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I recenti avvenimenti che stanno interessando il nostro paese sono, senza ombra di dubbio, i cambiamenti climatici, o meglio idrogeologici, del nostro territorio, la crisi economica e, purtroppo, l’ondata di violenza e follia umana rappresentata da omicidi, suicidi ecc. Questo è il numero di dicembre, a carattere natalizio, quindi sereno, positivo; o così dovrebbe. Ma non possiamo sempre distogliere lo sguardo da ciò che non ci piace, che è difficile da affrontare o, e questo non è vero, lontano da noi. Il disagio, il malessere, il mal di vivere, sono tutte cose intorno a noi e, volenti o nolenti, ci attanagliano sempre più e proprio per questo, non possiamo ignorarle. Dobbiamo essere più profondi, meno superficiali. Che significa? Semplicemente che dopo le varie alluvioni succedutesi in più regioni italiane, le sevizie dei bulli ai danni dei più deboli e poi l’incalzare dello spettro della povertà, arriviamo, come nel periodo estivo preludio delle vacanze al mare, al fantoccio di neve e l’alberello addobbato che ci offuscano la mente fino ai primi giorni del nuovo anno, dulcis in fundo naturalmente col cenone di San Silvestro. Certamente tanti penseranno che è come una boccata d’aria fresca, un po’ di festa per scordarsi tutta questa negatività, questa maschera di tristezza. Ed è infatti così che avviene: dimenticare è più facile che ricordare, perché le cose brutte sono le prime ad essere gettate dietro le spalle; meglio aspettare che intervenga il personale competente, tipo forze dell’ordine, giustizia e politica. Ma tutta questa grande compagnia c’è sempre stata, come mai siamo giunti fino qui allora? Ritengo che non sia da preferire la scelta di correre nei negozi per l’ultimo acquisto, tanto per addolcire questa pillola che, non lo vogliamo vedere, è cresciuta come una palla da bowling. Non è più sufficiente andare in vacanza qualche giorno (sempre se ce lo possiamo permettere), farci o fare dei bei regali, per non pensare alla situazione che ci circonda. La consapevole presa di coscienza della realtà è l’unica via percorribile per risolvere i mali del nostro millennio. Nel nostro piccolo possiamo e dobbiamo assolutamente fare qualcosa, che è sempre meglio di niente. Stare a guardare come spettatori inebetiti e passivi non è da persone civili e umane. Vediamo giornalmente allungarsi questa lista di problemi e ci giriamo dall’altra parte illudendoci che tutto ciò non ci toccherà mai. E invece no. Passeggiamo anche noi in strade sempre meno sicure, l’aria è inquinata come non mai, inutile la ratifica dell’America con il Giappone per la riduzione dei gas dannosi entro il 2035 quando ormai molti di noi saranno preda di tumori e allergie anafilattiche. I nuovi mendicanti saranno quelli che oggi riescono a tirare a fine mese, poi toccherà ai benestanti. Perché nessuno di noi ha il coraggio di acquistare una delle poche auto a propulsione elettrica, quindi senza emissione di ossido di carbonio? Perché non possiamo rinunciare all’ultimo smartphone e coltivare piuttosto, degli ortaggi? E come mai non scegliamo una scampagnata nel verde a un centro commerciale per le nostre uscite del fine settimana? Una corsa in un prato è più salubre che una sessione di tapis roulant in palestra. E se poi volessimo esagerare, in tutti quei paesi dove le guerre sono un po’ come un passatempo quotidiano, sarebbe opportuno che i genitori spiegassero ai loro figli che non si diventa uomini con una mitragliatrice in mano nel nome di nessun Dio. Si è, si diviene uomini quando si pensa al proprio e al bene comune. Quando ci si impegna per raggiungerlo. Buona lettura e, scusate il pessimismo realistico, buon Natale.
Menzione speciale Informiamo che Patrizia Carlotti, di cui avevamo già un’intervista in un numero precedente di Giovani del 2000, ha preso parte al concorso nazionale di musica leggera e recitazione ‘All factors’, indetto dall’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti. Nella selezione finale svoltasi il 24 settembre scorso presso la sede centrale, che poteva essere seguita in diretta tramite web radio, le è stata assegnata una menzione come cantautrice con il suo brano “Cos’è che non si accetta”; di rilevanza il testo e la musica, ma anche risalto all’intonazione e all’espressività. Al link http://www.patriziaonmusic.it/sounds/All_factor_menzione.mp3 potete ascoltare dalla voce di Luisa Bartolucci e del maestro Giovanni Arestia l’assegnazione di tale nota di merito. Chi volesse, può connettersi al sito www.patriziaonmusic.it dove sono presenti informazioni biografiche, tracce demo e altro. La redazione Un nuovo cd di Matteo Tiraboschi Un saluto a tutti voi gentili lettori e lettrici! Sono Matteo Tiraboschi e sono qui per annunciarvi che il 20 Dicembre uscirà il mio terzo CD ufficiale pubblicato con l'etichetta indipendente OUT REKORDING STUDIO di Ezio Paloschi. È un CD composto da ben 13 brani tutti inediti. Si chiamerà MIA ITALIA. Oltre a pezzi eseguiti da mè contiene molti brani fatti in duetto con artisti poco conosciuti ma artisticamente parlando molto bravi. Sono Gabriele Manenti, Simona Lazzarini, Chiara Motterlini, Martina Rigamonti, Alex Garau, Dottor Faust e Alberto. Anche gli autori sono tanti, infatti non c'è solo Ezio Paloschi. A gennaio sarà su tutti gli store digitali. Per maggiori informazioni chiedetemi l'amicizia su FACEBOOK cercando Matteo Tiraboschi o chiamando Ezio Paloschi al numero di cell. 39274 28 577. Un augurio per tutti voi lettori e lettrici e per tutta la Redazione di un 2015 stupendo da Matteo Tiraboschi! Speaker cercasi A cura di Info StileRadio,: Ciao amici e amiche, StileRadio per la stagione 2014_2015, cerca nuovi speaker per trasmissioni e rubriche,, che sappiano lavorare autonomamente, dalla propria postazione pc, senza avere bisogno di supporto esterno. Chi fosse interessato, ci invii una email a: stileradio@gmail.com. Nella email bisogna indicare il nome, età e provenienza. Indicare inoltre contatti come: skype, facebook e cellulare. E per finire una demo di 5 minuti in formato mp3, così valuteremo al meglio le vostre qualità. p.s. il tutto a titolo gratuito. Si prega evitare perditempo. "LO STAFF, Anto e Dany"
Cari amici,siamo oramai agli sgoccioli,il 2014 và via! Spero per tutti voi sia stato un anno felice. Se non lo fosse stato, non vi preoccupate. Il menù che vi sto presentando sarà di sicuro di buon auspicio per il 2015! Prima di proseguire voglio ringraziare mio marito francesco, il quale ha collaborato a questo articolo proponendo i vini da abbinare ai piatti che di seguito vi illustrerò. Bene,iniziamo preparando la tavola con una bella tovaglia rossa, delle candele colorate al centro.In un tavolinetto a parte disponiamo i vini e magari mettiamo un sottofondo musicale così da creare un atmosfera adatta alla circostanza! Ora che abbiamo preparato la sala, iniziamo a preparare i piatti! Panini alla cernia aromatica Ingredienti: 100 grammi di pane integrale per persona, 80 grammi di cernia per persona, basilico e rosmarino in polvere, olio, aceto di mele. Insalata mista per decorare il piatto. Preparazione: Tagliate il panino in 2 parti, In un pentolino anti aderente bruschettate le due parti di pane finchè diventerà croccante. Togliete il pane e mettetelo da parte. Nello stesso pentolino anti aderente, mettete la cernia, l’olio, Fate cuocere da ambo i lati la cernia, e poco prima di toglierla dal fuoco, cospargete da un lato con un pizzico di sale il rosmarino. E dall’altro con il basilico. Lasciate la cernia nel pentolino per un momento, preparate un piatto capiente, posatevi l’insalata mista condita con olio e aceto di mele. Ora prendete il pane bruschettato, e la cernia, e create un panino che poserete sull’insalata mista. Vino in abbinamento: Pigato di Albenga. Paella di carne di cavallo,( consulta anchenota sottostante. ). utensile,padella capiente in pietra o anti aderente. Ingredienti: Verdure cotte a piacere, io ho usato zucchine, melanzane, peperoni,funghi, Ma voi potete mettere le verdure che desiderate. Riso, circa 80 grammi a persona. Olio, sale, pepe e peperoncino, carne di cavallo, 150 a persona, una cipolla. Brodo vegetale. Parmigiano reggiano. Preparazione: Rosolare la cipolla con un filo di olio, aggiungere le verdure precedentemente cotte. Quindi aggiungere il riso, amalgamarlo alle verdure, aggiungere la carne di cavallo che avrete fatto a pezzettini, aggiungete poco per volta il brodo vegetale, fino a cottura ultimata del riso. Spegnete il fornello, aggiungete il parmigiano, il pepe, il peperoncino, e aggiustate di sale se occorre. Amalgamate bene tutti gli ingredienti e servite direttamente a tavola con la pentola. Saranno i commensali a servirsi così la paella rimarrà calda per piu tempo. Nota: se non piace la carne di cavallo si può sostituire con altra specie o con pesce magari pesce spada. Vino abbinato: Rossese di dolceacqua. Coniglio con polenta. Ingredienti: Le dosi non si possono calcolare a persona,regolatevi in base al numero dei vostri ospiti. Potete metterci aromi a piacere. Io ho messo il timo, la maggiorana, la noce moscata,e pure una bella cipolla e della polenta morbida che dovete prepararla voi in casa per avere un piatto meraviglioso. Preparazione della polenta: ingredienti.: una confezione di farina per polenta. Anche quella istantanea, una pentola di acqua leggermente salata e qualche cubetto di dado vegetale o di carne come si preferisce. Fate bollire l’acqua, versategli dentro la farina per polenta, e mescolate fino a cottura ultimata. La polenta dovrà risultare morbida. Aggiungete anche un cucchiaio di olio a fine cottura, mescolando sempre energicamente. Lasciamo ora da parte la polenta e occupiamoci del coniglio. In una pentola anti aderente con il coperchio rosolate la cipolla, aggiungete il coniglio precedentemente disossato e tagliato aporzioncine,abbondande olio, coprite con il coperchio e lasciate quocere a fuoco bassissimo per un’ora e mezza. Ogni tanto controllate se manca olio. Volendo dopo una mezzora di cottura potete aggiungere anche un mestolo di brodo di dado leggero così da creare vapore all'interno della pentola e intenerire il coniglio stesso.. Passiamo agli aromi che aggiungerete uno alla volta. Dopo la prima mezz’ora la noce moscata, poi la maggiorana, e così via. A cottura ultimata preparate i piatti in questo modo: fate una base di polenta che avrete riscaldato preventivamente.Sopra ci adagiate la porzione di coniglio con un pò del suo sughetto di cottura, e servite subito in tavola! Vino in abbinamento: Bonarda dell’oltrepò Pavese. Cotechino di pesce. Solitamente si fa il cotechino di suino con le lenticchie,noi cambiamo per una volta e lo prepariamo con il salmone. Trancquilli,e ugualmente di buon auspicio! Ingredienti: 2 fette di salmone a persona, lenticchie, gorgonzola. Pepe a piacere. Preparazione: stendete sul tagliere le fette di salmone. Quello che trovate gia confezionato va benissimo . Spalmate il gorgonzola, posatevi sopra le lenticchie che avrete precedentemente lessate e insaporite, e chiudete l’involtino. Spolverizzate l’involtino con un po di pepe e continuate così per tutti gli altri involtini. Vino abbinato: Canonau sardo. Torta di carote e cocco. Ingredienti: 3 uova, 250 grammi di ricotta, 250 grammi di cocco grattuggiato, 150 grammi di zucchero, 300 grammi di carote passate nel tritatutto, e rese quasi farina. Mezzo bicchiere di olio d’oliva, lievito per dolci, 200 grammi di farina bianca, o meglio ancora se integrale. Preparazione: Con uno sbattitore elettrico, sbattete uova e zucchero. Poi unite la ricotta, sempre sbattendo bene con le fruste, unite il cocco, le carote, e la farina. Mescolate molto bene tutti gli ingredienti. Unite in fine l’olio e il lievito. Mescolate molto bene, travasate il dolce in una tortiera unta di olio e leggermente infarinata. Infornate per 40 minuti a 180 gradi. Vino abbinato: Moscato di Volpara. E per il brindisi di mezzanotte con una fetta di panettone o di pandoro ci abbiniamo: dello Champagne ruinart-rose’! BUON 2015 da Sonia e Francesco!
Le lavandaie, donne forti e vigorose; Il loro mestiere duro e scarsamente remunerativo si articolava in tre figure distinte. Le lavandaie di fiume che esercitavano il loro mestiere principalmente lungo i torrenti o i fiumi. Le lavandaie a domicilio che si recavano presso le famiglie che richiedevano i loro servigi. Fino agli anni '50 del secolo scorso esisteva ancora questa figura femminile, che girava di casa in casa, con un lungo grembiule di tela cerata, con le mani enormi, sformate dall'artrite, arrossate dai detersivi aggressivi. Lei stava china sulla conca di terracotta, che sfregava energicamente sull'asse di legno la pesante biancheria di lino, di canapa e di cotone e contemporaneamente diffondeva,, pettegolezzi, annunci di nascite e di morti, racconti di tradimenti, di emigrazioni, di ritorni dalla guerra o dalla prigionia. Insomma il gossip dell'epoca!! Infine più comuni e più conosciute erano le lavandaie che esercitavano il loro mestiere nei lavatoi pubblici. Pochissimi uomini esercitavano il mestiere di lavandai. Alcuni erano militari che si lavavano le divise e la biancheria personale. Spesso sorgevano discussioni e liti clamorose con le lavandaie presenti poiché, forti del loro stato militare, gli uomini si arrogavano il diritto di usufruire delle vasche, senza rispettare l'ordine di arrivo. Le lavandaie erano soprattutto donne sole: madri nubili, zitelle, vedove di guerra o del lavoro. Gli uomini di casa, padri, fratelli o mariti che fossero, infatti, generalmente non permettevano che le proprie donne mettessero le mani nei panni sporchi altrui, a meno che i pochi soldi guadagnati dalle donne non fossero indispensabili alla sopravvivenza della famiglia. Spesso ai lavatoi era addetto un custode con la mansione di sorvegliare il corretto uso della proprietà pubblica e il rispetto degli orari e delle regole. Tale lavoro era così ambito che in una domanda di assunzione del 1916, un certo Gino Lotti, rivendica il suo diritto, vantando, oltre ad altre competenze, anche i suoi meriti di guerra. Tanto desiderio di quel lavoro lo si può spiegare con tre motivi: lo stipendio sicuro di un incarico comunale, la presenza nei pressi dei lavatoi stessi di un piccolo pezzo di terra adibito alla coltivazione delle erbe odorose, poi rivendute dal custode alle lavandaie per profumare il bucato, nel quale veniva ricavato anche un orticello personale che integrava così in due modi il magro stipendio comunale, e, last but not least, la possibilità di trascorrere le giornate di lavoro in mezzo alle donne. Dello svuotamento, pulizia e disinfezione delle vasche, che precedeva il rifornimento con acqua pulita proveniente da acquedotti o semplicemente trasportata la con botti era incaricata la Commissione Sanitaria della Pubblica Igiene che avrebbe dovuto provvedervi settimanalmente, ma spesso, per molteplici ragioni, i tempi di intervento si allungavano, provocando soprattutto in estate, le proteste degli abitanti del circondario, per i miasmi insopportabili che si levavano dalle vasche. I panni sporchi, raccolti presso le case signorili dalle stesse lavandaie, venivano trasportati al lavatoio sulle forti spalle delle donne, dentro sacchi di iuta contrassegnati da nastrini colorati (un colore per ogni famiglia perché essendo analfabete a nulla sarebbe valso infatti scrivere sui sacchi stessi nomi e cognomi. Se i sacchi da trasportare erano troppi o troppo pesanti la donna si aiutava con un piccolo carretto di legno, simile alle carriole con cui giocano i bambini. Anche in questa attività, come in ogni altra, esistevano delle gerarchie: le bambine e le giovani, sotto la supervisione di donne più anziane, per imparare il mestiere, lavavano gli indumenti più piccoli dei neonati o dei bambini; le lavandaie adulte si occupavano della biancheria più pesante (lenzuola, coperte, tovaglie) e degli indumenti più voluminosi e sporchi; c'erano infine quelle considerate delle vere "esperte" a cui venivano affidati i corredi ricamati e ornati di trine e pizzi delle signore più facoltose. Altra categoria d'elite erano le lavandaie che potevano usufruire direttamente di fonti, che quindi un acqua povera di calcare, in tali acque ottenevano panni più bianchi e morbidi delle altre, erano quindi richiestissime e ricevevano compensi maggiori. prima di poter utilizzare le vasche per il lavaggio dei panni era obbligatoria la disinfezione degli stessi. All'ingresso del lavatoio si trovavano, quindi, grandi mastelli, sorvegliati da due agenti delle squadre di disinfezione, riempiti con una soluzione di acqua con sublimato corrosivo all'1 per 1000 e sodio cloridrico al 5 per 1000, nei quali si dovevano immergere i panni. La pulizia dei panni veniva eseguita con detergenti diversi. Il più comune ed anche il meno costoso era il cosiddetto ranno, usato per sgrassare, ottenuto con il filtraggio dell'acqua calda attraverso la cenere di legno chiaro, sostenuta da un vecchio lenzuolo preferibilmente di lino. A tale proposito spesso nei lavatoi si trovava un focolare (in vernacolo focarile) sul quale veniva sospeso un enorme paiolo per riscaldare l'acqua. Più tardi la funzione sgrassante del lavaggio fu affidata all'uso della soda, nome commerciale del carbonato sodico, ottenuto dal cloruro di sodio anidro. Altri detergenti erano la lisciva o liscivia, soluzione a media concentrazione di idrati e carbonati alcalini, usata per lavare e imbiancare; la varecchina, detta candeggina o acquetta, soluzione di ipoclorito sodico, usata per smacchiare; talvolta per rendere più efficace l'azione sgrassante del ranno venivano aggiunti gusci d'uova tritati; nel primo risciacquo dei tessuti bianchi, si aggiungeva l'indaco, soluzione acquosa di materia colorante azzurra, ottenuta dalla macerazione di piante indigofere; nei risciacqui seguenti venivano aggiunti spigo, lavanda, steli di alloro o rosmarino per profumare il bucato. In tempi più recenti si affermò l'uso del sapone in pezzi o liquidato. Il più famoso è sicuramente il sapone di Marsiglia, così chiamato in quanto veniva prodotto nella città francese marsiglia. L'abbigliamento povero delle lavandaie aveva due segni distintivi molto particolari: il fazzoletto a doppia punta, legato sul capo, che si dice derivi da una antica rivendicazione di un fazzoletto di terra, a loro promesso da un signorotto nel XIII secolo e mai concesso; le lunghe gonne con l'orlo rialzato e infilato nella cintura, precauzione necessaria per evitare che si inzuppassero, che si dice abbiamo ispirato i costumi e i movimenti del can can. La pesantezza del lavoro era in parte alleviata dal fatto che il lavatoio era uno dei pochi luoghi di aggregazione femminile nel quale le donne potevano andare senza essere accompagnate, là ci si ritrovava, si scambiavano ricette, consigli e pettegolezzi, si partecipava alle gioie e alle disgrazie delle altre e si condividevano le proprie, si cantavano canzoni nostalgiche e patriottiche, strambotti ironici e amorosi, stornelli satirici e a dispetto, si tramandavano storie e racconti di vita, si rideva e talvolta si litigava in modo così violento da far correre le guardie di città, si rifletteva sulla propria disgraziata condizione e su quella altrettanto precaria di molte altre donne. In questi luoghi di aggregazione sono nate e si sono diffuse ed affermate le prime rivendicazioni dei diritti femminili; questa è una delle ragioni per le quali gli antichi lavatoi dovrebbero essere conosciuti, tutelati ed apprezzati come siti storici, secondo le direttive emanate anche dall'Unione Europea. Un duro lavoro, come dura era la vita, le mani in costante contatto con l'acqua non erano nemmeno il disagio peggiore, la vera sofferenza era dovere stare per ore ed ore chinate, protese in avanti, allungate verso l'acqua del fiume, per insaponare, sciacquare e strizzare i panni. Per rendere meglio sopportabile questo gesto, nel tempo è stata adottata una particolare asse per lavare che costringeva il corpo ad una postura migliore, più centrata, comoda, nella completa scomodità del gesto fisico.. La lavatrice moderna, inventata in America nel 1906, assemblando un mastello di legno con una pompa da giardino, modificata nel 1930 dall'industria Miele, ancora attiva nel campo degli elettrodomestici, variando il primo movimento sussultorio continuo, in movimento ondulatorio circolare e reversibile, arrivò in Italia per la prima volta, nell'aspetto e con la tecnologia simile a quella che conosciamo oggi, nel 1946, alla fiera di Milano. All'inizio fu scambiata per una macchina per montare la panna a causa della grande quantità di schiuma che produceva, poi, con grandi difficoltà, dovute soprattutto alle scarse disponibilità economiche delle famiglie di allora e alla diffidenza delle donne verso qualunque dispositivo che sostituisse le loro abilità manuali, cominciò lentamente a diffondersi alla fine degli anni '50, sostituendo così un antichissimo mestiere, quasi esclusivamente femminile, quello delle lavandaie.
Una terra incantevole, distesa a nord del Sud Africa tra Namibia, Zambia e Zimbabwe. Un vasto altipiano grande il doppio dell’Italia e abitato solamente da 1.600.000 persone, in gran parte occupato ad occidente dal grande deserto del Kalahari che, a discapito del nome, non è comunque privo di una ricca vita animale. Alla fine del nostro viaggio in Sud Africa di 3 anni fa, al cospetto di un commovente tramonto, avevamo sognato di poter tornare in questo magnifico angolo di mondo, e il sogno si è materializzato scendendo dalla scaletta del’aereo che da Johannesburg ci ha portato a Maun, nel nord del Botswana. Questa volta io e Frediana siamo da soli ma certamente non ci mancherà la compagnia, soprattutto di una grande varietà di animali. Siamo in settembre, uno dei momenti ideali per venire da queste parti, verso la fine della stagione secca, nell’attesa che a novembre arrivino le prime piogge. Un clima fantastico, fresco al mattino e caldo durante il giorno, impreziosito da un’atmosfera limpidissima che farà risaltare ancor di più la bellezza dei luoghi che visiteremo nel nostro itinerario. Ci accoglie un ragazzone sudafricano alto e biondo che sarà il pilota del piccolo aereo che ci porterà a destinazione nel delta dell’Okawango. Il sorvolo a bassa quota del delta è bellissimo con lo spettacolo dall’alto di questo ambiente così particolare, in una ragnatela di fiumiciattoli e canali che avvolgono estese terre bruciate e piccole isole più verdeggianti. Il delta del fiume Okavango, patrimonio dell'umanità, rappresenta uno degli ecosistemi più insoliti del pianeta. A causa di antichi movimenti tettonici, le acque del fiume furono separate da qualsiasi collegamento esterno, e ulteriori fenomeni geologici uniti alla scarsissima pendenza crearono gradualmente la situazione di ristagno che oggi lo caratterizza. E così questo ambiente unico al mondo, col suo sempre mutevole reticolo di canali, di lagune e di isole, dà vita ai bordi del deserto ad una natura esuberante ricca di fauna e di flora. Dopo ben 26 ore di viaggio, abbiamo giusto il tempo di riprendere fiato e di renderci conto di quanto sia suggestivo il luogo che ci accoglie, prima di partire per una prima escursione in barca a motore. Navighiamo tra le anse del canale Selinda, sulle cui sponde si trova il nostro campo. Possiamo già ammirare da vicino i primi animali lungo la riva, in particolare alcuni bufali e alcuni elefanti. Quando si spegne il motore e ci prepariamo a brindare al primo di una lunga serie di splendidi tramonti, veniamo avvolti dalla pace e dal silenzio interrotto solo da un potente barrito di un vicino elefante. Lo spettacolo del sole basso sull’orizzonte che si sdoppia specchiandosi nell’acqua è incantevole e, mentre intraprendiamo il ritorno, la superficie del canale è colorata di rosa. All’arrivo il campo ci accoglie con tante candele accese e un grande fuoco per scaldare i nostri stanchi cuori. E dopo un’ottima cenetta il particolarissimo tintinnio di mille “rane campanello” ci accompagna a nanna belli cotti. Al risveglio fa un freddo cane e ci imbacucchiamo per benino. La luce dell’alba che lentamente illumina la savana ci riempie di dolci sensazioni. Il nostro ranger oggi è James e con lui abbiamo in programma un safari a piedi su una delle tante isole che danno vita a questo luogo unico nel suo genere. Scendiamo dalla barca e James imbraccia il fucile dandoci tutte le istruzioni necessarie prima di intraprendere la nostra camminata. Si viaggia in assoluto silenzio e in fila indiana, godendo delle suggestioni del magnifico ambiente che ci circonda. La nostra passeggiata però dura solo una ventina di minuti perché improvvisamente abbiamo un incontro, il più impensabile degli incontri a piedi. Un giovane leone maschio è lì che ci osserva ad un’ottantina di metri da noi. Non sembra avere nessuna voglia di fare amicizia ma fortunatamente neppure di mangiarci! La jeep chiamata dal ranger arriva dopo un quarto d’ora durante il quale ci studiamo vicendevolmente. Protetti dal fuoristrada lo seguiamo poi a lungo riuscendo ad ammirarlo da pochissimi metri. Con profondi suoni gutturali chiama il fratello e così dopo poco possiamo vederli insieme che vanno ad abbeverarsi. Nel complesso una passeggiatina piuttosto elettrizzante! L’escursione del pomeriggio è sul mokoro, strette e leggerissime canoe spinte da un lungo palo. Non incontriamo animali se non una timida giraffa, ma scivolare silenziosamente sulla superficie del canale col solo rumore del leggero sciabordio della canoa in un ambiente così selvaggio e incontaminato, è comunque estremamente affascinante. Quando rientriamo il fuoco è già acceso e il cielo sullo sfondo ha lo stesso colore delle fiamme. Nell’aria limpida e pungente del nuovo mattino, navighiamo per un lungo tratto del canale e sbarchiamo su di una piccola isola nella quale la guida ci mostra le tracce degli animali, i diversi tipi di piante e ci spiega le particolarità di queste piccole terre emerse, in continua evoluzione sia vegetale che minerale. Incontriamo gli immancabili impala, dolcissime piccole gazzelle di colore chiaro che sono una garanzia in ogni safari, e un giovane cudù, antilope più possente dal mantello bruno rossiccio e dalle corna a cavatappi, che si immerge nell’acqua a pochi metri da noi. Salutiamo il Motswiri Camp e con un altro piccolo aereo ci trasferiamo nella zona del Kwai river, ai margini di una grande riserva chiamata Moremi. Veniamo accolti da Nik, anziano ed espertissimo ranger africano di origini inglesi, che nonostante l’età è una vera roccia e ci farà vivere i prossimi game drive (safari in fuoristrada) in modo molto rilassato e tranquillo. Lungo la pista facciamo già i primi avvistamenti. Un nutrito gruppo di impala intorno ad una pozza, alcune isolate antilopi e un elefante che si avvicina incuriosito sino ad un paio di metri da un’impaurita Frediana. L’incontro più affascinante però è a poche centinaia di metri dal campo, con una ventina di elefanti ma soprattutto con un’enorme mandria di bufali che si abbeverano dall’altra parte del fiume. Saranno almeno 200 e con i loro mantelli neri, uno accanto all’altro lungo la riva, sono uno spettacolo davvero straordinario. Il nostro campo tendato è allestito in un’area vicinissima al fiume, in una radura rigogliosa e selvaggia, circondata da magnifici alberi di acacia. Il vecchio Nik si dirige verso est. Il sole alle nostre spalle e la nitidezza dell’atmosfera esaltano la bellezza dei paesaggi che ci circondano. Costeggiamo la sponda del fiume Kwai le cui acque trasparenti sono di color smeraldo. Un vecchio elefante senza zanne, che non riesce più a mangiare gli arbusti, si accontenta della più morbida vegetazione sul fondo del fiume. I soliti numerosi e dolcissimi impala, qualche zebra e qualche cudù, ma la cosa più affascinante sono gli stupendi ambienti che si susseguono tra terra e acqua. Passiamo da una foresta di acacie completamente devastata dagli elefanti, che sono diventati troppi e rappresentano un grande problema per il Botswana, e raggiungiamo il luogo nel quale attenderemo il tramonto sulle rive di un placido lago mentre alcuni ippopotami ci guardano annoiati con i soli occhi fuori dalla superficie. E tornando verso il campo, le tormentate sagome scure dei grandi alberi di acacia e di mopane si stagliano spoglie su di un fantastico cielo incandescente. In questa zona abbiamo voluto provare l’ebbrezza di dormire in tenda, anche se piuttosto confortevole, per godere di un più diretto contatto con la natura. Così, anche se un po’ perplessi, non ci resta che infilarci nei nostri lettini e sperare che la natura sia benevola con questi 2 poveri cittadini! Inizialmente anche le rane e gli uccelli tacciono e il silenzio è totale. Verso mezzanotte però si sentono i passi di una iena che sfiora la nostra tenda. Fortunatamente la simpatica bestiola incomincia a far sentire la sua inquietante risata satanica solo un po’ di metri più in là, aggirandosi nel campo per una ventina di minuti e lanciando ogni tanto i suoi striduli urli prima di allontanarsi. Verso mattina 2 leoni abbastanza vicini si cercano con i loro profondi ruggiti. E’ ancora buio quando ci rifocilliamo con caffè e biscotti intorno al fuoco che illumina con luce tremolante la silenziosa radura che ci ospita, prima di partire per la nuova escursione. Lasciato il campo, quasi subito alcune giraffe ci donano il loro elegante saluto molto da vicino. Gli ambienti e i paesaggi sono sempre bellissimi, con l’acqua del fiume di un profondo blu che contrasta con la sabbia chiara delle rive, l’erba più verde sulle sponde e più gialla in lontananza che ci offrono un magnifico spettacolo cromatico. Durante un momento di relax, cogliamo sul fatto alcune scimmie che approfittano della nostra distrazione per rubare qualcosa da mangiare. Il safari del pomeriggio è splendido anche se non facciamo incontri particolarmente elettrizzanti. Avvistiamo a più riprese gruppi di elefanti che si abbeverano e attraversano rumorosamente il fiume, una nutrita famiglia di babbuini con i piccoli aggrappati alla schiena delle madri, antilopi d’acqua e una bella mandria di zebre. Arriviamo ad una grande ansa del fiume che forma una sorta di lago e il silenzio, rotto solo dal delicato cinguettio di decine di uccelli, ci pervade dolcemente mentre ci godiamo il paesaggio. Una grande acacia si erge solitaria come una scultura ai bordi del fiume, dalla cui superficie affiorano scheletrici rami di alberi secchi, cresciuti sul letto asciutto negli anni di siccità e ora quasi completamente ricoperti dall’acqua. Molti ippopotami sparsi qua e là sbadigliano annoiati nella pace assoluta. Raggiungiamo poi il posto deputato a brindare al tramonto con l’ormai immancabile gin and tonic, un altro stupendo angolo sulle rive del Kwai river, mentre il cielo si colora di decine di sfumature dal profondo blu all’arancione che si perde nel rosso sfavillante del sole, che saluta anche oggi questo remoto lembo d’ Africa. Mentre brindiamo ai piedi della jeep, a una ventina di metri da noi un possente elefante beve tranquillo incurante della nostra presenza, un ippopotamo si prepara per le sue incursioni notturne sulla terra ferma e una iena si fa intravedere sullo sfondo. I timori della prima notte sono svaniti, solo alcune iene in lontananza e un leopardo più vicino si fanno sentire nelle tenebre, e così riusciamo a farci una sonora dormita. Il mattino seguente il freddo è più intenso del solito. La sveglia della savana suona alle 6 e, usciti un po’ intirizziti dalla nostra tenda, ci accoglie un suggestivo inizio di giornata. L’alba ci avvolge col suo dolcissimo chiarore e alle 7 siamo pronti a partire. Oggi ci aspetta un lungo e noioso trasferimento di parecchi chilometri di polvere e di sabbia, ma il viaggio sarà comunque allietato dall’incontro con diversi animali. Un bel gruppo di sinuose giraffe, qualche elefante, 4 bellissimi cudù di cui 2 possenti maschi davvero spettacolari, una grande mandria di gnu, qualche zebra e alcune piccole gazzelle. All’inizio dell’area di Savuti, facente parte del grande paradiso naturalistico del parco Chobe, si apre ai nostri occhi un paesaggio meraviglioso, con gli alberi che si stagliano sullo sfondo di una sabbia caraibica quasi bianca e di piccoli rilievi di scure rocce di basalto. La nuova sistemazione che ci accoglie è stupenda e sicuramente più confortevole della precedente, anche se un po’ più formale. Dal nostro balcone che si affaccia sul canale Savuti che dà il nome alla zona, possiamo già bearci della presenza non proprio profumata di alcuni elefanti che passeggiano nell’acqua a 30 metri da noi. Assistiti dalla nostra nuova guida ci dirigiamo verso una depressione chiamata Marsh, una sterminata pianura solcata dal canale Savuti e da acquitrini, una savana di sabbia chiarissima e di vegetazione bassa con rari grandi alberi. In questa zona ci sono moltissime specie di uccelli, tra i quali quello preferito da Frediana di un blu cangiante che diventa iridescente quando è illuminato dal sole. Siamo fortunati perché incontriamo una grande famiglia di leoni, tanti e vicinissimi. Alcune leonesse si allontanano per prepararsi alla caccia notturna, ma riusciamo a goderci tranquillamente quelli rimasti. Sono lì accanto a noi con il loro mantello dorato, tutti molto placidi e spaparanzati, si girano a pancia in su, giocherellano e si fanno dispetti……..ciao gattoni! Una nutrita mandria di gnu ci accompagna nella tenue luce del tramonto quando all’improvviso un leopardo esce allo scoperto. Purtroppo è quasi buio e non riusciamo a fotografarlo, ma è così vicino alla macchina che Frediana stendendo il braccio potrebbe accarezzarlo. La serata è come sempre piacevolissima, con la luna che sta crescendo e un favoloso cielo terso pieno di gemme brillanti. Qui la cupola celeste ci da la sensazione di essere più vicina, in quanto l’assenza di umidità consente di vedere luminosissime anche le stelle più lontane sull’orizzonte. La sveglia suona ancor prima del solito, e alle 5 e mezza fanno toc toc alla nostra finestra. Partire prima ci consente di assaporare l’aurora dal fuoristrada mentre ben coperti iniziamo la caccia. Godere dei primi raggi di sole che ravvivano i colori e disegnano i contorni del paesaggio in questa immensa pianura, è una sensazione davvero strepitosa. Il primo avvistamento è spettacolare e ci ricorda i film western con le praterie americane piene di bisonti. Qui i bisonti non ci sono ma un’enorme mandria di bufali di almeno 400 esemplari solleva un gran polverone all’orizzonte. Ci avviciniamo e restiamo incantati dalle infinite sagome scure che si muovono a poca distanza da noi, brucando uno accanto all’altro e procedendo in fila indiana. Oltre agli immancabili impala, anche piccoli gruppi di cudù, un incontro ravvicinato con diverse giraffe che si muovono con grazia regale, grandi e velocissime antilopi dal mantello scuro, contribuiscono ad alimentare il nostro entusiasmo. All’improvviso il nostro ranger spegne il motore. Nello sconfinato silenzio che ci pervade, non lontano da un enorme bao bab che si erge solitario e maestoso, uno sciacallo lancia il suo ululato che si perde nella pace dell’immensa pianura donandoci un brivido di intensa emozione. Sulla via del ritorno, in una zona più verdeggiante, ritroviamo all’improvviso la famiglia dei leoni. Oggi sono in 8, ma la cosa per noi più straordinaria è che hanno ucciso un bufalo ed ora sono lì con il muso sporco di sangue che lo stanno divorando. Seguendo un ordine strettamente gerarchico, uno alla volta sbranano con calma il povero malcapitato e siamo così vicini che possiamo sentire il rumore delle fauci che lacerano la carne. E’ una scena cruda e magnifica che ci soffermiamo a rimirare a lungo. Il game drive del pomeriggio è quasi interamente dedicato al leopardo, anzi ad una leopardessa. Veniamo avvisati dalla radio che in una zona lontana da noi c’è qualcosa di interessante. Il ranger lancia il fuoristrada a folle velocità sulla pista di sabbia compatta e dopo una decina di minuti di corsa sfrenata nel bush eccola lì. E’ sempre un animale magnifico e restiamo con lei per molto tempo. Prima è acquattata sotto un albero, poi si muove e ci viene vicino, vicinissimo. La circondiamo con le jeep ma lei resta tranquilla e trova la strada per allontanarsi. La perdiamo e la ritroviamo, sempre superba e sinuosa nei suoi movimenti agili e possenti col suo elegante mantello maculato. Davvero la ciliegina sulla torta di questa indimenticabile giornata nella natura. Nella nuova alba un forte barrito fuori dalla nostra finestra anticipa la sveglia delle 5 e mezza. Prima di lasciare l’area di Savuti verso la prossima destinazione, all’improvviso dietro una curva un altro magnifico leopardo ci dà l’arrivederci tagliandoci la strada mentre ci rechiamo al vicino aeroporto. Per la verità aeroporto è una definizione un po’ troppo impegnativa, in realtà è una semplice striscia di sabbia neppure troppo levigata, e il pilota prima del decollo guarda a destra e a sinistra come se fosse ad un incrocio, per evitare lo spiacevole incontro con qualche elefante. Dopo 40 minuti di volo tranquillo e panoramico atterriamo a Kasane, piccola cittadina ai bordi del parco Chobe che si estende lungo le rive del fiume omonimo ai confini con la Namibia. Il nuovo lodge si trova su di una rigogliosa isoletta e partendo da qui uniremo sia escursioni in barca che sulla terra ferma. All’arrivo veniamo accolti da un canto africano improvvisato dallo staff, mentre sullo sfondo, sull’altra riva del fiume, una grande mandria di bufali popola animatamente la spiaggia. In questi giorni perlustreremo il fiume con la barca, potendo avvicinarci molto agli animali sulle sponde. Subito vediamo un coccodrillo, un maschio enorme di più di 4 metri, che non gradisce la nostra presenza tuffandosi agilmente nel fiume. Poi una numerosa famiglia di ippopotami, un maschio con alcune femmine e alcuni piccoli che possiamo quasi toccare, anche se ci guardiamo bene dal farlo! La mattina seguente ci dirigiamo verso un villaggio che dista più di un’ora di navigazione. Lungo il tragitto non mancano interessanti avvistamenti, tra i quali una bella aquila pescatrice che volteggia sopra di noi scrutando il fiume, mentre un entusiasmante paesaggio scorre attorno a noi. L’aria tersa ravviva i colori, e l’azzurro del fiume, il bianco della sabbia, il verde del bush sormontato dal blu cobalto del cielo sono di per sé uno spettacolo meraviglioso. Serpeggiamo con la barca tra le anse del Chobe e arrivati al villaggio ci viene incontro un ragazzo che si improvvisa come guida. E’ domenica, qui sono cattolici e già da lontano sentiamo i canti intonati dai bambini locali. Questi canti africani, così semplici e ritmati ti affascinano e ti prendono il cuore. Giunti nel centro di questo fatiscente e poverissimo villaggio, tutti i presenti vestiti a festa, per lo più bambini e ragazzi, sfilano davanti a noi e ad uno ad uno ci salutano dandoci la mano. Una manifestazione di accoglienza spontanea e commovente. Il paesino di capanne di fango costruite sulla sabbia è davvero modesto, ma il luogo che lo ospita è bellissimo. Saliti poi ancora una volta a bordo di un fuoristrada, superiamo la porta d’ingresso del parco Chobe e la natura che ci circonda, con una rigogliosa vegetazione che emerge da una sabbia color albicocca, è veramente stupenda. Alla vista di un grande elefante la guida si ferma e spegne il motore. Lui si avvicina e praticamente poggia la proboscide nella jeep sventolando rumorosamente le sue fantastiche orecchie. La ranger è tranquillissima e non fa una piega ma noi siamo un po’ impauriti. Addirittura non riusciamo a fotografarlo, sia per non spaventarlo ma anche perché il suo faccione non ci sta nell’obbiettivo! Veniamo poi attratti da un babbuino che siede su un masso con le braccia appoggiate sulle gambe in posizione del tutto umana, e pensiamo che gli manca solo un giornale da sfogliare; anche una delle sue compagne tiene in braccio il piccolo esattamente come farebbe una donna. Tra i rami scorgiamo degli uccelli dai colori sgargianti, per metà arancioni e per metà verdi. I paesaggi che ci attorniano sono incantevoli, una vasta savana orlata dai soliti grandi e scenografici alberi in lontananza, e di tanto in tanto tra le acacie intravediamo il fiume e le sue chiarissime sponde. E’ quasi buio quando facciamo ritorno e la fioca luce che ci avvolge è ammantata dello stesso color rosato della sabbia. Lasciamo il Botswana per dirigerci verso la nostra ultima tappa, le cascate Vittoria che si trovano nello Zimbabwe ad una settantina di chilometri di distanza. Nel tardo pomeriggio è prevista la navigazione sul fiume Zambesi, che altro non è che il proseguimento del fiume Chobe che cambia nome nei vari stati che attraversa. Il fiume funge da confine e costeggiamo lentamente le sponde dello Zambia. Il momento dell’ennesimo strepitoso tramonto è particolarmente suggestivo in quanto, mentre il sole cala ad occidente infiammando l’acqua e il cielo, dall’altra parte una luna ormai piena sale lentamente illuminando l’imminente oscurità e riflettendosi come madre perla nello specchio del fiume. La visita delle cascate non è meno entusiasmante di quanto visto sino ad ora. Entrati nel parco, ci sono ben 15 belvedere che si susseguono lungo un percorso di circa un chilometro. Le cascate sono le più alte del mondo ma solo le terze per portata d’acqua. Il periodo di maggior portata è tra maggio e giugno ma in quei momenti la nebbia e gli spruzzi non consentono una così bella visione. Noi invece ce le godiamo benissimo e, anche se le 6 cataratte risultano separate l’una dall’altra, lo spettacolo d’insieme è comunque fantastico. Ammiriamo da ogni angolazione la potenza e la bellezza delle cascate, che in alcuni punti danno origine a variopinti arcobaleni, mentre in altri ci affacciamo su orridi precipizi nei quali l’acqua turbina avvolgendoci in un rombo assordante; da alcune posizioni riusciamo ad avere una visione scenografica dell’intero fronte, mentre da altre siamo a picco sulla cascata principale che precipita ai nostri piedi con un salto di quasi 100 metri. A cena siamo allietati da un gruppo canoro di soli uomini che, con i loro canti a cappella e le loro voci calde e profonde, ci ricordano di essere nel cuore di mamma Africa. Africa che ci saluta in modo veramente eccezionale, con una luna piena e straordinariamente rossa, ma proprio proprio rossa, che fa capolino tra gli alberi che circondano l’hotel. E mentre facciamo le valigie, una simpatica scimmia che salta sul nostro balcone ci tiene compagnia. Il buio accompagna il volo del nostro aereo verso nord ma, nella savana sotto di noi, in un fermo immagine di vita e di morte, gli occhi del leopardo stanno inquadrando la sua vittima. Immobile nel bush, ogni singolo muscolo teso allo spasimo prima dello scatto letale, nella consapevolezza che, molto difficilmente, questa splendida notte rischiarata dal pallore della luna sarà così generosa da concedergli una seconda possibilità.
Nell’ultimo numero ho parlato di Windows XP, un sistema operativo, per chi ancora non lo sapesse, morto e defunto dall’8 aprile scorso. Questo articolo si rende necessario per chiarire il concetto di trapasso informatico, ben diverso da quello dell’essere umano. Se una persona è deceduta, si dichiara tale perché è impossibile guarire alcune delle sue parti vitali, come il cuore, il cervello, i polmoni e così via. Per un software la sua fine è decretata dalle imposizioni tecnologiche, a volte non del tutto condivisibili; e ribadisco imposizioni e non scelte: lo scorso aprile, Microsoft ha deciso di non supportare più XP, ciò tradotto in termini pratici, la casa di Redmond non aggiornerà più il sistema, soprattutto non fornirà quelle patch che risolvono problemi di funzionamento ma anche falle del browser non più sicuro. E qui sta il punto debole di tutta la decisione. Da tempo internet explorer ha dimostrato la sua arretratezza, intesa come lentezza, versatilità, praticità e, sfortunatamente, anche per la scarsa sicurezza agli attacchi di hacker e pirati informatici che possono carpire, con una certa facilità, dati sensibili come password e pin presenti nella postazione locale. L’inganno sta giusto qui. La versione 8 di IE non supporta le ultime funzionalità delle pagine web moderne, ma esistono versioni più recenti; peccato che non si possano installare! Se avete Windows 7, a bordo troverete già la versione 11 di IE e così via per le release successive con windows 8 in poi. Ma non tutti sono pronti a cambiare, ad adeguarsi a un’interfaccia diversa; e allora dico io, non tutto è perduto. Visto che la maggior pecca di Windows XP deriva dall’inconsistenza del suo browser, tanto vale cambiarlo. Il mio consiglio è quello di disinstallare Internet Explorer e mettere al suo posto un’alternativa, gratuita, tra quelle note. Possiamo sicuramente considerare Mozilla Firefox come la soluzione più quotata al momento a fianco della quale ritengo valido anche google Chrome. Entrambi recepiscono le ultime estensioni del linguaggio HTML quasi in tutte le sue sfumature, sono veloci con una grafica accattivante e permettono una navigazione sicura, senza fare i capricci su Windows XP! Chi volesse può cimentarsi con Opera; è stato nel passato uno tra i programmi più veloci per la visualizzazione delle pagine internet, attualmente ha perso un po’ di terreno ed è usato da pochi utenti. Esiste anche Safari, per Windows, broser che rappresenta lo standard de facto per gli utenti Apple. Avrete capito che tutto questo baccano per affermare che un sistema operativo non va più bene è un tantino eccessivo. Dimostrato che il problema è focalizzato principalmente sulle possibilità di attacco attraverso la rete, risolviamo una certa quantità di inconvenienti rimpiazzando, come sopra, il browser. Ebbene, a questo punto rinforziamo ulteriormente le difese con un buon antivirus, accompagnato da un firewall, un antispam per la posta elettronica…a proposito outlook express è gemello di internet explorer: non solo non è più presente in Windows Vista e successori, ma le sue funzionalità non sono più ritenute al passo coi tempi. Beh, ma anche qui si può mettere nel sacco mamma Microsoft, installando ad esempio, il notissimo Thunderbird, sempre della fondazione Mozilla, che mantiene un’interfaccia molto simile a quella del vetusto outlook express. Per inciso, chi desiderasse rimanere fedele all’impostazione di questo client di posta elettronic,a lo può installare anche su sistemi più moderni. Eh sì, perché le alternative che Microsoft propone, da Vista e figli, sono essenzialmente due: WindowsLive mail, accessorio derivato dal messenger, software di messaggistica istantanea, oppure per chi avesse acquistato il pacchetto Office, la versione completa di Outlook. Questa è però una chance non gratuita, dato che, come appena detto, contenuta nel software di produzione personale Microsoft Office. Anche se qui ci si riferisce ad un programma dalle molteplici sfaccettature, non solo client mail ma anche calendario, agenda appuntamenti e altro. Ma torniamo con i piedi per terra. Come sempre, quello che subito colpisce in un nuovo sistema operativo è la sua interfaccia, il modo di interagire con gli oggetti presenti e disponibili. Un suo estremo stravolgimento è, do norma, accolto con freddezza e ritrosia, tanto che molti utilizzatori restano con il sistema operativo precedente. Ma assieme al vestito, un SO dovrebbe apportare miglioramenti interni non immediatamente visibili ma apprezzabili in un secondo momento. Tanto per elencare qualcosa di già conosciuto, il nuovo standard di archiviazione GPT, che rimpiazza l’MBR, che consente di superare il limite di 2 terabyte di indirizzamento logico per le memorie di massa. Certo la capacità di archiviazione è importante ma, anche al momento attuale, ditemi voi se non si vedono in commercio notebook e desktop con unità disco anche di soli 320 GigaByte, o 500 o 750, quindi meno della metà. Le soluzioni professionali che necessitano di spazi di immagazzinamento maggiori usano altri mezzi tipo soluzioni NAS. Inutile ripetersi, essendo questa una modifica non visibile, ma che lavora in sottofondo, avrebbe potuto essere tranquillamente implementata anche sotto la veste di XP. Essendo comunque questa una modifica a vantaggio soprattuttto di aziende o professionisti con esigenze di storage massimizzato, la coesistenza di un disco “vecchio tipo”, appannaggio del mondo casalingo o entry level con quello evoluto, sarebbe stata praticabile. Lo stesso dicasi per la USB 3.0, circa 10 volte più veloce della USB 2.0, ma che non è ufficialmente supportata né in Windows XP né in Windows Vista. Si ha bisogno di più velocità se si hanno grandi quantità di dati. Da notare che oggigiorno si scambiano foto e video tra dispositivi mobili, quindi si fruisce di reti wireless e perciò non cablate, c’è cioè un’altra via percorribile per lo scambio di informazioni al posto di un cavo, anche se più rapido. I veri salti generazionali nell’era del computer, sono scanditi dalla sua usabilità, l’interazione con l’uomo. Eppure, in questo campo, anche se con qualche miglioria, non ci siamo spostati granché dai sistemi di input e output degli anni ‘70. Usiamo sempre una tastiera per immettere dati (anche se oggi è spesso congiunta a mouse e varianti touch) e in risposta abbiamo comunque un messaggio visualizzato su un monitor. Tralasciamo le possibilità offerte da i riconoscitori di voce, usati per la dettatura di testi e meno per comandi diretti, che ancora risultano piuttosto farraginosi nel loro uso e sono legati allo specifico timbro vocale di un utente; ben vengano i sintetizzatori vocali per i disabili visivi, anche se osteggiati da un’ambiente grafico inutile e dispersivo. Siamo ben lontani dalle rappresentazioni cinematografiche dei telefilm come spazio 1999 e Star trek, dove il comandante impartiva con naturalezza, a viva voce, le istruzioni al computer, in un linguaggio umano schematico, avendo, quasi immediatamente, la risposta, sia scritta su un video terminale che vocalizzata. Credo che, se fosse costruito un computer del genere, e costasse molto di più di windows 8 o 9, probabilmente la gente non farebbe tante storie per cambiare apparecchiature. Gli studi sull’intelligenza artificiale ci sono, ma siamo ancora lontani da un’interazione uomo/macchina 1 a 1. Tutto ciò che riusciamo a fare viene in parte frenato dalla difficoltà nella sua messa in pratica, e anche da leggi commerciali che vogliono che un prodotto sia venduto per concretizzare un profitto, anche se non è rivoluzionario, ma solo ritoccato esteticamente. Spero solo che Microsoft, ancora leader nel settore dei SO, pensi in un prossimo futuro a qualcosa di più pratico e non estroso, come un’interfaccia touch e la sparizione del menu start sul desktop, peraltro ripristinato con le minor release di Windows 8, che ammette il peccato ai limiti del veniale della software house americana.
UNA VITA TUTTA IN SALITA, ANZI UNA SCALATA! Scartai il più rapidamente possibile il regalo che avevo appena ricevuto da un caro amico. ero curiosa di scoprire cosa era contenuto in quella confezione così ricercata e, quando mi ritrovai fra le mani un L P di Fabrizio De André intitolato "non al denaro, non all'amore, né al cielo", tratto dall'antologia di Spoon River, mi sentii veramente felice: De André era il mio mito e quel suo L P era appena uscito! Non avrei potuto ricevere un regalo più indovinato di così!Passai immediatamente al suo ascoltola carismatica e inconfondibile voce di Fabrizio De André narrava tragiche storie di povere e tormentate esistenze ormai concluse, ma che tuttavia aleggiavano ancora nell'aria di quel quieto cimitero sulla collina, dove avevano finalmente trovato riposo. una di quelle melodie, in particolare, mi prese totalmente, perché c'era qualcosa di me, che si rispecchiava nella breve vita di quel protagonista, anche se in maniera meno tragica. Sì, anch'io, come l'ammalato di cuore di quella struggente canzone avevo dovuto da bambina accontentarmi di stare a guardare i ragazzi giocare, impossibilitata com'èro, a partecipare ai loro giochi che richiedevano un continuo movimento, come correre o saltare su un piede, spingendo in avanti un oggetto piatto intorno ad un cerchio tracciato per terra. Ero pervasa da un senso di impotenza e di rabbia nello stesso tempo e, se avessi potuto, avrei volentieri distrutto i loro divertenti giochi,da cui mi sentivo esclusa! E, da adulta, anch'io come lui avvertii il tempo sprecato, anch'io ero destinata a guardare, si fa per dire visto che non ci vedo, le vite degli altri, che erano piene di promesse e di aspettative, pronte per essere vissute con pienezza, mentre la mia sembrava destinata in partenza ad essere vissuta marginalmente, in sordina. Mentre gli altri potevano bere alla coppa della vita tutto d'un fiato, io, come l'ammalato di cuore della canzone di De André, avrei dovuto bere solo a piccoli sorsi interrotti. Un virus letale e rarissimo atrofizzò irrimediabilmente, quando avevo solo 20 mesi, i miei nervi ottici e il nervo acustico dell'orecchio destro e per me ebbe inizio una vita del tutto nuova, dominata dall'oscurità e, anch'io, sempre come il protagonista della canzone, non ricordo da quale orizzonte sfumasse la luce, anzi, non ho proprio più alcun ricordo di come fosse la luce tanto ero piccola, quando la vidi per l'ultima volta. Fu nell'istituto per non vedenti di Padova, dove ebbe inizio la mia educazione, che dovetti affrontare e vincere la mia prima sfida e capii che superarla, sarebbe stato di vitàle importanza per il mio futuro: c'erano poche alternative di lavoro per un non vedente allora, per cui, a quelli che non riuscivano nello studio del pianoforte o a conseguire un diploma, una laurea, che aprisse loro una strada all'insegnamento, non rimaneva che il grigiore di una vita piatta, trascorsa in un distaccamento dell'istituto, dove venivano ospitati appunto non vedenti anziani o con altre problematiche, che passavano il loro tempo a lavorare a maglia o al telaio, ad impagliare sedie ecc. e rabbrividivo al solo pensiero di fare una simile fine, per cui cercai di impegnarmi con determinazione nello studio. La spuntai e, dopo le elementari fatte in istituto, dove per altro eravamo seguiti da personale altamente specializzato, potèi frequentare le medie e le magistrali presso la scuola pubblica, finalmente gomito a gomito con i vedenti e, qui, imparai a confrontarmi, a capire quanto il loro mondo era diverso dal mio, a crescere finalmente proprio grazie a questo confronto e ad avere con alcuni di loro le mie prime importanti amicizie. La strada dell'insegnamento era troppo lunga per me, che sentivo pressante la necessità di trovare al più presto una soddisfacente occupazione, che mi permettesse di provvedere a me stessa, per cui andai a Milano, dove cercavano delle allieve per un corso di masso-fisioterapia. Una volta diplomata, tornai in famiglia e qui,dovetti misurarmi con un'altra amara realtà: settima di 8 figli, cresciuta troppo lontano dai fratelli e dalle sorelle, con cui, nel corso degli anni non avevo potuto condividere niente, trovai un atteggiamento iper protettivo da parte dei fratelli maggiori, ma un distacco e un disagio quasi palpabile da parte delle sorelle più vicine a me come età e, questo, feriva dolorosamente la mia sensibilità: Non mi inserivano con le loro amiche, perché la mia cecità, ora che non eravamo più delle bambine, era per loro quanto meno imbarazzante e capii che dovevo tirare fuori il meglio di me, sia come professionista, inserendomi con impegno e competenza nell'ospedale dove ero stata assunta, sia perché avrei voluto condividere con loro la mia ricchezza interiore, i miei sogni, le mie speranze, raccogliere le loro confidenze ed instaurare con loro un rapporto alla pari, fatto di affetto e di stima reciproca. Ma, per giungere a questo, dovetti accantonare la mia amarezza e uscire dal mio guscio, per dare loro la possibilità di conoscermi meglio. Poi vennero altri traguardi: la decisione di sposarmi, di avere una figlia. l'esperienza della maternità.Non è per mania di protagonismo che ho parlato di questi due momenti così significativi e difficili della mia vita, che avrebbero impresso un orientamento decisivo alle mie scelte future, ma ho cercato di far emergere dalle mie vicende personali quelle serie problematiche che, se pure in maniera diversa, vivono tutti i non vedenti. Certo, nel corso degli anni, il contesto sociale è cambiato: i bimbi e i giovani portatori di questo handicap non sono più costretti ad entrare in un istituto specializzato per avere un'istruzione adeguata! Questi istituti sono ormai chiusi e i ragazzi vengono inseriti fin da piccoli nelle scuole, seguìti da un'insegnante di sostegno, che ha il compito di aiutarli nell'apprendimento e nella socializzazione con i compagni di classe, non sono quindi più costretti ad allontanarsi dalla loro famiglia, ma mi chiedo: abbiamo fatto davvero un passo avanti? L'alunno non vedente riesce ad apprendere bene, riesce a tenere nell'apprendimento lo stesso ritmo della classe, o viene in qualche modo lasciato in dietro? E ancora: le insegnanti di sostegno, a cui sono affidati, sono sempre adeguatamente preparate, o basta che ci siano come presenza, dal momento che la loro figura è contemplata negli accordi di programma? Ho avuto modo di parlare con madri di alcuni di questi ragazzi ed ho appreso da loro che questi insegnanti di sostegno cambiano molto spesso, anche di anno in anno e che quindi i bambini non fanno in tempo ad affiatarsi con loro, perché devono ricominciare tutto da capo con persone nuove, con grave disagio da parte di entrambi. Quanta amarezza emergeva dalle esperienze, che madri e figli vivevano sulla loro pelle. Anno dopo anno! Molte volte l'insegnante di sostegno prendeva servizio. dopo oltre un mese dall'inizio della scuola; per farla breve, questi genitori si sentivano abbandonati dalle istituzioni, impotenti e soli a combattere le loro battaglie, soli ad affrontare le problematiche quotidiane, che si pongono inevitabilmente nel crescere un bimbo non vedente, del tipo: come dargli sicurezza senza proteggerlo in modo eccessivo. come aiutarlo a prendere coscienza del mondo reale che lo circonda, a conoscere ed affrontare i propri limiti per poterli superare, come educarlo a vincere i suoi complessi che lo isolano dai coetanei, per aprirsi agli altri e vivere al meglio e con più ottimismo la sua fanciullezza. Che sensazione di estrema precarietà emergeva dagli sfoghi di queste madri! Chissà perché, mi sono ritrovata a pensare alla sicurezza che provavo io in istituto e a concludere, a questo riguardo, che, tutto sommato, stavamo meglio noi! Anche il mondo del lavoro è cambiato per il non vedente: la tecnologia sta soppiantando i vecchi centralini, sostituendoli con apparecchiature ben più complesse e attuali; la figura della centralinista, come del resto quella del masso-fisio terapista stano ormai scomparendo e le scuole che preparano i giovani non vedenti ad una professione, dovranno promuovere nuovi corsi specie nell'informatica,come programmatori di computer ecc. per dare loro una ottimale preparazione, che sia rispondente alle nuove richieste del mondo del lavoro, dal quale rischiano di essere nuovamente esclusi Certo, è difficile misurarsi ogni giorno con un mondo e con una società che cambiano troppo rapidamente, senza darti il tempo di abituarti, ma bisogna cercare di tenere il passo, se non vogliamo essere lasciati in dietro e, per un non vedente, "stare al passo con i tempi" è veramente stressante. La sua vita quotidiana è disseminata di barriere architettoniche e non, che lui, comunque deve superare, facendo appello a tutte le sue capacità e risorse: con l'aiuto del cane guida, alcuni di noi riescono ad avere una certa indipendenza, a raggiungere il posto di lavoro, a muoversi nel loro quartiere e a sbrigare le loro commissioni ecc. sì, ma con quale fatica! Marciapiedi fatti per poter camminare con sicurezza, sono impraticabili, ostruiti come sono da biciclette, motorini, macchine parcheggiate e, il non vedente accompagnato dal suo cane guida, o che cammina aiutandosi con il classico bastone bianco, si trova obbligato a camminare quasi in mezzo alla strada, a suo rischio e pericolo! Ce ne rendiamo conto, mentre le macchine ci passano rasente e tutto il nostro essere è in tensione. Ma questo problema sembra che non ci sia soluzione: l'abbiamo tante volte fatto presente alle autorità competenti, ne abbiamo parlato sul nostro quotidiano, documentando con foto fin troppo significative la realtà in cui siamo costretti a muoverci, ma sembra che sia estremamente difficile sradicare nella cittadinanza l'abitudine di parcheggiare i loro mezzi sui marciapiedi. La gente è indifferente a questo nostro specifico problema, probabilmente non lo recepisce nemmeno! Salire sugli autobus, poi, è un'impresa: se non si ha la fortuna di trovare qualche persona disponibile che aspetta alla fermata, pronta a darti una mano per fermare il pullman giusto, molto spesso rischi di rimanere a piedi, perché, comunque, non sei stata in grado di fare il cenno giusto all'autista e ti ritrovi lì, avvilita ed impotente ad attendere il prossimo, sperando di avere più fortuna. Eppure occorrerebbe poco per installare sui bus un dispositivo sonoro che annunci chiaramente il numero del mezzo e le fermate, proprio come avviene sui treni! Perché non si apportano queste migliorie, che a noi faciliterebbero tanto la vita, è solo una questione di costi o c'è un'indifferenza totale nei confronti della nostra disabilità, che tocca (e per fortuna) solo una piccola minoranza? L'indifferenza della gente ci fa male, come ci ferisce il loro pietismo, che non ci aiuta a crescere, ma ci umilia e ci costringe a vivere sulla difensiva, come se dovessimo sostenere una sfida continua con il mondo che ci circonda, per dimostrare a tutti che anche noi siamo all'altezza della situazione, che sappiamo cogliere e capire quello che avviene intorno a noi. certo, non con la loro immediatezza, ma un po' più lentamente, perché la mancanza della vista, è pur sempre una grave limitazione. A volte, queste barriere psicologiche si rivelano più opprimenti ed invalicabili di quelle architettoniche, che pure ci sono così d'ostacolo: molti ci attribuiscono capacità straordinarie, come ad esempio, saper riconoscere i colori al tatto; sì, la mancanza della vista ha affinato in maniera sorprendente i nostri sensi, ma non certo fino a questo punto! Altri, invece, tendono a sottovalutarci, a compatirci, sta a noi cambiare queste loro convinzioni così poco rispondenti alla nostra vera realtà, ma come? Uscendo dal nostro guscio, dalle sicurezze che ci siamo costruiti, per porci alle persone che avviciniamo così come siamo, con spontaneità, pieni di voglia di vivere, ma anche provati dai problemi reali che il nostro handicap così limitante ci comporta. Lo so, occorre una buona dose di coraggio per vincere la riluttanza che si prova nel fare questo, ma ho sperimentato di persona che uscire dal proprio guscio è veramente l'arma vincente! È solo così che si riesce ad abbattere quel muro di diffidenza e di incomunicabilità, che troppo spesso ci separa dai normodotati, che non sono insensibili o indifferenti nei nostri confronti come potrebbe sembrare in un primo momento, ma che non conoscendo i nostri disagi quotidiani, non sanno come venire incontro alle nostre aspettative di aiuto. Ho incontrato nei momenti più difficili della mia vita tante persone, di qualsiasi età, veramente generose e disponibili, dalle quali ho ricevuto appoggio e comprensione; con loro ho percorso e superato i tratti più duri, tutti in salita della mia esistenza, ma riscontro la stessa disponibilità anche nella gente che incontro ogni giorno per la strada o in piscina, gente sconosciuta, ma sempre pronta a rispondere alla mia richiesta di aiuto, specie quando mi sono trovata in difficoltà con il nuovo cane guida, o accompagnandomi a casa dal polisportivo, quando non trovavo nessuno che potesse venire a prendermi.che dire? Sta a noi, non vedenti, accettarci per primi, prendere coscienza dei nostri limiti, cercando però di non adagiarci, di non chiuderci nel nostro piccolo mondo, dove ci sentiamo al sicuro, ma riscoprendo il piacere di fare nuove esperienze come: imparare a nuotare, concedersi una settimana bianca,dove t'insegnano a praticare lo scii di fondo, conoscere e prendere dimestichezza con il computer ecc. ma soprattutto aprirsi al dialogo, confrontarsi con i vedenti, avere con loro un rapporto sereno e positivo; questo ci permetterà di sfatare tanti tabù nei nostri confronti e di avere con loro un rapporto costruttivo e la società di domani sarà senz'altro migliore per entrambi, ma il primo passo perché questo avvenga, dobbiamo farlo noi!
Lettori e lettrici. Un saluto e una breve introduzione solo per dirvi che la nostra rubrica dedicata alle interviste si arricchisce di un altro personaggio che sicuramente vi farà piacere conoscere. Stò parlando di Caterina Ferrazza presidente della cooperativa Handy Systems. Sicuramente apprezzerete ciò che e stata capace di creare nonostante la sua pluridisabilità e che lei stessa ci spiegherà in modo approfondito nella piacevole chiacchierata che abbiamo fatto io e lei e che vi riporto qui sotto. Buona lettura! D) Salve Caterina. Innanzitutto ti ringrazio anche a nome della redazione per aver accettato questa intervista. Mi permetto di darti del tu in quanto so che ti fà piacere,e poi la nostra e una chiacchierata amichevole per far conoscere ai nostri lettori e lettrici ciò che hai creato per dare un aiuto concreto ai disabili e in special modo ai disabili visivi. R)Grazie di darmi questa opportunità. Sono molto felice per questa intervista e dammi pure del tù tranquillamente! D) Come è oramai consuetudine prima di addentrarci nel vivo della mia intervista chiedo sempre ai miei ospiti di parlarci un po di loro così da rompere il ghiaccio. Dunque, chi è Caterina Ferrazza? Ci fai una breve presentazione per i nostri lettori che non ti conoscono? R) Ho 56 anni,vivo a Roma, sono non vedente e in carrozzina. Sono sposata da 32 e ho 2 figli. Sono una persona aperta e socievole e amo la vita! D)Tu hai creato nel 2006 una cooperativa sociale denominata Handy Systems,di cosa si occupa? R) La Cooperativa Sociale Handy Systems è specializzata in Trascrizioni Braille e Caratteri Ingranditi, al servizio dei disabili visivi, degli anziani e degli studenti con difficoltà visive di ogni ordine e grado.? Nella stamperia Braille Handy Systems si realizzano: Riviste, libri ( anche su richiesta), menù per ristoranti, biglietti da visita, auguri, brochure, guide, calendari, etichette, volantini tutto in braille e/o caratteri ingranditi Libri e riviste cd-mp3 libri per insegnanti di sostegno diari in braille ed a caratteri ingranditi cellofanatura riviste 14 riviste braille per ogni interesse del lettore D) Dunque editate molte riviste, potresti farci un elenco descrivendo sommariamente i loro contenuti? R) Certo con molto piacere! Comincio con l’ultima nata, Notizia Cristiana, versione Braille del prestigioso settimanale Famiglia Cristiana. Notizia Cristiana tratta di Chiesa e Fede, volontariato e valori, famiglia ed approfondimenti tratti esclusivamente dal settimanale Famiglia Cristiana. Continuo con la nostra storica rivista Braille News che vanta il primato di essere il primo settimanale d’informazione per non vedenti distribuito in edicola. E’ un settimanale che racchiude in se gli articoli più importanti della settimana con un commento approfondito su politica, economia, cultura, sport, spettacolo e con una novità la "Finestra sul Campidoglio” ed esce ogni sabato, come inserto del quotidiano "Il Tempo".?Si abbatte così una delle tante barriere che limitano la quotidianità del non vedente.?Braille News ha 52 uscite. Progetto pilota attuato nella città di Roma e nella Regione Lazio.? Braille Music - una rivista di cultura musicale e discografica con particolare attenzione alla musica classica, il Jazz, il pop e i nuovi generi musicali e con approfondimenti su concerti e artisti, hit per essere informati a 360 gradi sul mondo della musica con lo scopo di offrire a tutti gli utenti uno strumento di conoscenza di approfondimento e interazione. Braille Sport- di sport a 360 gradi, calcio, tennis, motori, basket, nuoto ecc. Informazioni Braille – Notizie dal Consiglio Regionale – di attualità ed informazione su ciò che avviene nella Regione NOVITA' 2014 A grande richiesta sono nate nuove riviste per deliziare il lettore su nuovi ed appassionanti argomenti: “TV e Gossip" -magazine relativo al mondo della tv e dei personaggi famosi, notizie, curiosità, amori “Cura e salute” -alimentazione, diete, fitness, benessere, sesso, estetica e medicina “Cucinare bene” -ricette, salutari e di facile realizzazione, primi secondi, contorni e dolci, ed in più specialità regionali “Cinema e Tempo libero” - una rivista di recensioni dei film in uscita nelle sale cinematografiche, una panoramica sulle rappresentazioni teatrali delle più importanti città italiane, ed infine eventi e spettacoli di rilevanza nazionale. "scienze e tecnologia" – periodico di scienze su quanto accade intorno a noi, l'origine delle cose e dei fenomeni. “Segreti e Misteri”- enigmi, misteri ambientali, archeologici, scientifici e spaziali, eventi extranatuarali, segreti dal mondo e curiosità “Amici Animali” - notizie d’attualità, rubriche, curiosità, consigli e approfondimenti, tutti legati al mondo animali “Braille Magazine” - settimanale femminile di moda, bellezza, sesso, cucina e shopping “Curarsi con le Erbe” - mensile in braille di medicina alternativa D) Una mia curiosità! Quale rivista tra le tante che proponete e più letta e quindi più richiesta dai vostri lettori? R) Se la giocano Braille News, Notizia Cristiana, Tv e gossip, e Braille Sport D) Oltre al formato in braille le vostre riviste si possono avere anche in altro formato? R) Si oltre al formato braille, si possono avere in nero ingrandito, audio e file. D) Bene, allora dopo questa breve panoramica riguardante le vostre riviste periodiche non ci resta che dare ai nostri lettori che fossero interessati i vostri contatti per ulteriori approfondimenti o altre info! R) In questo momento è attiva la promozione di una copia omaggio, per chi ancora non ci conosce o non conosce le nuove riviste! Quindi contattaci allo 06/9147235 o tramite e-mail, hs.cooperativa@gmail.com Potrete ricevere una copia omaggio. Vi aspettiamo! D) Vogliamo spiegare a chi ci legge cosa offre la cooperativa Handy Systems oltre alle riviste con i loro vari formati? Naturalmente intendo servizi o altro riferito a persone in tutta Italia? R) La cooperativa offre: Targhe e mappe tattili nero/braille Sistemi di segnali tattili servizi di accompagnamento Sportelli Sociali D) Vogliamo provare a dare un anteprima ai nostri lettori? La Handy Systems ha in in cantiere un imminente progetto da attuare a breve? R) Mi auspico di ampliare il panorama dell’informazione D) Caterina Ferrazza ha un sogno nel cassetto che non ha ancora realizzato riferito ai diversamente abili,o magari a lei stessa?? R) Mi piacciono le sfide, quindi ogni cosa nuova è uno stimolo per realizzarla! D) Bene,siamo giunti al termine di questa piacevolissima e costruttiva chiacchierata della quale ti ringrazio ancora.Di solito i miei ospiti si congedano lasciando ai nostri lettori e lettrici una loro frase o un aforisma o semplicemente un motto ben augurante.Vuoi farlo anche tu? R) Uno sù 1000 cè' là fa!
Quali sono le caratteristiche nutrizionali delle varietà principali di miele? “Dolce come il miele…”. Questa frase è a volte utilizzata per descrivere una persona affabile, dall'animo gentile, buona o semplicemente….“dolce”. In commercio sono disponibili moltissimi dolcificanti tra i quali possiamo citare lo zucchero comune bianco (saccarosio), lo zucchero integrale, il fruttosio, lo sciroppo d’acero, lo sciroppo d’agave, il malto di orzo, di riso, di frumento, di mais (elencati dal potere dolcificante minore a quello maggiore), la melassa, la stevia, oltre ad una serie di edulcoranti come saccarina, aspartame, acesulfame K, ciclammati, ecc. (attenzione a questi ultimi di origine chimica), tuttavia il miele è senza dubbio uno tra i più conosciuti dai consumatori di tutte le età ed è inoltre utilizzato da millenni. 1 Questo alimento, prodotto dalle api, ha infatti origini secolari e le sue proprietà sono da sempre decantate. Il suo apporto calorico corrisponde a circa 300-310 calorie ogni 100 grammi di prodotto e, a seconda della classificazione, possiede caratteristiche nutrizionali differenti; a tal proposito vi riporto una tabella riassuntiva delle varie tipologie italiane di miele (a cura della Dott.ssa Alessandra Mezzelani dell’Università San Raffaele di Roma). Tipologia di miele Acacia Agrumi Castagno Ciliegio Caratteristiche organolettiche e proprietà Caratteristiche organolettiche: È un miele da tavola per il suo gusto delicato e non stucchevole; ottimo per dolcificare, senza però alterare gusti e aromi. Si presenta liquido e trasparente, ha un odore leggero, un sapore dolce e delicato, cristallizza lentamente e mai completamente. Proprietà: impiegato soprattutto per combattere tosse e raffreddori, è particolarmente indicato per depurare il sangue e contro l’acidità di stomaco. Possiede caratteristiche corroboranti, disintossicanti per il fegato, antinfiammatorie per la gola e leggermente lassative. Caratteristiche organolettiche: il miele di agrumi è cristallizzato a granulazione variabile, bianco, traslucido; odore caratteristico del fiore di origine, fresco, penetrante, sapore caratteristico e delicato, lievemente acidulo. Proprietà: digestive, depurative, antibiotiche ed antiasmatiche. Caratteristiche organolettiche: ha un gusto amarognolo, forte, si presenta liquido a cristallizzazione ritardata e il colore varia dall’ambra all’ambra scuro, con tonalità rossastre. Ha un odore deciso, aromatico e pungente. Proprietà: svolge un’azione astringente, depurativa del sangue, è raccomandato in tutti i casi di cattiva circolazione. Efficace contro l'anemia. Caratteristiche organolettiche: è un miele prestigioso perché raro ed è ideale per la prima colazione. La sua cristallizzazione è irregolare; ha un colore ambrato rosso-arancio, un odore delicato, lievemente 2 Colza Corbezzolo Erica Eucalipto fruttato, un sapore dolce e delicato. Proprietà: depurativo, eccellente diuretico e consigliato per stimolare le funzioni intestinali. Caratteristiche organolettiche: si presenta cristallizzato a granulazione fine, compatto, adesivo, colore dal bianco grigiastro all’ambra chiarissimo, forte di idrogeno, solforato (quindi con leggero profumo di cavoli), intenso e persistente. Proprietà: possiede qualità antimicrobiche e contrasta il colesterolo. Caratteristiche organolettiche: è un miele che si presenta liquido o cristallizzato a granulazione fine, cremoso, dal colore ambra più o meno scuro con sfumature grigio verdastre, abbastanza forte, fresco, caratteristico di vegetale; gusto intensamente amaro, persistente e fresco. Proprietà: balsamiche, antisettiche, diuretiche. Coadiuvante per combattere l’asma. Caratteristiche organolettiche: cristallizzato a granulazione medio fine, per lo più denso, colore ambra aranciato più o meno intenso, odore floreale caratteristico, fresco; il sapore è forte, persistente, floreale, che ricorda l’anice. Proprietà: depurative, antibiotiche, antireumatiche, antianemiche, espettoranti e ricostituenti. Caratteristiche organolettiche: cristallizzato fine, compatto, con colore da ambra chiaro ad ambra con tonalità grigio-verdastre; odore forte, caratteristico, pungente, intenso di fiori. Può avere sapore maltato, di cotto, aromatico e persistente. Proprietà: è un ottimo fluidificante ed espettorante. Efficace contro i raffreddori, febbrifugo contro le bronchiti, attenua la tosse. Frutti (prunus, pirus, malus) Caratteristiche organolettiche: questo miele di frutti è cristallizzato a granulazione fine, pastoso. Il colore è ambra chiaro, grigiastro o rossiccio e con odore forte di mandorle amare. Il sapore è fresco, intenso, leggermente amaro e caratteristico. Proprietà: remineralizzanti, lassative e astringenti a seconda della tipologia di frutto. Girasole Caratteristiche organolettiche: il miele di girasole di solito si presenta cristallizzato a granulazione medio fine, compatto. Il colore è giallo dorato più o meno 3 Lavanda Leguminose (trifoglio, erba medica, lupinella, ginestrino) Melata d’abete Melata di latifoglie intenso, vivace, mentre l’odore leggero di vegetale ricorda il polline fresco. Sapore neutro, asciutto e caratteristico aroma di polline. Proprietà: consigliato per combattere il colesterolo e per chi soffre di mal di stomaco. È un valido antinevralgico e febbrifugo. Caratteristiche organolettiche: cristallizzato finissimo, pastoso, con color ambra più o meno chiaro e con riflessi giallognoli. L’odore è intenso, aromatico, fresco, con sapore caratteristico, aromatico, leggermente vegetale. Proprietà: antispasmodiche, calmante per la gola e le corde vocali. Possiede qualità rilassanti. Caratteristiche organolettiche: è un miele che si presenta cristallizzato a granulazione fine, pastoso con colore da ambra opaco ad ambra chiaro. L’odore è debole, leggermente floreale con note di fieno e /o di idrogeno solforato. Il sapore è delicato, a volte acidulo e leggermente piccante in gola. Proprietà: ricco di sali minerali, possiede qualità tonificanti ed antinfiammatorie. Svolge inoltre un’azione espettorante ed è indicato per gli sportivi dopo una gara. Caratteristiche organolettiche: il miele d’abete si presenta liquido, raramente cristallizzato. Il colore è ambra scuro con riflessi rosso verdastri, mentre l’odore è intenso, balsamico-resinoso. Il sapore è forte e leggermente maltato. Proprietà: valido antisettico polmonare e delle vie respiratorie. Indicato per combattere le influenze. Caratteristiche organolettiche: cristallizzato a granulazione fine, ritardata, di colore ambra- nocciola scuro opaco, con odore penetrante. Il sapore è forte di vegetale fresco, caratteristico. Proprietà: ricco di sali minerali e consigliato per gli sportivi. Millefiori Caratteristiche organolettiche: è un miele Rododendro particolarmente indicato per la prima colazione. Proprietà: possiede qualità antinfiammatorie per la gola, disintossicanti del fegato e tonificanti. Caratteristiche organolettiche: è un miele prestigioso rarissimo, difficile da trovare allo stato puro e anche da produrre. Si presenta liquido o cristallizzato, è 4 Rosmarino Sulla trasparente o di colore giallo paglierino, mentre l’odore è tenue e caratteristico, tipico del fiore di alta montagna. Il sapore è delicato, armonioso e poco persistente. Proprietà: disciolto in acqua calda con alcune gocce di limone favorisce il sonno, oltre a costituire una bevanda gradevolissima. Caratteristiche organolettiche: è un miele che si presenta cristallizzato a granulazione medio fine, bianco o ambra chiarissimo, con odore tenue ma caratteristico dei fiori di origine. Il sapore è molto fine, delicato, debolmente aromatico. Proprietà: balsamiche, antisettiche, antibatteriche, antivirali, facilita la secrezione biliare. Caratteristiche organolettiche: cristallizzato a granulazione fine, pastoso, dal colore bianco cera o ambra chiarissimo, opaco. Odore molto tenue, floreale, leggermente di fieno, mentre il sapore è neutro, senza alcun retrogusto. Proprietà: diuretiche, depurative e ricco di numerosi oligoelementi. Svolge un’azione benefica Tarassaco Tiglio sull’apparato muscolare ed è raccomandato a coloro che praticano sport. Regola le funzioni intestinali. Caratteristiche organolettiche: il miele di tarassaco si presenta cristallizzato a granulazione fine, compatto, dal colore giallo limone vivo e spesso con sfumature grigiastre. L’odore è forte dei fiori, pungente, mentre il sapore è persistente e piccante in gola. Proprietà: diuretiche dell'intestino e depurativo del fegato. Caratteristiche organolettiche: è liquido, a cristallizzazione irregolare, ha un colore ambra chiaro, un odore tenue, un sapore carico, penetrante e persistente. Proprietà: è indicato per tisane calde espettoranti (più efficace di una tisana di tiglio), antispasmodico, svolge un’azione neurosedativa ed antisettica ed è inoltre consigliato negli stati febbrili, in caso di nervosismo ed insonnia. Oggi è possibile acquistare anche il miele biologico suscitando, oltre allo stupore di molti, obiezioni legittime come ad esempio: “Come è possibile controllare il volo delle api?”. 5 Innanzitutto per dichiarare il proprio miele biologico, l’apicultore deve iscriversi ad un ente certificatore autorizzato e rispettare un disciplinare nel quale sono elencati molti punti che regolano la nutrizione delle api, il loro acquisto, la posizione degli apiari, il materiale apistico, il fumo, i trattamenti sanitari, i fogli cerei, ecc.. Ecco un breve elenco di alcune delle caratteristiche menzionate: - le api di solito bottinano nel raggio di 1 km dagli alveari quindi, per poter certificare un miele biologico, nel raggio di 3 km dalla posizione degli alveari, non ci devono essere discariche, strade ad alta percorrenza, impianti industriali, frutteti specializzati o colture estensive. - il metodo biologico non consente trattamenti con antibiotici, antiparassitari e con qualsiasi altro prodotto che lasci residui nel miele o nella cera. - la cera che viene introdotta nel nido deve essere esente da residui. - per il miele biologico non è prevista la microfiltrazione, miscelazione o pastorizzazione conservando intatti gli enzimi, vitamine, proteine e altri principi nutritivi presenti. È possibile reperire il miele biologico acquistandolo direttamente dall’apicultore, presso negozi biologici o in altri punti vendita di prodotti alimentari. In quali preparazioni gastronomie può essere valorizzato il miele? Il miele può essere impiegato in moltissime preparazioni: bevande, antipasti, primi piatti, secondi, contorni, ma soprattutto dolci! Ecco quindi alcune golose e salutari preparazioni con il miele in abbinamento a particolari ingredienti tutti da scoprire, sperimentare e gustare (le dosi indicate sono per 4 persone). Muesli di soia con fiocchi d’avena 500g di yogurt di soia alla vaniglia, 80g di fiocchi d’avena, una banana, 2-3 fette di mele essiccate, 4-5 noci, 2 cucchiai di uvetta secca, cannella, un cucchiaino di miele. Aggiungete allo yogurt di soia i fiocchi d’avena, la banana tagliata a rondelle, le noci, le fette di mele essiccate e sminuzzate, l’uvetta secca, il miele, spolverate con la cannella e, prima di gustarla, lasciate riposare la preparazione per circa 15 minuti. 6 Pere con glassa di miele, cioccolato e scaglie di mandorle 4 pere, 100g di cioccolato fondente, 3-4 cucchiai di mandorle in scaglie, 2 cucchiai di miele. Sbucciate le pere, cuocetele al vapore e fatele raffreddare. Fate poi sciogliere a bagnomaria il cioccolato fondente, unite il miele e coprite le pere. Guarnite con le scaglie di mandorle. Crema di miele e tahin (crema di sesamo) 5 cucchiai di miele, 5 cucchiai di tahin (crema di sesamo), cannella o vaniglia in polvere. Amalgamate tutti gli ingredienti ed utilizzate la crema ottenuta per farcire torte, aggiunta allo yogurt, spalmata sul pane o fette biscottate, oppure come ingrediente nella preparazione di biscotti. Plumcake dolce di farro con mele renette, noci e uvetta 250-300g di farina integrale di farro, 150g di latte di riso, 50g di uvetta secca, 2 mele renette, 4 cucchiai di gherigli di noci frantumati, 2 cucchiai di miele, 15g di lievito di birra, un cucchiaino di zucchero integrale, olio extra vergine di oliva, sale. Sciogliete il lievito di birra nel latte di riso tiepido, unite lo zucchero integrale, mescolate, versate tutto nella farina, aggiungete l’uvetta precedentemente ammollata, le mele a spicchi sottili, i gherigli di noci, il miele, un pizzico di sale ed iniziate ad amalgamare tutti gli ingredienti sino ad ottenere un impasto omogeneo. Ponete il composto in una ciotola, copritelo con un foglio di pellicola trasparente oleata e fate riposare per circa 2 ore. Trascorso questo tempo lavorate nuovamente l’impasto, effettuate dei tagli in superficie, ponetelo all’interno di uno stampo da plumcake leggermente oleato e fate lievitare per altre 2 ore. Cuocete in forno caldo per circa 40- 50 minuti a 180°. 7 Morbidelle pralinate con frutta essiccata 100g di riso soffiato, 5-6 cucchiai di miele, 4 cucchiai di frutta a guscio (ad esempio pistacchi, mandorle, nocciole, semi di sesamo), 3 cucchiai di uvetta secca, 2 cucchiai di cocco in scaglie, un cucchiaio di semi di anice. Ponete in una pentola il riso soffiato, il cocco in scaglie, l’uvetta precedentemente ammollata, il miele ed i semi di anice frullati. Cuocete a fuoco lento per circa 2-3 minuti, tenendo rimescolato il composto con un cucchiaio di legno. Quando tutto l’impasto sarà ben amalgamato, versatelo in una bacinella e, aiutandovi con le mani inumidite, formate delle palline che passerete nella frutta a guscio leggermente sminuzzata. Conservate le palline pralinate in frigorifero. Latte di mandorle e miele 1l di acqua, 50g di mandorle con la buccia o spellate, 2 cucchiai di miele. Ponete in un frullatore le mandorle e frullatele finemente. Aggiungete un litro di acqua bollente, il miele, frullate nuovamente e filtrate (il residuo potrà essere utilizzato come ingrediente in torte o biscotti). Conservate in frigorifero per 2-3 giorni. Biscotti allo zenzero e miele 200g di fiocchi di mais, 5-6 cucchiai di miele, 2-3 cucchiai di olio di girasole, zucchero integrale, un cucchiaino di zenzero in polvere, un cucchiaino di cannella in polvere, sale. Frullate i fiocchi d’avena, amalgamate tutti gli ingredienti ed aggiungete un quantitativo d’acqua che vi consenta di ottenere un impasto piuttosto denso. Infarinate una spianatoia, stendete l’impasto con il mattarello e con degli stampi per dolci ricavate i vostri biscotti. Disponeteli poi su una placca del forno ricoperta di carta forno e spolverizzare i biscotti di zucchero di canna. Cuoceteli in forno caldo a 160-180° C per 10-15 minuti.
Di seguito troverete la seconda parte della serie di poesie dedicate al Pontificato di Benedetto XVI – Parafrasi del suo discorso scritte da me..Vi ricordo che la prima parte e stata pubblicata nel numero precedente ovvero il numero 54. ------ 1) PALLIO. Pallio confezionato con la lana d’agnello, mi ricordi il Buon Pastore... Quante sollecitudini paterne per ogni pecorella! Sulle spalle si pone la smarrita, la malata, la debole portandola alla fonte che sola da’ la vita. Gran mistero del Cristo e della Chiesa! Si trovava l’umanita’ smarrita nel deserto di questa terra, invano ricercando vie di scampo... Il Figlio dell’Eterno lascia del Ciel la gloria e s’incammina per quelle stesse strade, ritrovando l’umanita’ che salva sulla Croce! 2) CARI AMICI. A voi dischiudo il cuore: sol domando preghiere perché possa sempre amare questo Signor e tutta la sua Chiesa! Pregate perché mai dinanzi ai lupi tenti la fuga... Vicendevolmente sappiamo con la prece sostenerci Perché veniamo dal divin Pastore sempre portati ed apprendiamo l’arte pur di portar noi stessi con amore! 3) L’ANELLO DEL PESCATORE. Sempre ripenso a come l’avventura, che legherà per sempre il mio destino a quello del Maestro, sovra il Lago di Galilea volle cominciare... Stavo per coronare un’altra notte di pesca senza frutti, come tante... Eppur quell’Uomo dalla riva ingiunge di riportarmi al largo per pescare... Dentro di me una voce si ribella: “Non creder a Colui che non s’intende se non di vuote chiacchiere col mondo!”. Eppure nel suo sguardo c’è certezza! Soltanto in Lui fidando, questa rete buttai prendendo tanti grossi pesci... In quell’istante s’operò il prodigio: divenni solo d’alme pescatore! 4) CHIESA VIVA. Soltanto tu, Risorto, sai donare alla tua Chiesa la perenne gioia! Abbiamo ancor negli occhi l’agonia di quel Pastore amato: ci sembrava di contemplar dal vivo il gran mistero della passione del Signore stesso, potendo pur toccar le sue ferite... Ma fu l’oscurità davvero breve e stringere poteron queste mani l’Autore stesso della nostra Vita! ................................ Padre Nicola Galeno della Madonna del Carmine
In sogno lo vidi I miei occhi magicamente potettero distinguere il mondo disegnato in un sol attimo. Il bambino d’oro vestiva Tra le minuscole mani teneva il sole e me lo volle regalare I capelli suoi d’or colorati parevano tanti anelli disegnati intersecati tra loro Nei suoi occhi verdi come un prato tondi e grandi come il mondo potei vedere l’animo umano Preso atto della realtà gocce pure di sale sgorgarono dagli occhi suoi…oggi nascerò di nuovo-…mi disseapri’ le braccia come per levarsi in volo…- o porto amore e pace e non armi e guerra…tutti gli anni mi condannano a morte…Avrei voluto fermare il suo volo annullare la partenza ma mi disse che cosi’ era decisoMi sedetti su una nuvola bianca soffice soffice a pensare…Quanta saggezza, quanta forza e tanto mistero dentro quell’esserinoCosi’ puro , avrebbe preso su di se il male per star zitto e fermo, del resto un bambino che cosa può fare?Sotto il cielo d’Israele nasce il bambino d’oro ma la sua venuta echeggia in tutto il mondoL’amore vince nel giorno della sua nascitaQuando mi svegliai i miei occhi eran tornati nell’ombraMuovendomi di nuovo tra insicurezze e paureEra un giorno di festa, era Natale…Muovendomi insicura verso il presepio vicino alla statuetta del bambinello c’era un piccolo oggetto tondo con dei raggi…Era il sole che mi aveva regalato.
(II premio, concorso Natale, associazione Venite Adoremus), 2009 Dormi, bambino, nella culla, l’asino e il bue ti sono accanto, a fare luce basta una stella, tua madre sorride ogni tanto, con fede ti affida al Signore, ha sulle labbra un soave canto, una ninna nanna d’amore. Presto dovrete fuggire altrove, ovunque sarai speranza e calore, dolce profeta di cose nuove; i pastori ti rendono omaggio, e tutto il cielo si commuove. Il tuo amore pare un sogno, un miraggio, risplendi,… delizia di bontà, e pace, sicura guida durante il viaggio di ogni uomo, nemico o seguace… Stasera ogni bimbo ha un sorriso in più, ti tende una manina, vivace… Benvenuto, Signore Gesù.
Gli angeli si diplomano al Conservatorio Astronomico perché studiano la musica, che le sfere celesti producono ruotando. Fanno l’analisi armonica degli accordi supremi che, una volta, anche gli uomini eletti (Pitagora, ad esempio) avevano la forza e il diritto di ascoltare. Gli esami sono molti, però che gran soddisfazione ultimare i corsi e ottenere infine (lode al Signore!) il permesso d’insegnare. I miei studi sono a buon punto e fra poco l’esame conclusivo mi darà il titolo che sogno tanto: quello di Maestro! Nel frattempo, grazie alle mie doti vocali, già occupo la carica di tenore-capo nella gerarchia lirica del Conservatorio: sono forse il più bravo, tra gli allievi di “Esercitazione corale”. E poi, dirlo mi riempie di gioia, lavoro come assistente di un angelo cherubino che scende ogni giorno in Terra, posandosi delicato sulla quercia di un bosco dolce e campagnolo, per educare gli uccellini al canto. Li abitua a portare il cinguettio in maschera e a sorreggerlo con il diaframma; non tutti riescono subito, anzi nessuno: perciò hanno bisogno di me, “serafino preposto al coraggio” che deve esortarli a ignorare la delusione. Mi capita, spesso, di calmare i picchi, tanto irascibili da abbandonarsi a voli isterici e rabbiosi, dopo un acuto sbagliato. Per sfogare il rammarico dell’errore, percuotono il becco addosso agli alberi, facendosi (io credo) un male diavolo! Allora intervengo: abbraccio con la mano grande il loro corpicino scosso dai nervi, accarezzo piano la testolina invasata di furore e fischietto per loro qualche melodia celeste; così, lentamente, l’ira si placa. L’agitazione, tachicardia dei nervi, torna ad essere tranquillità. Una lezione dura da mattina a sera e in fondo non è pesante: diverse pause concedono sollievo alla stanchezza. Io mi apparto, negli intervalli, su di un ramo nascosto e mi svago a pensare. Se un’aria d’opera comincia a formarsi nella mia immaginazione, la scrivo per appunti sulle foglie pentagrammate che gli uccelli usano a mo’ di spartito e, magari, cerco di farla somigliare a quelle dei compositori più illustri. No, non Rossini o Mozart, come ritengono gli uomini, bensì Giove, Saturno e Urano, come noi angeli sappiamo benissimo! Quando mi annoio, tento un’occhiata verso l’orizzonte e sempre vedo qualcosa d’interessante che mi convince a osservare il paesaggio. Ho una vista incantevole dagli occhi panoramici che possiedo in volto: gli avvenimenti fanno tappa nel mio sguardo, e nulla viene considerato con poca attenzione. D’altronde come può sfuggirmi una persona bizzarra simile a quel prete in tonaca di gala, che si avvicina lungo il sentiero mostrando, allegro, un giglio all’occhiello. Ah no! Si tratta di un monaco elegante, che sfoggia un saio a coda di rondine… Macché! Ora lo scorgo chiaramente: è di sicuro un Beato, assorto nel compito di farsi propaganda (distribuisce infatti santini da visita a cacciatori e spaccalegna: “Casomai vi servisse una grazia…”). Anche Satana gradisce, talvolta, un giro nei boschi: sale dall’Inferno e va a rintanarsi nel buio intricato delle macchie più fitte. Nella tenebra contorta dei rami bassi, in quella notte artificiale, trova l’ispirazione per musiche blasfeme: con spirito malvagio architetta note sacrileghe, bestemmie sinfoniche, allucinazioni sonore da far eseguire alla sua orchestra d’orchi. Però i concerti non sono mai un granché ed anzi, in Paradiso, gli angeli ironizzano inventando dialoghetti briosi. È facile sentirli scherzare: “Ho fatto una volata all’Inferno per assistere a un’esibizione dell’orchestra d’orchi.”, “Ah sì? E chi suonava? Il primo violino?”, “No, il primo venuto: sai, era una cosa improvvisata…”. Sorrido fra me per le battute ingenue dei colleghi alati, mentre la mia curiosità continua a sorvegliare la vita intorno. E mi accorgo di un simpatico ragazzo, seduto ai piedi d’una betulla, intento a deliziarsi del tepore e della luce. Sembra davvero uno scrittore, forse perché si è poggiato accanto uno strato di fogli che non smette di compilare, mano mano, a penna. Affido agli occhi uno sguardo più pronto, per leggere le parole di quel ragazzo… ecco, finalmente capisco: è impegnato a buttar giù la recensione di un libro, che s’intitola Il Silenzio Stonato. Ha scelto la natura come ufficio di lavoro, quel ragazzo, e il suo inchiostro afferma, tutto disinvolto: “Rob Demàtt introduce la fantasia dei lettori all’uso narrativo dei ricordi, costruendo uno sfogo romanzato (dal linguaggio brillante e volitivo) che ha per contenuto un messaggio autobiografico: il sesto senso è quello di colpa. È il rimorso d’aver sprecato gli anni e la vita per dedicarci a illusioni che prima incantavano e che, adesso, ci deridono. Allora un’esclamazione prende in noi a gridare: “Temo il cielo e la terra; il tempo mi sta lasciando solo: entra nelle ossa la paura, il respiro non ha più forza nei polmoni e tutto mi incita alla morte!”. Ma quando i cicli d’angoscia termineranno e la sofferenza non sarà che uno stimolo di guarigione, scopriremo sollievo anche nel dolore e, nel sollievo, amore”. “Realizzerai i miei desideri?”, domanda l’uomo. “Aspetta e spira…”, ribatte il destino. Chissà per quale motivo, la recensione mi ha suscitato in mente questo lugubre giochetto di parole… Certo dev’essere triste per gli uomini ritrovarsi in mezzo alle ore, sempre minacciati da pene e afflizioni. Un giorno, però, avranno soltanto gioia e serenità, perché noi angeli provvederemo a convertire il destino! Per il momento, io e il Maestro cherubino salutiamo gli uccelli agitando le ali (è sera, la lezione è finita) e torniamo lassù, nel Conservatorio Astronomico, a riascoltar le stelle. Pietro Pancamo
Avete scelto a chi dare il vostro voto? Siete certi della sua utilità? Tra le parole d’ordine del politichese, oggi si cita spesso il voto utile e non dispersivo. La società del virtuale e del superfluo punta al sodo! Il piatto piange, quindi al mercatino della politica, bisogna valutare attentamente. Un acquisto deve essere meditato: qualità, prezzo equilibrato, duraturo, efficiente, costruito solidamente e con tecnica consolidata dall’esperienza. Un partito pesa sulla coscienza (degli altri) pesa sul bilancio famigliare, pesa sul capo come un fardello o una croce, vive della sua impunità e sulla nostra tolleranza inaudita e complice. Ecologicamente al punto giusto, tra rifiuti e gas tossici, energia muscolare gratuita e spiritualità intellettiva dissolta, sarà il nuovo più nuovo o lo stantio più soffocante. Ciò premesso, guardiamoci intorno: se avete scelto un panorama sulla vostra destra poggiatevi ad un muro e tenete la posizione; se avete optato per il panorama a sinistra, salite su una quercia e tenetevi forte; se cercate un centro di gravità permanente, cavalcate l’onda ed evitate le ancore. Vi vedo pensierosi… ho detto qualcosa che non va? Gli ideali? La Storia? L’economia? La religione? La classe? Siete matti? Volete un programma per la campagna elettorale? “Progresso, Democrazia, libertà, sviluppo eco-compatibile, dialogo e tolleranza, priorità al lavoro, salute e accoglienza al diverso, produzione e finanziamento alle imprese, aumento salariale, diminuzione delle tasse, ricerca, scuole, sanità, casa e non dimentichiamoci la Famiglia! L’aborto? Beh… si è vero… se la madre di Ferrara… Beh… qualche volta con la mamma ce la siamo presa un po’ tutti! no? Ho trovato! Che ne direste di Beppe Grillo come primo ministro? Perché piangete? Dal ridere? Sarò all’antica, ma preferivo la Cicciolina! Mamma mia! Scusatemi, ma ho avuto un incubo. Non mi ci fate pensare! Curiosi! Allora ve lo racconto: c’era una montagna di spazzatura poi una figura scura e tenebrosa, la spazzava con la forca e… Ecco… il Presidente della Repubblica, apparire e appuntare una medaglia al petto di De Gennaro e … Basta! Vedo nei vostri sguardi la domanda e mi interrogo: “per chi voterò? Una decisione l’avevo presa, ma mi hanno subito fregato l’idea! Chi mi segue nei miei sproloqui sa che pensando , non a caso, al periodo nazista, il movimento della Rosa Bianca, mi aveva ispirato per la fondazione del partito che non c’è. L’attuale rosa Bianca nasce come un fungo in un boschetto del Vaticano! Scherzo da preti? No! Siamo a livello molto più elevato e con l’appoggio del sindacato cattolico. Vorreste conoscere il mio programma? Per favore non cominciate ad applaudire!Ho un sogno e poiché il presente che viviamo potrebbe essere il futuro, il sogno può diventare più reale di qualsiasi realtà. Immaginare è creare e la mente è l’energia e il fenomeno che può unire poesia e ragione. Piccoli uomini, in tanti piccoli posti, fanno tante piccole cose e cambiano il mondo. Il mondo oggi è vasto quanto il pensiero può viaggiare, i punti di partenza sono infiniti come quelli d’arrivo. Una mondializzazione e globalizzazione tendono ad unificare la cultura, quindi il pericolo è evidente. Il mio sogno è di rendere libero il tuo, in un arcobaleno di costumi e tradizioni che arricchiscano e creino sapere e coscienza, capaci di disvelarci il cammino verso uno spazio tempo armonico e sicuro. Il buon governo non può esistere, se non vi sono cittadini e popoli, capaci di autogovernarsi e controllare, vigilare, decidere, scegliere,consumare, produrre, socializzare,curare il nostrohabitat con una passione che solo il sentirsi parte può motivare. Quindi il mio programma non può che essere il vostro e ciò che siete capaci di sognare e creare.
La Notizia della tua scomparsa mi è arrivata come un fulmine a ciel sereno in una mattina di festa, al bar dove, preceduta da amici, mi ero recata eccezionalmente per fare colazione. Una degli amici presenti ha esordito: "Mentre vi aspettavamo abbiamo sentito una triste notizia: ... E' morto Mango.". La prima reazione è stata, come sempre mi accade in questi casi, di stupore e incredulità, seguiti immediatamente dalla consapevolezza del tempo che passa. Non sapevo che tu avessi qualche malattia e ti facevo più giovane dei tuoi sessant'anni. Non mi succede mai di pensare al trascorrere del tempo e al fatto che come io fra un anno e mezzo arriverò ai fatidici quaranta, anche cantanti, attori e personaggi televisivi che ricordo e immagino sempre giovani, invecchiano. Ho poi saputo come sei morto: un infarto ti ha colpito mentre stavi cantando "Oro", una delle tue canzoni più note, durante un concerto di beneficenza al PalaErcole di Policoro, in provincia di Matera. Hai interrotto l'esecuzione, ti sei scusato con il pubblico e ti sei accasciato. Sei morto nel backstage dove ti avevano portato per prestarti i primi soccorsi, prima ancora di arrivare in ospedale. Ho pensato inevitabilmente al fatto che oggi ci sei, domani non ci sei più e può succedere a tutti; come si dice: "Oggi a te domani a me." Quando nel pomeriggio ho visto un servizio televisivo sulla tua dipartita ho pensato al dolore dei tuoi fans, ma soprattutto a quello di tua moglie Laura e dei tuoi familiari e amici, ma ho pensato anche che se non fosse stato perché è avvenuta troppo presto e troppo improvvisamente senza lasciarti il tempo di salutare e lasciando un vuoto incolmabile in chi rimane, hai fatto una bella morte: senza quasi accorgertene, cantando fino all'ultimo su un palco con il tuo pubblico, facendo il lavoro che amavi, e per di più nella tua Basilicata. Meglio che morire in un letto dopo anni di sofferenza, magari anche lontano da casa! Le Tue ultime parole sono state per il pubblico prima di interrompere l'esecuzione del brano: "Scusate, non mi sento bene." Chissà se mentre cantavi hai sentito un dolore al petto, o se ti sei solo sentito venir meno e mentre fermavi tutto hai pensato a un malore passeggero! Chissà se ti sei dispiaciuto per il pubblico o per dover lasciare a metà un pezzo... E come avrei reagito? Cos'avrei sentito o pensato se fossi stata lì ad ascoltarti in mezzo alla folla di ammiratori intervenuti a quel concerto? Dopo tutte queste riflessioni e domande è stato inevitabile ripensare alla tua vita e alla tua carriera e ripercorrerle in rapporto con i miei ricordi di te. Ricordo vagamente i tuoi esordi con brani come "Oro" e "Il viaggio" che presentasti al festival di Sanremo 1985 dove eri inserito nelle Nuove Proposte. Ricordo invece molto bene "Lei verrà" che presentasti a Sanremo 1986 gareggiando nella sezione Big e ricordo che quell'anno scrivesti quattro canzoni compresa la tua, per quel festival: la sigla interpretata da Loretta Goggi che conduceva, "Re" per Loredana Berté e "Nessun dolore" per Anna Bussotti. Ricordo che pensai che eri un grande alla stregua di Toto Cutugno che in quegli anni spadroneggiava e in vari festival aveva scritto per sé e per altri. "Lei verrà" mi rimase subito in mente anche perché allora mi colpirono il tuo Nome e la tua voce inconfondibile. "Io nascerò", portata al successo da Loretta Goggi, l'ho rivalutata solo anni dopo e ne ho apprezzato anche la versione reincisa da te in una raccolta di tuoi successi che possiedo. Ho invece sempre apprezzato altre tue canzoni scritte per Loretta come "La notte" che era la sigla di una sua trasmissione, e una versione di "Lei verrà" cantata insieme a lei a due voci. Ricordo le tue altre partecipazioni a Sanremo con "Dal cuore in poi" e "Tu Sì", ma ho iniziato ad apprezzarti veramente da adolescente nei primi anni novanta quando alla radio, qualche anno dopo il successo di "Bella d'estate" (1987 scritta con Lucio Dalla), cominciarono a passare i brani di "Sirtaki" e poi di "Come l'acqua", tutti molto belli, ma i brani che ho amato e amo di più sono quelli che danno il titolo ai due album. Scoprii allora che Mango, il tuo nome d'arte, era in realtà il tuo cognome e che di nome ti chiamavi Giuseppe, per gli amici Pino. Non solo! Ma Quell'Armando Mango autore di canzoni era tuo fratello e aveva collaborato anche con te. Ti ho poi perso un po' di vista essendo io un'amante di molti cantautori italiani, ma ricordo il Sanremo 1995 in cui presentasti il brano "Dove vai" e il festival del 1998 in cui presentasti "Luce" cantata con Zenima, e mi sono riavvicinata a te nel 1999 quando trascinata dal singolo "Amore per te" scritto con tuo fratello e Pasquale Panella, decisi di acquistare "Visto così": la raccolta di cui quell'inedito faceva parte, dopo aver ascoltato alcune tue interviste. In quell'occasione rivalutai brani che al loro apparire non avevo amato come "Giulietta" e nel 2002 acquistai anche "Disincanto", il sucessivo album di inediti. Sapendo che stavi con Laura Valente che avevo imparato a conoscere e apprezzare Quando cantava nei Matia Bazar, mi chiedevo come sarebbe stato il connubio delle vostre due grandi voci e nonostante mi sia persa il vostro duetto in una serata del Sanremo 2007 con il brano "Chissà se nevica" , e un precedente duetto contenuto in un tuo album, ho potuto apprezzarlo nell'album "QPGA" di Baglioni nel quale avete duettato alla fine del brano "Io ti prendo come mia sposa". A proposito di duetti, ne ricordo uno bellissimo con Mariella Nava in un brano di quest'ultima di fine anni novanta. Negli ultimi anni ti ho seguito meno, ma ho apprezzato alcuni tuoi singoli come "La terra degli aquiloni" e la tua interpretazione di diverse cover, a volte accompagnato dagl.interpreti originali. Ciò che in conclusione vorrei dirti, è che ho molti ricordi legati alle tue canzoni soprattutto degli anni ottanta e novanta, ma ho poi scoperto che hai iniziato a scrivere nel 1976, anno a cui risale il tuo primo album, e che alcune interpreti come Patty Pravo e Mia Martini hanno cantato alcuni tuoi brani inserendoli nei loro dischi. Di quel periodo conosco solo la stupenda "Se mi sfiori" nella versione di Mimì. Ho anche scoperto che hai scritto ben due libri di poesie. La tua voce mi ha sempre trasmesso serenità e le tue canzoni mi hanno fatto sognare, ma la mia preferita fra tutte quelle che amo è "La rosa dell'inverno" degli anni ottanta che avevo ribattezzato "spina e poesia" e che veramente amo sia per il testo che per la musica. Mi ha colpita anche la morte per infarto di tuo fratello maggiore Giovanni a soli due giorni di distanza dalla tua. Dunque addio Pino E grazie per avermi regalato tante emozioni con la tua voce, la tua musica e la tua poesia che resteranno per sempre.
no, questo non vuol essere l'articolo di un fan che piange la morte del suo artista preferito, io non conosco la discografia di questo grande artista, non ho vissuto woodstock e non ho nessuno dei cd di joe cocker. e allora, brutto scrittore da strapazzo, perchè vuoi proprio scrivere un articolo sulla morte di un cantante che neppure conosci bene? bella domanda...nelle righe seguenti proverò a dare una risposta a questo quesito. quando ancora non esistevano le radio digitali, youtube e tutto il resto,uno dei miei hobbies preferiti era trascorrere i pomeriggi con il walkman girando tra le radio locali e, spesso, le canzoni mi sembravano tutte uguali e le voci si somigliavano un po tutte, poi, ogni tanto, arrivava quella voce profonda e cavernosa, una voce che avrei riconosciuto tra mille, e la mia fantasia iniziava a prendere il volo, la mia cameretta spariva avvolta da quella voce a cui non riuscivo a dare ancora un nome... non conosco l'inglese e non capivo cosa cantasse quell'uomo ma la sua voce l'avrei riconosciuta tra mille altre. quando la voce di un artista riesce a darti un emozione e riesce a far volare la fantasia, allora si può affermare di essere un fan di un cantante. quindi, joe, grazie per avermi regalato queste emozioni e la tua voce resterà, per me, sempre immortale.
Ben ritrovati a tutti voi affezzionati lettori del nostro periodico e in particolare di questa rubrica dedicata al buonumore.Come è oramai consuetudine andrò qui sotto a proporvi una piccola selezione di barzellette pescate quà e là nei meandri della rete! Buon divertimento a tutti! ___ 1) Un vecchio carabiniere che era amante del mare è morto. La famiglia porta al generale le ultime volontà dell'estinto: "Voglio essere sepolto in mare". Il Generale si rivolge al maresciallo: "Credo che si possa fare, no?". "Si, Generale, ma dobbiamo seppellirlo al polo Sud. Il Generale dice: Al polo sud? e Perchè mai? Il maresciallo risponde: Altrimenti la fossa.... come la scaviamo? 2) La sera prima del matrimonio un giovanotto parla con il padre: " Papà, c'e qualche consiglio che mi puoi dare prima del gran giorno?". Dopo averci pensato un po' il padre dice: "Ci sono due cose che devi ricordare, figliolo: primo, di' a tua moglie che devi avere una serata la settimana da trascorrere con gli amici; secondo, non sprecarla con gli amici!". 3) Due pazzi conversano tranquilli raccontandosi i loro guai personali. Dice il primo: "Io sono qui per colpa di una donna. L'ho amata tanto da impazzire. Le ho dato amore, casa, soldi, tutto cio' che avevo. Alla fine per ringraziamento e' scappata con un altro. E tu, invece?". "Io sono l'altro...". 4) Una ragazza, nel gettare la spazzatura nel cassonetto, ci finisce dentro e rimane incastrata con le gambe per aria. In quel momento passa un ubriaco che osservando la scena, guarda in alto verso un balcone dove c'è un giovanotto, e biascicando urla: "Imbecille, ma ti sembra che questa fosse da buttare via?" 5) Un boscaiolo entra in un negozio specializzato in abiti da lavoro e chiede al commesso: "Vorrei un vestito per andare a tagliare la legna ". "Che taglia signore? ". "Ma mi scusi,glielo appena detto,la legna, no? ". 6) Un carabiniere passeggia disinvolto per le vie della citta'. Ad un certo punto vede un tizio in piedi sopra un camion pieno di mele che sbuccia le mele, getta via la polpa e mette in un sacchetto tutti i semi. Incuriosito il carabiniere gli chiede: "Ma cosa fai? Getti via le mele?". L'uomo del camion sicuro di se' : "Certo! Ma lei non lo sa che i semi delle mele sviluppano l'intelligenza!?". Il carabiniere sempre piu' incuriosito gli chiede: "E che cosa ne fa dei semi? Li vende?". E l'uomo: "Certamente!". "E quanto costano?". "5 euro l'uno!". " Ok! Voglio provarli: me ne dia tre". L'uomo prende i 15 euro dal carabiniere e consegna i tre semi. Il carabiniere se li mangia e poi si pente di aver sprecato tanto denaro e pensando ad alta voce: "Cavolo!, Ma con 15 euro mi compravo 15 kg di mele, le sbucciavo ed avevo molti piu' semi". E l'uomo "Vede gia' e' diventato piu' intelligente di prima! Vede che è come le ho detto io?". E il carabiniere: "Cavolo, ha veramente ragione, me ne dia altri tre così divento ancora più intelligente!". 7) Un carabiniere prende l'autobus. Mentre il mezzo sta partendo guarda un orologio stradale che segna le 14.15. Dopo qualche stazione il carabiniere scende e, guardando un altro orologio stradale vede che segna le 14.10. "Dannazione!" esclama "Ho preso l'autobus che andava nella direzione opposta!" 8) Tre amici alla stazione, l'altoparlante annuncia 'il treno Milano-Reggio Calabria arriverà con un ritardo di un'ora. I tre amici allora decidono di ingannare l'attesa bevendo una bottiglia di malvasia. Dopo un po' l'altoparlante: - Il treno Milano Reggio Calabria arriverà con un ritardo di due ore I tre amici decidono allora di farsi un bel panino e di continuare il giro di bottiglie di malvasia per ingannare l'attesa. L'altoparlante annuncia ancora una volta : - Il treno Milano Reggio Calabria arriverà con un ritardo di tre ore I tre amici già un po' brilli continuano comunque il giro di malvasia mentre aspettano il treno. Finalmente dopo tanta attesa arriva il treno, i tre amici oramai ubriachi fradici si mettono a correre per prenderlo, inciampano, si rialzano. Finalmente dopo varie peripezie due riescono a salire sul treno al volo mentre il terzo più ubriaco degli altri inciampa nuovamente e non ce la fa. Sdraiato per terra, con la sua bottiglia di malvasia ancora in mano comincia a ridere fortissimo.Sentendo tanto baccano si i avvicina il capostazione incuriosito da così tanta allegria: - Ma scusi lei se ne sta lì per terra completamente ubriaco con una bottiglia di malvasia in mano e i suoi amici hanno preso il treno mentre lei l'ha perso. Mi spiega cos'ha da ridere? - Semplice signor capostazione,rido perchè quello che doveva partire ero io, loro mi avevano semplicemente accompagnato in stazione! 9) Dieta forzata Due anziani signori discutono su una panchina del parco. "Sai, io non mangio più la carne rossa!" "Hai la pressione alta?" "No, ho la pensione bassa!" 10) Un prete, in cerca di emozioni forti, compra una vecchia Vespa e con questa decide di lanciarsi giu dalla dicesa più ripida e lunga del paese. Nel frattempo un carabiniere fallito che non mette una multa da decenni decide di appostarsi al semaforo alla fine della discesa più ripida e più lunga del paese in attesa che qualche sventurato commetta la più piccola effrazione. E' mattina, e il coraggioso prete decide di lanciarsi con la sua vespetta. Prende la rincorsa, e giùùùùù... 50km/h... 70km/h... 100km/h... il semaforo rosso alla fine della discesa si avvicina... a pochi metri il prete frena e riesce a fermarsi in tempo. Il carabiniere assiste alla scena e decide di attendere un'altra occasione. Il giorno dopo stessa scena, il prete non soddisfatto prende velocità e ancora giùùùùù... 50km/h... 100km/h... 200km/h e all'ultimo secondo frena fermandosi a pochi centimetri dal semaforo. Il carabiniere triste ma ancora speranzoso decide di ritentare il giorno dopo. E il giorno dopo il prete non ancora soddisfatto si tuffa con tutta la velocità possibile e giùùùùùùù... 100km/h... 200km/h... 300km/h ma il semaforo è vicinissimo e con tutta la forza frena fermando la vespetta appena in tempo lasciando le impronte delle ruote fumanti sull'asfalto. A questo punto il carabiniere incredulo chiede al prete, che finalmente sembra soddisfatto della velocità ottenuta: "Ma come fai a farla sempre franca? Ogni volta riesci a fermarti all'ultimo secondo, come fai? E il prete sospirando e portando lo sguardo e le braccia verso il cielo: "Dio è sempre con me!....." "A,ecco,allora andate in due in motorino!!!! Mi spiace padre devo farti una mULTA!!!".