiritualità non si escludano a vicenda; ragion per cui, a partire dalla metà degli anni '90 ha rivolto la sua attenzione alla ricerca sul rapporto tra queste due aree. Va anche detto che attualmente è più famoso per il gran numero di libri scritti e per i programmi televisivi a cui ha partecipato che per qualsiasi altra cosa. È bene chiarire che non è un ricercatore riconosciuto all'interno della comunità scientifica, sebbene parte del suo lavoro sia stato citato in alcune ricerche. Le basi della sua ricerca Gregg Braden ha prodotto un noto documentario dal titolo The Science of Miracles. In esso espone buona parte delle sue teorie e cita tre esperimenti davvero sorprendenti. Il primo è stato condotto nel 1990 dallo scienziato russo Vladimir Poponin, il secondo è di carattere militare e il terzo è stato effettuato presso l'istituto HeartMath. L'esperimento di Poponin consisteva nel creare il vuoto in un tubo di vetro. In realtà, il vuoto totale non esiste, ciò che Poponin intendeva studiare era il comportamento dei fotoni, ovvero le particelle di luce, all'interno di tale tubo. All'inizio i fotoni risultavano sparpagliati, senza alcun ordine. Il ricercatore ha quindi introdotto alcuni campioni di DNA umano e le particelle si sono allineate intorno al campione biologico. In teoria, ciò dimostrerebbe che il DNA influenza la materia intorno. Gli altri esperimenti Per il secondo esperimento, è stato raccolto un campione di globuli bianchi, successivamente collocato in un'apposita stanza dove era possibile misurare le minime variazioni elettriche. Il donatore si trovava nella stanza accanto. A quest'ultimo è stato chiesto di guardare una serie di video, in cui apparivano scene violente e intimidatorie. Braden sostiene che si sia verificata una corrispondenza tra le reazioni del donatore e i cambiamenti nei globuli bianchi prelevati. In altre parole, le sensazioni provate dal donatore, venivano provate anche dal suo campione biologico. Apparentemente, questo proverebbe che le cellule viventi si riconoscono tra loro. Per il terzo esperimento, sono stati prelevati 28 campioni di placenta umana, che sono poi stati disposti in alcuni contenitori capaci di rilevare ogni cambiamento elettrico. Accanto a ogni campione, si trovava una persona meditava; ogni volontario si è concentrato intensamente su un'emozione, positiva o negativa. Braden afferma che il DNA si espande quando qualcuno proietta un'emozione positiva e si restringe quando l'emozione è negativa. Lo scopo di questi esperimenti è dimostrare, senza successo, che le emozioni modificano la materia. In altre parole, Braden afferma che le persone possono guarire attraverso pensieri ed emozioni positivi. Sebbene il suo lavoro possa offrire spunti interessanti, resta ancora molta strada da fare perché possa essere ritenuto scientificamente valido.


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La Madonna della Bruna

di Paola Tassinari

Arte Digitale, stampa su Polionda, 70x100 cm, realizzato ai primi di agosto del 2020, il titolo è “Il sogno di Vito” e rappresenta la processione della Bruna. La festa della Bruna è la festa della Santa Patrona di Matera, la festa di Maria Santissima. Da più di seicento anni i materani portano la Madonna della Bruna nel cuore, un legame profondo che il 2 luglio si manifesta in tutto il suo fervore. Come mai ho realizzato questa opera? Qualche tempo fa mi ha telefonato da Matera, Vito Coviello, scrittore e poeta non vedente, per chiedermi una specie di catalogo delle mie opere con commento, per pubblicarlo assieme alle sue poesie e alle foto di un’altra artista. Chi è costui? Vito di Matera è un uomo semplice, ma non è facile descrivere la semplicità che etimologicamente vuol dire puro, senza artificio, senza malizia, perché oggi il termine di semplice molto spesso viene sminuito in sempliciotto, perché non si crede più alla purezza e alla sua dolcezza intrinseca, la si scambia per ipocrisia, ci si dice… che falsa è quella persona, crede di fregarmi con le sue smielature, oppure è uno sciocco, un credulone e un vero coglione? (Siamo a questo livello, lo stesso si dice dei cattolici praticanti, che quasi ti vergogni di dire che vai a Messa ogni domenica, ti guardano col sorriso ironico con negli occhi... che cogliona non sa che la religione è l’ignoranza dei popoli, crede ancora, che grande cogliona, la Chiesa così ricca, piena di peccatori che ipocritamente si pentono per peccare più di prima e via dicendo) Vito è come Raffaello, tra l’altro il 2020 è l’anniversario dei 500 anni della morte del grande artista di Urbino, i molti eventi celebrativi sono stati semicancellati dal Covid-19, (quasi come se Raffaello non volesse essere festeggiato da una società in cui la gentilezza e la semplicità sono solo false e a fini di interesse). Raffaello era amato da tutti, papi, potenti, popolazione e anche dai concorrenti, gli artisti che di solito erano gelosissimi e invidiosi, Raffaello era amato perché era semplice, umile e innamorato della vita, grato di vivere e risultava caro e prediletto a tutti, le sue opere lo svelano, sono talmente chiare, serene e complete da apparire semplicemente divine. Vito è come Raffaello, ti fidi e ti affidi, perché l’entusiasmo nella sua voce ti dà fiducia, anche se lo conosco solo “virtualmente”, mi ritengo fortunata e baciata dalla sua amicizia. Alla sua richiesta del catalogo mi viene un’idea: “Vito e se realizzassi un ritratto alla Bruna? Magari con accanto anche il fischietto tradizionale materano, quello che raffigura un gallo, simbolo di forza e virilità?” e Vito scandalizzato: “Ma che dici, scherzi, guai a toccare la simbologia della Bruna”, poi mi narra il sogno che ha fatto poco tempo prima, che ha raccontato anche all’Arcivescovo di Matera… “Mia moglie mi ha descritto tutto quello che i miei occhi inutili non mi fanno più vedere, mi ha detto che anche lei ha portato in processione la statua della Madonna per i tre giri in piazza Duomo ed in quel momento precisomi sono sentito al suo fianco alla sua destra a sorreggere insieme agli altri fedeli la statua bellissima della Madonna. Forse è stato solo un sogno che a tutt’oggi mi lascia incredulo e perplesso, ma è stato se pur brevissimo, per me un bellissimo regalo della Madonnina della Bruna. Forse è stata solo la miaimmaginazione a farmelo sognare ma per me è stato un sogno bellissimo ancheperché nel mio piccolo sogno ci vedevo e non ricordavo di essere cieco cosa che appena ho ricordato mi ha traslato nella mia realtà di cieco e nella mia piccola cucina”. Tac… una lucina mi si è accesa sapevo cosa dovevo raffigurare. L’immagine rappresenta la processione della Bruna, con a sinistra in primo piano, l’arcivescovo di Matera, riconoscibile dalla veste color violetto, rappresentala Chiesa che è la guida dei fedeli, in secondo piano a destra Vito che rappresenta i credenti che amano la Madonna così come amano la famiglia, entrambi con la mascherina, imposte dall’epidemia di Covid-19, come testimonianza che quest’anno 2020 ancor di più abbiamo bisogno di Lei, che rivolga a noi i suoi occhi misericordiosi. Per prima cosa ho realizzato a matita e penna su carta, i ritratti dell’Arcivescovo di Matera e di Vito, che ho poi caricato sul computer su un fondo grigio chiaro, che mi è servito come base neutra per evidenziare i colori del giallo e del violetto, che ho inserito con la penna/mouse, tramite una miriade di lineette per dare movimento e brulichio. Su questa base ho inserito l’immagine della Bruna con elaborazioni al computer, inondandola di oro, con ai piedi una corona verde con i fiori rossi, simbolo del suo dolore ai piedi della Croce del Figlio. (Ella conosce questa valle di lacrime e per questo intercede per noi, èla Porta tra noi e il Cielo, nel XXXIII Canto del Paradiso, Bernardo di Chiaravalle ci dice che la Sua benevolenza non solo risponde a chi la domanda, ma molte volte anticipa. La scelta del giallo carico e luminoso che pervade quasi tutta l’opera come una colata d’oro fuso è in riferimento alla luce divina. L’oro è un simbolo di sacralità e ricchezza, in questo caso è l’oro della luce solare, della divinità che dona a piene mani, e che ogni anno si ripete a Matera, proprio come l’oro che può essere fuso e rifuso: “L’oro non appartiene alla mitologia dell’homo faber ma è una creazione dell’homo religiosus” (Mircea Eliade). Per il violetto del fondo, la scelta è stata estetica, per armonizzarlo col primo piano della porpora dell’Arcivescovo, ma anche pensando a Dante nel Canto XXVIII del Purgatorio: “men che di rose e più che di viole /colore aprendo, s’innovò la pianta /che prima avea le ramora sì sole” questa volta conla mia traduzione personale: il colore della pianta che coi rami spogli rifiorì era meno intenso del colore delle rose e più intenso delle viole era cioè un vivido violetto allo stesso tempo pacato e pastello, un violetto come Il porpora, detto anche paonazzo mitigato dal bianco. Il porpora era il colore indossato dai magistrati romani; divenne il colore imperiale indossato dai sovrani dell’impero bizantino e dal Sacro Romano Impero e in seguito dai vescovi cattolici, Dante, secondo me, vi aggiunge un po’ di bianco, lo rende un colore pastello, perché ifiori che sbocciano sull’albero spoglio sono nel Paradiso, mentre l’uomo perquanto eccelso non può essere del tutto bianco, cioè senza peccato. Ravenna 29 agosto 2020


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Maschera anti-stanchezza per gli occhi al the nero

di Anadela Serra Visconti

Sono necessari: 2 sacchetti di the nero Il the, grazie al suo contenuto in teofillina e tannini, ha sulle palpebre una rapida azione anti-gonfiore. Infatti, i sacchetti di the sono molto usati anche in chirurgia estetica, dopo gli interventi sulle palpebre, per ridurre più velocemente gonfiori ed ematomi. Questo metodo, quindi, può essere utilizzato come impacco riposante per gli occhi ad esempio la sera, se dovete uscire, e vi rendete conto di avere lo sguardo un pò stanco, o la mattina, appena svegli, se notate le borse sotto gli occhi. Preparazione: Mettete in infusione i 2 sacchetti di the in una tazza con poca acqua calda perché l'infuso rimanga ben concentrato. Quando saranno appena tiepidi (anche il tepore umido favorisce lo svuotamento), sdraiatevi con un cuscino sotto la testa, ed applicateli sugli occhi per circa 15 minuti. Risultato: sentirete gli occhi subito più riposati e le palpebre più sgonfie. Se il problema è cronico, potrete ripetere questa maschera anche tutti i giorni. Automassaggio con i polpastrelli delle dita: può essere utile, per riattivare la circolazione ed aiutarci a sgonfiare le "borse" associare all'impacco un piccolo massaggio circolare sulle palpebre. Eseguite un movimento circolare intorno agli occhi, con piccole compressioni dall'interno verso l'esterno. Ogni tanto, comprimete con delicatezza anche la zona davanti all'orecchio dove sboccano i collettori linfatici pre-auricolari: otterrete così un piccolo linfodrenaggio che favorisce lo svuotamento linfatico. Infuso di the: è gradevole da bere e stimola la diuresi, favorendo così la anche la riduzione del gonfiore sotto gli occhi. Bevetene 1 o 2 tazze la mattina, a digiuno.


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Peptidi biomimetici per la ricrescita dei capelli

di Anadela Serra Visconti

100 colpi di spazzola prima di andare a dormire era un grande consiglio delle nonne che ci volevano bene. Ma la scienza ci ha dimostrato che non funzionano, se non per rovinare la chioma credendo di farsi del bene. I tempi cambiano. Oggi possiamo essere più scientifici e proporre una terapia medica che sta dando grandi risultati: uno specifico filler a base di acido jaluronico con cui infiltrare le zone diradate. Caduta dei capelli, capelli diradati e sfibrati, queste sono le indicazioni di questo nuovo ritrovato medico sudcoreano. Come per togliere le rughe dal viso con un filler, questo prodotto, di stretto uso medico, è a base di acido jaluronico iniettabile, associato a 7 peptidi biomimetici. Cosa sono? Sono sequenze di aminoacidi costruite ad oc per mimare alcune proteine presenti nel nostro organismo, e stimolare le funzioni cellulari dei bulbi piliferi presenti nel nostro cuoio capelluto. Così stimolano la crescita del capello, favorendo il rinfoltimento. Il parere del medico è essenziale per sapere se sia utile sottoporsi a questo trattamento, adatto solo in caso di bulbi vivi (per la calvizie non funziona). Quattro sedute, una ogni 15 giorni, dopo 3/4 mesi rendono visibile la ricrescita dei capelli e l'irrobustimento di quelli più deboli e sfibrati. La seduta prevede micro- infiltrazioni con ago ultrasottile sul cuoio capelluto, proprio nelle zone diradate (previa crema anestetica locale) . Questo filler è utile sia per la donna che per l'uomo e aggiunge un altro piccolo strumento di benessere per chi vuole recuperare o mantenere capelli giovani e lucenti.


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Introduzione alla lirica italiana seconda parte: da Tommaso Campanella a Giacomo Leopardi

di Massimo Bontempelli

TOMMASO CAMPANELLA Quanto abbiamo detto a proposito di Giordano Bruno, va ripetuto per Tommaso Campanella. Si aggiungono, ad arricchire la possibilità lirica di lui, motivi che possono ricordarci qualche carattere di Jacopone da Todi. Il più scoperto di tali motivi è una smaniosa insofferenza di voler essere capito, angoscia che il lettore non resista a respirare con lui a quell'altezza. Tutto caldo della sua persuasione teorica, il pensatore sente intorno a sé il gelo della gente: la lotta di quell'ardore contro questo freddo, suscita il dramma delle salmodie di Campanella: affaticate, testarde, straripanti di superbo pianto. la sicurezza filosofica sforza d'inquadrare; quella smania interviene con lampi improvvisi a scompigliare: tutt'a un tratto, dal fondo esce e s'impone una voce e non è più altro che l'implorazione d'un uomo tra gli strazi. Canto pieno allora e ti rapisce e le sue vibrazioni tengono inviluppata tutta l'asprezza, il torbido e certi prorompimenti importuni, in una lunga eco patetica, e parte la sentiamo e parte ci assorda, perché forse essa non può essere sentita e appresa appieno che tra la più alta luce del mondo celeste. Tale è l'atmosfera orchestrata ove certe idee diventano subito parole stupefatte -l'amore essenziale, il senno eterno e preparano una esaltazione che è trasalimento lirico pur rimanendo postulato teoretico. Ognuna di queste cose supreme egli già nominandola la vede illuminata dalla sua stessa grandezza, ch'è di per sé poesia. E tutte si concentrano e si fanno una nel Sole, folgorante idea fissa intorno a cui muove il concatenato poema, divinità presente anche tra le nuvole più inquiete dei viluppi metafisicali. Chi pronunci la parola Sole come la pronuncia Campanella, nell'Inno, ecco dice ed evoca, nello stesso punto, e quel sole intorno a cui Copernico ha visto girare la Terra, e insieme i soli dell'intelligenza, della sapienza, del bene e del bello, della virtù, della gioia umana e divina, dell'origine, d'ogni amore. Allora ci ricordiamo tutt'a un tratto delle tre donne sulle quali abbiamo lasciato Dante. In questo modo, a intervalli di secoli, dall’interminabile pianura di fiori pallidi della lirica letterata si levano e da lontano si riconoscono i grandi rocciosi, i veggenti che per guardare al cielo debbono contorcersi e per questo la loro poesia corre più al gesto tragico che all'effuso cantare. Come col Dante petroso, così puoi intonare Campanella con Jacopone; e dall'uno a gli altri sentir risonare gli armonici delle poesie di Michelangelo. ALTRI DEL SEICENTO E SETTECENTO Dopo Tommaso Campanella, la grande poesia tace per altri centosessant'anni. Non sto neppure a separare, come s'usa, il Barocco dall'Arcadia. Di fronte al barocco delle arti plastiche quello della parola ha contato, nel Seicento, ben poco; esso aveva già raggiunto i suoi più veri effetti con anticipazione nelle prose polemiche e filosofiche di Giordano Bruno: anticipazione personale analoga a quella di Tasso madrigalista nei riguardi dell'Arcadia. La quale Arcadia, sebbene passi per essere il frivolo tipico, è qualcosa di più serio del poetare che preferisco non chiamare barocco, ma, con altro termine, secentista. IL secentismo non si presenta nella nostra lirica se non come sensualismo spiritoso o retorica eroicizzante. Durando la fantasmagoria marinista, altri per accrescere serietà all'esercizio del versificare ebbe la pensata di rifarsi a Pindaro. tentativo di "os rotundum" che mise in delirio lettori e letterati per cinquanta o cento anni. Sforzo fastidioso e infecondo: è sempre meno peggio un Marino che un Filicaja. Mancò ai secentisti ogni facoltà d'evocazione; volevano la magia e non erano che prestigiatori; e sentivano i pericoli, si scervellavano a stillare concetti ove non rampollavano immagini, né apparivano fantasmi; s'affannavano a girare in turbine per stare ritti, per non cadere nel vuoto: tant'è, il vuoto li inghiottiva e loro non sapevano raggiungere neppure gli equilibri fugaci d'una costruzione dall'esterno. Perché costruire vuol dire creare proporzioni; essi sapevano solo accumulare. S'è parlato della sensualità della poesia secentista. Sensualità può pure arrivare alle radici dell'essere creando sconvolgimento poetico, ma quando credi di risolvere coi cinque sensi tutta la tua sostanza, il sensuale porta dritto al teatralismo, negazione di poesia ch'è ritrosa intimità. Così quelli generarono nel migliore dei casi teatralità pura: neppure danza, che può arrivare all'ebbrezza; solo acrobazia e pirotecnica, suscitamento tutt'al più di sorpresa non mai di maraviglia e meno che mai di stupore; mentre la pittura era riuscita a dare alla sensualità del tempo una disperazione e l'architettura a comporla in una solidità. Quando poi s'andava impallidendo e smorzava la girandola secentista, nuovi rimatori vollero ritrovare lo stimolo smarrito e tentarono la melodia; in questo senso possiamo riconoscere che l'Arcadia segna uno schietto desiderio di purificazione; ma non basta la schiettezza per suscitare le facoltà poetiche, immaginazione ed evocazione. Volendo trovare un tema alla melodia, poiché s'erano risoluti a lavorare sulla semplicità, rispolverarono e rimisero in scena l'età dell'oro. non sapevano con che bella violenza Bruno ne aveva proclamata la stupidità (ma quanti sapevano leggere Bruno a quel tempo? Bruno è tutto nostro). Come ho accennato parlando del Tasso, l'Arcadia per sete di semplicità si rifece a quell'ideale madrigalesco che Torquato aveva esaurito, e appunto l'età dell'oro era il tema fondamentale dell’"Aminta". Non dirò per questo che i pastori in parrucca del Bosco Parrasio anticipassero l'idea dello stato di natura di Rousseau: anche per quella profumata gente stava in agguato il demone secentesco del teatralismo e tutta l'Arcadia sa di palcoscenico. Per i nuovi come per i vecchi, ogni sentimento per esprimersi doveva salire sopra una ribalta. Fu dunque naturale che in quel patos del canto la parola fosse vinta dalla musica. La musica, fin dai primi del Seicento era balzata al più alto piano dell'aura della creazione artistica; il suo trionfo improvviso aveva seguìto esattamente il decorso contrario a quello che abbiamo segnalato nel fatto poetico: risbocciata sul teatro, era discesa nel fondo dei cuori ad attingere le più fonde ragioni del proprio fiorire. Il gran compito di resistenza contro il complicarsi spaventoso della storia e del costume, se lo assunse in pieno per tutto il secolo decimosettimo l'arte del comporre per suoni. La musica fu il solo raggiungimento celestiale del tempo mentre, contro la storia che li assordava da ogni parte, la ricerca scientifica esercitò gli spiriti preparandoli ad ascoltare la voce di Giambattista Vico. Alla poesia non restava che segnare il passo. Hai l'impressione che anche i migliori, Rolii e Metastasio, scrivano in versi soltanto perché non sanno scrivere musica, con rassegnazione. PASSAGGIO ALL'OTTOCENTO La poesia del secentismo non era andata oltre il giuoco colorato o, con gli oraziani e i pindarici, oltre la ritmata eloquenza. Il senso del canto onde l'Arcadia consegnò la lirica nelle braccia della musica, era stato un timido ritrovamento verso quella poesia terrestre che in ben altro lume trionfava al tempo dell'Umanesimo. Di tale desiderio arcadico del canto, e insieme d'una crescente aspirazione classicista ereditata dalla moda di Orazio, fu fatta l'educazione dei rimatori e dei buongustai che pullularono lungo tutto il secolo decimottavo, intorno all'inquietante fenomeno della poesia di Giuseppe Parini. Certamente il parrin nacque provvisto d'una genialità lirica intensa, senso d'immagine illuminante e del valore evocativo della parola, d'un certo gusto sinfonico della composizione. Ma tutto questo si mescola nell'ostinazione d'un irrimediabile prosa. Privo d'istinto critico, il Parini non sa distinguere nella parola la virtù evocante dal rumore retorico. onde un continuo alternarsi di sorprendente e di insopportabile tanti suoi coetanei e predecessori erano od erano stati vittime d'un pregiudizio della poesia come divertimento mondano, lui soggiace al pregiudizio opposto: la poesia come propaganda educativa. Ma coloro che scrivono per pura passione moralista o politicante, sono in generale artefici trascurati: lui invece studia con cura l'effetto verbale e il compimento orchestrale, muove il ritmo con sicurezza. Vi concorrono come mezzi strumentali elementi elementi del pinadirismo secentista e armonie del Bosco Parrasio; e si fanno in lui classicismo. Non seppe su queste combinazioni tener acceso costantemente quel lume di lirismo ch'era suo nativo: quello che non si eredita da nessuno ed è la qualità unica che importi alla sicurezza della poesia. Le sue improvvise accensioni rischiarano di lampi un paesaggio deliberatamente prosastico: dobbiamo cogliere a volo con cura, come frammenti labili, dettate da una divinità intermittente. Avevamo assistito con Jacopone Dante all'incarnarsi di sollecitudini morali nell'espressione, in modo sì intimo che nessuna analisi possa disgiungerle; In Parini lirico la disgiunzione appare continua e infastidisce: sopra la ritmata e rimata prosa pedagogica, galleggiano senza far presa le brevi plaghe poetiche, come l'olio sull'acqua; ma la loro vivezza e la solidità del costrutto bastano a segnalare il Parini come colui che chiude le porte a due secoli vani per aprire risolutamente le entrate del grande Ottocento. E Vittorio Alfieri? Con lui la poesia comincia sol dove la sincerità autobiografica sa trasfigurarsi e diventare sincerità lirica; così s'arriva alla spontaneità ch'egli non ha raggiunta in nessuna delle liriche del suo folto canzoniere, tutto sforzo e stento. UGO FOSCOLO Un invasamento della sua ventura biografica di italiano nato in terra ellenica, a eccitato il Foscolo a crearsi e interpretarsi come un mito di collegamento e trapasso tra Ellade e Italia, Atene e Firenze, Saffo e Raffaello. Ogni forma incontrata, nel cammino della sua vita, s'egli vi ferma rapito lo sguardo si trasmuta per lui magicamente in un esemplare fidiaco. Allora basta al poeta la collocazione d'un epiteto, uno slittamento di sintassi o allargamento di ritmo, per indiare in Afrodite o in Urania la più ottocentesca e milanese bellezza di donna. Le statue di gesso dei suoi maestri e coetanei classicisti cadono a pezzi al sorgere di quel vivo Olimpo, che rinato e nuovamente espresso da lui lo esalta di vere lacrime. Il suo mondo ne riesce stranamente religioso, mondo dove ogni gesto è di adorazione: la vita si svolge come un rito continuo. La novità di Foscolo sta nell'aver abbandonato il cammino della lirica come auto creazione di personaggio Lui foggia l'oggetto poetico per collocarlo il più possibile lontano da sé; e là farlo contemplare ai fedeli come sùbito s'è fatto: lucidamente immoto e remoto. Foscolo cammina sicuro sull'orlo di là dal quale si precipita nell'estetismo. Il corso della sua creazione è breve e intenso: non più di dodici anni corrono dai sonetti alle "Grazie", raggiungimento estremo dallo strumentale ritmato e largo dei dodici sonetti e delle due odi s'è concesso un'ardua esplorazione di zone ambigue nel gran notturno dei "Sepolcri", per conquistare la libertà apollinea coi frammenti delle "Grazie". Foscolo pone con le "Grazie" l'Armonia a difesa incorrotta contro l'assalto della storia. In mezzo al mondo cannibale suscita l'isola della purificazione. INTERMEZZO CORALE Quest'intermezzo, che s'innesta fra le due sinfonie astrali Foscolo e Leopardi, ha nome Alessandro Manzoni. Anche il Manzoni abbandona la lirica come invenzione di carattere. Il suo inno maggiore è un largo coro Palestriniano, costruito con quelle vigilate simmetrie, riprese, corrispondenze di temi e di stacchi, sorprese d'incastri ingegnosi e potenti, aggravarsi e alleviarsi di contrappunti, rapinosi crescendi, che traboccano il sentimento a significazioni collettive. Anche nelle liriche il primo carattere che dobbiamo riconoscere è la fermezza degli equilibri, ma in tutt'altra maniera raggiunti. Equilibrio deve nascere tutto da una verità interiore che basti a tener bilanciate le rappresentazioni fantastiche:tanto più incantatore quanto meno sembri imporsi con i congegni esterni. Invece nelle liriche del Manzoni l'equilibrio è ottenuto da fuori; e a forza di sviluppi logici. L'ossessione dell'edificare simmetrico impedisce alla lirica manzoniana quel sentore d'enigmatico che mai dallo Stilnovo al Leopardi, è mancato alla nostra lirica maggiore, neppure alla più nitida e piana GIACOMO LEOPARDI Leopardi chiude la grande arcata. Il Foscolo aveva trovato la salvazione creando, come Fidia e Raffaello e Petrarca, un remoto reame di bellezza metafisica; Manzoni tentò di affidare la difesa dell'uomo alla simmetria generale. Su tutto questo, Leopardi cala dolcemente una pianura d'immobile luce e silenzio, gli "interminati spazi", la "solitudine immensa". In questo modo Leopardi chiude la grande arcata della lirica italiana di seicento anni. L'anelito alla purezza assoluta, che dopo i primi due secoli traversava quasi affannoso per altri quattro la nostra lirica, si cala con lui nel suo più aperto e dolce e naturale respiro. La nuova gioia poetica nasce da una sentimentale sconsolazione. Per celebrare la grande umana come si rivela nel volgere degli eventi e dei secoli, Foscolo aveva preso le mosse dal cimitero; sulle apparenze d'una celebrazione funebre dispone Leopardi la sua lirica: e crede d'accompagnare all'ultima dimora ogni letizia umana, di lamentare e consacrare l'inutilità di vivere. Ma il cammino che lui voleva cattivo e funereo crea i più lucenti panorami: il sentimento che se ne sprigiona è una commossa comunione dell'anima dell'uomo con lo splendore del creato. Partito il poeta da un inganno concettuale, quello di cercare di sopra dall'uomo e dal mondo una "utilità", nozione relativa e subordinata della vita, vita e volontà di vivere -che sono la sola nostra certezza precisa- si riscattano come assoluto. e questo s'impone, a insaputa di lui, come l'estremo e supremo raggiungimento della poesia leopardiana. Leggendo le affermazioni più funeste e i più martoriati lamenti, non li senti;quel che ti domina è un senso di miracolo perpetuo; il prodigio è della parola, della sillaba, che nell'attimo si risolvono in universale aperto, mondo di sola luce ove non è rimasto il menomo residuo di terrestre perplessità. Siamo lontani al possibile dal razionale e dalla storia, tornati innocenti davanti alla soglia del Cielo.


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Filosofia

Sul cercare attorno alle cose

di Paola Tassinari

Il Santo Graal La ricerca è studiare, ingegnarsi di trovare ciò che si desidera e che si è perso. L’etimologia della parola proviene dal latino “circum” con significato di attorno, di cercare attorno, con l’aggiunta del prefisso “ri” come rafforzativo, quindi cercare con intensità. Il mio gioco preferito è ricercare tra le pieghe della storia, del pensiero umano, di tutto ciò che riguarda la sfera terrestre, dall’uomo a tutti gli esseri viventi o non viventi, biotici o anabiotici. Platone nei suoi dialoghi, che poi non sono suoi, riporta quelli del suo maestro Socrate che non volle mai scriverli, sosteneva che nella nostra anima c’è tutto, solo che lo abbiamo dimenticato perché giungendo sulla terra, le anime bevono al fiume Lete, perdendo i ricordi, le anime più ingorde bevevano molto e così dimenticavano ancora di più: evidentemente è il mio caso, essendo una ghiottona, chissà quanta acqua del Lete ho bevuto, così devo ricercare più di qualunque altro. Il fatto è che a fianco alla gola, ho un altro vizio, quello della pigrizia, e accanto a questo ne ho un altro, quello della vanità, in sintesi devo essere spinta a far ricerca e poi pure ci deve essere qualcuno che mi dica… interessante. La spinta può essere, la visita a un luogo che mi piace, la lettura di qualcosa che mi colpisce oppure lo stimolo di qualcuno che mi dice, in questo caso Vito Coviello poeta, scrittore, commediografo, non vedente di Matera: “Perché non scrivi per “Giovani del 2000”, è un giornale che ha diffusione, ti do l’indirizzo email”. “Vito, saranno molto giovani, forse le mie storie sempre un po’ filosofiche, che trattano di simboli, non interesseranno”. Vito che è sempre allegro e rende tutto semplice: “Ma no, non sono tanto giovani, ormai dal 2000 sono passati 20 anni”. Quindi eccomi qua a ricercare grazie a questo gradito invito, in cerca di un nuovo Graal. Il Graal che tanto ha affascinato e che fantasiosamente continua ad ammaliare, che appare e scompare, legato alla cerca del Bene, effettuato da personaggi, saggi, coraggiosi ma anche concupiscenti, è solo un calice? O un simbolo che significa l’avvicinarsi dell’anima al mondo delle idee, e l’attimo della sua apparizione cosa se non l’Eureka di Pitagora, e con cosa ci si arriva a ciò se non tramite lo Spirito Santo? Le idee non sono nostre, i talenti non sono nostri, chi più ne ha, più deve farli fruttare, per sé e per gli altri semplicemente condividendoli, solo così si creano nuove idee. Gesto tecnico eccellente- goal La ricerca, in un qualsiasi ambito presuppone un “ritrovamento” o un “raggiungimento” tramite studi o tentativi in modo di arrivare a quello che si cerca, può essere il goal di un centravanti, il superamento di un esame, eventi che danno una grande gioia e senso di benessere; quando la ricerca porta a qualcosa che aiuta tutta l’umanità, per esempio a sconfiggere una malattia oltre alla letizia porta grandi onori, ma nella ricerca, c’è qualcosa che va oltre, sempre che sia fine a se stessa, cioè l’arrivare a un’intuizione ‘giusta’, è giungere più vicino a Dio, quindi ad essere più in armonia sia nel fuori che dentro di noi. È un concetto difficile, vi farò un esempio: Grigori Perelman, è un matematico russo di 54 anni, nel 2002 dimostra la 3sfera, risolvendo uno dei grandi problemi matematici insoluti, egli è un genio. La sua fama arriva prima di lui e, nonostante fondazioni e associazioni si offrano continuamente di premiarlo per le sue idee, lui risponde… niet. Grigori Perelman Lo sanno bene i giornalisti che hanno tentato di entrare in contatto con lui. Perelman ha rifiutato, nell’ordine: una medaglia d’oro alle Olimpiadi di matematica, una borsa di studio per New York, un posto di lavoro all’istituto matematico Steklov, e la Medaglia Fields a Madrid. Perelman, vive a San Pietroburgo con l’anziana madre, ha risposto all’insistenza dei giornalisti con queste parole: “Per me è del tutto irrilevante. Se la soluzione è quella giusta, non c’è bisogno di nessun altro riconoscimento”. Il riconoscimento è nella strada che si è percorso, nella scintilla che si accende come la fiammella dello Spirito Santo. Ci dimentichiamo a volte che è nostro dovere vivere la nostra vita, e ci struggiamo e perdiamo tanto tempo volendo vivere la vita degli altri, con gusti, ambizioni, valori che non sono nostri… è la strada per l’infelicità, schiavi dell’approvazione altrui. Platone con il Timeo nella Scuola di Atene di Raffaello-Roma Dall’opposta errata interpretazione di essere sé stessi sempre e comunque, deriva la convinzione che siamo liberi di fare qualsiasi cosa, senza nessun limite perché dobbiamo realizzarci, ma già gli antichi ci dicevano “Una sola è la salvezza da entrambi questi mali (follia e ignoranza): non muovere né l’anima senza il corpo, né il corpo senza anima” (Timeo Platone). La contrapposizione anima/corpo (l’anima è razionale/il corpo sede degli istinti e delle passioni) non è ben delimitata, nella stessa anima sono compresenti forze diverse: l’anima razionale, saggia e giusta che appartiene ai filosofi e ai governanti, ma sensibile alla superbia, l’anima animosa che appartiene ai guerrieri e ai custodi, forte e coraggiosa ma sensibile all’ira, infine l’anima concupiscente che appartiene alla popolazione, (mercanti, agricoltori, artigiani ecc.) che sempre vuole, mai sazia, mossa dal ventre, si ingozza e si fa tanto male da sola. Indicativa è la favola, di Fedro, della rana e del bue: Una volta una rana vide un bue in un prato. Presa dall’invidia per quell’imponenza prese a gonfiare la sua pelle rugosa. Chiese poi ai suoi piccoli se era diventata più grande del bue. Essi risposero di no. Subito riprese a gonfiarsi con maggiore sforzo e di nuovo chiese chi fosse più grande. Quelli risposero: Il bue. Sdegnata, volendo gonfiarsi sempre più, scoppiò e morì. La nostra anima deve essere in armonia col nostro corpo, ma a volte il corpo pretende di fare ciò che più desidera e l’anima acconsente, non riesce a dire di no, in quanto è perfetta solo quando è vicina a Dio. Per Platone in origine esistevano le Idee e la Chora. La Chora è la materia originaria, informe, caotica, in perenne divenire, su cui un Dio, chiamato Demiurgo, per amore del Bene, interviene per imprimere in essa ordine e stabilità, il margine di errore è che la perfezione non è di questo monto, in quanto il mondo sensibile è un’imitazione ma noi dobbiamo sempre tendervi, sempre tendere al bene, più lo facciamo, più il mondo sensibile assomiglierà al Bene. Questo ci spiega perché nel Rinascimento la “Scuola di Atene” appaia nelle Stanze Vaticane poste all'interno dei Palazzi Apostolici: Socrate e Platone sono visti come segni premonitori della civiltà cristiana, lo stesso Dante, sebbene inserisca le anime dei filosofi e dei più grandi autori classici nel Limbo, in quanto non battezzati, il cristianesimo trecentesco non avrebbe tollerato altrimenti, li riconosce come i fondatori della filosofia morale, di qui la loro collocazione privilegiata, assieme ad Aristotele. L’aristotelismo è alla base della Divina Commedia, Dante lo adatta al cristianesimo, soprattutto nell’ambito della cosmogonia perché l’universo per Aristotele è geocentrico come per Dante e per la Chiesa. La Terra, creata da Dio, è immobile e al centro dell’universo, poi arrivarono Cartesio e Galilei e altri e dissero più o meno: “La Terra non è al centro dell’universo, è un pianeta che gira attorno al Sole assieme ad altri pianeti e non è neppure il più grande”, la Chiesa tentennò ma poi riuscì ad oltrepassare anche questo scalino. Raffaello Sanzio- Scuola di Atene- Musei Vaticani- Città del Vaticano James Frazer, è stato un antropologo e storico scozzese (1854/1941) scrisse ‘Il ramo d’oro’, un’opera monumentale in cui espose la sua teoria sulla magia, intesa come inizio di un complesso percorso in cui la magia diventa religione e poi scienza. Cosa ci sarà oltre la scienza non possiamo saperlo, perché la conoscenza, come la nostra Galassia, ma anche come tutto l’universo si espande, quindi lo sapremo quando sarà giunto il momento, prima anche se Dio volesse darcela non saremmo in grado di comprenderla, anche se Frazer ipotizza un ritorno, come in un circolo, dalla fine all’inizio e viceversa. Frazer definisce la magia come un fenomeno di simpatia tra le cose, capace di instaurare legami per omeopatia, similitudine o contagio, contatto di cui rimane un influsso in ambo le parti. Il simbolo è quel qualcosa che riesce ad unire o ad evocare o segnalare, in greco antico symbolon indicava una connessione, e veniva usato per indicare la tessera di riconoscimento che i giudici di Atene presentavano in tribunale per essere poi pagati, ma era anche l’oggetto che veniva spezzato in due in segno di amicizia fra città o famiglie, consegnandone una metà a ciascuna delle parti. In latino symbolum aveva il senso di segno, segnale, insegna, bandiera. Monogramma cristologico/ Galla Placidia/Ravenna Perché il simbolo ha un suo fascino particolare? Perché veicola qualcosa che è all’interno di noi che non è esprimibile, come posso quantificare quello che è la Croce per i cristiani o per un Santo in confronto a un ateo? Ma non mi addentro in questioni filosofiche o religiose, piuttosto in quelle artistiche, dove i simboli permettono di leggere certi dipinti come un romanzo, ogni simbolo apre una connessione, come i bit di un computer che tramite un sistema binario acquisiscono sempre più informazioni, tanto per farvi un esempio cito Melencolia I, un’incisione a bulino, di piccole dimensioni di Albrecht Dürer. Platone considerava una ‘via di mezzo’ fra la realtà terrestre e il mondo delle idee perfette, la matematica e la geometria, ebbene anche il simbolo può inserirsi in un insieme con sottoinsiemi di più significati che si addizionano, si sottraggono, si dividono, moltiplicano ecc. Platone stesso, come allievo di Socrate, fondava la conoscenza tramite il dialogo, riteneva che per pensare e meditare sulla metafisica fosse possibile solo attraverso simboli e miti, quindi non può stupire che migliaia di anni dopo Sigmund Freud ci dica che il simbolo consiste in una idea concreta, di solito una rappresentazione visiva, che viene usata come sostituto per un’altra che invece appartiene all’inconscio, quell’inconscio iniziato tanti anni fa, nelle grotte dipinte o incise del Paleolitico. Melencolia I / incisione Albrecht Dürer/


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Scienza dello sport e sociologia del tipo sportivo: le ricerche di Nino Pino Balotta

di Antonio Catalfamo

Lo sport agonistico è diventato il nuovo oppio dei popoli; una piaga sociale non solo per gli scandali che intorno ad esso sono scoppiati in Italia e altrove, con particolare intensità e gravità negli ultimi anni: compravendita di partite, scommesse clandestine, flussi di denaro di provenienza dubbia o illecita, rapida ascesa e tragico declino di campioni; ma anche per gli effetti nefasti che produce sulla collettività, sul suo stato di salute, anche psichico, sul sistema democratico. A proposito di quest'ultimo aspetto comincia a intravedersi, per via di'indagini della magistratura, l'uso tutto politico se non eversivo di tifoserie calcistiche, dietro le quali si nascondono talvolta gruppi violenti di estrema destra. Il male ha radici lontane, che nessuna formazione politica, nel timore di apparire impopolare, ha voluto indagare. Esistono tuttavia alcune voci isolate; ma obliate una d'esse appartiene a Nino Pino Balotta, scienziato, poeta, uomo legato profondamente ai diseredati. Nato nel 1909 a Barcellona Pozzo di Gotto, fu corriere antifascista tra l'Italia e la Francia epperò più volte arrestato, nel 1931, nel'33, nel '37; conobbe Einstein al tempo dell'esilio dello scienziato ebreo in Belgio e da lui ottenne l'autorizzazione a pubblicare in Italia un testo divulgativo della teoria della relatività, sequestrato durante una perquisizione della polizia fascista in casa del Pino. Fu nuovamente arrestato nel corso dello sciopero generale svoltosi nella sua città il 2 di gennaio del 1948, in cui rimase ferito alla mano destra da un colpo di pistola esploso da un tenente dell'esercito; uscì dal carcere dopo essere stato eletto deputato al Parlamento nazionale nelle file del PCI. Diventato docente di Zootecnia all'Università di Messina, fu premiato nel 1952 dall'Accademia veterinaria di Francia e,come uomo di lettere, ottenne nel 1956 il Premio Viareggio per la poesia dialettale, col volume "Miminuzzagghi", che reca una nota introduttiva di Concetto Marchesi. Nel 1935, Nino Pino pubblicò a Milano l volume "Tifo sportivo e suoi effetti", messo all'indice dal Ministero fascista della cultura popolare, dietro "spiata" di Enrico Emanuelli affidata alle colonne della rosea "Gazzetta Sportiva". Lo scrittore evitò l'arresto perché venne dimostrato il valore scientifico dell'opera, che contrastava con la retorica sportiva del regime. Il saggio di Nino Pino, benché siano trascorsi molti anni dalla sua prima edizione, è di estrema attualità e andrebbe ristampato a larga tiratura, perché molti di quelli che si lasciano coinvolgere totalmente dal tifo sportivo fino a sfiorare il patologico possano liberarsi dalla dipendenza dal nuovo oppio dei popoli. In quest'opera, l'Autore con un rapido excursus storico dimostra innanzitutto come i popoli più sportivi siano i meno prolifici. Ecco che nella Grecia antica, durante i giochi olimpici tutta la vita greca veniva a ruotare attorno a questo evento. I vincitori delle gare ricevevano onori superiori ai grandi pensatori, a gli eroi morti per la Patria. L'età di Pericle (499a.C.-429a.C.) è quella del massimo splendore della civiltà greca e, nel contempo, rappresenta il punto d'avvio della sua parabola discendente. Già nel VI secolo vanti Cristo, nella società greca cominciò a manifestarsi un'avversione al matrimonio e alla maternità, con la relativa diminuzione del tasso di natalità. Durante la Guerra del Peloponneso(431a.C.-404a.C.) le nascite compensavano a malapena le morti; mancavano braccia per l'agricoltura e per l'esercito. Presto subentrò lo straniero, il "barbaro" tanto disprezzato: il Macedone (nel 338a.C., con la battaglia vinta dal re macedone Filippo contro gli eserciti uniti di Tebe ed Atene, a Cheronea), eppoi il Romano (nel 146a.C. con la conquista di Atene e la creazione della provincia di Macedonia). Lo storico Polibio, autore delle "Storie", narra che nella Grecia del II Secolo a.C. "la mancanza di prole e la scarsezza di uomini desola le città e rende infruttuosi i campi. Causa l'avarizia, la smania di godimento, la generale avversione al matrimonio e al concepimento". Fra tanto abbandono, i giochi olimpici risplendevano e alimentavano la frenesia generale. Lo stesso accadeva ne mondo romano, in cui le menti erano annebbiate dai giochi circensi, sempre più sanguinosi e cruenti con l'introduzione delle belve. Tutto diventava sport, anche la politica. La massa s'andava estraniando sempre più dalla realtà della vita, nell'adorazione fanatica dello sport. Sotto l’impero di Traiano comincia la diminuzione della popolazione di Roma; Plutarco, nelle sue celebri "Vite Parallele" lamentava in illo tempore, al principio del II Secolo, la scarsità di uomini, e come lui altri anche scrittori dell'epoca imperiale; più tardi gli stessi barbari entreranno a far parte dell'esercito imperiale. Nino Pino passa quindi ad analizzare le conseguenze della pratica, anzi dell'ossessione sportiva nel mondo contemporaneo; tutta una serie di giornali e riviste specializzate da lui richiamati confermano che i popoli più sportivi sono anche i meno prolifici. Il Nostro si sofferma anzitutto sulle conseguenze dello sport sfrenato sull'organismo umano; richiama il detto di Lamarck: " la funzione fa l'organo". Se la funzione di un organo viene esaltata, esso subirà uno sviluppo eccessivo, un'ipertrofia, a detrimento degli altri organi, che subiranno un impoverimento. Darwin ha sintetizzato questo fenomeno di squilibrio organico in una legge. "La conformazione di certi organi essenziali determina altre conformazioni simili nel resto dell'individuo". In parole povere, la funzione spinta all'eccesso porterà alla formazione di tipi umani specializzati, che presentano quasi esclusivamente una data attitudine; si tratta di soggetti a "spiegamento unilaterale", in cui alcuni gruppi muscolari hanno preso il sopravvento, asfissiando gli altri. Pino fa tutta una serie d'esempi di "viventi ad attitudine unica": basta pensare alla sagoma brevilinea del pugile, a quella magro-grossa del calciatore a sviluppo preponderante degli arti inferiori, a quella longilinea del podista, al "corpo a piramide" del ciclista, che concentra alla base la sua forza di cuneo animato atto a fendere l'aria. Nino Pino continua ad analizzare le conseguenze della pratica sportiva sulla donna, investendone le sfere della fecondità e dell'estetica (mascolinizzazione). Documenta come lo sport agonistico comporti squilibri del metabolismo, alterazione del sistema nervoso e delle ghiandole a secrezione interna, produzione di sostanze tossiche nell'organismo a causa degli sforzi continui muscolari, disfunzioni al cuore e al sistema polmonare. L'adrenalina si riduce col lavoro muscolare esagerato, con ciò viene meno il potere eccitante d'essa sugli organi sessuali e si deprime la loro attività, sia endocrina che germinale. Hano dunque un bel dire, quei medici che affermano che lo sport fa bene!... Altra cosa è la ginnastica, che è il mezzo per ristabilire l'equilibrio psico-fisico, al di fuori d'ogni pratica agonistica, competitiva, professionale,che comporta sforzi eccessivi. Se negli anni '30 la scienza medica non asservita al potere, poteva dimostrare gli effetti nefasti dello sport professionistico, figuriamoci se non potrebbe farlo con maggiori elementi di valutazione la scienza dei nostri giorni. L'ultima parte del volume di Nino Pino è dedicata all'influenza dello sport sull'ethos e, in generale, sulla psiche dell'uomo: " L'intelligenza deviata all'ottundimento si fa sempre più assente e la psiche, viziata dall'eredità e dalla nociva educazione che alimenta il vizio ereditario, è in preda a quell'eccitamento morboso, non reagisce che a quel dato stimolo, non presenta facoltà e asfissia motiva che per esso". L’Autore paragona lo sportivo a quei cavalli di truppa, i quali, allo squillo della tromba, "abituati a sentire quel richiamo particolare, anche se attaccati alla greppia, scattano, tendono le orecchie, aprono le narici ed eseguono l'attenti o cercano di slanciarsi avanti" Nino Pino ebbe l'opportunità di aggiornare il suo studio negli anni '6o, dedicando una sezione del volume "Eugenetica e Progresso" al tema "sport de eugenetica: ivi appura che gli sports agonistici sono una estroversione del senso distruttivo insito in ogni uomo, una espressione dell'aggressività naturale umana, una valvola di sfogo per l'uomo, costretto, nella società capitalistica, a sottostare a meccanismi stressanti di lavoro; ma anche per chi, privo del lavoro, libera nel tifo sportivo una enorme carica di energie psicofisiche represse. Conclude Nino Pino: "Lo sport è indifferente alle classi ma le classi non sono indifferenti allo sport. Esso diviene, ieri come oggi, sinonimo di affari, di dominio e di potere, strumento per obnubilare e distogliere da interessi superiori"


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Vedere con l'udito: Il segreto di Daredevil

di Anna Truzzi

La storia di Daredevil racconta di un uomo che, dopo essere diventato cieco per colpa di un incidente durante l'adolescenza, diventa un supereroe imparando a vedere il mondo attraverso i suoni, usando quindi l'udito al posto della vista. L'idea che l'udito permetta di vedere il mondo con la stessa efficacia della vista si ritrova nella saggezza popolare secondo la quale "quando si perde un senso, gli altri sensi si rafforzano". Ma quanto sono davvero lontane queste idee dalla realtà? È possibile diventare un supereroe anche in presenza di una disabilità, o addirittura proprio grazie a una disabilità? Recenti scoperte nell'ambito delle neuroscienze ci aiutano a rispondere a queste domande. Nel cervello ci sono aree dedicate all'elaborazione sensoriale, cioè all'analisi delle informazioni che ci arrivano dall'ambiente attraverso gli organi di senso. Queste aree sono specifiche per ogni modalità sensoriale, si occupano cioè di analizzare le informazioni in arrivo da uno solo dei nostri sensi. Queste informazioni separate vengono poi passate ad altri centri che si occupano di unirle restituendo l'esperienza di un mondo integrato. La zona del cervello deputata all'elaborazione delle informazioni uditive si trova vicino alle tempie, in un'area chiamata lobo temporale. La particolarità di quest'area è che organizza l'informazione uditiva in modo specifico per diverse frequenze di suono. La zona del cervello che ci permette di elaborare le informazioni visive, invece, si trova vicino alla nuca nell'area chiamata lobo occipitale. Nel lobo occipitale, l'input visivo è organizzato in modo ordinato e corrispondente al modo in cui la luce colpisce la retina nell'occhio. Questa caratteristica fa in modo che le informazioni visive rispettino l'ordine dello spazio esterno, permettendoci di riconoscere le relazioni spaziali con facilità. Si pensava che lo sviluppo di queste aree fosse fisso, e univocamente legato all'input sensoriale di riferimento, ma recenti ricerche hanno messo in luce come queste strutture possano cambiare destinazione d'uso con una certa flessibilità. È stato mostrato, infatti, che sia in persone cieche dalla nascita che in persone con cecità acquisita, il lobo occipitale si attiva in risposta a stimoli uditivi, mentre questo non succede in persone con la vista intatta. Questi risultati sono stati inaspettati, ma ulteriore stupore si è creato quando si è presa in considerazione la componente spaziale dell'input uditivo. Se in persone affette da cecità congenita l'attività del lobo occipitale viene disturbata in modo transitorio con una tecnica chiamata Transcranial Magnetic Stimulation (TMS), la loro capacità di riconoscere la posizione spaziale del suono peggiora per la durata della stimolazione per poi tornare al livello di partenza, mentre la loro abilità di riconoscere l'intensità o il tono dei suoni non subisce conseguenze. La TMS, al contrario, non ha nessun effetto sul riconoscimento della posizione spaziale dei suoni in persone con la vista intatta. Quindi, le aree del cervello tipicamente coinvolte nella visione, quando vengono private dell'input visivo, possono partecipare all'elaborazione di stimoli provenienti da un'altra modalità sensoriale. Come se non bastasse, l'attività del lobo occipitale viene reclutata sfruttandone il punto di forza, cioè la capacità di organizzare l'input sensoriale in modo spaziale. Questi risultati hanno due conseguenze importanti. Prima di tutto attraverso il reclutamento delle aree visive rimaste senza input il cervello ha più potenza computazionale per elaborare l'informazione uditiva, quindi l'udito viene effettivamente, in un certo senso, rinforzato. In secondo luogo, le informazioni uditive vengono organizzate in senso spaziale in modo più efficace. Queste due caratteristiche aiutano le persone cieche a utilizzare la modalità uditiva come supporto per capire le relazioni spaziali tra le cose nel mondo. La ri-allocazione delle aree visive appena descritta è solitamente più efficace nei casi di cecità congenita, quando il lobo occipitale non ha mai risposto all'input visivo rispetto ai casi di cecità acquisita quando il lobo occipitale si era già sviluppato in risposta all'input visivo, ma una riorganizzazione efficace delle risorse è comunque presente. Sono addirittura stati riportati alcuni casi estremi in cui persone affette da cecità congenita hanno sviluppato la capacità di eco-locazione, riuscendo a svolgere alcune attività che solitamente sono possibili solo quando la vista è intatta, come fare canestro o andare in bicicletta, grazie all'emissione di specifici suoni dalla bocca, delle specie di "click" . Un meccanismo di questo tipo potrebbe essere proprio ciò che ha permesso a Daredevil di sviluppare capacità straordinarie. A quanto pare, i supereroi ci sono anche nella realtà.


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Informatica

Smartwatch e salute

di Mario Lorenzini

Lo smartwatch è un dispositivo della fascia wearable, vale a dire indossabile. Dopo un periodo di tempo per cui gli orologi erano scomparsi, soprattutto tra i giovani, dato che, il segnalare l’ora è solo una delle tante funzioni dei moderni cellulari, ecco comparire questa sorta di “braccialetto multifunzione”. In effetti, a parte la forma assimilabile a un comune orologio digitale del passato, indicare l’ora attuale è solo una delle sue peculiarità, nemmeno quella più importante. Gli smartwatch, da un pezzo sul mercato, hanno avuto negli ultimi tempi un’impennata nelle vendite. Con il fenomeno pandemia in corso, si è prestata più attenzione al fattore benessere individuale. Questi device, utilizzati in congiunzione con gli smartphone, sia per rispondere a chiamate o per le notifiche di sistema, hanno anche caratteristiche indipendenti, quali la funzione fitness, che monitora la frequenza cardiaca o, sempre a pro del nostro stato fisico, ci avverte quando non effettuiamo movimenti da molto tempo, siamo inattivi e rischiamo problemi dovuti alla troppa sedentarietà. Alcuni modelli, ancor più improntati al wellness, misurano la nostra temperatura corporea e l’ossigenazione del sangue. Al momento, la rilevazione di questi fattori non è tenuta in considerazione dal punto di vista medico, ritenuti solo valori indicativi. Forse prossimamente potremo avvalerci del nostro smartwatch anziché farci misurare la febbre da un apparecchio posto all’ingresso di un’attività. Anche il classico saturimetro non può ancora dirsi rimpiazzabile dal nostro “orologio”. Ma è solo una questione di tempo, per affinare la precisione della rilevazione e, dall’altro lato, l’aggiornamento della norma che consideri valido questo dispositivo. In commercio esistono modelli da poche decine di euro o alcune centinaia; dedicati espressamente al mondo Apple o compatibili sia con esso ma anche con Android. Il mio consiglio è quello di provare attentamente il prodotto, se avete in mente di acquistarne uno. Potreste scoprire molte soluzioni che non avreste mai pensato di racchiudere in un congegno così minuscolo. Ma potreste avere anche l’amara sorpresa di trovarvi tra le mani, o meglio al polso, un qualcosa di quasi totalmente inutile Un discorso a parte merita il versante accessibilità. Qui, vuoi per mancanza di spazio o per idee,, abbiamo assistito alla nascita di questi nuovi device senza un supporto o un servizio volto all’accessibilità. Le cose stanno però cambiando: prima apple e ora alcuni Android, stanno implementando software tipo il talkback. . Perciò, sia il sistema AppleOS o il wearOS, saranno a breve compatibili per la fruizione delle app per i non vedenti. Logico aspettarsi un approccio leggermente diverso, a causa delle piccole dimensioni del display. Vedremo nelle prossime settimane le di entrambi i software.


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Medicina

Quanto e quale sale utilizzare?

di Rossana Badaschi

“Il troppo salato è il peggior difetto delle vivande” (Pellegrino Artusi), “Ci dev’essere qualcosa di stranamente sacro nel sale. Lo ritroviamo nelle nostre lacrime e nel mare” (Khalil Gibran), “Avere (o non avere!) sale in zucca”, ecc. Sicuramente avrete sentito qualche frase, citazione o aforisma in merito al sale, minerale a cui è sempre stata data una notevole importanza e forse qualcuno ricorderà anche l’antica usanza romana di pagare i soldati proprio con il sale! Dal punto di vista chimico esso è un cristallo di cloruro di sodio (ogni grammo di sale contiene circa 0,4 g di sodio) e, in condizioni normali, un adulto ha bisogno di 100-600 mg di sodio al giorno, pari a circa 0,25-1,5 grammi di sale. Dal punto di vista fisiologico, il sodio è un minerale essenziale per la salute: è coinvolto nella trasmissione degli impulsi nervosi, nel mantenimento del bilancio idrico e una sua carenza provoca crampi muscolari. Ma è soprattutto l’eccesso di sale a mettere a rischio la salute, considerando che il consumo medio giornaliero è più di dieci volte superiore al suo reale fabbisogno! L’eccesso di sodio protratto nel tempo è collegato in particolare all’instaurarsi dell’ipertensione arteriosa ed è implicato anche nell’osteoporosi, nello scompenso cardiaco, nell’insufficienza renale. Dove si trova il sale e cosa è possibile fare per ridurre il suo utilizzo? L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), raccomanda un consumo massimo di 5 grammi di sale al giorno (pari ad un cucchiaino da caffè) per gli individui adulti, mentre bambini e persone over 60 devono assumerne quantità inferiori: 4 grammi per gli anziani e al massimo 2 grammi per i bambini. Da sottolineare che queste quantità comprendono il sale già naturalmente presente negli alimenti. Alcuni tra gli alimenti più ‘salati’ sono: prodotti da forno (cracker, grissini, snack salati, focacce, ecc.), formaggi, salumi, alimenti in scatola e, anche se poco sospettato, il pane. Cosa è importante fare per ridurre il consumo di sale? - Fate attenzione alla lettura dell’etichetta nutrizionale: una quantità accettabile di sale è circa 0,3 grammi per 100 grammi di prodotto. Inoltre, a volte non viene indicato chiaramente come sale o cloruro di sodio, ma può essere presente sotto forma di fosfato monosodico, benzoato di sodio o glutammato di sodio. - Riducete l’uso di sale aggiunto in cucina; abituatevi ad esempio a salare l’acqua della pasta dalla metà cottura in poi. - Limitate l’uso di altri condimenti contenenti sodio (dadi da brodo, maionese, salse, ecc.) e utilizzate in alternativa erbe aromatiche, succo di limone, aceto e spezie (questi ultimi con moderazione), per insaporire ed esaltare il sapore dei cibi. - Non portate in tavola il salino o salse salate. ¬- Riducete il consumo di alimenti trasformati ricchi di sale (pasti pronti, snack salati, patatine in sacchetto, salumi, formaggi, cibi in scatola). - Scolate e risciacquate sempre le verdure e i legumi in scatola prima di consumarli. - Evitate l’aggiunta di sale nelle pappe dei bambini. Ma quali sono le varietà di sale in commercio? Qual è meglio utilizzare? Quali sono le principali caratteristiche nutrizionali rispetto al tradizionale cloruro di sodio (sale da cucina)? Innanzitutto, come già accennato, il sale deve essere consumato in piccole dosi, qualsiasi esso sia! Proprio per questo motivo, quantità limitate di sale non possono di certo apportare elevate introduzioni di nutrienti e, di conseguenza, non possiamo affermare che forniscano benefici alla salute. Tuttavia, qualsiasi tipo di sale non è pericoloso e, sempre con un utilizzo moderato, può essere preferito in sostituzione al comune sale bianco. Infatti, oggi il sale non è più un bene di lusso ed è presente in tutte le nostre cucine: grosso, fino e ultimamente anche in varie colorazioni. È però curioso conoscere almeno le principali differenze tra le tipologie di sale disponibili sul mercato e le loro caratteristiche. Passiamo in rassegna i vari tipi di sale e le loro caratteristiche. Sale marino integrale È ottenuto semplicemente dall’evaporazione dell’acqua di mare ed è un sale non raffinato. Seppur da usare sempre con moderazione questo sale dal colore grigiastro, dall’aspetto grumoso e molto umido contiene minerali e altre sostanze utili al nostro organismo tra cui il magnesio, lo zinco e lo iodio. Quest’ultimo è un oligoelemento fondamentale per il buon funzionamento della nostra tiroide che, con la raffinazione del sale, si perde. Salgemma Il termine salgemma è la somma della parola sale e della parola gemma. Il motivo è da ricercare nel fatto che questo minerale mostra un aspetto cristallino composto essenzialmente da cloruro di sodio. I giacimenti di salgemma non sono altro che residui di antichi mari o laghi, da cui il sale si può estrarre mediante apparecchiature meccaniche di scavo. Si ottiene così un cloruro di sodio in grossi pezzi che vengono in seguito macinati per portarli a granulometrie commerciabili. Il salgemma può essere raffinato, se necessario, come il sale marino. Sale iodato Si tratta di un normale sale da cucina a cui viene aggiunta artificialmente una quantità di ioduro di potassio. Il Ministero della Salute ne ha promosso il consumo in quanto la quantità di iodio assunta con gli alimenti non è sufficiente a garantirne l’adeguato apporto giornaliero. È bene specificare che il sale iodato non è un farmaco, ma un naturale complemento della dieta. Fior di sale della Camargue Il fior di sale è un sale raro e pregiato, prodotto in questa regione della Francia Meridionale (estremamente ricca di zone paludose). Non è sottoposto a raffinazione e al palato ha un sapore decisamente più delicato rispetto al normale sale da cucina. Un sale che non contiene nessun additivo e che non subisce praticamente trattamenti dopo la raccolta nelle saline o che, al massimo, può essere aromatizzato con prodotti naturali come, ad esempio, le erbe aromatiche provenzali. Il fior di sale si presenta grezzo, in cristalli di piccole dimensioni e, non essendo raffinato, conserva gran parte degli elementi contenuti in natura, cioè nell’acqua marina, come sali minerali essenziali per il corretto funzionamento dell’organismo umano, in particolare magnesio e potassio. Sale di Maldon (Inghilterra) Originario dell’omonima cittadina inglese dell’Essex, dai cristalli friabili e croccanti, è il re dei sali da cucina, amatissimo dagli chef per via della forma in fiocchi (alla vista si presenta sotto forma di scaglie) che, proprio per questa caratteristica, al palato dona una diversa percezione di sapidità. La sua versione affumicata è pregiatissima e dona un sapore speziato alle pietanze. Sale nero di Cipro Particolarmente indicato per le diete povere di sodio, per via appunto del minor contenuto di questo elemento, viene estratto dai laghi ‘marini’ di Larnaca e Limassol. Il colore nero deriva dall’aggiunta di carbone attivo dopo l’estrazione, mentre viene essiccato. È meno sapido del sale marino. Sale rosa dell’Himalaya In realtà viene estratto nel Punjab, in Pakistan, in miniere che presentano una forte concentrazione di ossido di ferro, la sostanza che gli conferisce il tipico e prezioso colore rosa. Il sale rosa non viene raffinato, è estratto puro e non sottoposto a processi di sbiancamento. Molto diverso dal comune sale da cucina in quanto valorizza il sapore del cibo senza coprirlo. Il nostro corpo lo assorbe meno e la quantità di sodio è molto bassa, quindi è indicato anche per ridurre la ritenzione idrica. Sale Kala Malak (India) Sale viola indiano, ha un suo retrogusto sulfureo (di uovo sodo). Proveniente dai laghi salati o dalle miniere sulfuree situate tra India e Nepal, il suo colore deriva da impurità come solfati, solfuri, ferro e magnesio ed è quindi ricchissimo di oligoelementi in particolare lo zolfo. Sale rosso delle Hawaii Sale marino non raffinato dal tipico color terracotta, che deriva dall’argilla vulcanica contenuta nelle saline da cui proviene ed ha un sapore ricco, deciso e persistente. Gli abitanti hawaiani lo utilizzano a crudo per insaporire molti arrosti, specialmente la carne di maiale o il pesce. Sale rosa di Maras (Perù) Un sale antichissimo, risalente addirittura agli Inca, che per primi ne avevano iniziato l’estrazione. Viene dalla Cordigliera delle Ande, ha un bassissimo quantitativo di sodio mentre ha un buon contenuto di magnesio e zinco. Sale affumicato della Danimarca È un sale di origine marina. La sua peculiarità è dovuta alla complessa lavorazione, fatta dopo la raccolta. Infatti, viene affumicato a mano con legna di quercia ed elmo rosso, secondo l'antico metodo dei Vichinghi. È un sale estremamente profumato, di media sapidità e possiede un intenso aroma di affumicatura. Sale blu di Persia Viene dall’Iran. È molto raro in natura perché deriva da alcune miniere ricche di silvite (un minerale contenente cloro e potassio che dà origine ai cristalli dal colore blu intenso). È molto saporito ma rimane in bocca per un tempo breve e lascia al palato un intenso retrogusto speziato. Sale dolce di Cervia È un sale integrale marino, raccolto secondo il metodo tradizionale, essiccato in maniera naturale e lavato con acqua madre ad alta concentrazione salina, senza additivi. Conserva tutte le proprietà osmotiche del sale e gli oligoelementi presenti nell’acqua marina. È definito dolce, in quanto privo di cloruri che in genere conferiscono sapore amaro. A questo punto non vi resta che l’imbarazzo della scelta, sottolineando nuovamente che dobbiamo acquisire la sana abitudine di salare poco! La buona notizia è che in breve tempo il palato si abituerà ad un sapore meno salato e riscopriremo il vero gusto degli alimenti!


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Ipnosi e terza età

di Francesca Ceccherini

Vorrei cominciare con una sorta di provocazione. È più facile ai nostri giorni che si aiuti gli anziani a morire piuttosto che a vivere. A morire in una maniera giusta, umana e indolore piuttosto che vivere giorni ancora sereni, remuneranti, vitali. Certo, non è la regola ma una simile "cultura" è più diffusa di quanto non si pensi. Ebbene, io ho cercato di andare contro corrente. Come sicuramente hanno fatto, fanno e faranno tantissimi di voi, medici o psicoterapeuti. Obbedisce a quest'impulso questo lavoro che vi presento, che ho fatto, intenso, appassionante e soprattutto illuminante, con un gruppo nutrito di anziani. L'intento era ed è di dimostrare che, pur senza grande onere economico, che pur senza una strumentazione sofisticata, ma solo ricorrendo all'armamentario più classico dello psicoterapeuta, e in particolare dell'ipnositerapia, è possibile intervenire sulla condizione generale e individuale degli anziani con risultati di sicuro valore quando non addirittura esaltanti. Ecco perché vi presento questa mia esperienza e le diverse ricerche che l'hanno accompagnata con una punta di orgoglio e nella speranza di dare un pur modesto contributo al miglioramento della condizione umana in terza età. L'uso dell'ipnosi come strumento terapeutico si è andato sempre più affermando sulla scia di risultati impensabili con mezzi alternativi. In una parola, se l'ipnosi ha dei limiti, questi sono ancora tutti da trovare, da determinare, mentre si moltiplicano, al contrario, i campi di applicazione e di incidenza tanto da far pensare a una possibilità d'uso generalizzato e comunque coadiuvante rispetto ad altre tecniche. Una verifica in tal senso, dei campi di applicazione dell'ipnositerapia e soprattutto della sua efficacia è costituito dall'esperienza che ho condotto con un sostanzioso campione di anziani, precisando subito che proprio l'ipnositerapia non figurava ufficialmente fra gli strumenti da usare ma che, in buona sostanza, è stata il pernio principale di questa iniziativa per il semplice motivo che, a mio giudizio, in quel momento, in quella situazione, con quei pazienti, rappresentava la "medicina" per eccellenza. L'intento era da un lato di portare giovamento, generale o specifico a questa "classe" di umanità dove, per i più svariati motivi, si concentrano le radici del "mal di vivere", e dall'altro di tracciare correttamente confini all'uso e all'efficacia dell'ipnositerapia, in unione ad altri strumenti classici dell'armamentario psicoterapeutico. Ognuno di noi ben sa quanto sia arduo e difficile affrontare l'ultima tappa del percorso della vita, la terza o come si tende a dire oggi, a quarta età, data la maggiore vulnerabilità psicologica e fisica di tale categoria umana. Una tappa che tutti si augurano di percorrere fino in fondo, ma non in un modo qualsiasi bensì nel migliore dei modi per risparmiarsi inutili sofferenze e frustrazioni, godere anzi di quelle soddisfazioni per cui può anche essere generosa anche questa stagione. Cominciamo dal campione scelto e trattato. Grazie alla collaborazione del Comune di Scandicci (Firenze), Assessorato allo Sport e alla Sicurezza Sociale), della Pubblica Assistenza Humanitas e del C.I. R.C.A. (Centro Iniziative Ricreativi Culturali Anziani), la segreteria dell'amministrazione comunale ha mobilitato risorse e strutture; basti pensare che ha inviato oltre 4000 lettere mirate a quella parte dei 12.000 anziani residenti che rispondevano a predeterminate condizioni, come un'età fra i 65 e i 75 anni, per invitarli a partecipare ad una conferenza illustrativa propedeutica, presieduta dal Professor Pier Luigi Cabras, docente di Psichiatria presso la Facoltà di Medicina dell'Università di Firenze, e da me medesima, poi ha messo a disposizione una palestra e materiale vario (materassini di gomma, stereo con microfono, ecc.) per rendere possibile lo svolgimento di quello che è stato intitolato il "Corso della salute". Così sono state selezionate92 persone da "trattare". Tutte in una situazione abbastanza omogenea per età, condizione sociale, consumo esasperato di farmaci come ansiolitici, antidepressivi, sonniferi, visione negativa del mondo e aspettative conseguenti, inibizione della sessualità e della progettualità, disturbi psicosomatici in genere. Il tutto naturalmente associato a malattie e malanni connaturati alla "stagione" di vita. Queste caratteristiche, ciascuna da sola, ma ancor più associate, determinavano nella sostanza una condizione psicologica e umana che non è azzardato definire "da ribaltare" completamente: un'opera faticosa, sicuramente difficile e, dai risultati del tutto incerti. Così dopo una visita medica generale, da me pretesa con rilascio di apposito certificato da parte del medico personale del soggetto attestante l'idoneità a frequentare il "Corso della salute", ho dato vita a colloqui individuali preliminari funzionali a determinare le condizioni psicofisiche generali e l'elaborazione del C.B.A. (Congnitive Behauvioural Assessment, batteria C.B.A. 2.0, Scale Primarie) redatto da ciascun soggetto, dopodiché sono stati formati 6 gruppi il più possibile omogenei di 15 unità ciascuno. A questo punto è cominciato il lavoro, sulla base di 10 incontri complessivi di oltre due ore l'uno con ciascun gruppo usando più strumenti psicoterapeutici: Ipnositerapia, Training Autogeno, Logoterapia, Psicodinamica, Educazione alla sessualità. Tutte le tecniche hanno sicuramente contribuito a "risollevare" spirito e corpo dei vari gruppi, ma è stato essenzialmente l'uso dell'ipnosi che ha conseguito i risultati più evidenti e duraturi, in termini soprattutto di recupero della vita e della voglia di vivere. Così tutti, eccetto uno, hanno abbandonato l'uso e l'abuso degli psicofarmaci, tantissimi hanno "riscoperto" l'attività sessuale e comunque hanno ritrovato e rilanciato il loro rapporto con il partner e con la famiglia, ma soprattutto hanno, tutti, veramente tutti, ribaltato la loro visione del mondo e la loro posizione rispetto a questo mondo privilegiando il "mezzo pieno" rispetto alla consuetudine precedente del "mezzo vuoto". Risultati esaltanti e quasi da non credere se non fossero stati sperimentati tanto direttamente e di persona. Risultati che varrebbe la pena di confrontare con precedenti o con sperimentazioni successive. Tuttavia in letteratura non ho trovato ancora niente che possa essere assimilato a questo lavoro, né sono al corrente di esperienze similari concluse o "in itinere". Una lacuna da colmare, una lacuna che probabilmente affonda le radici della propria esistenza nella cultura tuttora imperante ma fortunatamente in regresso, che non valga la pena incidere sulle condizioni del tutto stratificate e cristallizzate (così si crede erroneamente) della condizione dell'anziano. Soprattutto psicologica. Due parole per delineare meglio la portata e l'entità dell'intervento ipnoterapeutico messo in atto nei confronti di questi anziani, e ripeto, messo in atto praticamente di soppiatto per non creare allarmi, diffidenze e preoccupazioni. La "cura" ipnotica si è basata su un numero relativo di storie, tutte con radici nelle quali ciascuno dei novanta soggetti in trattamento potesse riconoscersi o riconoscere episodi e tappe della propria esistenza. Vere e proprie induzioni, precedute da un esercizio di training autogeno e coadiuvate da un audiocassetta registrata da me e consegnata a ciascun anziano perché la ascoltasse a casa propria. Tale audiocassetta, con dentro registrato un rilassamento e un "ideale dell'io" si è rivelata un potente alleato nel trattamento, dispiegando i suoi "magici" effetti lenitivi e rassicuranti nel tempo e nello spazio. La riprova dei giovamenti psicofisici conseguiti da questo gruppo di anziani trattati nel "Corso della salute" di Scandicci si trova nero su bianco nei contenuti dei diari che ciascuno di loro era tenuto obbligatoriamente a compilare ogni giorno. Da questo materiale -che è ancora a mia disposizione- si evincono i giornalieri progressi che ciascun soggetto è riuscito a "guadagnare". Nei fatti si nota una liberazione graduale ma continua dall'uso e dall'abuso dei più diversi tipi di farmaco e la conquista di una condizione psichica più che accettabile. Spariscono gradatamente fenomeni generalizzati come l'insonnia, l'ansia, l'agitazione, in taluni casi la disperazione figlia di depressioni cristallizzate nel tempo, per dare spazio al sorriso, a una nuova progettualità, alla voglia di vivere e di fare nuove esperienze. Non sono addirittura pochi i casi in cui uomini e donne si riaccostano alla sessualità, scoprendo di avere ancora un presente e un futuro da spendere in questo campo, di poter attingere interiormente ad una capacità di dare e di avere. Le testimonianze sono innumerevoli. E diventano quasi monotone - salvo eccezionali e momentanee ricadute - le affermazioni di ritrovato e rinnovato benessere mentale e fisico di questi anziani nei loro diari. D'altronde anche la partecipazione, piena, convinta, per ogni giorno e per tutta la durata del corso costituisce a sua volta una prova "probante" dell'interesse suscitato e dei risultati tangibili quotidiani. Per una ulteriore verifica e spinta dalla necessità di conoscere - sia pure per grandissime linee - la proiezione benefica nel tempo degli effetti del corso della salute, ho effettuato personalmente, a distanza di tre anni, una serie di telefonate ad una parte dei "miei" anziani con esiti direi stupefacenti. Ebbene, a distanza come dicevo di tre anni, tutti mi hanno riconosciuto e mi hanno affettuosamente e calorosamente salutata, ma soprattutto quasi tutti hanno riferito - e non credo per piaggeria o complimento - di ricorrere ancora agli strumenti e agli insegnamenti che avevo loro impartito per aiutarsi a vivere meglio. Un traguardo questo - ed è la lezione più importante di questa esperienza - divenuto ormai permanente. Il cambiamento e il progresso si hanno quando una persona ha rischiato se stessa e ha osato fare esperimenti sulla propria vita. ( Herbert Otto ).


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SARS-CoVid-19: L’ipotesi del prof. Luc Montagnier, premio Nobel per la Medicina 2008. Composizione, modalità di somministrazione, effetti collaterali e controindicazioni dei vaccini Pfizer (Comirnaty)/BioNTech (mRNABNT162b2) e Moderna (mRNA-1273). Il vaccino AstraZeneca-Oxford-Pomezia. Differenze tra i tre vaccini. Chi è guarito ha una protezione simile al vaccino? Il business dei vaccini. Vaccinati deceduti dopo breve tempo dalla vaccinazione

di Stefano Pellicanò

Secondo il prof. Luc Montagnier (nella foto con l’Autore), che ha scoperto il virus dell’HIV nel 1983, SARS-CoVid-19 non deriverebbe da una mutazione naturale, trasmesso agli umani dai pipistrelli (forse) attraverso i pangolini ma sarebbe il risultato di una manipolazione, utilizzando il coronavirus come vettore di antigeni, allo scopo di sviluppare un vaccino contro l’AIDS. A conferma alcuni frammenti di DNA dell’HIV sarebbero stati trovati nel genoma del SARS-CoV-2, uscito per errore da un laboratorio a Wuhan (Cina), epicentro della pandemia (fonte: Agence France Presse, 2020). In occasione di un’intervista a Pourquoi Doctor, il premio Nobel ha spiegato che: «con il mio collega, il biomatematico Jean-Claude Perez, abbiamo analizzato attentamente la descrizione del genoma di questo virus a RNA» aggiungendo: « Non siamo stati primi, un gruppo di ricercatori indiani ha pubblicato, ritrattando subito dopo, uno studio che mostra che il genoma completo di questo virus ha all’interno delle sequenze del virus dell’AIDS: la sequenza di HIV è stata inserita nel genoma del coronavirus, per tentare di fare il vaccino » […] « Con l’aiuto di onde interferenti, potremmo eliminare queste sequenze e, di conseguenza, fermare la pandemia. Ma ci vorrebbero molti mezzi a disposizione». Montagnier è noto per aver denunciato la pericolosità dei vaccini e della vaccinazione obbligatoria, ritenendo ci sia il rischio che nonostante «la buona volontà dell’inizio, si avveleni l’intera popolazione a poco a poco ». In precedenti numeri abbiamo parlato dei vaccini anti-SARS-Covid-19 in corso di sperimentazione e delle relative problematiche (Prospettive terapeutiche farmacologiche e vaccinali per SarsCov2. Stato dell’Arte: 48 – 62, n° II, giugno 2020; Prospettive vaccinali per SARS-CoVid-19. Stato dell’Arte: II parte. I suoi sei ceppi. I risultati di fase 1 di uno dei tre vaccini russi (Sputnik V): I vaccini Pfizer (Comirnaty)/BioNTech (mRNABNT162b2) e Moderna (mRNA-1273) Poiché in atto in Italia sono arrivati i vaccini Pfizer/BioNTech e Moderna, abbiamo ritenuto interessante considerarne alcuni aspetti, estrapolati dai loro foglietti illustrativi o bugiardini (per gli addetti ai lavori). Una piccola divagazione sull’origine e motivo di quest’ultimo termine. Nel senese, il bugiardo era la locandina dei quotidiani esposta fuori dalle edicole e da qui, riducendo le dimensioni del foglio, si è forse arrivati a bugiardino. È chiamato così perché, in passato, tendeva a esaltare pregi e efficacia del farmaco, sorvolando sui suoi difetti ed effetti indesiderati. Da notare che a novembre 2020 si è riscontrata, nei lotti del vaccino Pfizer/BioNTech in fase di produzione, soprattutto nei primissimi lotti di prova, che la quantità di mRna messaggero integro alla base del vaccino era inferiore rispetto a quella contenuta nei lotti utilizzati nella sperimentazione clinica (fonte: Agenzia Europea dei Medicinali, EMA, 2021). Secondo la Casa produttrice il problema è stato rapidamente risolto. Composizione dei vaccini Pfizer/BioNTech e Moderna In entrambi il componente principale è l’mRNA, quindi non contengono il virus. Il vaccinato dovrà utilizzare il medesimo vaccino anche per la seconda dose in quanto, in atto, non è noto se c’è interscambiabilità tra vaccini diversi. Composizione del vaccino Pfizer (Comirnaty)/BioNTech (mRNABNT162b2) L’mRNA è racchiuso in liposomi formati da lipidi, alcuni sintetici, che contribuiscono a formare le vescicole che lo veicolano. Altri eccipienti sono: 1,2-Distearoyl-sn-glycero-3-phosphocholine; Colesterolo; Potassio cloruro e Diidrogeno fosfato; Sodio cloruro; Fosfato disodico diidrato; Saccarosio: Acqua per preparazioni iniettabili. Composizione del vaccino Moderna (mRNA-1273) Lipidi, per lo più sintetici; Colesterolo; stabilizzatori acidi; Acidi (Acetato di sodio; Sali dell’acido acetico); Zucchero (Saccarosio, aiuta a preservare le particelle); Sodio, meno di 1 mmol (23 mg) / dose, quindi in pratica “senza sodio”. Meccanismo d’azione dei due vaccini Il virus SARS-CoV-2 infetta utilizzando una proteina di superficie, chiamata spike, che agisce come una chiave, permettendogli l’ingresso nelle cellule, in cui poi si può riprodurre. Tutti i vaccini attualmente in studio inducono una risposta che blocca questa proteina e quindi impedisce l’infezione delle cellule. Il principio attivo è l’acido ribonucleico messaggero (mRNA) che trasporta una serie di informazioni che le cellule del corpo utilizzano per creare la proteina spike, presente anche sul virus. Le cellule producono quindi anticorpi neutralizzanti contro essa. Nel vaccino l’mRNA è inserito in nanoparticelle lipidiche contenenti il lipide SM-102 che permette l’ingresso del mRNA nelle cellule che, una volta iniettato, viene assorbito nel citoplasma delle cellule e avvia la sintesi delle proteine spike che stimolano il sistema immunitario a produrre anticorpi specifici. Nel vaccinato esposto al contagio virale, gli anticorpi così prodotti bloccano le proteine spike e ne impediscono l’ingresso nelle cellule. La vaccinazione, inoltre, attiva anche le cellule T che preparano il sistema immunitario a rispondere a ulteriori esposizioni a SARS-CoV-2. Il vaccino, quindi, non introduce nelle cellule del vaccinato il virus vero e proprio, ma solo l’informazione genetica che serve alla cellula per costruire copie della proteina spike. In entrambi i vaccini l’mRNA utilizzato non rimane nell’organismo ma si degrada, poco dopo la vaccinazione. Obiettivo di entrambi i vaccini è di regolare gli acidi in modo che l’mRNA rimanga stabile ma Pfizer cerca principalmente di regolare il pH grazie ai Sali mentre Moderna utilizzando Acidi. In base ai dati in atto disponibili, il profilo di sicurezza e di efficacia sono sostanzialmente sovrapponibili. Rilevazione dell’assenza di controindicazioni alla vaccinazione Prima della vaccinazione il personale sanitario pone al vaccinando una serie di domande, utilizzando una scheda standardizzata, per valutare se la vaccinazione possa essere effettuata o va rinviata e per verificare la presenza di controindicazioni o precauzioni particolari da adottare. Modalità di somministrazione del vaccino Pfizer (Comirnaty)/BioNTech (mRNABNT162b2) Va somministrato a chi ha almeno 16 anni, in due iniezioni, a dosaggio 0,3 ml, solitamente nel muscolo della parte superiore del braccio, a distanza di almeno 21 giorni l’una dall’altra. L’efficacia è stata dimostrata dopo una settimana dalla seconda dose; la durata della protezione non è ancora nota ma si ipotizza di almeno 9-12 mesi. In atto si disconosce se i vaccinati si possono infettare in modo asintomatico e contagiare altre persone, pertanto i vaccinati e i loro contatti devono continuare ad adottare le misure di protezione anche perché vi sarà sempre una porzione di vaccinati che non svilupperà la difesa immunitaria e, inoltre, in atto, non è noto in maniera definitiva se la vaccinazione impedisce solo la manifestazione della malattia o anche la trasmissione dell’infezione. Poiché la Pfizer a metà gennaio ha stabilito unilateralmente una riduzione della fornitura del vaccino non è noto cosa potrà succedere ai soggetti vaccinati solo con la prina dose che praticano la seconda in ritardo. Tecnica La procedura prevede l’uso di una siringa standard da 3 o 5 ml, per prelevare il liquido di diluizione con soluzione di cloruro di sodio allo 0,9%, da iniettare nel flaconcino multidose che ne contiene 2,25 ml dopo la diluizione, e una siringa da 1 ml per l’iniezione (tipo insulina). Quindi, dopo la diluizione, il prelievo di 0,3 ml di vaccino e l’iniezione. Per evitare sprechi, è possibile disporre di almeno 1 dose aggiuntiva rispetto alle 5 dosi dichiarate ma eventuali residui provenienti da flaconcini diversi, anche appartenenti allo stesso numero di lotto, non vanno mescolati. Il decadimento degli anticorpi generati dal vaccino Moderna ha un andamento molto lento e quindi si ritiene che la protezione possa durare “un paio d’anni”. Modalità di somministrazione e di conservazione di Moderna La somministrazione del vaccino mRNA-1273, in età pari o superiore a 18 anni, prevede due dosi da 0,5ml da iniettare per via intramuscolare a distanza di 28 giorni l’una dall’altra. Il flaconcino multidose contiene 10 dosi da 0,5 ml dove una dose contiene 100 microgrammi di RNA messaggero (mRNA) inseriti in nanoparticelle lipidiche contenenti il lipide SM-102. Il flaconcino multidose contiene 6,3 ml e non richiede diluizione, è quindi già pronto all’uso. Il vaccino va conservato a -25°/-15° fino a 7 mesi, ma è possibile conservarlo a una temperatura tra 2° e 8°C nei luoghi stessi deputati alla vaccinazione per 30 giorni. Non è richiesta alcuna diluizione/ ricostituzione e, prima della somministrazione, le dosi possono essere mantenute a temperatura ambiente (8-25°C) fino a un massimo di 12?. Una volta che la fiala multidose (10 dosi) è aperta, va conservata tra i 2° e i 25° per non più di 6?. Come con qualsiasi vaccino, il ciclo di vaccinazione di 2 dosi di vaccino Moderna potrebbe non proteggere completamente tutti coloro che lo ricevono, né è nota la durata del periodo di copertura. Chi deve consultare il medico prima della vaccinazione con Moderna - Chi sta assumendo, ha recentemente assunto o potrebbe assumere qualsiasi altro medicinale in quanto può influenzare la modalità di azione di altri farmaci e altri medicinali possono influenzare la sua modalità d’azione; - ha avuto una reazione allergica grave, potenzialmente letale, dopo qualsiasi altra iniezione vaccinale; - ha un sistema immunitario molto debole o compromesso; - ha avuto uno svenimento dopo un’iniezione con un ago; - è affetto di un disturbo della coagulazione; - ha febbre alta o un’infezione grave o una leggera infezione delle vie respiratore, ad es. un raffreddore (si può ricevere la vaccinazione se si ha una leggera febbre); - ha una malattia grave; - soffre di ansia associata alle iniezioni. Reazioni avverse al vaccino Pfizer (Comirnaty)/BioNTech (mRNABNT162b2) Le reazioni avverse più frequenti (più di 1 persona su 10), in genere di entità lieve o moderata e risolte entro pochi giorni dalla vaccinazione sono: dolore e gonfiore nel sito di iniezione, stanchezza, mal di testa, dolore muscolo-articolari, brividi e febbre. In meno di 1 persona su 10 si sono verificati: arrossamento nel sito di iniezione e nausea. In meno di 1 persona su 100 effetti non comuni sono stati: prurito nel sito di iniezione, dolore agli arti, ingrossamento dei linfonodi, difficoltà ad addormentarsi e sensazione di malessere. Raramente, in meno di 1 persona su 1000: debolezza nei muscoli di un lato del viso (paralisi facciale periferica acuta). L’unica reazione avversa severa è stata l’ingrossamento delle ghiandole linfatiche che guarisce da sola. In generale, le reazioni sistemiche sono state più frequenti e pronunciate dopo la seconda dose Controindicazioni al vaccino Pfizer/BioNTech L’Agenzia inglese regolatrice dei farmaci (MHRA), in seguito a diversi eventi avversi riscontrati su alcuni operatori sanitari, ha elaborato un nuovo protocollo secondo il quale nessun soggetto con una storia clinica di reazioni allergiche gravi a vaccini, farmaci o cibo può sottoporsi all’inoculazione del vaccino Pfizer e chi ha riscontrato reazioni allergiche dopo la prima dose, non può ricevere la seconda. Sono tuttora molto limitati i dati sull’uso del vaccino durante la gravidanza, durante l'allattamento al seno, in pazienti con immunodeficienza o con malattie autoimmuni. Le persone in cura con una terapia anticoagulante hanno una generica controindicazione a qualsiasi iniezione, per loro la vaccinazione deve essere valutata caso per caso per il rischio di emorragie dal sito di iniezione. Non vi sono ancora dati sull’interferenza tra vaccinazione anti COVID-19 e altre vaccinazioni (es. l’antinfluenzale), comunque il distanziamento di un paio di settimane può essere una misura precauzionale. Effetti collaterali del vaccino Moderna Effetti indesiderati più comuni Dolore nel sito di iniezione (92%), affaticamento (70%), mal di testa (64,7%), mialgia (61,5%), artralgia (46,4%), brividi (45,4%), nausea/vomito (23%), ingrossamento e dolenzia dei linfonodi ascellari nello stesso braccio dell’iniezione (19,8%), febbre (15,5%), gonfiore (14,7%) e arrossamento (10%) nel sito di iniezione. Le reazioni sono state generalmente di intensità lieve o moderata, si sono risolte entro pochi giorni dalla vaccinazione, sono state più frequenti dopo la seconda dose e nei partecipanti più giovani (18-<65 anni) rispetto ai partecipanti di età= 65 anni. Eventi avversi più severi La percentuale è stata comparabile tra il gruppo di controllo (1,3%) e i vaccinati (1,5%). In meno dello 0,5% dei casi, in entrambi i gruppi, gli eventi avversi sono stati tali da impedire la somministrazione della seconda dose. Non si registrano casi di patologie respiratorie associate al vaccino. Effetti collaterali gravi Sensazione di svenimento o stordimento; alterazioni del battito cardiaco; respiro affannoso o sibilante; gonfiore della lingua, del viso o della gola; orticaria o eruzione cutanea; nausea o vomito; dolore allo stomaco. Effetti collaterali molto comuni Possono interessare più di 1 persona su 10: gonfiore sotto le ascelle; cefalea; nausea; vomito; dolore ai muscoli, alle articolazioni e rigidezza; dolore o gonfiore in corrispondenza del sito di iniezione; estrema stanchezza; brividi; febbre Effetti collaterali comuni Interessano fino a 1 persona su 10: eruzione cutanea; eruzione cutanea, arrossamento o orticaria in corrispondenza del sito di iniezione. Effetti collaterali non comuni Possono interessare fino a 1 persona su 100: prurito nel sito di iniezione Effetti collaterali rari Possono interessare fino a 1 persona su 1000: paralisi flaccida facciale monolaterale temporanea (“paralisi di Bell”); gonfiore del viso (in pazienti precedentemente sottoposti a iniezioni cosmetiche facciali). Effetti collaterali non noti Reazioni allergiche gravi (anafilassi); ipersensibilità Controindicazioni al vaccino Moderna Il vaccino non deve essere somministrato a chi è allergico al principio attivo o ad uno qualsiasi degli altri componenti. Il vaccino AstraZeneca-Oxford-Pomezia Dopo i vaccini di Pfizer/BioNTech e di Moderna, l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) il 29 gennaio 2021 ha autorizzato anche quello di AstraZeneca, realizzato insieme all’Università di Oxford e all’IRBM di Pomezia (vedi numeri precedenti). A differenza dei vaccini Pfizer e Moderna che, come suddetto, sono a RNA, utilizza come vettore una versione modificata dell’adenovirus dello scimpanzé, non più in grado di replicarsi, per fornire le istruzioni per sintetizzare la proteina spike di SARS-CoV-2 che, una volta prodotta, può stimolare una risposta immunitaria specifica, sia anticorpale che cellulare. La tecnologia è la stessa del primo vaccino approvato per Ebola, alla fine del 2019, l’unico basato su un vettore virale ad oggi disponibile (vedere numeri precedenti). Questo vaccino ha scatenato una serie di dubbi tra gli scienziati australiani, che hanno invitato il governo a rivedere il suo utilizzo, legati soprattutto alle incertezze sulla sua efficacia mentre in U.E., a differenza del Regno Unito, il ministero Federale della Salute della Germania ha raccomandato il suo utilizzo con restrizioni anagrafiche, solo dai 18 ai 64 anni di età, a causa dell’insufficienza, sottolineata dalla commissione tedesca sui vaccini (Stiko), dei dati riguardo l’efficacia negli anziani. A seconda della scelta che sarà fatta dall’Italia, probabilmente andrà rivista la campagna vaccinale, a prescindere dei ritardi di Pfizer. Sullo sfondo lo scontro tra AstraZeneca e U. E. con quest’ultima che, non essendo ancora riuscita a trovare una soluzione ai ritardi nelle forniture, ha minacciato il ricorso all’art. 122 del Trattato, la base legale per tutte le misure di emergenza, per assicurare produzione e distribuzione efficace dei vaccini agli europei. Differenze tra i vaccini Pfizer, Moderna e AstraZeneca-Oxford-Pomezia Oltre alla composizione, Pfizer e Moderna necessitano di particolari accortezze per trasporto e conservazioni (vedi sopra) a differenza dell’AstraZeneca che può essere conservato, trasportato e manipolato in condizioni refrigerate normali (2-8°C) per almeno 6 mesi. La dose di mRNA del vaccino Moderna è più alta rispetto a Pfizer e questo, quindi, potrebbe influire sulla velocità di produzione delle dosi. I dati preliminari di efficacia mostrano il 95% di protezione per Pfizer, il 94,5% per Moderna infine AtraZeneca è efficace in media al 70% (62% se somministrato in dosi complete) ma raggiunge il 90% se somministrato con metà dose all’inizio e col richiamo a dose completa. I dati preliminari su Moderna fanno ipotizzare che sia in grado di prevenire le forme gravi di SARS-CoVid-19 mentre si ignora se lo siano Pfizer e AstraZeneca. Chi è guarito ha una protezione simile al vaccino? I risultati dello studio Siren della Public Health England, che ha esaminato quanti membri del personale del NHS nel gruppo di studio hanno contratto il virus più di una volta (44 vs 6.614), hanno mostrato che i guariti hanno un livello di protezione contro la reinfezione dell’83%, simile a quelle dei vaccinati e riduce anche la probabilità di sviluppare sintomi più gravi, per almeno 20 settimane. L’immunità dà un effetto simile al vaccino Pfizer e un effetto molto migliore rispetto al vaccino AstraZeneca. Il business dei vaccini Si stima una spesa di 60 miliardi di euro nel mondo, per poco più di 4 miliardi di vaccinazioni a circa due miliardi di individui, con una media 20 €/dose (fonte: Credit Suisse, 2021). L’affare riguarda soprattutto otto aziende: Pfizer, Moderna, Johnson&Johnson, AstraZeneca, Gsk-Sanofi, CureVac e Sinophar. Vaccinati deceduti dopo breve tempo dalla vaccinazione Da segnalare che al 20 gennaio 2021 sono stati segnalati numerosi decessi dopo pochi giorni dalla vaccinazione, non attribuiti dalle Case produttrici ai vaccini. Tra i vaccinati con Moderna si sono verificati 2 decessi (uno per arresto cardio-polmonare e uno per suicidio) e 3 nel gruppo di controllo (per perforazione intraddominale, arresto cardio-polmonare e sindrome infiammatoria sistemica grave paziente leucemico). Negli USA, le autorità hanno segnalato 21 casi di reazioni allergiche gravi, registrate dal 14 al 23 dicembre, su circa 1,9 milioni di dosi iniziali del vaccino Pfizer/BioNTech. In Francia, un paziente fragile è morto in una casa di cura due ore dopo essere stato vaccinato. L’Agenzia francese per la sicurezza dei farmaci ha segnalato quattro casi di gravi reazioni allergiche e due episodi di scompenso cardiaco dopo la vaccinazione. A inizio gennaio un’infermiera, 41enne, è morta in Portogallo, pochi giorni dopo aver ricevuto il nvaccino Pfizer-BioNTEch.Un’89enne in un’RSA di Genova, vaccinata prima della morte, è deceduta in seguito a una emorragia cerebrale. A Miami un medico 56enne è morto 16 giorni dopo la dose del vaccino Pfizer/BioNTech. Un medico 64enne dell’Asst Carlo Poma di Mantova, è morto il giorno dopo essersi sottoposto al vaccino Pfizer/BioNTech, per arresto cardiaco. La Norwegian Medicines Agency (Agenzia del Farmaco della Norvegia), a metà gennaio, ha comunicato, in una nota, 23 morti “associate alla vaccinazione Pfizer/BioNtech” dopo la prima dose, tra persone anziane e fragili aggiungendo che i vaccini anti-Covid potrebbero essere troppo rischiosi per gli over 80 e per i pazienti terminali. I risultati di tredici autopsie suggeriscono che la causa della morte potrebbe essere collegata agli effetti collaterali comuni (febbre, mal di testa, nausea, dolori muscolari, gonfiore nel sito dell’iniezione) che avrebbero aggravato le condizioni già molto fragili in cui versavano. L’Istituto norvegese di sanità pubblica ha dichiarato che “per coloro con grave fragilità, anche gli effetti collaterali relativamente lievi dei vaccini possono avere gravi conseguenze e per coloro che hanno comunque una vita residua molto breve, il beneficio del vaccino può essere marginale o irrilevante”. Sebbene entrambi i vaccini anti-Covid approvati finora in U.E. (Pfizer/BioNTech e quelli di Moderna) siano stati testati anche su volontari con un’età che va tra gli 80 e i 90 anni, il partecipante medio alla sperimentazione aveva circa 50 anni.


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Novità in Medicina: XIX parte

di Stefano Pellicanò

A) ALIMENTAZIONE a) Una dieta ad alto contenuto di flavonolo può avere effetto antipertensivo Uno studio su oltre 25.000 persone a Norfolk (Regno Unito), confrontando l’alimentazione con la loro pressione arteriosa, hanno misurato cibi e bevande ricche di flavonolo, tra cui tè, mele e bacche, utilizzando biomarker nutrizionali, cioè indicatori dell’assunzione dietetica, del metabolismo o dello stato nutrizionale presenti nel sangue. La differenza di pressione tra quelli con il più basso e il più alto 10% di assunzione di flavonolo è stata tra 2 e 4 mmHg. Questo è paragonabile ai cambiamenti significativi della pressione in coloro che seguono una dieta mediterranea o un approccio dietetico per fermare l’ipertensione arteriosa, in particolare l’effetto è stato più pronunciato nei partecipanti ipertesi. Siccome la differenza maggiore è stata osservata nei partecipanti con la pressione più alta, i ricercatori suggeriscono che se la popolazione generale aumentasse l’assunzione di flavonolo, ci potrebbe essere una riduzione complessiva dell’incidenza delle patologie cardiovascolari (fonte: Scientific Reports, http://dx.doi.org/10.1038/s41598-020-74863-7, 2020) B) DIABETOLOGIA a) Pre-diabete: identificati i sei sottotipi Finora per i pre-diabetici non era possibile prevedere se svilupperanno il diabete, se saranno a rischio di complicazioni gravi, come l'insufficienza renale o se avranno solo una forma innocua con livelli di glucosio leggermente più elevati. Uno studio iniziato venticinque anni fa dall'Università di Tubinga e dal Centro tedesco per la ricerca sul diabete, basato su parametri metabolici chiave, come i valori glicemici, la distribuzione del grasso corporeo e quello epatico, i livelli di lipidi nel sangue e il rischio genetico ha permesso di identificare sei sottotipi. L’1, 2 e 4 sono caratterizzati da un basso rischio di diabete e di sviluppare complicanze mentre viceversa i gruppi 3, 5 e 6. I pazienti del sottotipo 3 producono una quantità insufficiente di insulina e hanno un elevato rischio di sviluppare il diabete; gli appartenenti al gruppo 5 hanno una steatosi epatica pronunciata e un rischio molto elevato di diabete perché i loro corpi sono resistenti all'effetto ipoglicemizzante dell'insulina. Nel sottotipo 6, infine, il danno renale si manifesta anche prima della diagnosi di diabete. Lo studio potrà aiutare a prevenire la manifestazione del diabete e lo sviluppo di complicazioni grazie a una prevenzione mirata (fonte: Nature Medicine, 2021). C) INFETTIVOLOGIA a) Scoperto come si forma il capside dell’HIV Studiosi dell’Università di Chicago (USA) hanno individuato i meccanismi con cui il virus dell’HIV costruisce il capside, lo “scudo” che lo protegge permettendogli di diffondersi. A promuovere l’assemblaggio di capsidi sarebbero gli esacisfosfati di inositolo (Ip6), cofattori cellulari a carica negativa che coordinano un anello elettropositivo di arginina al centro dei pori distribuiti su tutta la superficie del capside. Studi cinetici indicano che il legame di Ip6 aumenta la vita stabile del capside di diversi ordini di grandezza, da minuti a ore. Utilizzando simulazioni di dinamica molecolare interamente anatomica, i ricercatori hanno scoperto i meccanismi che stanno alla base della stabilità insolitamente elevata dei capsidi maturi in complesso con Ip6, vedendo che gli esametri e i pentameri di capside hanno modalità di legame differenziale per Ip6. La scoperta è particolarmente importante perché permette di capire meglio come funziona il meccanismo di infezione del virus (fonte: Science Advances, 10.1126/sciadv.abc6465). D) ONCOLOGIA a) Scoperta la aneuploidia, il punto debole delle cellule neoplastiche L’oncologia molecolare ha individuato, per le varie neoplasie, numerosi geni coinvolti nella trasformazione neoplastica della cellula, utilizzabili come bersagli terapeutici, Un team internazionale di ricercatori, tra cui l’Istituto europeo di oncologia (IEO) e l’Università Statale di Milano, ha dimostrato che una caratteristica genetica delle cellule tumorali, l’aneuploidia, che si trova nel 90% dei tumori solidi e nel 75% di quelli ematologici, può essere di per sé un bersaglio; inoltre sono state trovate delle molecole, gli inibitori del cosiddetto Sac (“spindle assembly checkpoint”), il macchinario cellulare deputato alla divisione cellulare, attraverso il quale ogni cellula genera due cellule figlie, in grado di interferire con essa e di sfruttarla per mirare e colpire le cellule tumorali. L’aneuploidia è un cambiamento nel numero delle copie di cromosomi: tutte le cellule umane hanno, in condizioni normali, ne hanno 46, mentre quelle tumorali ne hanno spesso di più o di meno, e risultano quindi con un patrimonio cromosomico (cariotipo) sbilanciato. Finora, tuttavia, questo importante segno distintivo del cancro non è mai stato sfruttato come bersaglio terapeutico perché, fino a poco tempo fa, mancavano gli strumenti necessari per creare modelli in vitro di cellule aneuploidi. Per la prima volta allo IEO sono state creati librerie di linee cellulari, con cariotipi aneuploidi definiti e, grazie a esse, è stata dimostrata un’alta dipendenza delle cellule aneuploidi dai geni coinvolti nel corretto funzionamento del Sac. Questa interazione tra aneuploidia e Sac ha una rilevanza clinica, infatti, inibendo Sac, le cellule aneuploidi muoiono con la prospettiva concreta dell’utilizzo dei Sac inibitori come terapia antineoplastica. I ricercatori, ora che hanno scoperto che l’aneuploidia indica un punto di vulnerabilità delle cellule tumorali, stanno studiando se promuova anche la resistenza alla chemioterapia; in questo caso si potrebbe avere un doppio utilizzo clinico di questo segnale-spia delle neoplasie (fonte: Nature, 2021). b) Neoplasia al colon: nuovo modello di valutazione del rischio Ricercatori della Indiana University School of Medicine hanno testato, su 4.500 soggetti di età 50 - 80 anni, un modello per prevedere il rischio di sviluppare polipi precancerosi avanzati e cancro al colon in individui a rischio medio che considera diversi fattori come età, sesso, stile di vita, dieta, e storia di fumo. Lo studio ha identificato, tra gli individui a rischio medio, gruppi a rischio inferiore e a rischio elevato. Circa un quarto degli individui a rischio medio rientrava nel gruppo di persone a basso rischio, circa il 60% degli individui a rischio medio era effettivamente a rischio medio, mentre il 10% circa è stato ritenuto ad alto rischio, per questi soggetti sarebbe quindi appropriata una colonscopia di screening. Un test immunochimico fecale annuale e le analisi del sangue ogni tre anni, sono metodi efficaci per selezionare le persone a basso o medio rischio (fonte: Gutt, 2020).


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Novità in Farmacopea: XIX parte

di Stefano Pellicanò

A) EMATOLOGIA a) Anemia falciforme: crizanlizumab per la prevenzione delle crisi vaso-occlusive ricorrenti (VOC) o “crisi dolorose” Dopo molti anni i pazienti con anemia falciforme hanno a disposizione una nuova terapia in grado di migliorarne la qualità di vita: la Commissione europea ha approvato crizanlizumab nei pazienti con anemia falciforme a partire dai 16 anni. Esso si lega alla P-selectina, una proteina di adesione cellulare che svolge un ruolo centrale nelle interazioni multicellulari che possono provocare vaso-occlusione. Può essere somministrato come terapia aggiuntiva a idrossiurea/idrossicarbamide (HU/HC) o come monoterapia nei pazienti per i quali HU/HC è inappropriata o inadeguata. Il farmaco, grazie al suo peculiare meccanismo d’azione, agisce sulla vasculopatia infiammatoria cronica che sta alla base delle numerose complicanze cliniche presenti negli adolescenti, adulti e nei bambini. B) INFETTIVOLOGIA a) Rrilpivirina iniettiva in combinazione con il cabotegravir iniettivo per il trattamento del virus da immunodeficienza umana di tipo 1 (Hiv-1) negli adulti Il Chmp (Comitato per i farmaci dell'Ema, l'Agenzia europea per i medicinali) ha espresso parere positivo, raccomandando l'autorizzazione all'a sua immissione in commercio. Se approvato, si tratterà del primo regime completo a lunga durata d'azione, una volta al mese o ogni due mesi per le persone in soppressione virologica affetti da l'Hiv-1. Un mese prima dell'inizio del regime iniettabile a lunga durata vanno assunte Rilpivirina e cabotegravi. b) Coronavirus: il composto Eblesen per bloccare la sua replicazione Quando il virus infetta l’ospite sfrutta i macchinari delle sue stesse cellule per sintetizzare nuove proteine virali e replicarsi. Alcune di queste proteine vengono prodotte unite fra loro e devono essere tagliate da forbici molecolari, chiamate proteasi, nel caso di SarsCoV2 la Mpro, da tempo riconosciuta come uno dei bersagli più promettenti da mirare per lo sviluppo di nuovi farmaci. Ricercatori del Politecnico di Milano hanno scoperto che il composto Eblesen, già conosciuto per la sua attività contro diversi virus a RNA, è risultato essere uno dei più potenti inibitori di Mpro, selezionato tra oltre 10.000 candidati. Esso si lega a SarsCoV2 e ad altri retrovirus, come il virus HIV e quello dell’epatite C, grazie all’atomo di selenio di Ebselen che interagisce fortemente con alcuni gruppi tipicamente presenti nelle proteine attraverso il legame calcogeno, un’interazione che da anni è oggetto di studio, inibendo la replicazione del virus (fonte: New Journal of Chemistry, 2020). c) Baricitinib per il trattamento di Covid-19 La Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha rilasciato l'autorizzazione per l'uso di emergenza di baricitinib in combinazione con remdesivir in adulti e bambini ospedalizzati di età pari o superiore a due anni con COVID-19 sospetto o confermato che richiedono ossigeno supplementare, ventilazione meccanica invasiva o ossigenazione extracorporea a membrana (ECMO). Baricitinib è un inibitore della JAK orale, da assumere una volta al giorno. C) NEUROLOGIA a) Identificata la proteina CXCL13 che contrasta la progressione della sclerosi laterale amiotrofica (SLA) Studiosi dell' Istituto Mario Negri di Milano hanno scoperto che la proteina CXCL13, appartenente alla famiglia delle chemochine, che viene attivata dai neuroni che comandano i movimenti muscolari (motoneuroni), ha effetti benefici contro la progressione della SLA nei topi. Questa proteina potrebbe essere usata come marcatore per la discriminazione precoce della malattia rispetto ad altri disturbi neurologici, come la sclerosi multipla. D) ONCOLOGIA a) Nivolumab più ipilimumab con due cicli di chemioterapia a base di platino nuova terapia contro il tumore polmonare La Commissione europea ha approvato questa nuova terapia per il trattamento di prima linea di adulti affetti da Nsclc, il tumore del polmone non a piccole cellule metastatico senza la mutazione del recettore del fattore di crescita epidermico o la traslocazione della chinasi del linfoma anaplastico. b) Carcinoma ovarico: niraparib come trattamento di prima linea La Commissione europea ha approvato niraparib, un inibitore orale della poli (ADP-ribosio) polimerasi (PARP), da assumere una volta al giorno, come trattamento di mantenimento in monoterapia di prima linea per pazienti adulti con epitelio avanzato (FIGO Stadi III e IV) carcinoma ovarico di alto grado, tuba di Falloppio o peritoneale primario, che sono in risposta completa o parziale dopo chemioterapia a base di platino. Questo è l’unico PARP inibitore approvato nell’U.E. per l’uso in monoterapia per pazienti con carcinoma ovarico avanzato, indipendentemente dal loro stato di biomarcatore.


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Novità in Sanità Pubblica: VIII parte (X)

di Stefano Pellicanò

A) SARS-CoVid-19: problemi psicologici La situazione di emergenza medica e socio-economica che stiamo vivendo può portare alla comparsa di una sintomatologia psicologica anche molto severa, infatti il continuo stress e l'incertezza a cui siamo sottoposti ci fa sentire insicuri con un'impatto emotivo e psicologico devastante. Da un’indagine dell'EURODAP (Associazione Europea per il Disturbo da Attacchi di Panico), per indagare ciò che più spaventa in atto gli italiani, su 629 persone, è emerso che per il 57% dei partecipanti una delle conseguenze psicologiche più evidenti del Covid-19 è la paura di essere contagiati o di poter contagiare gli altri; il 18% è preoccupato per le conseguenze socio-economiche; il restante 25% teme che possano essere ripristinate le misure restrittive di pochi mesi fa. Per gli intervistati le emozioni dominanti continuano a essere nervosismo ed agitazione: il 79% è molto preoccupato e agitato e il 7% afferma di riuscire ad essere tranquillo e a mantenere la calma. Infine, nonostante l'81% ammetta che la situazione attuale possa aver avuto un impatto a livello psicologico, solo il 43% sostiene che un supporto psicologico possa essergli utile. Non tutti riportano le stesse conseguenze in base alle diverse personalità infatti chi presenta tratti narcisistici è più probabile che si senta “superiore” al virus e che non prenda le necessarie precauzioni ostentando noncuranza; chi presenta tratti ossessivi seguirà con precisione le regole; chi presenta tratti paranoidi tenderà a pensare che sia tutta un'invenzione per controllarci; per chi presenta tratti evitanti l'impossibilità del contatto potrebbe essere quasi un sollievo; chi presenta tratti borderline da una parte soffrirà le restrizioni ma dall'altra ne comprenderà la necessità. Tutti presentiamo in maniera più o meno evidente alcuni di questi tratti pertanto è bene attenersi rigorosamente alle indicazioni a tutela della salute pubblica; evitare di controllare l'ansia attraverso la ricerca spasmodica d'informazioni; mantenere la calma perché ansia e panico non aiutano nella gestione dell'emergenza, anzi, hanno l'effetto opposto e diminuendo le difese immunitarie ci espongono maggiormente al contagio; evitare di percepire le misure cautelative come una limitazione della libertà personale e sforzarsi, invece, di mantenere un atteggiamento psicologico positivo; non aver paura di chiedere aiuto in caso di bisogno. Teniamo presente che più a lungo la sintomatologia viene ignorata maggiori sono le possibilità che diventi cronica. B) Entro il 2030 avremo il DNA sul cellulare A 30 anni dal lancio del grande progetto sul genoma umano, che nel 2003 ha portato alla mappatura completa del nostro DNA gli esperti dell’Istituto americano per la ricerca sul genoma umano (Nhgri) hanno annunciato che entro il 2030 potremo avere il nostro genoma a portata di mano sullo smartphone, insieme a tutte le informazioni per interpretarlo in relazione alla nostra salute (fonte: Nature, 2020).


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Racconti e poesia

Bagno Nettuno

di Dunia Sardi

(Tratto dal libro “La bambina con la farfalla sulla testa” ed. Attucci, Carmignano.) Lungo il viale Margherita, a Viareggio, fra una vetrina e l’altra, si aprono gli ingressi alla spiaggia; l’insegna dice: “Bagno Nettuno”. Attratta da un ricordo, Mi avvicino alla direzione e rivolgendomi alla signora che riconosco, anche se appare assai invecchiata, domando se posso avere un ombrellone e due sdraio; lei annuisce chiede: “Vuole anche un lettino, signora, quanti siete?” Soprappensiero rispondo: “No, grazie, sono sola” E’ il primo di agosto e sono arrivate le tanto sospirate ferie: le fabbriche, specialmente quelle pratesi, hanno cominciato a chiudere i cancelli, seguite dal formicaio delle piccole ditte artigiane che ruota intorno, e a Viareggio la spiaggia si riempie di famiglie che da decenni fissano anno dopo anno l’ombrellone con due sdraio, allo stesso bagno. Un grande scalmanarsi di abbracci e baci, strette di mano e pacche sulle spalle, dopo di che tutti sulle sdraio sotto gli ombrelloni carichi di vestiti appesi alle stecche di legno, o sdraiati sugli asciugamani stesi al sole, e non si vede l’ora di raccontarsi quello che è successo durante l’anno. Dal mare si sente, sempre più distinta una voce: la stessa voce morbida e confidenziale; arriva da una piccola barca a motore che ogni anno, durante l’estate, sempre alla stessa ora, scivola lentamente, sul filo dell’onda oltre le boe, lungo i bagni. Invita i villeggianti nei vari ristoranti o negozi della Versilia illustrandone le specialità; tutti la riconoscono. Due uomini di mezza età che si stanno parlando da una sdraio all’altra, si zittiscono, poi uno di loro esclama: “Ascolta, Piero, è la stessa voce dell’anno scorso!” “Davvero! come minimo… è dal sessanta che la sento”. “Oh Mario…! passa il tempo, si veniva qui che s’era ragazzi…” Ascolto quella voce, che ora si perde nel brusio dei ricordi, con la sensazione di aver ritrovato un amico. Sono passati più di vent’anni da quando venivo con la famiglia, a passare le vacanze al mare, proprio in questo stesso bagno, solo la sdraio, dove ora sono seduta fingendo di leggere un giornale, non è la stessa, si trova un po’ più distante dal mare; cerco di capire attraverso i discorsi e le voci delle persone che si muovono e si salutano, se riconosco qualcuno di quelli che frequentavano questo bagno in quell’epoca. Una donna di mezza età con i capelli mesciati e un accappatoio bianco legato in vita cerca il suo ombrellone, guardando sotto le stecche il numero; doveva essere quello vicino al mare, come l’anno scorso… da una sdraio accanto, si sente chiamare… “Signora Elvira! Ben ritrovata, che piacere rivederla… come sta? e suo marito?” La donna capisce di aver ritrovato il suo ombrellone; dopo aver abbracciato l’amica, si siede e risponde: “Oh, mia cara signora Gemma… come la vedo volentieri... se sapesse… abbiamo avuto un incidente prima delle feste di Natale e mio marito c’è rimasto…” “Che tragedia! Non si è saputo niente, se no si sarebbe venute al funerale… L’amica, che ha assunto un’aria contrita, continua “Povera Elvira… sapesse quanto mi dispiace! e la sua figliola, come sta ? Viene anche lei con i nipotini, come l’anno scorso?” “Non mi faccia dire… quest’anno ci mancava proprio che il marito della mia Rosanna la lasciasse per un’altra! Alla mia figliola gli è preso l’esaurimento nervoso e ora è in montagna sulle Dolomiti con degli amici, mentre i bambini sono con il babbo a Riccione. Quest’anno sono proprio sola! Meno male che ho ritrovato lei… Così qualche volta si può uscire insieme… magari per andare a ballare il liscio al “Trocadero”… si ricorda … Ci siamo andate l’anno scorso con il mio povero Aldo!” “Buona idea, Elvira! La senta… Appena va a casa il mio, tanto lui sta qui solo il fine settimana poi deve tornare in filatura, noi ci si barda e si va a vedere se ci riesce fare qualche ballo!” “Io mi son portata anche i vestiti da sera,” confida Elvira con la voce che si sta incrinando, “almeno li sfrutto, ora che non c’è nessuno a brontolare che son troppo sfacciati!” “Anch’io me li son portati; aspetto di essere un pò abbronzata e poi mi metto in ghingheri e vo a far gola in passeggiata… In fondo… anche se siamo donne mature ci siamo mantenute bene!” “Io non voglio dire che cerco storie, ora che son vedova mi voglio gustare un po’ di libertà. Il mio povero marito gli era tanto buono ma anche tanto geloso!!!” Mentre le amiche conversano, si avvicina un’altra signora dall’aspetto appariscente che si atteggia a diva del cinema, tutta bionda con un mini-costume nero che spicca sulla pelle ancora bianca, con labbra e unghie rosse smaltate: “Guardi chi c’è, Elvira!” “Zitta, zitta, Gemma, non diciamole dei nostri progetti, se no ci viene dietro anche lei!” “Per carità! si ricorda che l’anno scorso se la faceva con il fotografo del “Bagno Colombo sotto gli occhi del povero babbeo di suo marito?” La signora in questione si ferma sfoderando un sorriso da perfetta implantologia: “Che sorpresa! Come stanno le mie belle signore? Anche quest’anno ci si ritrova, sembra impossibile. Abitiamo tutte nella stessa città e si deve venire al mare per incontrarci!” “Buon giorno signora Claudia… non le chiedo neanche come sta… Si vede che è in forma, mi sembra anche un po’ ingrassata non è vero, Gemma? La bionda si agita. “Veramente porto sempre la stessa taglia e la mia estetista dice che non ho un filo di cellulite, a differenza di altre della mia età che son piene…” Così dicendo punta lo sguardo verso le cosce della signora Elvira che le sente bruciare. “Che mi raccontate di bello?” incalza la donna che nel frattempo si è seduta sull’asciugamano firmato steso sulla sabbia, dove ha sistemato un mini-necessaire con il tubetto dell’ ambra solare e il cellulare, con tutta l’aria di volerci passare la mattinata. “Di bello c’è poco da raccontare… Io sono vedova da poco e non posso ancora capacitarmi che il mio povero Aldino non ci sia più. E dire che si stava tanto bene insieme!” Poi, come se parlasse a sé stessa… “A quelle che se ne fregano dei mariti non gli succede mai niente”. L’altra interviene sviando il discorso: “Non abita più in via Pistoiese signora Claudia? Ho visto la sua casa come abbandonata…” “Ho lasciato la casa quest’inverno: non era possibile vivere in quella zona… è infestata dai cinesi! Ci siamo dovuti adattare a comprare un appartamentino in periferia, pur di non si mescolare con quelli!” “...E la fabbrica di suo marito, come va? Si sa che c’è crisi nel settore della maglieria, molti dei nostri conoscenti hanno chiuso i magazzini e si sono adattati a lavorare sottoposti”. “Per ora la fabbrica va bene! Abbiamo dovuto licenziare molti operai e dare il lavoro fuori, se si voleva reggere la concorrenza: meno male che abbiamo trovato dei cinesi che lavorano giorno e notte e si accontentano della metà di quello che pretendono gli artigiani pratesi”. Poi, con un sospiro, mentre si spalma la crema abbronzante sulla pancia …“ Eppoi si lamentano …” e chiudono gli stanzoni piuttosto che accontentarsi… Eppure, i cinesi con quello che gli si dà campano proprio bene!” Una ragazzina cammina faticosamente sulla spiaggia, fra un ombrellone e l’altro, reggendo un grosso cesto di vimini; si avvicina alle signore lo appoggia sulla sabbia, poi comincia a tirare fuori grandi scialli di cotone colorato e mostrandoli chiede: “Complale paleo plego” Le signore guardano, spiegano tutti i pareo colorati: “Come mi sta?” Chiede Gemma, mostrandosi con un pareo arancione con i pedani neri che si è legata in vita così stretto da far uscire fuori la ciambella che era sui fianchi; le altre si scambiano un’occhiata che la dice lunga… “Oh come le si addice” esordisce Elvira, “vedesse come la snellisce,” “eppoi… la fa sembrare più giovanile!” continua l’altra. La signora soddisfatta insiste nelle prove, scegliendo altri colori e fantasie, mentre anche le amiche hanno cominciato a provare scialli in una fiera di giravolte e girandole di colori, mentre la venditrice suda sotto il sole. Alfine, togliendosi l’ultimo pareo come nella danza dei sette veli, senza nemmeno ripiegarlo chiedono il prezzo e cominciano una trattativa all’ultima lira. La ragazzina ha capito che non compreranno niente, e, mentre dal suo viso va scomparendo il sorriso e negli occhi a mandorla svanisce la piccola luce di speranza che si era accesa, piega e ripone i pareo nella cesta e arrancando sulla sabbia si avvia fra una sdraio e l’altra oltre il bagno Nettuno. Le signore la guardano allontanarsi e borbottano alzando gli occhi al cielo con aria di rassegnata sopportazione: “mio Dio! ma questi… anche qui ci tormentano!” Le signore si salutano e passandomi davanti mi lanciano un affrettato “buongiorno!” mi sento guardata con curiosità, come se anche loro cercassero di capire se mi avevano già vista. Le guardo allontanarsi infastidita per lo spolverio di sabbia che sollevano strascicando gli zoccoli e penso che per fortuna, non le conosco, sono certa di non averle mai viste prima. Resto ancora cercando di riallacciare il filo dei ricordi che la loro conversazione, ascoltata senza volere, ha interrotto. Man mano che la spiaggia si svuota, il brusio delle voci si affievolisce e sulla sabbia sbiancata gli ombrelloni disegnano cerchi d’ombra; le palpebre calano sugli occhi, come un sipario e un’altra scena si apre: immagini di giovani ragazze con i volti ambrati dove spiccano gli occhi freschi come acquamarina e le bocche rosa corallo, vengono verso di me; sono appena uscite dall’acqua, nei mini bikini colorati e sui corpi sodi e abbronzati brillano goccioline trasparenti come miele fuso. “Ma non vieni a fare il bagno?” mi gridano, avvicinandosi, “l’acqua è calda e sono arrivati anche i ragazzi degli altri bagni!” Le raggiungo e di corsa entriamo nell’acqua, che sui nostri corpi accaldati sembra gelata, saltando l’onde e gridando gioiosamente. Rabbrividendo a quel ricordo, apro gli occhi e mi passo lentamente la lingua sulle labbra cercando di far riaffiorare quel dolce sapore di sale che restava sulla bocca dopo i giochi d’acqua fra spruzzi bianchi di spuma, ma quello che sento ora è solo un gusto amaro


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Donna Carmela, la levatrice (l’ostetrica): quella notte di 60 anni fa

di Annamaria Antonelli

Negli anni ’60, in Piazza San Pietro Caveoso c’era un palazzo oggi non c’è più), “Palazzo Dubla“, dove viveva una coppia di giovani sposi Giovanni e Giuseppina.. Era il 13 novembre, una giornata apparentemente tranquilla. Tutto accadde nella notte quando un violento temporale, un vero diluvio universale, si abbatté su Matera. La pioggia era abbondante e le strade dei Sassi erano inondate al tal punto che l’acqua entrò nelle case e portò con sé tutto quello che trovava nel suo cammino fin proprio a quel palazzo, a metà tra il Sasso Caveoso e il Sasso Barisao. Il confluire delle acque in Piazza San Pietro ne alzò il livello, allagò il piano terra dello stabile e ruppe i vetri delle finestre riversando sedie, mobili e oggetti di ogni genere nel sottostante Torrente Gravina. Ma, mentre fuori diluviava e al pian terreno c’era il caos, al primo piano dello stesso stabile stava accadendo qualcosa di emozionante. Giuseppina aspettava un bimbo. (In quegli anni si partoriva in casa. In ospedale, dove c’era il medico, si andava per i parti difficili o le urgenze). Il lungo travaglio era cominciato sin dalla mattina, quando Giovanni corse a chiamare Donna Carmela Lapenna, la levatrice. Era una signora robusta ma, molto dolce e coraggiosa e con Brunetta, la sua assistente al parto, andava nelle case dei materani a far nascere bambini che lei amorevolmente chiamava “I miei figli”. Donna Carmela guidava una Fiat 500 di colore chiaro, era un po’ buffa quanto entrava in macchina per via della sua mole ma, era sempre pronta a intervenire. Dopo aver visitato la futura mamma le disse che sarebbe ritornata in serata o al più tardi il mattino seguente, come infatti accadde. Fortunatamente! Si, perché come lei stessa disse: «Se tuo figlio avesse deciso di nascere nella notte, come avrei raggiunto la vostra casa, con quella pioggia?». Era impossibile percorrere le scivolose strade dei Sassi, persino in automobile! Ma, mentre donna Carmela chiacchierava, il pianto del bimbo fece dimenticare la brutta notte e colmò i cuori dei suoi genitori di gioia. Come si dice “Spunta sempre il Sole”.


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Editoriale

Tempi di virus

di Mario Lorenzini


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Libeccio

di Francesco Burroni

L’aveva vista tante volte al parco portare a spasso il suo cane, ma a dir la verità era il cane che portava a spasso lei, e lei si faceva trasportare tranquilla, sorridente e bellissima e, anche se i suoi occhi erano chiusi, dal sorriso sulle sue labbra potevi immaginare lo sguardo. Lei viveva nella notte, eppure lo sguardo era quello di una donna che sorride sempre, con il sole in faccia, un marinaio sul ponte col volto consumato dal vento di libeccio che lo ha accarezzato dolcemente e rudemente in mille traversate e Libeccio era anche il nome del suo cane, un golden retriever dal pelo dorato e con la scusa del cane… Com’è carino!... Posso accarezzarlo?... fecero amicizia. Quando passeggiavano insieme al parco lui ogni tanto chiudeva gli occhi per sentire, anche lui come lei, il vento in faccia, l’odore degli ippocastani appena fioriti, il ronzio delle api smaniose di polline, e tutto sembrava più forte, più grande, più intenso, suoni e profumi entravano più a fondo nella pelle, nella carne, e anche il terreno era diverso, a volte era erba, a volte ghiaia, a volte mattonato. Anche la prima volta che si baciarono lui chiuse gli occhi, come fanno quasi tutti gli innamorati, ma con lei era diverso: chiudersi alla vista insieme a lei significava spalancare del tutto la porta al mondo semisconosciuto degli altri sensi, un mondo misterioso che forse solo di notte dormendo si può vagamente immaginare. Tra un bacio e l’altro rimasero in silenzio, non c’era lo sguardo, non c’era il suono delle parole ma c’era l’odore fortissimo di gelsomini e magnolie, c’era la sinfonia concitata di rondini e allodole, c’era il sentire la pelle delle mani che scivolavano l’una sull’altra, c’era il sapore di mandorla della sua bocca, non c’era bisogno di altro. Lui non riaprì più gli occhi, continuò come lei a farsi guidare da Libeccio e insieme andarono in giro per il mondo. Lei gli fece scoprire la sensuale carnalità della sabbia, il chiacchiericcio segreto delle onde mentre accarezzano con leggerezza il bagnasciuga; lui imparò a riconoscere quando i gabbiani urlano per rabbia o quando lanciano grida disperate d’amore. Insieme sentivano il suono dell’acqua in profondità smossa dai pesci e accarezzata dalle alghe, sentivano il sole ma anche le nuvole, e quante nuvole, e se erano bianche o grigiastre, e se portavano sereno o tempesta. Poi la notte entravano in un buio ancora più profondo, immenso, e dopo dialoghi infiniti di labbra, di pelle e di sospiri, sognavano, e i sogni erano a colori, e c’era un vento leggero di libeccio.


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Elogio della lentezza

di Antonella Iacoponi

La lentezza è una dolce strada di montagna,
tra torrenti e canti di uccelli dagli strani nomi,
è un vento fresco che sussurra – Rimani -!
È una piccola onda di mare
che si trascina a riva, mentre canta,
un rivolo di spuma che si allunga sull'acqua salata
e sbadiglia, alla soffice luce dell'alba;
è il tempo che si dilata in scaglie, sino a frantumarsi,
così le ore non hanno più importanza, i minuti perdono efficacia,
gli attimi non sono più merce di scambio,
anche se il tempo rimane prezioso, più del denaro;
il cuore getta l'ansia nell'indifferenziato,
e, sollevato, danza nel petto!
la lentezza è una poesia,
da imparare a memoria e recitare piano piano,
poiché la vera poesia non si legge, ma si declama,…
è una cara amica, con cui passeggiare,
camminando fianco a fianco, a piccoli passi,.
quali sorsi di un pregiato vino da degustare,
costellando la strada della vita, da percorrere insieme,
nell'attesa di un futuro stupendo;
lo vedi, cara? È dietro quell'angolo, laggiù!
Però, non dobbiamo affrettarci, altrimenti svanirà!


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Primavera

di Patrizia Carlotti

La primavera respira
Dentro il corpo di una giovane donna
La primavera s’incammina
Indossando molteplici vestiti leggeri e profumi delicati
Colori ed essenze s’intrecciano in un ballo suadente e intrigante
La primavera si rinnova ogni anno,
Cantando e recitando
Gli uccelli giocano volteggiando nell’aria tiepida, s’inchinano all’allegria del cielo limpido
Nuvole bianche di panna montata di diverse dimensioni, passeggiano lentamente
E si divertono disegnando nuove figure.
La primavera arriva come il vagito dei neonati
E nella sua purezza mette solide radici
La primavera danza leggiadra
Sotto un tiepido sole d’aprile
Sboccia il fiore della gioventù
Delicato e innamorato conquistatore
un soffio timido carezza l’anima
nuove e forti emozioni destano flora e fauna
suoni, risate di bimbi, riecheggiano nei cortili…
La prima vera stagione è finalmente arrivata…
Benvenuta, desiderata, accolta con piacere
Dopo la notte e il risveglio dal letargo,
dopo il saluto freddo del volto bianco voltiamo pagina…
La terra sbadiglia e riposata si mette in moto…
Il roseto sprigiona un intenso profumo che fa sognare
Rigogliosa femmina fertile, maliziosa, narcisa, ruffiana…
Partiamo da te regina madre di quattro stagioni


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Riflessioni e critiche

La libertà non è togliersi la mascherina

di Flavio Lucchini

Più che mai in questo periodo ci siamo sentiti dire: dobbiamo essere uniti, dobbiamo scendere in piazza, dobbiamo tirarli fuori con la forza. Lasciate che vi dica un paio di cose: le manifestazioni sono un inganno, Perché verrebbero manipolate dai media, censurate e se non peggio manipolate e direzionate verso azioni violente. Il governo sta tirando la cinghia per portarci esattamente al punto di non ritorno. Se facciamo un passo falso ora, daremo lo step per il passo successivo del gioco, lo stato di polizia. Quindi dove stiamo sbagliando? Stiamo partecipando attivamente al loro gioco. Ci schieriamo con questo o l'altro politico e questo è il loro gioco. Diamo retta a questa o quest'altra notizia, e questo è sempre il loro gioco. Il grande divario tra chi crede alla pandemia e chi non ci crede è costruito a tavolino per creare maggiore tensione sociale per dividerci. Veniamo costantemente separati per annientarci davanti alla frustrazione di non riuscire mai a riunirci. La vera rivoluzione parte da un singolo e corre per un obiettivo comune. Inutile urlare in piazza, per poi tornare a casa e continuare a giocare al loro gioco. La politica è alla stregua di uno show televisivo con attori ben pagati, messi lì per non darvi mai la soluzione reale. I politici che oggi vengono dipinti come salvatori contro corrente, non vi diranno mai la verità, Perché abbiamo un’unica via di fuga, la resistenza fiscale. Loro vogliono che voi aspettiate che altri agiscano al posto vostro, vogliono tempo, vogliono disapprovazione, vogliono approvazione, vogliono tensione. vogliono prendere le redini della vostra esistenza e vogliono vedervi giocare fino alla morte. Dalla nostra parte abbiamo l'arma più forte mai esistita per affrontare ogni difficoltà, e quest'arma siamo noi stessi. Questo grande meccanismo si alimenta a soldi, e proprio questo dobbiamo levargli, tolto il carburante finito il gioco. Unirsi e prefiggersi un obiettivo comune, e questo obiettivo è la libertà. Ma la libertà non è togliersi la mascherina, è agire individualmente per appropriarsi del proprio potere decisionale, per non farsi mettere in ginocchio. Nella storia la resistenza fiscale ha liberato popoli e nazioni, ha paralizzato i governi, ha sovvertito il meccanismo per cui esistono oppressi e oppressori. Prelievi, bancomat, Benzina, alimenti, superfluo, vestiti, tecnologia, televisione, acquisti, imposte, polli, tasse, more, debiti, bollette, rate, per un solo mese e il gioco finisce. Certo sarà dura, ma se non reagiamo andrà anche peggio, e per loro questo è solo l'inizio. Si tratta di una protesta non violenta, che non preclude alcuna norma di sicurezza vigente e rappresenta l'unica possibilità logica. O fanno quello che diciamo noi, o non gli diamo più il carburante per la macchina, e questa macchina deve fare quello che noi vogliamo, perché loro sono in minoranza. Voi pagate i loro stipendi, voi vi spaccate la schiena, voi perderete tutto quello per cui avete lavorato una vita, voi acconsentite a giocare al loro gioco. Iniziamo a lavorare esclusivamente per noi stessi, e non esistono scuse, basta semplicemente incrociare le braccia e smettere di giocare ad un gioco che non ci piace. Il futuro è nelle nostre mani, e senza padroni non esistono schiavi. Siete pronti a prendere il comando, restando comodamente seduti in poltrona e a godervi lo spettacolo?


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Resilienza ai tempi del Coronavirus

di Lista Mente gruppo Sublimen.

In questi giorni di crisi e di ansia, esercitare la nostra resilienza è più importante che mai. Si tratta di un esercizio di trasformazione, in cui partire dalle fragilità per far fiorire poi i punti di forza e affrontare meglio il presente e il futuro. È la parola del momento, lo sappiamo, eppure è davvero necessaria ed è fonte di ispirazione. Le lezioni di resilienza al tempo del Coronavirus non sono solo un suggerimento o un messaggio da postare sui nostri profili social. Si tratta di un esercizio di salute psicologica che è necessario capire, come chi custodisce i segreti di un tesoro, per sentirlo proprio ogni giorno della sua vita. Innanzitutto, la resilienza non è un tratto. Non si tratta di un meccanismo che l'essere umano attiva automaticamente quando le cose si complicano. Si tratta piuttosto di un processo, di un muscolo da allenare pur tenendo a mente che ci saranno giorni meno facili, in cui ci sentiremo deboli e in cui faremo fatica a farci carico del peso del mondo. Ricordando la famosa citazione di Nietzsche "Ciò che non uccide fortifica", bisogna evitare che le avversità ci devastino del tutto o che ci lascino definitivamente senza risorse. E questa è una cosa che può succedere a chiunque, a un certo punto della vita. Possiamo cadere e sentirci persino sconfitti per un determinato periodo di tempo. Nonostante ciò, dobbiamo riemergere dalle rovine della nostra vita e risorgere dalle nostre ceneri, con speranza e coraggio. Insistiamo: è un iter complesso, che richiede impegno. Fiorire tra il cemento è l'arte più complessa, ma anche la più bella dell'essere umano. Lezioni di resilienza al tempo del Coronavirus La bella vita è un processo, non è uno stato d'animo, diceva Carl Rogers, psicoterapeuta ed esponente dell'approccio umanista in psicologia. Con la sofferenza, la paura e le crisi accade lo stesso. Soffrire non è uno stato d'animo proprio dell'essere umano: non siamo al mondo per soffrire né bisogna stare male per sapere cosa è la vita. Il dolore deve essere sempre temporaneo ed ergersi a ulteriore esperienza di vita. Tuttavia, affinché il tutto sia breve e ci permetta di adattarci molto meglio alla complessità dell'ambiente circostante, bisogna imparare a essere resilienti. Ma cosa significa davvero? In realtà, anche se siamo abituati a sentire questo termine, si tratta di un'idea che nasce nel campo della fisica e che ha iniziato a essere impiegato nel campo della psicologia a partire dagli anni '40. Possiamo definirla semplicemente come la capacità dell'essere umano di riprendersi dalle avversità senza uscirne danneggiato. Ora, mentre in fisica e in ingegneria emerge l'idea che quei "materiali resilienti" possano tornare allo stato originale dopo aver subito un impatto, in psicologia questa fase non è presente. In realtà, dopo aver vissuto un periodo difficile, nessuno è più lo stesso. Non torniamo allo stato originale: miglioriamo, apprendiamo nuove abilità per affrontare gli ostacoli, per navigare meglio nel mare della vita. No, non siamo resilienti al 100%: si tratta di un'abilità sulla quale bisogna lavorare Sappiamo che è importante applicare la resilienza al tempo del Coronavirus, ma la psicologia ci insegna che davvero poche persone possono contare al 100% su questa caratteristica. Per metterci alla prova, basta fare riferimento alla Scala della Resilienza Connor-Davidson (CD-RISC-25). Gli item sono i seguenti: Riesco ad adattarmi facilmente ai cambiamenti. Tendo ad affrontare con successo qualunque ostacolo o complicazione. Cerco di vedere il lato positivo di ogni situazione quando devo affrontare un problema. So gestire lo stress. Tendo a riprendermi piuttosto bene dopo una malattia, una ferita o un altro ostacolo. Sono abile nel raggiungere i miei obiettivi. Quando sono sotto pressione, penso e agisco lucidamente e con determinazione. Il fallimento non mi fa perdere d'animo. Mi considero una persona forte quando affronto le sfide e le difficoltà della vita. Gestisco abilmente emozioni come la tristezza, la paura e l'ira. Si cela nella nostra natura e dobbiamo allenarla: dalla nostra vulnerabilità può emergere la nostra forza La Columbia University ha condotto uno studio approfondito sull'impatto psicologico dell'11 settembre sui sopravvissuti. Un dato verificabile è che l'indice di stress post-traumatico non era così elevato come si era pensato in un primo momento. Buona parte delle vittime ha mostrato una notevole resilienza. Il 65% di questo campione ha dimostrato un importante capacità di recupero, durante il quale sono state applicate diverse strategie. La prima è stata ammettere la propria vulnerabilità. Capire cioè che tutti possiamo soffrire sulla nostra pelle l'impatto degli ostacoli e che è nostro assoluto diritto soffrire, sentirci vulnerabili, feritià Si è dedotto anche che in ognuno di noi risiede un impulso, una forza interna che ci invita a un percorso di guarigione che consiste nell'imparare dalla nostra esperienza e nel guardare al presente con sguardo più forte, deciso e persino speranzoso. Lezioni di resilienza al tempo del Coronavirus: accettare e prepararsi al cambiamento Nassim Taleb, scrittore e autore di libri come Il Cigno Nero, in tempi recenti ha scritto che durante l'attuale pandemia è bene tenere a mente un aspetto: sebbene ci sia stata messa in bocca la parola "resistere", egli preferisce eliminarla da questa equazione. Resistere significa raccogliere le forze per sopportare qualcosa che ci sovrasta e che ci opprime. Secondo lo scrittore, non è il momento di perdere energie facendo degli sforzi; è il momento dell'accettazione e di qualcosa di più. Dobbiamo prepararci al cambiamento e questo significa fare uso di un altro tipo di energia. Le lezioni di resilienza al tempo del Coronavirus si traducono nel bisogno di cambiamenti e di trasformazioni. Chi si impegna a resistere rimane fermo nello stesso punto, invece bisogna andare avanti; innanzitutto sopravvivendo, vivendo, assicurandosi di stare bene. Ma il futuro comporta cambiamenti e solo il cuore e la mente resilienti riusciranno ad adattarsi e a trarre il meglio da quel nuovo capitolo della vita. Riflettiamoci.


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Tempi di virus

di Mario Lorenzini


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Tempo libero

Parliamo di don Matteo Buggea

di Giuseppe Lurgio

Di interviste ne ho fatte tantissime, sono oramai tanti anni che collaboro con la Redazione di Giovani del 2000 e ho conosciuto cantanti poeti musicisti atleti e tanti altri personaggi che con la loro testimonianza hanno arricchito queste pagine virtuali regalando sensazioni e facendosi soprattutto conoscere da chi ci legge. Un personaggio come don Matteo Buggea però non mi era mai capitato. Sto parlando di un sacerdote.e Fin quì nulla di strano, se non fosse che Don Matteo Buggea e un sacerdote non vedente. Anche su questo particolare potremmo non stupirci più di tanto. ma ciò che mi ha veramente colpito in lui e la sua grande forza d'animo e la sua vitalità e sopratutto la sua voglia di fare,insomma. un super "don Matteo!" Nella nostra chiacchierata che riporto qui sotto scopriremo molte cose di lui! D) Bene. caro don Matteo siamo virtualmente seduti sotto un salice cosidetto "piangente" ma noi non siamo qui per aiutarlo ma semplicemente per fare quatto chiacchiere approfittando della frescura che esso ci dona. Dunque, Don Matteo, prima di entrare nel vivo di questa chiacchierata soprattutto per chi non ti conosce puoi fare una breve presentazione di te? R) Un saluto a tutti voi lettori di Giovani del 2000. Mi chiamo Matteo Buggea. ho 50 anni, sono nato il 26 aprile 1970 e sono sacerdote dal 31 luglio 2004. Dopo aver frequentato i primi tre anni delle scuole elementari per ciechi in quando io sono non vedente dalla nascita, sono poi stato inserito nelle scuole pubbliche del mio paese sfruttando la legge 517 che ci consentiva di rientrare nelle scuole normali con l'ausilio dell'insegnante di sostegno che tra l'altro quasi mai arrivava perché poi le leggi nazionali debbono essere recepite da quelle regionali e quindi mi sono dovuto adeguare ma ce l’ho fatta a superare le medie e le superiori. Allora mi sono iscritto alla facoltà di Pedagogia a Catania laureandomi nel 1997. nel frattempo, studiavo Scienze religiose. Dopo le crisi di identità giovanili, sui dubbi seri. la fede, i valori, Dio, gli amici, la solitudine ecc. mi sento accolto molto bene da un movimento giovanile che si chiamava PUNTO GIOVANI e proprio lì ho capito grazie anche ad un sacerdote quando la vita fosse preziosa ed era preziosa perché mi era stata regalata ma era un regalo da non trattenere ma da lasciare circolare e quindi capisco che non ero io la persona da curare. Le attenzioni che io ricevevo potevano essere circolari. ovvero, io potevo mirare al cuore o ad altri bisogni di qualcuno. Mi spiego meglio, mentre a me ad esempio offrivano un braccio per camminare. o tagliarti il pane o la carne che io non riuscivo a fare da solo io in cambio potevo offrire un punto di ascolto a uno sfogo o a un a necessità di qualcuno che a volte vorrebbe solo essere ascoltato. Da qui, per farla breve emerge il germe della vocazione supportato anche da uno studio approfondito della parola di Dio. Nel 1999 entro in Seminario e nel 2004 vengo ordinato sacerdote. Le parrocchie dove ora io sono parroco sono San Francesco d'Assisi in Pachino e SACRO CUORE in Pachino nella diocesi di Noto in provincia di Siracusa. D) Don Matteo, nell' immaginario collettivo essere un sacerdote non vedente porta a pensare quasi a un’impresa impossibile. Già mi immagino leggere le letture oppure dare l'ostia consacrata riuscendo a posizionarla nel punto giusto e tante altre funzioni che richiederebbero l'uso della vista. E pur vero che per il buon DIO nulla e impossibile, ma mi chiedevo,se puoi spiegarci come ti sei.per così dire, "organizzato"? R) Come mi sono organizzato? Bè, leggere le letture non e un problema, lo fanno i fedeli, e anche per il Vangelo c'è un Diacono o un Ministro dell'altare che io in quell'occasione benedico. Uso discretamente il braille per le Orazioni o le preghiere che mi tocca leggere e proclamare a voce alta. Comunque, c’è sempre qualcuno che mi viene in aiuto se ci sono difficoltà. Il problema di posizionare l'ostia negli occhi o dentro le orecchie di qualche fedele invece di darla in mano o in bocca non me lo sono posto più di tanto perché posso farla dare ad altri. Se la Comunione la do io come spesso faccio i fedeli mi conoscono e quindi sanno che non vedo e allora vengono già con le mani tese e mi guidano affinché io possa dare loro la SACRA PARTICOLA in bocca o nelle mani. Indubbiamente ci possono essere delle difficoltà quando sei sull'altare ma le persone che ti sono vicine capiscono e corrono in tuo aiuto. Naturalmente non tutta la vita si svolge sull'altare. si ascolta, si confessa,si gestisce in qualche modo l'ufficio con i propri collaboratori. Poi mi tocca uscire. incontrare. visitare i fedeli che non possono recarsi in chiesa e tanto altro. D) Don Matteo, come si svolge una tua giornata per così dire "normale". Ovvero, quando non ci sono cose da fare non preventivate? R) La vita del sacerdote e sconvolgibile da tanti imprevisti a cominciare da un funerale. Tu non sai quando la morte di qualcuno arriva. Nella normalità mi alzo al mattino e prego secondo gli impegni assunti dalla mia consacrazione. In questo periodo pregare e piu agevole grazie anche allo smartphone che rispetto al braille e più pratico. Quindi esco di casa per recarmi in chiesa dove mi preparo per la Santa Messa alle nove che celebriamo presiedendo in modo alternato io e il Vicario parrocchiale perchè ho avuto dal Vescovo la disponibilità di un viceparroco, non si può fare tutto da soli! Dopo la Messa, dipende dagli impegni, può essere che mi fermi in chiesa per ricevere le persone o per pregare. Oppure vado a visitare la struttura per disabili che si trova alle spalle della parrocchia. Spesso vado a visitare le famiglie.o gli ammalati e molte volte mi prendo cura dei bisognosi che non mancano mai. Nel pomeriggio abbiamo avviato l'oratorio nel quale grazie a volontari e anche maestre che danno la loro disponibilità offrendo qualche ora del loro tempo aiutiamo alcuni ragazzi per un recupero scolastico. Io naturalmente non mi occupo di recupero scolastico ma sono li presente magari per qualche familiare dei ragazzi che ha bisogno di qualcosa e il fatto che il sacerdote sia presente e un esperienza utile da ambo le parti. Poi c'è il giorno che ho l'adorazione, mentre altre sere abbiamo l'incontro con i giovani per la catechesi. Insomma, non ci si annoia affatto a fare il sacerdote! D) Come hanno preso la notizia i tuoi parrocchiani quando hanno appreso che il loro pastore di anime fosse un prete non vedente’? R) Beh, non e successo all'improvviso! Ero lì mentre svolgevo il mio servizio parrocchiale da seminarista e quindi mi prodigavo io stesso accompagnato da un anziano ad andare da alcuni malati della parrocchia a portare la Comunione. Ero sempre presente e spesso intervenivo negli incontri dei gruppi dando anche il mio contributo. Poi sono stato nominato Vicario parrocchiale apprendendo il Ministero Pastorale e gradualmente sono subentrato al sacerdote che mi precedeva. La difficoltà dell'accettazione non lo percepita e credo che nemmeno i fedeli se ne sono accorti piu di tanto. Chi sceglie di ritrovarsi ad avere a che fare con me penso che riesca a relazionarsi con me con naturalezza. Ci potrebbe essere qualcuno che può avere delle difficoltà ad accettarmi per come sono ma al momento non ne so nulla! Comunque. crociate contro il pastore disabile non ce ne sono state! D) Prima della domanda voglio fare un riepilogo a proposito del Movimento Apostolico Ciechi per chi ci legge. Nato nel 1928 come Crociata Apostolica dei ciechi. L'8 Dicembre 1928 Maria Motta viene nominata zelatrice della Crociata per l'Italia da Ive Mollat, gesuita e fondatore della Croisade Des Aveugles in Francia. Nel 1960, il 25 ottobre, Papa Giovanni XXIII riconosce, ad experimentum, come associazione nazionale in Italia la Crociata, chiedendo di denominarla "Movimento Apostolico Ciechi" Il MAC, costituito per la collaborazione con la Chiesa nel servizio all'uomo, ha come missione la promozione e la formazione di persone, famiglie e comunità in presenza della disabilità visiva. Dunque, don Matteo, tu sei membro di questa associazione. la tua vocazione e nata. o meglio sarebbe dire si è rivelata in tutto il suo fervore grazie al MAC o già lo era prima che tu ne facessi parte? R) Una volta il MAC aveva un ruolo marginale nella mia vita forse perché non avevo ben chiaro il fatto che fosse un’associazione di vedenti e non vedenti. Io che spendevo tutte le mie energie per l'inclusione non mi piaceva stare solo tra non vedenti e così spaziavo un po’ di qua e un po’ di là con la consapevolezza di essere un privilegiato andando in giro con gli amici in macchina e dietro le moto. Poi piano piano si cresce e si comprendono determinate cose come il fatto che il Signore ti ha dato anche un compito da portare avanti. Il MAC poi lo incrociato quando ero in seminario dove un sacerdote che era stato assistente per la regione Sicilia me lo ha per così dire presentato. Lui era un non vedente ed era venuto a parlarne in Seminario da noi. Poi in seguito a questo incontro partecipai alle loro giornate della condivisione che organizzano ogni anno e così potei conoscere meglio il MAC. Fui poi invitato come collaboratore esterno per delle giornate di spiritualità soprattutto per i giovani sia per la Sicilia che a livello nazionale. Poi mi fu chiesto di fondare il gruppo anche nella mia diocesi. all'inizio fu difficile organizzarlo poi pur tra mille difficoltà siamo riusciti a organizzarne uno. Dunque, la mia vocazione ha trovato uno spazio per così dire. di servizio. in questa associazione. Quindi, per rispondere alla tua domanda. ti dirò che la mia vocazione non è nata nel MAC. Ma è là che trova opportunità. ricchezza anche con il confronto con tanti confratelli sacerdoti vedenti che offrono il loro servizio e il loro ministero. D) Un aforisma di Camara che recita: Se un uomo sogna da solo, il sogno rimane solo un sogno. Ma se molti uomini sognano la stessa cosa, i sogni possono diventare realtà, è un po’ il motto degli appartenenti al MAC. Tu ti ci ritrovi in queste parole? R) Fermo restando il rispetto delle sensibilità personali, io ad esempio non mi ci troverei ad essere troppo ingabbiato, sognare e condividere i sogni insieme e un aspetto di grande importanza perché si cammina solo stando insieme. Il Signore si scelse 12 Apostoli perché stessero con lui e per mandarli, non li scelse solo per mandarli o per farli stare con lui. Quindi l'esperienza della condivisione e del confronto costruisce la comunità. come la condivisione di un sogno o di un progetto rende il sogno o il progetto stesso realizzabile. Nessuno di noi dovrebbe farsi padrone di un’opera anche se l’ha fatta da solo. Sarebbe presunzione. D) Tutti i genitori si preoccupano del futuro dei propri figli, nelle varie fasi della loro vita, con la speranza che una volta divenuti adulti divengano autonomi. I genitori di una persona con disabilità, invece, hanno la piena consapevolezza che dovranno prendersi cura del proprio figlio per tutta la vita. Tuttavia, quando si volge il pensiero al Dopo di noi, l'impegnativo sforzo di attuare ogni opportunità di crescita ed integrazione si trasforma in angoscia. L'interrogativo è: chi si prenderà cura di mio figlio con disabilità quando io non ci sarò più o non potrò più assisterlo? Ora ti chiedo, tu ti sei occupato del Dopo di noi ci puoi parlarne di come si e realizzato nella tua comunità? R) Premetto che l'attenzione verso la disabilità e stata sempre una caratteristica appartenuta alle nostre parrocchie. Nel 1984, grazie all'obiezione di coscienza e quindi del servizio civile come alternativa al servizio di leva, il parroco che mi precedeva guardando a tanti disabili che vivevano in condizioni di emarginazione e di disagio cercò di raccoglierli per dar loro la possibilità di un tenore di vita più umano dando loro un momento anche ricreativo e non solo. Usando dapprima la canonica del parroco stesso e poi crescendo e usando locali affittati, poi finalmente si costruì un grande centro diurno grazie anche a benefattori o meglio immigrati in America che sposarono la causa. Dal 2000 questo centro è stato un punto di riferimento e lo è ancora per tutta la città. Con il passare del tempo e venuta fuori l'esperienza del Dopo di noi per due ragioni. Uno perché a livello nazionale e internazionale se ne faceva un gran parlare e tutt'ora se ne parla. Due accadeva in maniera diretta che i nostri ragazzi disabili perdevano i genitori e spesso restavano da soli o magari venivano presi in carico dai fratelli o parenti prossimi i quali non hanno alcun potere giuridico ma il più delle volte lo fanno puramente per un fatto umanitario o semplicemente come fonte di reddito visto che usufruiscono di pensione. Molte volte accadeva che finissero in case di riposo assolutamente inadatte alle loro esigenze e patologie. Fu così che venne fuori l'idea di costruire una casa-famiglia per loro ed ecco proprio la struttura Dopo di noi. Una struttura su tre piani che per ora e completata solo su un piano occupata da un nucleo abitativo che può arrivare a sette posti. Questa struttura lavora in collaborazione con il centro diurno appena citato. I ragazzi di giorno sono al diurno mentre a sera gli h24 tornano alla struttura; gli altri nelle proprie case. Questa e una risposta a un territorio che ti chiede e io sono impegnato a promuoverla e a scommettermi perchè anche questo e un modo di servire il Signore. Qui fungo da assistente spirituale cercando di dar conforto agli ospiti e a chi li assiste, che tra l'altro ricevono uno stipendio grazie alle rette che i familiari pagano e inoltre siamo supportati anche da volontari del servizio civile. D) Ci puoi raccontare sommariamente di una storia particolare che grazie a questa associazione si è conclusa a lieto fine? R) Vi racconto la storia di Corrado, che oramai da anni aveva perso la madre e il padre. Una polacca si prendeva cura di lui per un paio di ore al giorno ma ahimè la scorsa estate la polacca dovette partire e la casa non aveva ancora ricevuto tutte le autorizzazioni affinché potesse accogliere il primo ospite. In attesa che si compisse tutto l'iter burocratico si andava a turno a casa di Corrado alternandosi tra volontari e personale del centro per le pulizie e per tutte le altre esigenze. Spesso veniva ospitato direttamente dalle famiglie che davano disponibilità. Arrivò finalmente il giorno che poteva essere trasferito ma Corrado non ne fu convinto perché la propria casa dove si è sempre vissuti non e facile da lasciare, troppi ricordi. troppi affetti da chiudersi alle proprie spalle. Gli operatori la mattina non ci riuscirono a fargli cambiare idea poi invece un gruppo di disabili ci riuscirono e fu lui stesso che chiamò e dopo aversi preso alcune cose dalla sua casa nel pomeriggio prese posto nella nuovissima struttura dove poi si e trovato benissimo. D) Don Matteo ha un sogno nel cassetto che vorrebbe si realizzasse? R) Piu che un sogno nel cassetto è il desiderio da parte mia di fare sempre del mio meglio. e di mantenermi nella gioia. Sicuramente mi piacerebbe una comunità piu viva. Ora che la pandemia rischia sempre più di intiepidire i cuori della gente mi accorgo che i numeri dei fedeli si assottigliano sempre di più nella frequenza delle celebrazioni e quindi mi piacerebbe avere una comunità piu viva e soprattutto costituita da famiglie e da giovani sposi che non solo frequentino il Tempio fisico ma nello stesso tempo diventino loro stessi Tempio di Dio, o Chiesa domestica nel territorio. Nel lavoro e nella comunità stessa dove Formare famiglie che a loro volta diventino evangelizzatori di altre famiglie in modo da formare fedeli con la vera grande convinzione e con la consapevolezza e la gioia di chi veramente ha incontrato il Signore Risorto. D) Don Matteo. cosa possiamo dire ai nostri lettori in merito a questa pandemia che ci sta logorando corpo e mente,vuoi lasciare un tuo messaggio di speranza ai nostri lettori? R) Le zone rosse o arancione possono porre limitazioni ai nostri movimenti. La pandemia va affrontata con prudenza e intelligenza nel rispetto di se e degli altri. Ma atttenzione, le nostre coscienze non possono essere chiuse da una zona rossa. Esse debbono sempre essere custodite da noi e illuminate dal Signore. Perciò utilizziamo questo tempo con prudenza e intelligenza perchè il cristiano non può vivere prigioniero della paura. La pandemia non e una grande novità ma e un amplificatore purtroppo anche grazie ai social, di quello che da sempre riguardano le ansie e le paure e preoccupazioni che attanagliano la gente. Il tipo ansioso vede nel virus qualcosa di mostruoso e si preoccupa di ogni minimo particolare. poi ce il tipo che ce la con la chiesa e magari porta i figli dappertutto ma non in chiesa dove dice che ce assembramento e rischia magari a suo dire di contagiarsi. Poi ancora c'è il tipo che fa finta di non avere paura ma poi sta sempre lì a carpire notizie e dati che possano tranquillizzarlo. Allora usiamo sicuramente intelligenza, prudenza, attenzione, ma non consegniamo le nostre coscienze a nessuno, facciamo ciò che il cuore ci dice ma facciamolo rispettando noi stessi e gli altri, con quell’attenzione che fasi che gli altri si sentano accolti e salvaguardati. Ricordate sempre, il vero cristiano non può essere vittima della paura. Questo tempo che un po’ ci priva ci aiuti sempre più ad accorgerci dell'essenziale. impariamo ad apprezzare cio che abbiamo. D) Carissimo. io e la redazione ti ringraziamo per averci dedicato un pò del tuo prezioso tempo ma mi sembrava giusto che chi ci segue sappia che esistono figure esemplari come la tua dalle quali attingere forza e volontà di andare avanti nonostante manchi qualcosa come la vista. Grazie don Matteo. R) Un antico proverbio del meridione dice"dove manca qualcosa Dio provvede". Ecco, la mancanza della vista appartiene a tutte quelle mancanze di cui ciascuno di noi deve riconoscere. Ma riconoscere una mancanza non è una mutilazione. Il desiderio di ciò che non hai non ti fa vivere bene. Ciò che invece possiedi, e ciò che possediamo e proprio il talento che ci e stato dato ed e compito di ognuno di noi farlo fruttificare. Io non mi sento affatto un essere speciale ma tutto cio che io sono è opera del Signore che e capace di far crescere i figli di Abramo anche dalle pietre. Saluto tutti voi augurandovi ogni bene sempre nella gioia del Signore.


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Sud Africa, orizzonti sugli oceani e santuari della natura

di Gianfranco Pepe

Ci troviamo nel pieno della seconda ondata di questa terribile pandemia, causata da un insignificante frammento di DNA al quale è stato dato il regale nome di Corona Virus, che sta sconvolgendo il pianeta portando sofferenze e lutti, alimentando nuova povertà ed emarginazione. In questo surreale tempo sospeso nel quale solo i decreti governativi, che si susseguono a ritmo incessante, scandiscono il ritmo della nostra vita, limitando i movimenti delle persone e spegnendo qualsiasi entusiasmo, pensare di organizzare un viaggio è pura utopia. Allora non ci resta che viaggiare con la fantasia e magari ripercorrere alcune avventure del passato, quelle un po’ dimenticate nel cassetto dei ricordi. Nel 2001 io e mia moglie Frediana non eravamo già più due giovincelli, ma i venti anni trascorsi sono comunque tanti e ripensarci mentre scorrazziamo laggiù in Sud Africa soli soletti a godere delle bellezze australi, fa riaffiorare un po’ di tenerezza e di nostalgia. La punta estrema del continente africano, lo stato del Sud Africa, è una meta favolosa e sempre piena di sorprese, anche se purtroppo ugualmente ricca di contradizioni. L’agiatezza e la miseria si mischiano e si confondono e, nonostante la fine dell’apartheid, le disuguaglianze tra i bianchi di origine europea e le popolazioni nere locali, sono ancora evidenti. Nonostante questo, il paese resta una meta sicura per viaggiare e gli standard delle strutture turistiche sono assolutamente paragonabili a quelle dei paesi occidentali. Così come sono evidenti i contrasti tra le diverse etnie, così sono impressionanti e nel frattempo entusiasmanti le continue variazioni dei paesaggi e delle loro caratteristiche. Un viaggio in Sud Africa è un’esperienza sempre nuova, sempre diversa e, nonostante abbiamo avuto la possibilità di tornarci per una seconda volta, il desiderio di scoprire nuovi luoghi, nuovi deserti, nuove riserve, nuove suggestioni, nuove bellezze naturalistiche, è sempre in agguato, pronto a farci sognare di ritornare laggiù. Oggi è il 25 aprile del 2001 e alla Malpensa piove abbondantemente sulla Resistenza. La tensione del viaggio si fa subito sentire, visto che il volo della British Airways per Londra parte con oltre 1 ora e mezza di ritardo e il tempo per cambiare terminal è veramente ridotto. Trafelati e agitati, di corsa ci imbarchiamo sul volo South Africa che parte per Città del capo, ma temiamo che la valigia non ci abbia seguito 11 ore più tardi atterriamo a Cape Town, l’affascinante capitale del sud del paese. Il Sud Africa ci accoglie con un bel sole e la nostra valigia si materializza sul nastro togliendoci il pensiero. Ritiriamo subito l’auto a noleggio con guida a sinistra e, keeping left, imbocchiamo la veloce N2, che in poco tempo e senza difficoltà ci porta al nostro hotel. Abbiamo a disposizione l'intero pomeriggio e, visto il tempo splendido, decidiamo di salire subito sui 1080 metri della Table Mountain, il caratteristico rilievo che domina la città, molto spesso avvolto dalla famosa “tovaglia”, una coltre di nuvole che normalmente ricopre la piatta cima della montagna. Una panoramica cabinovia girevole ci porta sulla sommità dell’altopiano, dove facciamo una breve passeggiata ammirando i meravigliosi panorami che ci circondano, su Città del Capo, con la sua baia nella quale è incastonata Robben Island, sull'Oceano che si perde all'orizzonte verso il Polo Sud, sui rilievi e le vallate dell’interno e sul Devil’s Peak, il Picco del Diabolo, l’altro monte che incornicia la città e che si erge di fronte a noi. Tornati a valle visitiamo dall'esterno il Castello di Buona Speranza, la più antica costruzione di Cape Town e poi il vicino palazzo municipale. Sono solo le 17 e c'è ancora molta luce, ma l'atmosfera intorno a noi sta rapidamente cambiando, i negozi stanno chiudendo e il centro si sta popolando di personaggi dall’aria molto poco raccomandabile. Così preferiamo tornare in fretta in albergo, rimandando a momenti più animati la passeggiata sullo Strand, la via principale del centro cittadino, per ammirare i suoi tanti colori e i suoi diversi stili architettonici. In serata la navetta del hotel ci accompagna al Victoria Waterfront, una antica area portuale trasformata in una bellissima struttura dalla frizzante atmosfera, affacciata sul mare e piena di centri commerciali, di attrazioni e di ristoranti. Quindi non abbiamo che l'imbarazzo della scelta per la cena e, visto che in Italia c'è la sindrome della mucca pazza, optiamo per un enorme bisteccone in una simpatica steakhouse. La giornata odierna è interamente dedicata alla visita della penisola del capo, una zona di grande interesse naturalistico in un continuo susseguirsi di suggestivi paesaggi. Lasciamo Città del Capo e, costeggiando il mare, seguendo la strada costiera che spesso si arrampica sulle colline prospicenti l’oceano, arriviamo all'esclusiva spiaggia di Llandudno, famosa anche per le modelle che spesso la frequentano per i servizi fotografici tra gli scenografici massi tondeggianti che la caratterizzano. Infatti, proprio adesso una bellezza locale in due pezzi si sta facendo fotografare piuttosto intirizzita da un'arietta alquanto freschina. Infatti, nonostante il tempo sia abbastanza soleggiato, qui ci troviamo all’inizio dell’inverno australe. In poco tempo arriviamo ad Hout Bay, una pittoresca baia incastonata tra i monti, punto di partenza per l'isola delle foche. Con un vento micidiale ma un mare calmissimo, un barcozzo ci porta davanti ad un grande scoglio, dove assistiamo al simpaticissimo spettacolo di centinaia di mammiferi puzzolenti e rumorosi, che sotto i nostri occhi si rincorrono, giocano o si spaparacchiano al sole. Attraversiamo obliquamente la penisola e proseguiamo verso sud seguendo la costa orientale sino ad arrivare a Simon Town e alla sua pittoresca colonia di pinguini africani, simpatici animaletti alti una trentina di centimetri che inaspettatamente emettono un potente urlo simile al raglio di un asino. Questo è il periodo della cova e le mamme sono molto impegnate ad accudire le loro uova e solo i maschietti si muovono lungo la spiaggia impettiti come maggiordomi. Entriamo poi nella riserva naturale del Capo, che si estende per una quarantina di chilometri e ospita una consistente popolazione di antilopi, struzzi, facoceri, svariate comunità di babbuini e diverse varietà di uccelli. Infatti, proprio sul bordo della carreggiata, incontriamo subito una coppia di babbuini che non ci degna di uno sguardo, continuando a spulciarsi affettuosamente. Raggiungiamo così il punto più meridionale del continente africano, Cape Point, che si affaccia sul mitico Capo di Buona Speranza che divide l’oceano Atlantico da quello Indiano. In realtà il vero e proprio capo è costituito da una spiaggia di ciottoli, ma noi ci arrampichiamo a piedi sulla collina rocciosa che ospita il faro. Da quassù, a 250 metri sul livello del mare, il faro domina austero il grandioso spettacolo naturale che si apre ai nostri piedi, con il mare agitato da rombanti onde che si abbattono potenti poco più ad ovest sul Capo di Buona Speranza, costantemente sferzato da un vento impetuoso. Tornati in città su di una veloce superstrada che passa all’interno della penisola, approdiamo nuovamente al Waterfront dove impazza la vita cittadina e, alla faccia di quelli che sostengono che all’estero non bisogna mai mangiare italiano, scegliamo un bellissimo ristorante nostrano dove mangiamo benone. Oggi il cielo si presenta grigio e il sole farà capolino solo di tanto in tanto. Dopo colazione partiamo alla volta dei vigneti, ma prima facciamo una sosta ai giardini botanici di Kirstenbosch, sulle pendici meridionali della Table Mountain, che ospita un’incredibile varietà di oltre 5000 piante, anche se questo non è il periodo migliore dell’anno per godere pienamente di questo bel posto. Usciti dall'albergo, a causa della guida a sinistra, Frediana imbocca un viale in pieno contromano e solo lo scarso traffico ci salva. In compenso però abbiamo il parabrezza sempre pulitissimo perché, al contrario delle frecce, la mogliettina aziona sempre i tergicristallo! L’itinerario odierno si addentra nel cuore delle terre chiamate Cape Winelands, le terre del vino sudafricano, sempre più conosciuto e apprezzato nel mondo intero. Questi vini, in produzione da ormai più di 300 anni, hanno saputo fondere le tradizioni del Vecchio mondo con le esigenze di quello Nuovo. Grazie al clima mediterraneo di queste zone, con estati calde ed inverni piovosi, e anche alla ricchezza del suolo, si creano le condizioni ideali per raccolti abbondanti e produzione di vini generosi sia bianchi che rossi. Inoltre, a causa dell'inversione delle stagioni, i vini sudafricani hanno il vantaggio di arrivare nelle nostre enoteche sei mesi prima degli equivalenti vini europei. Con facilità la superstrada N1 ci porta a Stellnbosch, capoluogo di tutta questa vasta zona dedicata alla produzione del vino. Nel centro storico della cittadina visitiamo alcune belle case d'epoca di stile olandese con influenze locali e, accompagnati da simpatiche signore in costume del tempo, entriamo in alcune delle case più antiche e signorili del luogo. Dopo un frugale spuntino, percorriamo la strada che porta verso la città di Paarl, dove si trovano alcune delle maggiori aziende vitivinicole della regione, anche per degustare questo famoso vino sudafricano. Facciamo sosta in una bellissima e ordinatissima azienda, in un ameno luogo immerso nel verde, che ci ricorda in modo impressionante le nostre realtà altoatesine e persino il nome tedesco della cantina è chiaramente di origine tirolese. Infine, arriviamo a Paarl, una estesa località adagiata tra le colline ammantate di vigne. Prima di riprendere la superstrada che ci riporta a casa, facciamo anche una puntata al vicino monumento dedicato alla lingua Afrikaans, che si staglia sulla cima di una altura da cui si gode di un bel panorama d’insieme. La lingua Afrikaans, introdotta in Sud Africa alla fine del 1600, è la lingua parlata dagli Afrikaner, la gente bianca di origine europea, in particolare olandese e di religione calvinista, quelli che una volta venivano chiamati Boeri, i coloni arrivati nella zona del Capo con la Compagnia Olandese delle Indie Orientali. Una lingua di origine principalmente olandese, con infiltrazioni di tedesco, di dialetto locale, di inglese e di creolo, anch’essa in qualche modo simbolo dell’Apartheid e della segregazione dei neri. Prima di partire verso la costa sud est del Sud Africa e lasciare definitivamente Cape Town, saliamo con l’auto sulla sommità di Signal Hill, la più accessibile delle 3 cime che circondano la città. Questo solitamente è il luogo privilegiato per godere del tramonto sulla baia ma, anche se sono le prime ore del mattino, con questo bel sole e una vista magnifica a 360 gradi, è comunque il posto più spettacolare e romantico per salutare nel migliore dei modi Città del Capo. Ormai ci muoviamo con una certa scioltezza e così, con abile mossa da esperti navigatori, con la M3 raggiungiamo l’autostrada N2 che ci porterà dritti dritti a George, la nostra prossima meta all’inizio della celebre Garden Route. Superate le montagne che delimitano la zona dei vigneti il tempo cambia ed un grigio plumbeo ci accompagna per tutti i 400 chilometri del percorso. Lungo la strada incontriamo solo squallide bidonville, brutto simbolo dei contrasti di questo paese, degradati residui dei vecchi Bantustan, i luoghi dove vennero ammassate e isolate le popolazioni di colore durante l’apartheid. George è al contrario è un posto bellissimo, ma è anche una di quelle città molto estese e però sostanzialmente inesistenti e così, tra residenziali zone verdeggianti e campi da golf, abbiamo qualche difficoltà a trovare il nostro resort. Per cena decidiamo di restare in albergo e, neanche a farlo apposta, il ristorante La Cantina è italiano e, inutile dirlo, mangiamo ottimamente. Un volo radente di anatre starnazzanti ci risveglia al mattino e, al contrario delle brutte previsioni meteo lasciateci premurosamente sul comodino, la giornata è splendida. Prima di iniziare il nostro itinerario sulla strada costiera, ci rechiamo verso l’interno, nella regione semi-desertica del Karoo, dove si trova la località di Oudtshoorn, famosa per gli allevamenti di struzzi. Qui facciamo una ravvicinata conoscenza con questi strani pennuti, tutto sommato delle bestiole non propriamente affascinanti. I loro lunghi colli sono incredibilmente elastici e tirandoli si allargano a dismisura, mangiano di tutto, sassi, batterie, pezzi di bambole, qualsiasi cosa. Il famoso cartone animato di Bip Bip e Vil coyote raccontava della loro impressionante velocità e siamo invitati a provarla di persona, partecipando ad una gara di corsa seduti sul dorso di 2 struzzi corridori. Sono andato a cavallo, sono salito sulla groppa di un elefante, ma cavalcare aggrappato al collo di uno struzzo che va come un siluro è stata un’esperienza davvero insolita! Ripercorriamo l'altopiano del Little Karoo, puntando verso il mare in direzione della prossima tappa di Knysna, cominciando a percorrere la Garden Route, una delle strade panoramiche più famose del mondo. La stretta pianura costiera è ricoperta dalla foresta ed è in gran parte delimitata da ampie lagune che si estendono alle spalle di una barriera di dune sabbiose e di magnifiche spiagge di sabbia bianca. La Garden Route attraversa alcuni dei più significativi tratti di foresta indigena del Paese, con enormi alberi di yellowwood e fiori selvatici, rarissime specie endemiche di origine millenaria, oltre a piantagioni di eucalipti e pini, delimitate all’interno dalle catene montuose dell'Outeniqua e dello Tsitsikamma, che raggiungono altitudini comprese tra i 1000 ed i 1700 metri. Facciamo una sosta in una piccola spiaggia chiamata Victoria Bay, frequentata da molti aitanti surfisti e proseguiamo poi fino a Wilderness, dove percorriamo a piedi il trail del Martin Pescatore, che costeggia la laguna e dove abbiamo la fortuna di ammirare uno di questi uccelli che si lancia in picchiata a caccia della sua preda. Il tratto di costa per raggiungere la città di Knysna è semplicemente meraviglioso, lungo il percorso si alternano lagune, boschi fittissimi di conifere e laghi, in un susseguirsi di ambienti naturali veramente unico. Il nostro albergo si trova in un luogo fuori dal centro, sulla sponda della splendida laguna. E' un bel villaggio di cottages sparsi nel verde e subito rimpiangiamo di non aver programmato un giorno in più in questo posto così carino. La cena nel piccolo, intimo ristorante dell'albergo è di ottimo livello in una romantica atmosfera d’altri tempi. Un altro piccolo rammarico è di non aver organizzato un viaggio sul trenino che, seguendo un ardito percorso a dir poco spettacolare, seguiva la costa da George a Knysna, passando in punti irraggiungibili sia a piedi che in auto, al limite di precipizi rocciosi, sfiorando le onde dell’oceano, e penetrando in fitte foreste, qualcosa di irripetibile nel vero senso della parola, visto che il percorso è crollato e quel trenino non esiste più. La località di Knysna, la più gettonata anche dai turisti locali, è un luogo davvero bello e particolare e noi decidiamo che il modo migliore per goderci il paesaggio è quello di fare un giro in battello della grande laguna, arrivando al cospetto degli Heads, gli alti speroni di roccia che, come due sentinelle, separano quasi completamente il mare interno dall’oceano. La strada N2 prosegue ancora verso est sempre con strepitosi panorami tra boschi e mare. Ci fermiamo brevemente anche a Plettemberg, rinomata località balneare con diverse spiagge, dove le grandi onde fanno la felicità dei surfisti. Proseguiamo quindi per altri 70 chilometri fino alla riserva protetta di Tsitsikamma. Entrati, raggiungiamo la costa e percorriamo a piedi un trail che, in una fitta foresta, su passerelle, ponti sospesi e gradini, ci porta sino ad un profondo canyon che sfocia nel mare. Lasciamo questo posto così selvaggio mentre uno splendido tramonto alle nostre spalle ci accompagna in una magica luce radente verso Port Elisabeth, la città che segna la fine della Garden Route, sempre immersi in un paesaggio incontaminato e con un traffico inesistente. Ci siamo però fatti ammaliare e distrarre dalla bellezza di tutto ciò che ci circonda e così, nonostante fossimo consapevoli di quanto possa essere pericoloso viaggiare col buio specialmente nelle zone periferiche delle città, sbagliamo l’uscita della superstrada e ci ritroviamo immersi nelle tenebre senza saper in alcun modo dove andare. Veniamo attratti dalle luci di un distributore e qui abbiamo un colpo di fortuna, incontrando un angelo biondo che sta andando esattamente nella nostra direzione e che, con grande gentilezza, ci scorta con la sua auto sino all’ingresso del nostro hotel…grazie angelo, questa volta ci è andata bene! I prossimi giorni saranno dedicati ai safari, la nostra prima esperienza di questo tipo e, visto che siamo un po’ timorosi per la malaria, abbiamo scelto una riserva privata “malaria free” in quanto il posto si trova in altura oltre i mille metri. La stagione migliore per venire quaggiù è il cuore dell’inverno, da giugno a settembre, quando il clima è completamente secco. Questa invece è una stagione intermedia e purtroppo il freddo e tanta pioggia ci accompagneranno quasi sempre. Tutto questo però non riuscirà a spegnere il nostro entusiasmo, ma al contrario ci spingerà nei prossimi anni ad organizzare nuove più specifiche avventure in altri paradisi naturalistici dell’Africa australe. Lasciamo in aereo Port Elisabeth e atterriamo nella capitale Johannesburg, dove noleggiamo un’altra macchina identica alla precedente. I 200 chilometri che ci separano dalla Mabula Game Reserve sono rallegrati da una pioggia incessante ma, nonostante questo, riusciamo miracolosamente a non sbagliare mai strada. Il diluvio sta cessando mentre iniziamo a percorrere la lunga e deserta strada sterrata che ci porta alla meta, un luogo fuori dal mondo davvero stupendo. Sono le 15 e dopo 5 minuti dalla nostra registrazione siamo già su di una jeep scoperta, pronti per il primo safari, ma nella fretta dimentichiamo di coprirci adeguatamente. La prima ora e mezza è bellissima e facciamo già molti avvistamenti di animali, antilopi, zebre e giraffe, ma anche il solo viaggiare immersi nel fitto del bush, scendendo ripidamente o arrampicandoci rombando tra intricati sentieri sfiorati dai rami degli alberi, è già di per sé una cosa entusiasmante. Poi però riattacca a piovere ed il safari dura assai di più di quanto avessimo immaginato e ,nel buio fittissimo, immersi nel cuore di questo ambiente così selvaggio, temiamo persino che il nostro ranger si sia perso! Dopo 3 ore, torniamo alla base stracotti, bagnati e infreddoliti e ci affidiamo ad un bagno sui 100 gradi per sventare una quasi certa polmonite. Le nostre aspettative su questo lodge sono pienamente rispettate, il nostro bungalow è molto bello e spazioso, tutto rivestito in pietra e con un meraviglioso tetto di paglia. Squarci di sereno ci fanno sperare in una bella giornata. Sveglia alle 6 e puntuali sulla jeep alle 6,30. Ci dirigiamo verso la savana a caccia dei leoni e, abbastanza in fretta, avvistiamo delle femmine con i piccoli. Inoltre, incontriamo giraffe, gnu, impala, kudù, facoceri, zebre e rinoceronti. Dopo il pranzo si parte per un altro safari, ma nel frattempo il cielo si è fatto di nuovo minaccioso e ci sono già le prime gocce di pioggia. L'entusiasmo però non ci abbandona, decidiamo di partire lo stesso e veniamo premiati, perché per il gran numero di animali incontrati, per i bufali e gli ippopotami ed in particolare per un gruppo di rinoceronti che ci sbarrano il cammino, questo è senza dubbio il safari più elettrizzante. Purtroppo, però, da un cielo nero pece viene giù l'ira di Dio e il diluvio dura più di 1 ora. All'arrivo siamo fradici ma meno infreddoliti di ieri anche grazie all’ombrello, rimedio alquanto ridicolo ma efficace. Sotto una beffarda luna africana, andiamo a cena in compagnia del ranger e dei 4 sudafricani che compongono il nostro equipaggio. Alle 6 ci risvegliamo sotto un cielo finalmente sereno, ma in compenso fa un freddo boia! Con foga affrontiamo l'ultimo dei game drive previsti, dedicato alla ricerca degli elefanti, che troviamo inerpicandoci sulle montagne che delimitano la riserva, a stento riscaldati da un pallido sole. Salutiamo il Mabula e senza intoppi ritorniamo a Johannesburg. Domani si parte, lasciamo il Sud Africa, ma non torneremo a casa. Abbiamo infatti prenotato una settimana all’isola di Mauritius, dove troveremo un clima stupendo e dove potremo rilassarci godendoci il mare, la barriera corallina, lunghe passeggiate su spiagge bianchissime e interessanti escursioni all’interno della grande isola. Ma, prima di tutto ciò, chi pensava che i nostri eroi fossero riusciti a passare indenni dalle insidie delle strade sudafricane, si sbagliava di grosso. Partiamo all’alba dall’albergo e seguiamo le indicazioni che ci hanno fornito per arrivare facilmente all'aeroporto in una mezzoretta. Sulla tangenziale però, ad un bivio ingannatore, seguiamo la N1 per Pretoria e poi le frecce per l'aeroporto. Peccato però che l'aeroporto chiamato Grand Central nulla avesse a che fare con quello internazionale. A questo punto, miseramente persi e con pochissimo tempo a disposizione, non trovando nessuno a cui chiedere indicazioni, abbiamo avuto momenti di reale sconforto. Agitatissimi e ormai convinti di aver perso l'aereo, solo dopo molti chilometri percorsi a naso e dopo aver rischiato l’incidente un paio di volte raggiungiamo l’agognata meta. Con la salivazione azzerata consegniamo al volo le chiavi della macchina e di gran corsa arriviamo in tempo utile allo sportello del check-in. Sul volo per Mauritius tiriamo il fiato e riusciamo lentamente a smaltire la tensione accumulata. Dopo gli ultimi giorni di pioggia, ci si apre il cuore quando il comandante annuncia che a destinazione il tempo e' bello e ci sono 29 gradi… e vai!


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Il Rafting anche per i non vedenti

di Giuseppe Lurgio e Luigi Latini

Questo articolo è la dimostrazione di come i nostri lettori possano interagire con il nostro periodico proponendo, come in questo caso, le loro esperienze. Infatti, il nostro lettore Luigi Latini ci ha inviato un interessantissimo resoconto di una sua esperienza sportiva, ovvero il rafting. Che cos’è il Rafting? Il Rafting è una discesa fluviale su un particolare gommone inaffondabile e autosvuotante, chiamato raft. La guida che possiede un particolare brevetto governa l'equipaggio tra le rapide grazie alle pagaie, mentre, per la sicurezza, sono previsti: muta in neoprene, aiuto al galleggiamento, casco. È praticabile a tutti i livelli, sia sulle rapide più impetuose che su percorsi tranquilli, paragonandolo allo sci si può fare dal Freeride al fondo. I pericoli fisici sono legati al possibile ribaltamento del gommone con rischio di annegamento, all'impatto violento contro rocce e all'ipotermia: tutti questi fattori sono ampiamente mitigati, ma non del tutto eliminati, da misure di sicurezza del giubbotto di salvataggio, dal casco e dalla muta. I gradi di difficoltà nella navigabilità dei fiumi su cui si scende con il raft sono ordinati secondo la scala WW, ufficialmente riconosciuta dalla International Canoe Federation (IFC), organismo che riunisce le federazioni nazionali di canoa e kayak. Il rafting è anche una disciplina sportiva a tutti gli effetti e la Federazione Italiana Rafting (F. I. Raft) organizza annualmente il campionato italiano nel quale gareggiano numerosi club nelle varie discipline (fondo, velocità, testa a testa e slalom). Il 25 giugno 2010, è stato ufficialmente riconosciuto dal CONI come disciplina sportiva associata alla Federazione Italiana Canoa Kayak (F.I.C.K.). [1] Tengo a precisare che la testimonianza del signor Latini è importantissima proprio per il fatto che egli è un non vedente. Prendendo spunto dal suo racconto, spera e speriamo anche noi che altri non vedenti provino questa fantastica esperienza! Proprio per agevolare chi volesse fare Rafting, specie se si tratta di non vedenti, ho preso accordo con la Federazione Italiana Rafting, qui di seguito i contatti. La federazione sarà ben lieta di indirizzarvi presso le strutture presenti in Italia fornendovi tutte le opportune informazioni. E-mail: tesseramento@federrafting.it segreteria@federrafting.it ufficiostampa@federrafting.it Tel.: 3888824339 E ora di seguito il racconto del signor Luigi Latini. Mi chiamo Luigi Latini, sono reduce da un'entusiasmante esperienza che vorrei qui brevemente raccontare, a beneficio di eventuali interessati, ma anche come esperienza sensoriale assolutamente significativa e piacevole. Dico subito che, malgrado le mie perplessità iniziali, si trattava per me di una prima esperienza del genere in assoluto, ma è andato tutto ottimamente! Ho avuto per di più la fortuna di essere il primo di turno insieme a mia figlia, secondo prenotazione precedente, dunque nessun gruppo numeroso, niente chiacchiere e schiamazzi in eccesso, il gruppo sarebbe arrivato dopo di noi. Intanto, raggiunta la località di partenza, Scheggino, una volta compilata e firmata la modulistica necessaria, anche in presenza dell'emergenza Covid, abbiamo proceduto alla vestizione, dopo aver affidato alla custodia della reception portafogli e cellulari. L'abbigliamento consisteva in scarpe in neoprene, giacca e pantaloni dello stesso materiale a tenuta termica, giubbotto di salvataggio, casco. Il tutto è stato indossato in pochi minuti, grazie anche all'aiuto degli operatori, aiuto importante almeno per me che lo facevo per la prima volta. L'acqua del fiume Nera scorre con una forza moderata, più viva in alcuni punti, ad una temperatura di 10 gradi centigradi circa, almeno intorno alle 10 del mattino come nel nostro caso. Una volta pronti, abbiamo incontrato Gabriele e un suo giovane assistente che ci avrebbero guidato e assistito durante tutto il percorso. Le guide hanno una preparazione e brevetti certificati dalla Federazione italiana di rafting. Hanno spiegato in dettaglio come ci saremmo dovuti comportare durante il percorso, hanno insegnato e fatto provare i comandi principali cui avremmo dovuto rispondere, prima a terra e poi anche una volta a bordo del gommone prima della partenza. Hanno descritto in dettaglio e fatto osservare il gommone che da lì a poco avrebbero caricato sul carrello per portarci al punto di partenza, circa 5 km più a monte rispetto alla base. Siamo finalmente saliti sul piccolo furgone che con carrello al traino ci ha portati al punto di partenza, un piccolo borgo sul quale sorge una piccola abazia in stile romanico intitolata ai santi Mauro e Felice che qui intervennero, sembra, a bonificare la zona dalle esondazioni del fiume, abazia recentemente restaurata per ora inaccessibile della quale, sia pure dall'esterno, la nostra guida non ha mancato di illustrare vari dettagli. In prossimità dell'abazia si trova un ex convento oggi trasformato in struttura ricettiva con ristorante ed alcune camere. Qui, tutti insieme, abbiamo fatto fare al gommone i pochi metri necessari per portarlo in acqua. Una volta a bordo, fatta comprendere con chiarezza la posizione di ognuno sul gommone, abbiamo ripetuto i vari gesti necessari per pagaiare: in avanti, indietro, stop. Grande attenzione all'impugnatura e all'utilizzo della pala assegnata a ciascuno per pagaiare, gesto comunque utile e piacevole in vari momenti del percorso, non espressamente richiesto a chi avesse voluto soltanto starsene rilassato a farsi portare dalla corrente. Prima di partire, Gabriele ha fatto fare varie prove che ci hanno messo nella condizione di distanziarci dall'argine, di girarci a 360 gradi pagaiando controcorrente, di tornare di nuovo nel senso della corrente del fiume. Tutto è stato spiegato con grande attenzione e premura; poi anche Gabriele è salito al bordo, a poppa, nella posizione di timoniere e siamo partiti. Come già accennato sopra si è trattato di un'esperienza piacevolissima. Senza difficoltà abbiamo proceduto per chilometri lungo il fiume attraversando piccoli borghi ed anche alcuni ponti più o meno grandi. Il ritorno della voce ci faceva capire quando ci trovavamo sotto l'arcata di un ponte; il latrare dei cani e il vocìo delle persone ci faceva capire quando attraversavamo uno dei paesini lungo il percorso. Durante la discesa non sono mancate alcune brevi soste che ci hanno permesso di osservare, anche toccandole con mano, alcune piante acquatiche tipiche della zona: il luppolo selvatico, una sorta di sedano acquatico, il sanbuco, le more selvatiche ed altro ancora. Altre piccole soste ci hanno permesso di osservare le sponde artificiali messe a presidio degli argini, quelle naturali di terra proprie dell'argine, quelle in travertino formatesi nel tempo col sovrapporsi delle varie sedimentazioni calcaree. Era possibile accostarci e toccare con mano i vari tipi di sponda o argine naturale, con il nostro gommone quasi fermo o con movimento molto ridotto. Siamo anche scesi brevemente in acqua in prossimità di uno degli argini ad osservare piccoli insediamenti di minuscoli gamberi di fiume, sanguisughe ed altri piccoli animali acquatici. Insomma, tutto è piacevolmente filato senza intoppi attraversando una zona che a quell'ora del mattino si presentava quasi completamente in ombra, anche se la temperatura è comunque piacevolmente salita col trascorrere della mattinata. Avremmo potuto, con la necessaria esperienza ed anche accettando diversi livelli di difficoltà, continuare ancora per molti chilometri sul fiume, non sempre però così tranquillo, pulito ed ospitale come nel tratto che abbiamo percorso. Due grandi alberi caduti sul fiume dopo una recente tempesta ci hanno costretto a sbarcare e a percorrere a piedi una cinquantina di metri mentre Gabriele provvedeva a far passare la nostra imbarcazione attraverso i tronchi che occupavano ancora gran parte del corso dell'acqua. In definitiva, un'esperienza davvero aperta a tutti. La nostra guida ha assicurato che già altre persone non vedenti hanno provato prima di me, giovani e meno giovani, italiani e stranieri. Un grazie va all'Associazione Sportiva Pangea che ci ha ospitati ed assistiti. Due ore di rafting, compreso l'equipaggiamento necessario, hanno un costo di 35 euro a persona.


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Per sorridere un pò

di Giuseppe Lurgio

* Un Vescovo, in visita a un podere di alberi di mele, ne vide parecchie per terra cadute dagli alberi, ed esclamò rivolgendosi al contadino, "Oh che peccato! Tutte queste mele marciranno inutilmente mentre si potrebbero mangiare!" Il contadino con fare generoso: Eccellenza, le prenda pure tanto noi le diamo ai maiali! * Due bambini stanno giocando sulla neve con lo slittino. "Dovete adoperarlo a turno - si raccomanda la madre". "Mamma, è quello che facciamo - spiega il più grande dei fratelli. Io lo uso per scendere, lui lo usa per salire...". * All'aeroporto di Milano Malpensa, in una lunga fila di check-in. di un volo MILANO - NEW YORK, durante l'attesa, un passeggero nota una persona, con uniforme da pilota e con il tipico bastone bianco usato dai non-vedenti, che entra nella cabina di pilotaggio. Piuttosto stupito, il passeggero si guarda intorno quando vede un altro pilota, apparentemente cieco, salire a bordo. Al che, preoccupato, si dirige verso una hostess della compagnia aerea e domanda: "Scusi signorina, ma chi sono quei due ciechi vestiti da piloti?". La hostess lo tranquillizza assicurandogli che, seppure ciechi, si tratta dei due più grandi piloti italiani che esistono, e che con le moderne tecnologie a disposizione, anche un cieco può pilotare un aereo. La notizia si sparge rapidamente tra gli altri passeggeri, i quali, preoccupatissimi, si imbarcano. L'aereo si allinea e comincia la lunga corsa per il decollo, ma dopo svariati chilometri... l'aereo non si alza e continua ad accelerare. la pista sta quasi terminando ed i passeggeri, in preda al panico, cominciano a gridare sempre più forte quando, ad un metro dalla fine della pista, il velivolo finalmente si alza da terra. I passeggeri tirano un sospiro di sollievo e, nella cabina di pilotaggio, il pilota commenta con il copilota: "Il giorno che non strillano siamo fritti!!!" * Un contadino ha un bel maiale. Un giorno passa un signore e dice: - Bello questo maiale, che gli dai da mangiare? Il contadino: - Ah, gli do gli avanzi che restano a casa.la frutta mezza marcia. le verdure di scarto ecc. Il signore: - Infame! Sono della protezione animali! 100.00 € di multa! Non si trattano così i maiali! Due settimane dopo passa un altro signore e dice: -Bello questo maiale, che gli dai da mangiare? Il contadino: - Ah, gli do 30.000 € e se lo va a comprare da solo al ristorante qui vicino! * Due pigri dormivano insieme. Un ladro entrò in casa, tirò via la loro coperta e la rubò. Uno dei due se ne accorse e disse all'altro: "Alzati e corri dietro a quello che ci ha fregato la coperta!" "Lascia stare, lo prendiamo dopo quando viene a rubarci il materasso..." * Un uomo si è perso nel deserto e vaga con una sete orribile. Incontra un beduino e gli chiede dell'acqua, ma questi gli dice: "Non ho acqua, ma vendo delle bellissime cravatte di tutti i colori". "No, no, voglio dell'acqua!". Così se ne va e poco dopo incontra un secondo beduino a cui chiede dell'acqua, ma anche questo risponde: "No non ho dell'acqua, ma vendo cravatte di tutti i tipi". "No, no, voglio dell'acqua!". Finalmente, cammina cammina, arriva in vista di un'oasi, ma l'ingresso e' sbarrato da due guardie: "Desolato signore, ma sul territorio dell'oasi e' obbligatorio portare la cravatta!" * Un padre raccomanda alla figlia che sta uscendo con la macchina nuova: "Mi raccomando... non correre!". "Sì papà... sì ". "Guarda che ti chiamo con il telefonino per stare tranquillo". "Sì, sì, papà". Alla sera la figlia rientra in orario e il padre senza dire una parola le molla due schiaffoni. La ragazza piangendo: "Ahi! Perché?". "Perché mi chiedi? Ti avrò telefonato venti volte e ogni volta la signorina della Telecom mi diceva 'L'utente non è raggiungibile'.... ma mi dici a che velocità andavi?" * Il ginecologo alla paziente: "Signora, deve fare una visita prenatale?" La paziente: "No dottore, pre-pasqua, partorisco ad Aprile!". * Un tizio incontra un amico che non vedeva da molto tempo. Lo vede scendere da una macchina sportiva, vestito con grande eleganza. " Ehi" gli dice: "hai fatto fortuna?". "...sì!" risponde l'amico:" Ho telefonato alla Rai e ho detto che sapevo tutto su Garibaldi. Mi hanno invitato ad una trasmissione di quiz, mi hanno fatto tante domande e ho vinto 1 milione di euro!" Passa qualche mese ed anche il tizio comincia a girare con macchine costose. Un giorno incontra l'amico e gli dice: " Sai, devo proprio ringraziarti. Ho seguito il tuo metodo e ho fatto fortuna anch'io". " Hai telefonato alla Rai?". " No, ho telefonato a Mediaset, ho detto che sapevo tutto su Berlusconi...e mi hanno dato subito 1 milione di euro. Senza nemmeno farmi una domanda!". * Una voce flebile al telefono: "Dottore, sono Rossi, sono quello che era venuto da lei perché molto stanco". "A sì, ricordo, e allora?". "Dottore, non riesco ad aprire il flacone delle medicine!". * La segretaria di un direttore d'ufficio ha un incidente e non può andare al lavoro per almeno un paio di mesi. Il vicedirettore allora chiama un'agenzia di collocamento e chiede se c'è una segretaria con esperienza che possa cominciare a lavorare subito. L'impiegato dell'agenzia gli dice: "Una ci sarebbe, ma ha un grosso difetto...". "E quale?". "Ha un problema fisiologico e... beh, ecco... le sue ascelle PUZZANO TREMENDAMENTE DI CIPOLLA!". "Non c'è nessun problema, il mio capo ha perso l'olfatto due anni fa e non sente niente. Dica alla segretaria che è assunta da domani stesso!". L'indomani la donna, felice di aver finalmente trovato un impiego, sta lavorando assiduamente. Il direttore a un tratto le dice: "Signorina, ma le sue ascelle puzzano di cipolla?". E lei, imbarazzatissima: "Beh... Veramente sì... Mi dispiace, è una malattia, non posso farci nulla... Sono mortificata! Ma lei non aveva perso l'olfatto?". "L'olfatto sì... MA È DA DUE ORE CHE MI LACRIMANO GLI OCCHI!". * LA DONNA, questa assurdità... A 15 anni fa la dieta; a 20 anni fa la dieta; a 30 anni si sposa e ancora fa la dieta... a 40 divorzia e cosa pretende??? GLI ALIMENTI!!! Ma CAVOLO!!!?? Non stavi a dieta???


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Libri

Responsive Web Design with HTML5 and CSS (3rd ed.) Develop future-proof responsive websites using the latest HTML5 and CSS techniques

di Mario Lorenzini


• Data ultima pubblicazione; Aprile 2020
• ISBN: 9781839219795
• Editione: 3
• Titolo: Responsive Web Design with HTML5 and CSS
• Autore: Ben Frain
• Casa editrice: Packt Publishing
• Lingua: Inglese

Il testo, di buon livello, rappresenta un must per coloro i quali desiderano conoscere e sfruttare le ultime tecnologie nel campo della stesura di codice html; in particolare, con riferimento alle novità più spinte dell’HTML 5 e dei CSS. Creare un sito internet oggi, richiede l’uso di linguaggi dinamici come il javascript, o comunque l’adozione di piattaforme di creazione del codice automatico per l’implementazione delle funzionalità più avanzate. Se volete cimentarvi nella creazione di form, animazioni, il tutto adattando il vostro progetto ai vari device in commercio, riducendo al minimo l’inserimento di codice complesso, questo è il testo che fa per voi. Se siete amanuensi del web e vi dilettate a scrivere codice senza (o quasi) tools di terze parti, troverete certamente qualcosa di nuovo (e utile) da aggiungere alla lista degli ultimi updates dei browser in circolazione. Esistono infatti numerosi manuali, sia cartacei che online, anche free, ma sono spesso ridondanti e datati. Il punto di forza di questo libro è proprio il fornire i costrutti più recenti, visto che è aggiornato all’anno appena trascorso. Un valido supporto per chi, saltuariamente o per professione, deve barcamenarsi nell’implementazione di effetti grafici o codice “responsive” che si confaccia a smartphone e pc, senza ricorrere a complicati automatismi. Scoprirete che è possibile eseguire operazioni che, in precedenza, richiedevano il ricorso a javascript che, adesso, può essere relegato a porzioni sempre più piccole, necessarie a mantenere la retrocompatibilità. Alta la comprensibilità dei capitoli, affiancati da descrizioni riassuntive e vari esempi che fungono da training, scaricabili dal web se volete risparmiarvi la noia della digitazione (ma vi consiglio di provare un po’ di tastiera, tanto per esercitarvi nella memorizzazione). Ci sarebbero da menzionare tante altre chicche, ma lascio alla curiosità del lettore l’esplorazione delle quasi 400 pagine che compongono quest’opera.


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Comunicati

Info numero verde CROCE ROSSA ITALIANA

di Giuseppe Lurgio

Lettori e lettrici, in seguito a molte vostre richieste di informazioni in merito al servizio di supporto alle persone disabili offerto dalla CROCE ROSSA ITALIANA, avendo interpellato il loro ufficio stampa mi è stato inviato il sottostante comunicato che spero possa esservi utile ed esaustivo. ---------- Il Numero Verde Nazionale CRI per le persone, 800-065510, è un servizio di Croce Rossa Italiana attivo 7 giorni su 7 e h24, finalizzato a dare supporto psicologico, informazioni e orientamento ai servizi a chiunque ne abbia bisogno. Il Numero Verde 800 - 065510 offre accesso diretto e orientamento ai servizi di assistenza domiciliare, trasporto sociale e sanitario e supporto alle attività quotidiane per anziani, soggetti con disabilità e per chiunque si trovi in stato di bisogno. Attraverso il rafforzamento della rete territoriale, la piattaforma nazionale raccoglie e risponde alle richieste coinvolgendo attivamente i Comitati CRI su tutto il territorio nazionale. Dopo la registrazione dei dati anagrafici, viene attivato un ticket con il Comitato competente per garantire la tracciabilità e la presa in carico della richiesta. Allo stesso modo è possibile accedere al servizio di supporto psicologico, organizzato da un team di Psicologi e Psicoterapeuti che accolgono le richieste di aiuto e assicurano colloqui di consulenza psicologica. Fra le migliaia di richieste arrivate a CRI Per le Persone, è emblematica la storia di Francesca, persona non vedente da due anni, che ha chiamato il numero verde 800 – 06 5510 in cerca di sostegno e compagnia. Gli operatori del Servizio hanno attivato il Comitato di Croce Rossa più vicino (Napoli Nord) e ora Francesca ha trovato non solo aiuto e conforto ma anche un valido sostegno per affrontare la disabilità grazie a Sergio, volontario della CRI anche lui non vedente, che le sta insegnando a superare le difficoltà della cecità (link al video racconto: https://www.youtube.com/watch?v=9dxB9D_JkJs)


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Articolisti…cercasi


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