Come non toccare quest’argomento? Il nostro paese, quella zona del centro Italia in particolare, è a rischio sismico. Non siamo in aperta pianura ma in zone collinari e montuose. Impervie, non semplici da raggiungere. Ecco perché si pensa a un’ottimizzazione delle costruzioni con criteri idonei, lo stesso vale anche per ponti e altre vie di comunicazione. Purtroppo non è stato così. Le antiche dimore del periodo medievale, blocchi di roccia agglomerati, vecchie case private drizzate con tecniche economiche e recenti edifici che non hanno avuto tecnici competenti o responsabili che hanno misto troppa sabbia al cemento e adoperato calcestruzzo di scarsa qualità, hanno sicuramente contribuito, negativamente, al risultato finale di questo evento naturale, trasformatosi in disastro. Non siamo ancora ai futuristici alloggi montati su fondamenta mobili, ma un’attenta pianificazione e adozione di tutti gli adempimenti costruttivi del caso, certo non avrebbe evitato o bloccato il sisma, forse però molte strutture sarebbero rimaste in piedi, più o meno lesionate, e tante vite sarebbero state risparmiate da una catastrofe attesa. E che dire del dopo? Gli aiuti pratici dei volontari, protezione civile ecc., davvero encomiabili. Persone con voglia di solidarietà alle quali la popolazione del luogo, e il governo, devono esser grati. E qui mi rivolgo alle alte cariche del nostro stato, spesso criticate da tutti, anche su queste pagine. Stavolta hanno perso una grandissima occasione con la quale si poteva aiutare ancor più efficacemente queste zone colpite dalla catastrofe e alleggerire un po’ del malcontento generale dovuto alla massiccia immigrazione. Ma come non averci pensato? Abbiamo una tonnellata di stranieri che accogliamo e manteniamo per starsene a giornate intere a oziare sulle panchine; e a ricevere un contributo giornaliero, umanamente dovuto sì, ma certamente non meritato. Perché non abbiamo sfruttato queste persone, che vengono definite una risorsa, per dare man forte agli uomini che scavano sotto le macerie? E’ possibile che il nostro stato non abbia capito che poteva giocare questa carta, un’ovvietà del genere? Non so che dire, io sono uno e loro sono molti, affiancati da pensatori di ogni tipo. Sarebbe stata sicuramente un’ottima mossa per calmierare un po’ di quell’aria di risentimento razziale che vede questi individui solo come succhiasangue delle nostre, risorse. Oltre a ciò, in calamità come quella di Amatrice e dintorni, qualche mano robusta in più non guasta mai. Direi anzi che avremmo potuto considerarli veramente come nostri fratelli, una bellissima chance persa per far avvicinare mondi lontani. Ed è veramente un peccato; sarebbe stato del valore aggiunto al gesto di abbraccio del presidente Mattarella agli sfollati. La speranza di tutti, è che la ricostruzione, questa volta con normative pertinenti col territorio, avvenga nel più breve tempo possibile. Non mi stancherò mai di dire che, nel tempo, le attrezzature tecnologiche facilitano e velocizzano compiti una volta lunghi e faticosi. E, mi auguro, la burocrazia si metta da parte, lasciando finalmente campo libero agli operatori onesti che ce la mettono proprio tutta. Comprendo il desiderio degli abitanti del luogo di non andarsene, perché significherebbe non tornare più in un paese fantasma. Inoltre non c’è nulla di male a tentare di mantenere salde le proprie radici. Oggi più che mai c’è bisogno di unità, di collaborazione, e di tanta tanta voglia di fare del bene. Abbiamo questa possibilità. Non facciamo come al solito la figura dei perditempo. I soldi ci sono. Basta svuotare le tasche giuste e…non riempirle mai più. Noi tutti della redazione siamo vicini alla gente che ha perso la casa e sfortunatamente, anche i propri cari. Nella speranza che tali calamità non accadano più o, almeno, non colpiscano così duramente, dico a tutte queste persone che hanno il dolore nel cuore di non abbattersi, forse qualcosa sta cambiando in questo paese, gli aiuti arriveranno presto e faranno dimenticare perlomeno la perdita dei beni materiali che saranno riedificati. Intanto, pur se niente, auguro, a nome del giornale, quanto di meglio nel futuro prossimo a tutte queste persone.
Miei affezzionati lettori rieccoci quì dopo le vacanze estive che trà qualche settimana saranno solo un lontano ricordo! In questo numero voglio proporvi un menù a base di patate. Infatti secondo alcune indagini di mercato la patata e uno degli alimenti più consumati dalla popolazione mondiale. Tra i tanti motivi che hanno portato a un ampio uso di questo tubero c'è senz'altro il fatto che piace un pò a tutti! Ecco allora un menù che farà contenti tutti! --- Antipasto: Barchette di patate con sugo alla bolognese e pisellini. Cuocete al forno per mezz'ora 6 patate medie; toglietele dal forno, tagliatele a metà nel senso della lunghezza e scavatele leggermente con un cucchiaio. Sistemate le barchette in una teglia, salatele, pepatele, riempitele con il sugo e un po di pisellini gia cotti,"quelli in lattina per intenderci". Infornatele ancora per 5 minuti. Servitele calde come antipasto. Primo: Pasticcio di maccheroni e patate. Tritate 1 spicchio di aglio e 1 cipolla e fateli appassire dolcemente in 30 g di burro fuso. Pelate e tagliate a dadini 300 g di patate, unitele al soffritto e fatele dorare per 5 minuti, quindi aggiungete anche 300 g di funghi champignon ben puliti e tagliati a fettine sottili. Fate insaporire per 3 minuti, bagnate con 1/2 bicchiere di vino bianco e fatelo evaporare a fuoco alto. Unite 2 dl di brodo vegetale. Fate cuocere a fuoco moderato per 10 minuti. Lessate al dente 400 g di maccheroni, scolateli e uniteli al sugo. - Aggiungete 300 g di mozzarella di bufala a dadini, fate insaporire 5 minuti, profumate con 2 cucchiai di prezzemolo tritato e servite. Secondo: Spezzatino alle patate. Ingredienti e Preparazione: 800 g di punta di petto di vitello, 300 g di patate a pasta gialla, 50 g di burro, 30 g di pancetta, 1 cipollotto, 1 carota, 1 gambo di sedano, 1/2 bicchiere di vino bianco, 0,5 l di brodo vegetale, 40 g di farina, 1 ciuffo di prezzemolo, sale, pepe. Tagliate la carne di vitello a cubi uguali di circa 3 cm e infarinateli. Tritate la pancetta e fatela rosolare a fuoco basso con il burro, unite la carne e fatela dorare a fuoco alto mescolando spesso, quindi bagnate con il vino e fate sfumare. Tritate il cipollotto, la carota e il sedano e unite alla carne; mescolate e fate cuocere per 45 minuti con il coperchio, bagnando ogni tanto la carne con il brodo necessario a mantenere il sugo morbido e cremoso. Sbucciate le patate, tagliatele a cubetti, unitele allo spezzatino e fate cuocere per 30 minuti mescolando ogni tanto. Salate, pepate e spolverizzate con il prezzemolo tritato; mescolate e servite. Contorno: Patate schiacciate. Pelate 400 grammi di patate e cuocetele in acqua salata. Scolatele e schiacciatele grossolanamente con una robusta forchetta e conditele con un pizzico di sale e olio extra vergine di oliva.Servite fredde con un pizzico di prezzemolo tritato molto finemente. Una buona variante e quella di aggiungere anche un pizzico di parmigiano.ma sono ottime anche senza. Dolce: Torta di patate e cioccolato con composta al mandarino. Ingredienti e Preparazione: gr. 200 di patate novelle, gr. 100 di burro, gr. 100 di mandorle sbucciate, gr. 90 di zucchero semolato, gr. 125 di zucchero al velo, gr. 150 di cioccolato fondente, 4 uova, 4 mandarini non trattati, un pezzetto di 3 cm. di radice di zenzero fresca. PREPARAZIONE. Lessate le patate, scolatele, sbucciatele, passatele allo schiacciapatate e lasciatele intiepidire. Montate il burro con lo zucchero al velo, quindi incorporatevi le patate, le uova, il cioccolato fuso a bagnomaria o nel microonde (un minuto e 40 secondi alla massima potenza per un forno da 700 w) e le mandorle tritate finissime con 40 gr. di zucchero semolato. Versate il composto in una teglia del diametro di 22 cm. foderata con carta oleata e cuocete in forno preriscaldato a 175 gradi per 40 minuti. Utilizzando un rigalimoni riducete a filo la scorza di 2 mandarini, poi sbucciateli al vivo e dividete gli spicchi. Spremete gli altri mandarini, filtrate il succo e ponetelo in una casseruola insieme a gr. 50 di zucchero semolato e alla scorza ridotta a filo. Appena ottenete uno sciroppo consistente aggiungetevi gli spicchi di mandarino e lo zenzero sbucciato e grattugiato fine, mescolate delicatamente e spegnete il fuoco. Servite la torta a temperatura ambiente con la composta tiepida.
Il termine Architettura Romanica è stato introdotto nel 1818 per indicare che derivava dall'Architettura Romana da cui riprendeva elementi strutturali come l'arco, la colonna, il pilastro e la volta a botte. Lo stile della Romania ha interessato contemporaneamente tutta l'Europa e derivava dall'adattamento dell'arte bizantina presente a Ravenna e nel Ducato di Venezia (o Serenissima Repubblica di San Marco) che già verso la metà del primo millennio, nelle campagne tra Ravenna e Forlì [Forum Livi], area chiamata Romània [da cui “Romagna”], aveva già assunto i suoi caratteri definitivi. Dopo che non si era avverata la profezia della fine del mondo annunciata per l’anno Mille (X sec.) dall' Apocalisse di S. Giovanni (cap. XX) in Europa si manifestò un nuovo entusiasmo per la vita e nell’XI – prima metà del XII sec. si ebbe un periodo di modernizzazione in agricoltura con l'uso dei mulini ad acqua e a vento, l'invenzione del giogo, dell'aratro con parti metalliche e della rotazione triennale che permise di aumentare la produzione di generi alimentari permettendo un incremento demografico; inoltre si svilupparono i mercati e ripresero i commerci; crebbero le zone urbane con l'affermazione della borghesia ceto intermedio tra i contadini e aristocratici e ecclesiastici. Infine si assistette a una ripresa dell'attività edilizia, della domanda di cultura e di investimenti artistici, soprattutto in zone più avanzate quali la pianura Padana [Grande Pianura padano-veneto-romagnola], Regno di Sicilia [Sikelia], Toscana [Tuscia] e Paesi Bassi. Per completezza storica indichiamo i nomi di città , regioni e stati la prima volta col nome dell’epoca tra parentesi come pure il significato dei termini architettonici. A proposito di Francia all’epoca si distingueva l’occidentale, cioè la Francia odierna senza Borgogna, Lorena [Lotharingia], Bretagna, Normandia unita all’Inghilterra ma con nel nord, parte delle Fiandre e la Francia orientale (Germania). L'autorità imperiale, viva solo in quest’ultima, venne gradualmente sostituita dallo sviluppo delle autonomie cittadine, soprattutto in Italia [Etalia o Ytalia] e dal feudalesimo, soprattutto in Francia occidentale che frammentò il potere creando una classe di signori della guerra con una notevole domanda di nuovi edifici, ospedali e alloggi per i pellegrini e soprattutto di grandi chiese. L’Architettura Romanica è tipicamente religiosa ma ha permesso un salto di qualità nella costruzioni civili e militari grazie alla muratura più regolare, all'uso di pietre da taglio perfettamente squadrate, alla capacità di copertura tramite le volte quindi si sono costruiti rocche; castelli a partire da quelli nel Regno d’Inghilterra-Normandia [Augusta Francorum, allora unite]; le case-torri nelle città, a base circolare all’inizio poi o quadrata o rettangolare o poligonale di cui un esempio straordinario è S. Gimignano vicino Siena [Sena Iulia] in Toscana con oltre settanta torri dall'XI al XIV secolo; mura come quelle di Ávila [Abyla] in Spagna [Hispagna], estese oltre tre chilometri, con nove porte e ottantasei torri semicilindriche a distanza regolare; ponti come quello di Besalù, nel Principatus di Catalogna [Cataluign] del XII secolo dove la perfetta padronanza delle tecniche murarie e della costruzione degli archi ha permesso di assecondare la conformazione del letto del fiume e l'edificazione di un solido portale al centro. Lo stile ha avuto diversificazioni territoriali, come vedremo, in base al grado di sviluppo economico, alla disponibilità di materiali, alla presenza di determinati influssi artistici e alle tradizioni classiche. Caratteristiche strutturali dello stile della Romania La suddivisione interna è articolata, divisa in campate [spazio tra due o più elementi portanti di una struttura] e spesso l'area di una della navata centrale [suddivisione interna mediante una fila di colonne o di pilastri] a base quadrata corrisponde a quella di due campate nelle navate laterali. La parete della navata, articolata con elementi plastici e aperture sopra le arcate spesso è organizzata su vari livelli come matroneo o tribuna [balcone/ loggiato sopra le navate laterali per contenere la spinta della navata centrale], formati solitamente da campate sovrapposte a quelle delle navate laterali; triforio o galleria nello spessore murario sopra le navate laterali mediante una teoria di loggette e sotto le finestre del cleristorio o claristorio [il livello più alto della navata] il cui nome derivava dalla sua traforazione di finestre che permetteva al chiarore della luce di illuminare l'interno l'evoluzione dei quali sarà uno degli elementi di sviluppo verso l’architettura gotica o Opus francigenum come nel Duomo di Modena [Motina] soprattutto nella Francia occidentale abbinato o in sostituzione alla struttura affine del matroneo dove però la galleria era più ampia e correva per tutta la larghezza della navata laterale. L'impianto planimetrico più frequente delle chiese romaniche è a croce latina, quando navata e transetto [corpo che interseca perpendicolarmente la navata centrale o tutte le navate all'altezza del presbiterio o parte della chiesa riservata al clero officiante] hanno lunghezza differente e si intersecano ad angolo retto, dove il segmento minore è circa a tre quarti del segmento maggiore (quando sono di lunghezza uguale, si parla di pianta a croce greca); la navata appare scandita in campate[spazi tra gli elementi portanti] ritmiche: alla campata quadrata della appare scandita in campate [spazi tra gli elementi portanti] ritmiche: elementi portanti] ritmiche: alla campata quadrata della navata centrale in genere corrispondono nelle navate laterali due campate quadrate ma di lato dimezzato. La cripta [vano ricavato con la pietra, di solito sotto il pavimento] originariamente è limitata alla zona sottostante il coro [parte terminante della chiesa con il presbiterio e quindi l'altare maggiore], poi viene estesa come cripta a sala, quasi a creare una seconda chiesa inferiore. Nelle coperture delle cripte si trovano i primi tentativi di volte a crociera, che intorno all'XI secolo vennero impiegati anche nelle navate laterali. Da notare che all’inizio queste chiese erano più buie di quelle paleocristiane, per la minore presenza di finestre e le loro minori dimensioni. Gli elementi esterni dello stile della Romania Comprendono la scansione delle murature esterne con arcate cieche e lesene [sporgenze verticali senza capitelli e basi] e spesso trattate plasticamente come all'interno; motivi decorativi frequenti sono nicchie, lesene e cornicioni; facciata articolata con un nartece [corto atrio largo quanto la chiesa]; un portico, un protiro [piccolo portico a cuspide a protezione e copertura dell'ingresso principale o pre- entrata]; un portale plasticamente definito; talvolta c’era anche un rosone; cupola o torre all'incrocio del transetto con la navata o le navate soprattutto in Francia occidentale; integrazione con elementi scultorei vari come bassorilievi, portali, elementi stilofori [con colonne]; lunette [parti dove la volta si interseca con la parete]; metope [formelle in pietra], scolpite a rilievo, a seconda dei casialto rilievo [bassorilievo in alternanza con i triglifi o formelle in pietra, decorate con tre scanalature verticali]; presenza di due torri affiancate alla facciata in genere simmetriche derivata dalla Westwerk (fig. a lato), cioè una costruzione di epoca carolingia a ridosso delle grandi chiese del Sacro Romano Impero; presenza di un campanile isolato (in Italia) o annesso alle absidi [strutture a pianta semicircolare o poligonale coperte da una volta, detta conca o catino absidale], in genere a forma di una semicupola cioè quarto di sfera (in Spagna); fasce bicrome ottenute con l'affresco, la pittura a calce e a caseina di calce, la pittura a olio, a Pisa [Pisæ] e sue derivazioni); tarsie marmoree (mosaici intarsiati, in Toscana a Firenze [Florentia]. Le murature sono spesse e robuste in genere costituite da pietra da taglio, ridotta in conci regolari intonacati e affrescati ma anche mattoni in aree mancanti di materiali lapidei come nella Pianura Padana. Il trattamento della superfici delle pareti è reso in maniera plastica, sia all'interno che all'esterno con elementi sporgenti e rientranti che oltre a contrastare le spinte delle arcate creano giochi di chiaroscuro. Vennero notevolmente utilizzate colonne, tranne casi di spoglio con capitelli scolpiti con forme vegetali o fantastiche o geometrizzanti pilastri anche compositi come i cruciformi con semicolonne addossate. La copertura era prevalentemente a volta o lignea a capriata o incavallatura o cavalletto formata da una travatura reticolare piana posta in verticale e usata come elemento base di una copertura a falde inclinate che aveva il vantaggio di annullare le spinte orizzontali grazie alla sua struttura triangolare nella quale l'elemento orizzontale (catena) elideva le spinte di quelli inclinati (puntoni). A partire dal 1080 fanno la loro comparsa nuovi tipi di copertura: volta a botte in Spagna e in Francia, spesso a sesto acuto come nel Ducato di Borgogna [Bourgogne] e nel Ducato di Poitou; a cupola in Francia occidentale, Midi-Pyrénées [Regno di Aquitania], Ducato di Venezia e Palermo [Palarmum]; volta a costoloni in Lombardia [Lombardiæ] e a Durham [Dunelmum] nel Regno d’Inghilterra; volta reticolare in Germania simile ad una capriata, una struttura rigida e leggera costruita per mezzo dell'incastro di montanti secondo opportuni schemi geometrici. Allo stesso tempo nelle chiese di pellegrinaggio si iniziano a usare strutture che innestano le navate col transetto come torri e cupole; In Normandia,a Lessay, esordisce la crociera ogivale costolonata o nervatura che suddivide la volta o cupola convogliando le spinte ai pilastri di sostegno ripresa, come vedremo, nel Regno di Sicilia che si diffonde in Lombardia e a Durham Ulteriore innovazione sono l'abside con coro, spesso collegato al deambulatorio o ambulacro, corridoio posto intorno al coro e all'abside, su cui si affacciano delle cappelle radiali, in genere a forma di abside, allineate lungo i raggi sviluppatisi dal centro dell'abside principale; l'utilizzo di finestre e altre aperture di dimensioni ridotte, come già detto, l'uso predominante dell'arco a tutto sesto che distingue lo stile della Romania dal successivo stile Opus francigenum. Da notare che considerando la navata spesso le chiese appaiono costruite sopra il livello del suolo strutturate su tre livelli con un presbiterio rialzato e una cripta, come nel caso della Chiesa di S. Michele a Hildesheim [Hilduinesheim] in Francia Orientale, unico esempio di architettura ottoniana. Uno dei fattori che permise la realizzazione delle grandiose chiese romaniche fu la volta a crociera presente prima del Mille, a es. nella Romania e nella Cuba di S. Domenica a Castiglione di Sicilia [Castel Leone, Iª fig. pag. seguente] una cappella bizantina (VII - IX sec.) a croce latina con pianta quadrata, cupola e tre absidi con le caratteristiche tipiche della cuba cioè rigidamente geometrica e basata su forme essenzialmente cubiche e allungate; nelle pievi dell'area tra Forlì e Ravenna e dall'inizio dell'XI secolo in Francia orientale e settanta torri dall'XI al XIV secolo; Lombardia [Lombardiae, allora unita all’Emilia], come nella chiesa di S. Maria Maggiore a Lomello [Laumellum] formata dall'incrocio di due archi diagonali, con l'indiscutibile vantaggio rispetto alle volte a botte di convogliare il peso solo sui quattro sostegni d'angolo, semplificando la necessità di approntare controspinte (quattro punti erano infatti più controllabili di due linee continue) e permettendo di alleggerire lo sforzo sulle pareti che possono quindi essere più slanciate in altezza o anche traforate da varie aperture, evoluzione verso l’Opus francigenum. L’Architettura Romanica in U.E. Nel Principato di Catalogna (dove si prolungò per tutto il XII sec.) e a León [Llión], Llanars, Santiago de Compostela si manifesta soprattutto con i Santuari mentre nella Spagna settentrionale con le grandi Abbazie. In Catalogna furono molto diffusi gli edifici religiosi di piccole dimensioni, chiese rurali con una unica navata a sala, tetto a spioventi sorretti da volte a botte, triplice abside, pareti costruite con piccoli conci e scandite all'esterno da lesene e arcatelle cieche, le stesse che si ritrovano nelle chiese del romanico lombardo. Spesso un campanile è affiancato alle absidi e può presentare base quadrata o poligonale, con aperture crescenti nei piani più alti. In un primo momento la scultura non ebbe una produzione consistente, ma fece da decorazione privilegiata la pittura, con grandi affreschi di ascendenza bizantina, reinterpretati con una forte stilizzazione data dalle marcate linee nere di contorno. Anche in Linguadoca [Albigensis] lo stile si sviluppò precocemente anche per l'afflusso di pellegrini a es. la Basilica di Saint-Sernin (XIII sec., fig. a lato), tappa dei pellegrinaggi, a Tolosa [Palladia Tolosa] con cinque navate, tra le quali quella centrale di grandiosa imponenza; un ampio presbiterio e un'altissima torre all'incrocio del transetto con la navata e una copertura con volte a botte. Contemporaneamente, nel vicino Midi-Pyrénées, veniva costruita un'altra tappa fondamentale del cammino di Santiago di Compostela, l'Abbazia di Moissac (IX-X sec., Iª fig. pag. seguente), importante soprattutto per il chiostro, le statue di Cristo e della Vergine della Misericordia (XII sec.) e l'ampio spazio quadrangolare con settantasei capitelli scolpiti con scene della Bibbia con alternanza di colonnine singole e binate; ai lati dei pilastri d'angolo e centrali ci sono dodici pannelli a bassorilievo con apostoli a grandezza naturale. L’abbazia conserva anche degli importanti manoscritti antichi. Ancora nel cammino di Santiago di Compostela si nota la romanica ex cattedrale di Santa Maria ad Oloron-Sainte-Marie del XII sec. sede episcopale dell'allora diocesi di Oloron. La Spagna settentrionale era molto legata alla Francia meridionale per ragioni politico- economiche e per il collegamento delle strade dei pellegrini verso Santiago con notevoli analogie con i coevi cantieri di Tolosa e di Moissac. Tra le prime chiese romaniche vi fu quella di Sant'Isidoro a León, rimaneggiata ampiamente entro la prima metà del XII secolo. L'edificio più importante resta comunque il Santuario di Santiago de Compostela (fig. a lato), ricostruito a partire dal 1075 con una pianta grandiosa simile a quella delle grandi chiese di pellegrinaggio francesi con cinque navate lunghe e sviluppate in altezza, matronei, transetto a triplice navata ed una grande abside con deambulatorio e cinque cappelle laterali. Grandi Abbazie si ebbero in Francia Occidentale, in Normandia a Jumièges [Gemmeticense coenobium], Mont-Saint-Michel [Mont Saint Miché, fig. sotto] e Caen [Cam] inizialmente secondo lo stile borgognone con un atrio a due piani come ingresso, coro allungato e cappelle radiali, in genere a forma di abside allineata lungo i raggi che partono dal centro dell'abside principale della chiesa mentre in seguito si è sviluppato lo stile normanno, precursore dell’Arte Gotica con alternanza di pilastri di varie dimensioni, due torri in facciata, slancio verticale notevole come a es. la colossale terza Abbazia di Cluny [Cluniacensis. Fig. a lato], fondata nel 1088, lunga 187 mt., con nartece e cinque navate, coro allungato con deambulatorio e cappelle radiali, doppio transetto e cinque torri usata come modello in molte chiese della regione come a es. a Paray-le-Monial con le arcate a sesto acuto e i pilastri a fascio scanalati; nella cattedrale di Saint-Lazare ad Autun [Hedua], dove al posto delle semi colonne incassate nei pilastri si trovano semipilastri (o paraste) e nella chiesa di Saint-Bénigne, una delle grandi Basiliche francesi dei pellegrinaggi. Lo stile si è invece manifestato con maesose Cattedrali in Svezia [Scania] come a Lund [Londinum Gothorum], Francia Orientale, Regno d’Inghilterra-Normandia e Italia dove circondate dal fitto tessuto cittadino paiono una montagna di marmo che emerge sui piccoli edifici di mattoni circostanti. In Francia orientale lo stile della Romania si sovrappose da fine X sec. sul modello della chiesa abbaziale di St-Riquier a Centula [nei pressi dell'odierna Abbeville, nel nord dell’attuale Francia, fig. a lato] con l'autoctona arte ottoniana caratterizzata da elementi comuni come la spessa muratura, il trattamento delle pareti come materia plastica con particolari effetti, la schematizzazione in campate tramite alternanza di colonne e pilastri pertanto le chiese assumono massicce sembianze di castelli come a es.la Cattedrale di Spira [Augusta Nemetum, fig. a lato] riedificata nel 1080 dove la navata ampia e alta è coperta da volte a crociera col motivo decorativo delle semicolonne altissime addossate prima ai pilastri e poi proseguenti sulla parete fino quasi al soffitto con tre livelli sovrapposti di pilastri e semicolonne, sopra a ciascuno dei quali corrisponde lo sviluppo di un elemento portato: le volte, gli archi di accesso alle navate laterali, gli archetti ciechi attorno alle finestre. All'esterno venne realizzata una galleria che gira attorno alla cattedrale ad altezza dei matronei, caratterizzata da arcatelle su colonnine ripresa in molte costruzioni della regione per l'effetto chiaroscurale. La chiesa di S. Pantaleone a Colonia [Claudia Ara Agrippinensium, fig. sotto] del 980 è caratterizzata da un severo Westwerk come la chiesa di S. Michele ad Hildesheim con un corpo centrale a tre navate sul quale si innestano due transetti, due cori e due absidi. La navata ancora con copertura lignea, sono i sostegni alternati che sorreggono archi a tutto sesto con una successione di pilastri e colonne che si diffuse in Europa centrale. A Colonia si trovano numerose chiese romaniche caratterizzate da una terminazione triconica come la chiesa di S. Maria in Campidoglio, delimitata sul fronte est da tre absidi disposte ortogonalmente tra loro La chiesa abbaziale di Santa Maria Laach in Basso Reno e Renania [Jülich-Kleve-Berg] (XIII sec.) presenta un transetto e Westwerk affiancati da due torri, da un lato a base quadrata, dall'altro rotonda e nelle pareti esterne lesene in pietra più scura e archetti pensili. Nel Regno d’Inghilterra - Normandia la chiesa abbaziale di Berné (1025) ha il transetto absidato e volte a crociera nelle navate laterali con inserimento del triforio tra gli archi e il cleristorio che riproduce le aperture di un matroneo inesistente. Dopo la conquista dell'Inghilterra la chiesa abbaziale di Notre-Dame a Jumièges (1040 -1067) venne edificata tenendo come esempio Berné e la primitiva abbazia di Mont-Saint-Michel con alcune caratteristiche del nuovo stile come alta facciata con due torri gemelle ai fianchi, secondo una tipologia derivata dal Westwerk tedesco; navata centrale particolarmente alta con pareti divise in arcate di confine con le più piccole navate laterali, triforio e cleristorio; scansione delle stesse pareti interne con altissime semicolonne addossate; alternanza di colonne e pilastri con semicolonne addossate; torre quadrata sull'intersezione tra navata e transetto, quest’ultimo con corridoi ricavati nello spessore muratorio; coro con deambulatorio; copertura lignea e, dal secolo successivo con volte a crociera. La chiesa abbaziale maschile di Saint-Étienne a Caen presenta elementi usati a Jumièges, ma ulteriormente perfezionati: le torri della facciata si elevano sulla prima campata delle navate laterali, ben allineate alla pianta; all'interno sono potenziati sia il matroneo (e conseguentemente le arcate del triforio) sia la galleria superiore con tre semicolonnine ai lati delle aperture dalle quali si dipartono cornici scalari ben ritmate quindi la parete è più articolata e più spessa; il soffitto ha una struttura voltata. Dopo la Conquista normanna anche in Inghilterra si ha la costruzione di Abbazie e Cattedrali. A St Albans [Verulamium] e Wells [Verulamium Verulamium] le chiese hanno il transetto diviso in due navate, alternanza tra pilastri a fascio (polistili) e piloni; volte a crociera costolate e archi ogivali a Winchester [Wentanceastre] e Norwich [Northwic]. Alcune sono fortificate per raccogliere la popolazione sotto la protezione del vescovo in caso di attacchi nemici. Ely, (post 1081), Wentanceastre, Northwic, Peterborough [Burgus Sancti Petri] e Durham sono caratterizzate (1093-1133) da una navata centrale molto alta con effetti decorativi spettacolari sulle facciate e con le pareti interne con schemi complessi. A Durham, in particolare, tra 1093 e inizio XII sec. il coro e la navata centrale vengono coperti con volte a crociera a costoloni, forse le più antiche d'Europa dopo quelle della cattedrale di Spira e per la prima volta vennero sperimentate le volte a crociera a sesto acuto e sei spicchi con le quali ogni campata è sostenuta da sei sostegni, invece di quattro. Questa novità tornò in Normandia dove nel XII secolo quasi tutte le coperture vennero rifatte con volte a crociera, come nelle due abbazie di Caen (fig. a lato), dove fu necessario demolire il triforio per poi diffondersi nel continente. In seguito in Inghilterra si ebbe un ulteriore sviluppo della volta a crociera a sei spicchi in volta a raggiera o a ventaglio che permetteva una migliore distribuzione del peso a favore di una maggiore altezza. Architettura Romanica in Italia Si presenta con molti stili indipendenti [le Regioni dell’epoca non sempre coincidevano con le attuali] comunque anche qui prevalgono le Cattedrali come a Padova [Patavium], Assisi [Asisium], Trani [Turenum] e Bari [Barium] ma nel Nord si utilizzano maggiormente figure cristiane con una netta influenza latina con l'arco a tutto sesto e le piante centriche. In Centro e Puglia [Thema bizantino di Langobardiæ] prevalgono decorazioni classiche e nel Sud, come vedremo, c'è l'influenza araba, bizantina e normanna. Una delle prime zone a recepire le novità fu la Lombardia grazie al secolare movimento dei suoi artisti in Francia orientale e viceversa e il materiale più utilizzato è la terracotta mentre la pietra a Como [Novum Comum] per la chiesa di Sant'Abbondio. La Basilica di S. Ambrogio a Milano [Mediolanum, fig. a lato] presenta copertura con volte a crociera con costoloni tra le più antiche d'Europa, come la basilica di San Michele Maggiore a Pavia. Più tarda è la tipologia a pianta circolare, come quella del Duomo vecchio di Brescia e delle rotonde di San Tomè (fig. sotto) in provincia di Bergamo e di San Lorenzo a Mantova. Nel sud dell’Emilia ricordiamo i Duomi di Modena [Motina] e Parma [Augusta Parmensis], quest’ultimo con annesso battistero, l'Abbazia di S. Silvestro a Nonantola vicino Motina e la Basilica di S. Stefano a Bologna [Bononia]. Nel Ducato di Venezia sono presenti fino a inizio XV sec. influssi bizantini che portano caratteristiche orientali come la pianta a croce greca, la cupola e numerose decorazioni. Il Palazzo Ducale venne coperto di affreschi tra il 1409 e il 1414, oggi quasi totalmente persi. In architettura venne coronata la Basilica di S. Marco (fig. nella pagina seg,) e venne deciso, nel 1422 di prolungare Palazzo Ducale sul lato della piazza fino a S. Marco, continuando lo stile della parte precedente trecentesca con la nascita dello stile veneziano. In Veneto la Basilica di S. Zeno, a Verona, presenta un impianto longitudinale a tre navate. In Toscana venne utilizzato anche il marmo bianco del Ducato di Carrara [Carara] con inserti in marmo serpentino verde. La prima realizzazione dello stile di Pisa fu il suo Duomo con elementi tipici le arcate cieche e le loggette pensili, ispirate all'architettura della Lombardia ma moltiplicate fino a coprire su ordini diversi intere facciate; il motivo della losanga, derivato da modelli islamici nord-africani e la bicromia a fasce alternate sulle pareti, derivata da modelli della Spagna islamica [Bilad al-landahlautsiyya]. Ancora citiamo la Basilica di S. Pietro a Grado [Gradus Arnensis], vicino Pisa, la chiesa di S. Michele in Foro a Lucca [Luca], la chiesa di S. Maria della Pieve in Arezzo [Arizzo] e la Basilica della Santissima Trinità di Saccargia a Codrongianos [Castrum Gordianus]. A Firenze si sono usati alcuni elementi comuni a quelli di Pisa ma con un'armonia geometrica che ricorda le opere antiche come nel Battistero di S. Giovanni il senso del ritmo nella scansione dei volumi esterni, tramite l'uso di riquadri, segue un preciso schema modulare ripetuto negli otto lati. Un altro esempio è la chiesa di S. Miniato al Monte (1013 - XIII sec.) con una struttura basilicale e una scansione razionalmente ordinata della facciata bicroma. Scendendo in Italia centrale a Roma si ebbe una continuazione dello stile basilicale paleocristiano come nelle decorazioni interne alle basiliche di Sancta Maria in Cosmedin e e S. Francesca Romana o S. Maria Nova (IX sec.) e nel chiostro della Cattedrale di S. Giovanni in Laterano. Nel Latium [l’attuale Lazio settentrionale perché il meridionale faceva parte del Regno di Napoli] a Tuscania [Toscanella] nelle chiese di S. Maria Maggiore e di S. Pietro è evidente l'influenza nordica nei portali strombati e nelle loggette della facciata. In Umbria e attuale Marche [Marca Anconitana olim Picenum] ricordiamo il Duomo di Foligno [Fulginia], Assisi [Asisium] e di S. Ciriaco (1270, fig. a lato) nella Marca di Ancona [ Accessum Italiae], fortemente influenzati dallo stile della Lombardia, quest’ultimo con pianta a croce greca, assai inconsueta e una delle cupole più antiche d'Italia. In Abruzzo [Aprutium] c’è l'Abbazia di S. Clemente a Castiglione di Casauria [Castel Leone]. A sud di Roma, con l'eccezione della Puglia lo sviluppo dello stile fu legato strettamente all'arte bizantina e normanna; in Regno di Sicilia anche araba. In Campania ci sono influenze provenienti da Montecassino, importante centro cultural- artistico, nel Duomo di S. Pietro a Sessa Aurunca, degli inizi del XII secolo e completato col vescovo Erveo (tra il 1171 e il 1197). Nel Duomo di Caserta vecchia sono presenti finestre a ferro di cavallo nel transetto e archetti intrecciati poggianti su colonnine nel tiburio come anche negli esempi amalfitani (fig. sotto) del chiostro dei Cappuccini (1212) e del Duomo (1266-1268). Numerose influenze riguardano lo stile in Puglia a causa dei suoi porti usati dai pellegrini diretti in Terrasanta e dai crociati nel 1090. Tra gli edifici più antichi la Basilica di S. Nicola a Bari [Barium] (1087 -fine XII secolo), la Cattedrale di Bitonto [Butuntum] (XI - XII secolo), il Duomo di Trani [Turenum] (concluso nel XIII sec.) e il Duomo di Otranto [Hydruntum ] (1088). Esternamente le chiese si presentano con un aspetto massiccio, come una fortezza, con la facciata spesso a salienti, chiusa ai lati da due torri, tipiche d’oltralpe spiegabile anche con la presenza normanna degli Altavilla, decorata con archetti pensili con talvolta un protiro secondo il modello della Lombardia. In Calabria [Brutium] gli influssi sono soprattutto bizantini, come testimoniano la Cattolica di Stilo [Stilida, X-XI secolo, vicino Reggio Cal.; fig. a lato], costruzione quadrata e la chiesa basilicale di S. Giovanni Vecchio del bizantino-normanno. A Palermo tipicamente normanni sono edifici come la Zisa e con influenza araba la Cuba (1180) e le cupolette semisferiche della chiesa di S. Giovanni degli Eremiti (1140 ca.). Architettura normanna con influenze bizantine sono invece le chiese della Martorana (1143) e la Cappella Palatina nel Palazzo dei Normanni (1143), coperte di mosaici. Altri importanti esempi di edifici normanni sono le Cattedrali di Cefalù [Qal'at Juflud] (1131-1170 ca.; fig. sotto) e Monreale [Mons Regalis] che presentano più influenze, dalle esperienze cluniacensi nella zona dell'abside agli archetti pensili tipicamente lombardi, a Cefalù, e a quelli intrecciati di influenza araba a Monreale, alle coperture delle triple absidi a crociera ogivale costolonata e decorazioni geometriche e due torri in facciata riprese dalla Normandia, alle figure zoomorfe di retaggio scandinavo nei capitelli dei chiostri. Nei Giudicati di Sardegna [Sardinia] lo stile si manifesta variamente a causa dell'insediamento di numerosi ordini religiosi provenienti da varie regioni italiche e dalla Francia occidentale come cassinesi, camaldolesi, vallombrosani, vittorini di Marsiglia, cistercensi, ecc. Il primo edificio romanico è stato la Basilica di S. Gavino a Porto Torres (1065; fig. a lato) dai maestri di pietra e di muro di Pisa. Da citare la cappella palatina di Santa Maria del Regno di Ardara (SS), la S. Michele di Plaiano nei dintorni di Sassari, la Basilica di San Simplicio a Olbia, la chiesa di S. Nicola di Silanos a Sedini, la Cattedrale di S. Giusta dell'omonimo centro (OR), la chiesa di S. Maria di Uta (CA) e la Basilica di Saccargia a Codrongianos. Lo stile gotico o Opus francigenum Il termine Architettura Gotica è stato introdotto nel XVI secolo. A causa della sua provenienza francese in età medievale questo stile architettonico era chiamato Opus francigenum mentre a Venezia come “modo di costruire alla tedesca”. Inizia da circa metà XII secolo in Francia occidentale con la costruzione del coro dell'Abbazia di Saint-Denis (fig. sotto), a Parigi [Lutetia], consacrata nel 1144, seguendo il trattato sulla luce e sulle gerarchie angeliche, ispirato al neoplatonismo del monaco siriano Dionigi nel quale la luce era considerata come emanazione divina e, in generale, la realtà sensibile come simbolo delle splendenti realtà soprannaturali quindi con una serie di cappelle radiali a forma trapezoidale direttamente collegate ad un deambulatorio che permetteva ai fedeli di muoversi liberamente anche dietro il recinto del coro. Le cappelle radiali erano coperte da volte a crociera e sulle pareti si aprivano ampie finestre che davano una grande luminosità allo spazio interno. Le vetrate colorate alle aperture rendevano l'atmosfera interna quasi soprannaturale. Da qui lo stile si diffuse in tutta Europa diversificandosi notevolmente e poiché la Cattedrale gotica fu concepita come una copia del Paradiso spesso al suo ingresso fu scolpito il Giudizio Universale. Esistono diverse sue varietà nazionali e anche regionali con caratteristiche particolari ma la più importante è indubbiamente quella francese pertanto quella degli altri Paesi U.E. va considerata come il suo recepimento, anche se spesso estremamente originale. I primi edifici vennero costruiti in base a rapporti numerici analoghi agli intervalli perfetti dell'armonia musicale (ottava, quinta, quarta e unisono) come nel rapporto fra le dimensioni della campata o del transetto rispetto alla navata per cui hanno gli stessi rapporti armonici tra creato e musica, poiché Dio, ha stabilito in principio queste proporzioni, decifrabili dal libro della natura e della rivelazione. Ricordiamo che secondo S. Agostino d'Ippona, nel trattato De Musica l'architettura è la forma d'arte maggiore che permette un contatto diretto con Dio, perché condivide le stesse regole da Lui seguite quando diede forma all'universo. Gli architetti della prima fase dell’Opus francigenum sono stati fortemente influenzati dai metodi e dalla struttura logica della filosofia Scolastica, la filosofia cristiana medioevale che cercava di conciliare la fede con un sistema di pensiero razionale, specialmente quello della filosofia greca al punto da averne adottato l'abitus mentale come dimostrato dall'organizzazione delle partiture architettoniche degli edifici che manifestavano apertamente la loro funzione strutturale in modo rigoroso, analogo alla rigorosa struttura logica e razionale delle summe e dei testi dei filosofi scolastici mentre successivamente le critiche alla filosofia scolastica di Guglielmo di Ockham e una maggiore diffusione dell'Averroismo generarono gradualmente la necessità di un nuovo approccio pratico verso la realtà e la conoscenza col ridimensionamento della mediazione della Chiesa a favore di un rapporto più intimo e diretto uomo - Dio. Il passaggio dallo stile Romanico al Gotico avvenne in pratica in seguito alla mutata sensibilità come ricerca di una sempre maggior luminosità e progressivo allargamento delle aperture esterne utilizzando diversamente tecniche costruttive già usate nel precedente stile cioè l'arco a sesto acuto che, generando minori spinte laterali, permetteva di scaricare il peso unicamente sui pilastri rispetto al precedente arco a tutto sesto e la volta a crociera ogivale che permetteva campate rettangolari flessibili o poligonali invece delle quadrate precedenti creando un sistema di spinte e controspinte con scomparsa delle precedenti spesse masse murarie e il peso della struttura non veniva più assorbito dalle pareti ma distribuito su pilastri all'interno e nel perimetro, coadiuvati da contrafforti a partenza dai soli pilastri a fascio come archi rampanti, pinnacoli, piloni esterni, archi di scarico che indirizzavano al suolo le spinte laterali della copertura con conseguente alleggerimento delle murature di riempimento, permettendo di raggiungere altezze ai limiti delle possibilità della statica e la sostituzione delle pietre murali con finestre di dimensioni mai viste prima, vere pareti di luce coperte da magnifiche vetrate, alle quali corrispondeva fuori un complesso reticolo di elementi portanti di scarico delle forze. Le cattedrali del XII-XIII secolo avevano una navata centrale di notevole altezza e due laterali molto più basse quindi l'utilizzo di finestre e altre aperture di dimensioni ridotte causa una luminosità interna rarefatta con la luce concentrata specie in alto, a livello del cleristorio con lo spazio interno a forte assialità della navata centrale che rendevano lo spazio ascetico e spirituale. Nel 1300 - 1400 (XIII e XIV secolo) il gotico si sviluppa in direzioni nuove rispetto ai due secoli precedenti infatti la spinta a costruire grandi Cattedrali si esaurisce e la disposizione interna più comune segue il modello di chiesa a sala tipica, come abbiamo detto, del Romanico lombardo con la navata centrale di medesima altezza rispetto alle laterali per cui la luce proviene da quest’ultime con un’illuminazione omogenea di tutto l'ambiente. La forte direzionalità tradizionale viene modificata in favore di una spazialità policentrica in relazione con la religiosità più terrena e mondana e anche la decorazione subisce una evoluzione. Nell'Europa centrale e nel Regno d’Inghilterra-Normandia la volta e i costoloni diventano un motivo ornamentale, a volte raggiungendo effetti di straordinaria complicazione e astrattezza, come nella chiesa di Sant'Anna ad Annaberg nel Ducato di Sassonia. Le regioni più interessate sono la Germania, la Boemia, la Polonia [Magna Polanie], il Regno d'Inghilterra-Normandia, il Principato di Catalogna con le chiese rurali con annesso battistero e la Lombardia. Spesso alle absidi è affiancato un campanile a base quadrata o poligonale con aperture crescenti nei piani più alti. Alcune delle Cattedrali gotiche più alte furono quella di Beauvais di 48,5 mt. (Iª fig. in alto, a sin.), Amiens (42,30 mt.), Metz (41,41 mt.; tre fig. sotto) mentre la Cattedrale di Notre Dame di Parigi ne misura 33. Consideriamo adesso sinteticamente la storia di tre Cattedrali gotiche, due in Francia e una un Italia, per la cui costruzione dovettero essere abbattute le costruzioni pre-esistenti. La Cathédrale Saint-Étienne de Metz (Cattedrale S. Stefano a Metz, all’epoca Divodurum, in Lorena] è una delle più maestose dell'Architettura Gotica francese i cui lavori iniziati nel 1120 ca. sul precedente Santuario ricostruito di S. Stefano (V-X sec.) in una pianura dove c’erano un chiostro e le chiese di S. Pietro Vecchio, S. Pietro Maggiore e una cappella, poi abbattute. per difficoltà economiche si conclusero nel 1520 ca. e consacrata ufficialmente l'11 aprile 1552. Le dimensioni sono imponenti con le acutissime volte alte 41,41 mt., tra le maggiori del mondo raggiungendo 88 mt. tra il 1478 e il 1481 quando riceverà la guglia o flèche gotico fiammeggiante nella crociera. Venne costruita utilizzando calcare di Jaumont, una pietra locale con forti presenze ferrose che le conferiscono il tipico colore ocra. L’interno, a pianta a croce latina, è alto e slanciato, diviso in tre navate da pilastri cruciformi formati da un gran pilastro centrale rotondo, rafforzato da quattro più piccoli. Le preziose vetrate di circa 6.500 m² , vennero realizzate a partire dal XIII al XVI secolo da grandi maestri lorenesi e costituiscono la più grande vetreria gotica d'Europa che le varranno l'appellativo di Lanterne du Bon Dieu (fig. a lato). La prima fase dei lavori fula ricostruzione delle navate e delle torri, insolito in quanto normalmente i lavori iniziavano dal coro, ed una seconda fase interessò transetto e coro. I portali delle colonne presentano un repertorio decorativo nuovo basato anche sugli elementi della natura (foglie, fiori e frutti) quindi senza gli animali mostruosi del precedente stile della Romania e con le decorazioni pitturate e dorate (oggi assenti). La Cathédrale de Notre-Dame de Strasbourg (Cattedrale di Nostra Signora di Strasburgo, all’epoca Strateburgus; fig. a lato) i cui lavori, iniziati nel 1015 saranno sospesi, anche a causa della grandiosità del progetto nel 1439, in stile della Romania sulle fondamenta della precedente costruzione del periodo ottoniano furono poi continuati secondo i canoni dell'Architettura Gotica in pietra arenaria locale che le conferisce il tipico colore rossiccio. Ha la forma di una Basilica a tre navate con transetto, una slanciatissima torre che, con la sua guglia, alta ben 142 metri ne fa uno degli edifici più alti. In contrasto con la regolarità della facciata, strutturata a scacchiera, a causa del mancato completamento si distingue da molte altre Cattedrali dello stesso stile per l’asimmetria dovuta alla mancanza della torre campanaria meridionale. All'interno la cripta dell'XI sec. e la parte posteriore della chiesa, soprattutto presbiterio e transetto, è quella maggiormente caratterizzata da elementi dello stile della Romania mentre man mano che ci si avvicina alla facciata, prevalgono i caratteri dell’Opus francigenum. La Cattedrale ha un pregevole organo monumentale collocato nella terza campata della navata centrale, lungo la parete di sinistra, sopra una cantoria a nido di rondine (1384) e un orologio astronomico in grado di riprodurre la precessione degli equinozi in grado di battere anche le ore 13,00. A Milano [Mediolanum] i lavori di costruzione della Cattedrale di Santa Maria Nascente iniziarono nel 1386, nell’area dell'antica Cattedrale invernale di Santa Maria Maggiore e della Basilica estiva di Santa Tecla, quest’ultima demolita nel 1461-1462. Nel 1387 si scavarono le fondazioni e si gettarono i piloni ma nel corso dell'anno Gian Galeazzo Visconti (Signore di Milano dal 1385 al 1395 e Duca dal 1395 al 1402) impose un progetto più ambizioso con l’uso di marmo di Candoglia e le forme architettoniche del tardo Opus francigenum lombardo proseguito dai figli Giovanni Maria (1402 – 1412) e Filippo Maria (dal 1412) con l’ altezza della facciata al centro di 56,50 metri e della navata maggiore di 45 metri. La sua pianta è a croce latina con un profondo presbiterio circondato da deambulatorio con abside poligonale. Inizialmente le fondazioni erano state preparate per un edificio a tre navate con cappelle laterali quadrate con i muri divisori anche come contrafforti ma in seguito si decise di fare a meno delle cappelle aumentando le navate a cinque e transetto a tre e il 19 luglio 1391 venne deliberato l'ingrossamento dei quattro pilastri centrali tuttavia le preoccupazioni per la sua stabilità, a causa delle insufficienti masse inerziali da contrapporre all'azione delle spinte fece optare, nel 1392, per navate progressivamente decrescenti per un'altezza massima di 76 braccia. La parte completata per prima è stata quella absidale traforata da grandi finestroni dove compare lo stemma di Gian Galeazzo Visconti e da essa si completarono progressivamente i fianchi fino alla facciata nel XVII sec. L'abside è poligonale, inquadrata dai corpi delle due sagrestie, coronate dalla guglie più antiche. Illuminano l'abside tre enormi finestroni con nervature in marmo che disegnano, nell'ogiva, i rosoni (di Filippo degli Organi) il cui centrale è dedicato all'Incarnazione di Cristo. L'altare maggiore è stato consacrato da papa Martino V (1417 - 1431). L'insieme ha un notevole slancio verticale, caratteristica più transalpina che italica in parte attenuato dalla dilatazione in orizzontale dello spazio e dalla scarsa differenza di altezza tra le navate, tipico del Opus francigenum lombardo e circondato dal fitto tessuto urbanistico, come attorno ad altre grandi Cattedrali della Francia Occidentale e Orientale sembra, all’epoca del completamento, una montagna di marmo che emerge sui piccoli edifici di mattoni circostanti.
La vera Storia non viene sempre scritta dai contemporanei perché influenzati dallo spirito del tempo ma dai posteri, anche a distanza di secoli. Per questo sconvolgente articolo ci siamo basati esclusivamente su documenti originali (lettere, diari, giornali, bandi ecc.). Il Regno delle Due Sicilie, chiamato all’estero il “Bel Paese” era lo Stato pre-Unitario più ricco, vantava numerosi primati scientifico-tecnologici-socio-economici a livello anche mondiale (§ N), aveva un basso tasso di disoccupazione (1,30 %) anche rispetto alla media europea (1,40 %), un tasso di emigrazione praticamente inesistente, infatti maestranze estere andavano a lavorarci a differenza del Nord Italia dove interessava Veneto (17,9%), Friuli-Venezia Giulia (16,1%) e Piemonte (12,5%). Fu attaccato con l’inganno (“Spedizione dei Mille”) (§ I) e poi dalle truppe piemontesi senza alcuna dichiarazione di guerra (§ M) dopo averne corrotto alti gradi politici e militari (§ L). La cultura post-unitaria finora è riuscita a fare perdere la memoria storica attribuendo la situazione del Regno “dopo” la conquista piemontese per ignoranza o malafede ai Borbone. Tutte le atrocità sono documentate negli Atti Parlamentari, negli Archivi di Stato dei capoluoghi coinvolti e nelle relazioni delle Commissioni d’inchiesta sul brigantaggio anche se ancora le 150.000 pagine presso lo Stato Maggiore dell’Esercito sono ancora parzialmente secretati (codici G3 e G11) con molti importanti documenti nascosti o fatti sparire ma gli Archivi indicano lo sterminio di interi paesi, 54 paesi rasi al suolo, 5.212 condanne a morte, circa 600.000 arrestati, 1.000.000 di morti. Criminali e i mandanti hanno avuto riconosciute medaglie d’oro al v. m. e intitolate vie e piazze senza nessun processo di Norimberga mentre delle loro vittime innocenti si e persa anche la memoria storica; i martiri di Pietrarsa, a es., non sono stati mai commemorati in nessun 1 maggio. A) Le dichiarazioni di Napoleone III, G. Garibaldi e N. Bixio dopo l’Unificazione a) Napoleone III scrisse a Vittorio Emanuele II: “I Borbone non commisero in cento anni gli orrori e gli errori che avete fatto Voi in un anno” e da Vichy il 21 luglio 1863 al gen. É. F. Fleury: “Ho scritto a Torino le mie rimostranze; i dettagli di cui veniamo a conoscenza sono tali da far ritenere che essi alieneranno tutti gli onesti della causa italiana. Non solo la miseria e l'anarchia sono al culmine, ma gli atti più colpevoli e indegni sono considerati normali espedienti; un generale di cui non ricordo il nome, avendo proibito ai contadini di portare scorte di cibo quando si recano al lavoro nei campi, ha decretato che siano fucilati tutti coloro che sono trovati in possesso di un pezzo di pane. I Borbone non hanno maìi fatto cose simili”. b) G. Garibaldi nel 1868 scrisse alla vedova Adelaide Cairoli che per l’Unificazione dell'Italia, gli diede la vita del marito e di tre figli: “[...] Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Sono convinto di non aver fatto male, nonostante ciò, non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio [...] Dio, che cosa abbiamo fatto!”. c) N. Bixio riconobbe in Parlamento (28.IV.1863): “[…] Si è inaugurato nel Mezzogiorno un sistema di sangue lasciato esercitare dai vari governi […]”. B) La retorica e i falsi miti del Risorgimento Cavour fu il grande tessitore, Garibaldi l'eroe dei due mondi, Enrico Cialdini il generale di ferro, Bixio il liberatore e Cavour, Vittorio Emanuele e Garibaldi lottarono per liberare l’arretrato e povero Regno delle Due Sicilie, terra di briganti ed emigranti da un tiranno straniero invece i Borbone erano colti, onesti, retti, pacifici e religiosi. a) Cavour scrive all’ambasciatore Ruggero Gabaleone di Salmour che vuole impadronirsi del Regno delle Due Sicilie e nel dicembre 1860 a G. B. Cassinis "Fare ogni sforzo onde darci il minor numero di deputati meridionali possibile”. b) Il garibaldino Cesare Abba scrisse di Bixio: “Dopo Bronte, Randazzo, Castiglione, Regalbuto, Centorbi, ed altri villaggi lo videro, sentirono la stretta della sua mano possente, gli gridarono die tro: Belva! ma niuno osò muoversi ! (§Fb)”. c) Ferdinando II (1810-1859, re dal 1830, fig. sotto eretta dagli operai a Pietrarsa), il novello Tito o pacifico Giove dei liberali divenne Re Bomba perché consentì il bombardamento di Messina (5.IX.1848) in un combattimento tra due eserciti mentre Vittorio Emanuele le II che fece bombardare Genova (1849), Gaeta, Capua e Ancona (dopo la resa, 1860) e Palermo (1866) divenne il Padre della Patria. Dotato di notevoli competenze militari e comandante generale dell'Esercito ne intraprese il potenziamento in modo autarchico: a Mongiana si fabbricava il materiale metallurgico per l'artiglieria, a Napoli i cannoni, a Torre Annunziata i fucili, a Pietrarsa i macchinari per le navi, a Scafati le polveri inoltre a Capua c'era un opificio pirotecnico, a Napoli un ufficio topografico, a Castelnuovo una sala d'armi antiche e moderne. Furono inoltre stabiliti nuovi organici di fanteria e cavalleria, furono riordinati i comandi e approvato un regolamento che fissava i ruoli di ufficiali e sottufficiali e i criteri di promozione. Una legge del 1834 esentava dal servizio militare i giovani sposati, i figli unici, gli orfani anche di un solo genitore, i figli il cui stipendio era necessario per sostenere la famiglia, i seminaristi e i diaconi. In caso di più di due figli solo uno doveva svolgerlo mentre tutti i siciliani erano esentati. Così in meno di un decennio il Real Esercito divenne efficiente e moderno e venne immediatamente messo alla prova nel biennio 1848/49 quando in seguito alla rivoluzione indipendentista siciliana del 1848 decise di mandare un corpo di spedizione anfibio in Sicilia per reprimerne i moti. Il 6 settembre 1848, dopo un lungo bombardamento, il Reggimento “Real Marina” sbarcò nei pressi di Messina che, in seguito a duri combattimenti, creò una testa di ponte che rese possibile lo sbarco degli altri contingenti terrestri e in poco tempo la riconquista l'isola. L'operazione bellica venne elogiata da molti osservatori esteri per l'uso delle truppe da sbarco. All’estero partecipò, tra l’altro, alla Iª guerra di indipendenza contro l'impero austriaco dando ottima prova a Curtatone. A Montanara il 29 maggio 1848 il 10° reggimento fanteria Abruzzi e il battaglione dei volontari napoletani, affiancati ai volontari toscani per un totale di 5.400 uomini fronteggiarono con successo circa 20.000 imperiali comandati dal maresciallo Radetzky ed il giorno dopo a Goito. La bravura delle truppe borboniche fu premiata da Carlo Alberto di Savoia con il conferimento di numerose onorificenze sabaude per Curtatone e dal gen. piemontese Eusebio Bava per Goito. E’stato ipotizzato che la causa reale della sua morte sia stata una tazza di cioccolata avvelenata offertagli dall'arcivescovo di Ariano Irpino, mons. Michele Maria Caputo (1808-1862) che dopo l'Unificazione fu Presidente Onorario dell'Associazione Clerico-Liberale Italiana di Napoli, presso il quale la comitiva reale si era rifugiata durante il viaggio per sfuggire al maltempo. d) Francesco II (1836-1894, re dal 1859 al 1861) era italiano da quattro generazioni e parlava napoletano: “Io sono Napolitano; nato tra voi, non ho respirato altr'aria, non ho veduti altri paesi, non conosco altro suolo, che il suolo natio. Tutte le mie affezioni sono dentro il Regno: i vostri costumi sono i miei costumi, la vostra lingua la mia lingua, le vostre ambizioni mie ambizioni”. Curiosamente è stato l'ultimo a vantare una discendenza dal ramo principale dei Savoia rispetto al cugino Vittorio Emanuele II dopo il passaggio della corona al ramo collaterale dei Carignano. In politica interna varò varie riforme (a lato la bandiera del 1860-1861), concesse più autonomie ai comuni, emanò amnistie, migliorò le condizioni dei carcerati, ridusse le tasse, fece aprire Borse di cambio inoltre, siccome era in corso una carestia, ordinò l'acquisto di grano all'estero per rivenderlo sottocosto alla popolazione e per darlo agli indigenti. Ampliò la rete ferroviaria e sostituì la vecchia classe dirigente con personaggi di fede liberale, costituzionale e democratica, brusco cambio che all’invasione trovò il Regno in un delicato momento di transizione. e) Vittorio Emauele II (1820 – 1878, ultimo re di Sardegna dal1849 e I re d'Italia, 1861-1878) essendo francese parlava e scriveva in francese. Forse era figlio di un macellaio che sostituì il figlio del re morto in un incendio. Nell’incontro con Radetzky (23.III.1849) si dichiarò amico degli austriaci assicurando di voler agire contro il partito democratico e di voler abolire lo Statuto (Archivi austriaci) mentre in seguito affermò che si era rifiutato di revocarlo. La sua descrizione come illiberale è confermata da una lettera al nunzio apostolico (novembre 1849) “ non attende altro che il momento opportuno per disfarsi del governo costituzionale”, da una lettera (16.X.1852) del plenipotenziario francese De Butenval e da Massimo d'Azeglio (un liberale malcerto). A Genova scoppiò una sollevazione popolare sedata dal gen. La Marmora dopo un pesante bombardamento con 500 morti, saccheggi e stupri che ricevette una lettera d'elogio (aprile 1849). Il 29.III.1849 si presentò in Parlamento per giurare fedeltà e, il giorno dopo, lo sciolse indicendo nuove elezioni ma poiché il 15 luglio ne venne eletto uno ostile alla pace firmata con l'Austria lo sciolse nuovamente ottenendo la sua ratifica (9.I.1850). Il termine Italia e Vittorio Emanuele dei Decreti conferiva poteri quasi assoluti anche se diventerà ufficialmente re d'Italia solo il 17 marzo 1861 (Legge n° 4671). L'art. 1 del Decreto del 17 maggio 1860 (“Durante la guerra, il giudizio dei reati...”) rimasto efficace anche dopo rivela che l'annessione degli altri Stati italiani era un atto di guerra e l’assunzione di Garibaldi (14.V.1860) della Dittatura della Sicilia in suo nome dimostrava che non era venuto per liberarla dai Borbone ma per annetterla alla monarchia piemontese secondo i piani di Cavour che dichiarò in Parlamento che credeva che in Sicilia si parlasse arabo e che di essa conosceva ben poco. Il 17.III.1861 viene proclamato Re d'Italia con la formula: “Vittorio Emanuele II assume per sé e per i suoi successori il titolo di re d'Italia” aspramente contestata dalla Sinistra che avrebbe preferito “Vittorio Emanuele è proclamato dal popolo re d'Italia” con l’ eliminazione del numerale II svelando l’estensione dei Savoia sul resto dell'Italia e non la nascita di un nuovo Stato. Prima dei plebisciti emanò il proclama: “Le mie truppe si avanzano fra voi per raffermare l’ordine: io vengo a fare rispettare la vostra volontà” (§ D). f) Garibaldi era un personaggio crudele, privo di scrupoli, violentatore e artefice di gesti estremamente ignobili per mano di Bixio massacratore di innocenti (§ Fb). Portava i capelli lunghi perché una ragazza che aveva violentato gli aveva staccato un orecchio con un morso. Nel 1835 rifugiatosi in Brasile, dove emigravano i piemontesi disoccupati, tra i 28 - 40 anni visse assaltando navi spagnole al servizio degli inglesi, praticando il traffico di schiavi e rubando cavalli per cui venne condannato. Divenuto Dittatore del Sud espelle i Gesuiti e firma la concessione di un appalto equivalente a 56 miliardi di euro per la costruzione della rete ferroviaria del Sud a finanziatori della sua spedizione che fece talmente infuriare Cavour che gli scatenò una campagna di smitizzazione culminata nell’articolo Il creduto prodigio di Garibaldi (giornale torinese Piemonte del 13.IX.1860): “Le imprese di Garibaldi parvero sinora così strane che i suoi ammiratori han potuto chiamarle prodigiose. Un pugno di giovani da lui guidati sconfigge eserciti, piglia d’assalto le città in poche settimane, si fa padrone di un reame di nove milioni di abitanti senza navigli e senz’armi... Altro che Veni,Vidi, Vici! Non havvi Cesare che tenga a petto di Garibaldi. I miracoli però li ha fatti il gen. Nunziante e li altri ufficiali dell’esercito (§ L) che disertarono la loro bandiera; il Conte di Siracusa,la Guardia Nazionale che voltò le armi contro il re che gliele aveva date poche ore prima; Liborio Romano il quale, dopo aver genuflesso fino al giorno di ieri appié del trono di Francesco II, si prosta ai piedi di Garibaldi. Con questi miracoli ancor io sarei capace di far la conquista ma dell’universo mondo: Le società segrete hanno di lunga mano preparato ogni cosa per la rivoluzione. E quando fu tutto apparecchiato lo si chiamò ad eseguire i piani [...]. Se sarebbe stato [un altro] faceva lo stesso. Dove giunge Garibaldi la rivoluzione è organizzata issofatto, i proclami sono stampati. In questo modo può tranquillamente fare il giro del mondo a piantare le bandiere tricolori del Piemonte dopo Napoli, Roma,Venezia, la Dalmazia, l’Austria e quindi il mondo,noi torinesi padroni del mondo!”. Vittorio Emanuele non lo stimava e si lamentava del suo comportamento disonesto come risulta da una lettera in francese a Cavour dopo l’incontro di Teano. Il 6.XI.1860 Garibaldi schiera davanti alla Reggia di Caserta 14.000 uomini, 39 cannoni e 300 cavalli ma Vittorio Emanuele II non li passa in rassegna e il giorno dopo entra a Napoli mentre Garibaldi si ritira nell'isola di Caprera dopo aver accettato il titolo onorario di Gran Maestro della Massoneria e rifiutato il collare dell’Annunziata, il grado di maresciallo ed una ricca pensione (accettata successivamente“il più amaro boccone che in vita mia abbia inghiottito”). g) Tra i Mille c'erano delinquenti comuni come riconosciuto (5.XII.1861) dallo stesso Garibaldi che scrisse che F. Crispi arruolava criminali di ogni tipo. Il gen. E. Cialdini sminuì la loro importanza, salvati dall’esercito piemontese quando i borbonici si stavano riorganizzando. La promessa di arruolarli nell’esercito piemontese non venne mantenuta ed il 26 novembre vengono congedati con sei mesi di paga per essere ricreati due anni dopo ma con solo settentrionali. Cavour raccolse informazioni sulla loro gestione economica, si denunciarono furti e spese ingiustificate. Il col. ungherese Fidel Kupa denunciò che tra loro c’erano profittatori che non avevano mai combattuto, percepivano la paga talvolta anche più volte, si vendevano i cappotti e le coperte militari, praticavano la compravendita degli impieghi e alimentavano le clientele. h) Il concetto politico di Nazione, elaborato in termini giuridico-politici a partire dalla Rivoluzione Francese nel XIX secolo tocca corde emotive molto profonde, autentica invenzione di un'ideologia molto coinvolgente ed emotiva che serviva a tenere insieme uno Stato. In tal modo si preparavano psicologicamente le masse alle sommosse popolari artatamente sollevate da sovversivi prezzolati, i quali istigavano anche ingenui idealisti, suggestionati da idee libertarie. Quando poi scoppiavano i moti popolari si predicava il principio del non intervento, spacciandole per faccende interne di uno Stato a dimostrazione concreta che i governi erano oppressivi e che il popolo si ribellava spontaneamente al loro dispotismo ed inoltre facendo scatenare la reazione di quei governi aggravavano e rendevano verosimili le menzogne propagandate, in pratica il popolo veniva istigato alla sollevazione, facendogli credere di lottare per la libertà ma in realtà controllandone dall’alto l’esito per cui inconsapevolmente veniva seguito chi mirava ad imporre un nuovo sistema di potere. Il filosofo gesuita Luigi Prospero Taparelli D'Azeglio (1793-1862), fratello del marchese Massimo (1798-1866) nel saggio Della Nazionalità scrisse: “[...] Esistono le nazioni. Si tratti di popoli dai tratti culturali comuni e che abitano in un territorio omogeneo. Non esiste però nessuna necessità storica secondo la quale la nazione debba costituirsi in uno Stato. L’edificazione di uno Stato-nazione può essere auspicata, favorita, promossa purché sussistano alcune condizioni, quali il rispetto della giustizia, la volontà maggioritaria del popolo, il miglioramento delle condizioni di vita [...]” e su “Civiltà Cattolica” espresse la sua disapprovazione per lo sviluppo del Risorgimento italiano poiché la costituzione della nazione italiana in Stato fu un colpo di mano antidemocratico. C) La teoria dell'inferiorità razziale e la nascita del razzismo anti-meridionale La teoria fu elaborata dall’ufficiale medico piemontese Marco Ezechia (poi Cesare) Lombroso (1835-1909, fig. sotto) inviato al Sud nel 1861 e assieme ai fotografi che accompagnarono le truppe fu utilissimo alla propaganda razzista dello Stato Italiano intenta a spiegare il brigantaggio come fenomeno delinquenziale e non socio-politico. Nel 1879 scrisse che “la razza meridionale è biologicamente inferiore, per destino naturale” e che “la violenza era un buon indicatore di barbarie, e a sua volta la barbarie era un buon indicatore della degenerazione razziale”. Ritenne di trovare la causa dei comportamenti criminali nella fusione congenita dell'occipite con l'atlante alla base del cranio nell’autopsia del brigante Giuseppe Villella (fig. centrale), ipotesi del criminale per nascita, destituita di fondamento scientifico, giungendo a predicare la pena capitale contro la tendenza criminale innata. Questo trionfo del determinismo biologico sul libero arbitrio fu usato come piattaforma ideologica dal razzismo scientifico nazional-socialista. In occasione del 100° della morte il 27.XI.2009 ha riaperto il Museo di Antropologia Criminale a Torino dove crani e altre parti dei corpi di briganti giacciono in una specie di fossa comune. Alla nascita del razzismo anti-meridionale contribuirono fattori socio-politico-culturali. Le ragioni di classe incidevano nell'odio verso i meridionali promotori di una lotta di giustizia sociale con un approccio colonialista e di occupazione con l’assoluta convinzione di star civilizzando per cui bisognava utilizzare qualsiasi mezzo, anche il più crudele. Il fattore politico è legato al disprezzo dei presunti liberali del Nord nei confronti dei reazionari sanfedisti espressione di ignoranza e bigottismo non riuscendo a comprenderne le motivazioni socio-politiche mentre la fedeltà dei contadini e del popolino verso la monarchia assoluta non era espressione di adesione ideologica ma che il Re era stato spesso il miglior giudice nei contrasti con i baroni. L’elemento culturale emerge dal rapporti dei politici e dai dispacci dei generali con ogni sforzo diretto all'eliminazione dell'antichissima autonomia meridionale e l’esaltazione della piemontesizzazione. Cavour scrisse che il meridione era corrotto fino al midollo. Luigi Carlo Farini premier nel 1862-1863 nell’ottobre 1860 gli scrive: “Che paesi son mai questi (…)! Che barbarie! Questa è Affrica: i beduini, a riscontro di questi caffoni, sono fior di virtù civile”.. Il conte Ottaviano Vimercati addetto militare e diplomatico a Parigi scrive: “Gli Arabi che combattevo 15 anni or sono erano un modello di civiltà e di progresso in confronto a queste popolazioni che distano appena una quarantina di miglia dalla capitale”. Nel diario del gen. Paolo Salaroli, aiutante di campo di Vittorio Emanuele II leggiamo: “[...] La popolazione è la più brutta eh' io abbia veduto in Europa”. Il ten. Carlo Nievo scrive al fratello Ippolito: ”[...] Ho bisogno di fermarmi ed in una città che ne meriti un poco il nome, poiché fin ora sul Napoletano non vidi che paesi da far vomitare al solo entrarvi. Dal Tronto a qui ove sono, io farei abbruciare vivi tutti gli abitanti; che razza di briganti ! passando i nostri generali ed anche il Re ne fecero fucilare qualcheduno; ma ci vuole altro!”. Scrisse Bixio alla moglie che la Sicilia: “ E’ un paese che bisognerebbe distruggere e mandarli in Africa a farsi civili” e ancora: “In queste regioni non basta uccidere il nemico, bisogna straziarlo, bruciarlo vivo a fuoco lento [...] son regioni che bisognerebbe distruggere o almeno spopolare e mandare i caffoni in Africa a farsi civili”. Dagli Atti di un’inchiesta parlamentare: ”L’inferiorità del contadino meridionale è un prodotto storico dato l’ambiente di miseria e di ignoranza in cui ha vissuto per secoli. Qual meraviglia se se il suo temperamento si è volto al male, se l’acutezza della mente ha degenerato in frode, la forza in violenza, l’amore in libidine ?”. Il monarchico-federalista Massimo D'Azeglio criticava la politica di repressione dei Savoia ma scriveva nel suo carteggio privato che “unirsi ai Napoletani è come andare a letto con un lebbroso”. Anche molti studiosi meridionali sostennero a loro volta l'anti-meridionalismo come il siciliano lombrosiano Alfredo Niceforo che scriveva nel 1898: “Una grande colonia da civilizzare [...]. La razza maledetta, che popola tutta la Sardegna, la Sicilia e il mezzogiorno d'Italia dovrebbe essere trattata ugualmente col ferro e col fuoco, dannata alla morte come le razze inferiori dell'Africa e dell'Australia (L’Italia barbara contemporanea). Francia e Regno Unito si ergevano a giudici dell’operato del governo italiano anche a scopi interni perché omologare le lotte contadine per la terra con la delinquenza significava anche impedire che i loro contadini ne seguissero l’esempio. Ricordiamo che Amedeo VIII, il Pacifico (1383-1451) che unì definitivamente il Piemonte ai domini aviti dopo l'estinzione del ramo di Acaia (1418), conte fino al 1416 e poi Duca di Savoia, Principe di Piemonte e Conte d'Aosta, Ginevra, Moriana e Nizza fino al 1440 e dal 1439 al 1449 antipapa, col nome di Felice V nel 1430 promulgò gli Statuta Sabaudiae con le prime due disposizioni contro gli ebrei cioè l'obbligo di vivere separatamente dai Cristiani e che di notte potevano uscire solo casi eccezionali “In unum Iocum securum et clausura unde a solis occasu sque ad ortum exire non presumant. Ne mentes fidelium ex vicinitate ludeorurn corrumpantur, ipsique ludei Christianis quantum vellent nocere non valeant” (“affinché le menti dei fedeli non siano corrotte dalla vicinanza dei Giudei e gli stessi Giudei non possano nuocere ai Cristiani”) e l’obbligo, dopo i sette anni, di portare sulla spalla sinistra un contrassegno di panno con il simbolo di una ruota bianca e rossa “Ut infideles a fidelibus discernantur” (per “poter scansare gli infedeli”). D) Le drammatiche conseguenze dell’Unificazione Storicamente il Brigantaggio inizia con le prime sollevazioni due giorni dopo la partenza per l’esilio di Francesco II (13.II.1861). Già nell’estate 1860 avvennero varie insurrezioni in Sicilia, Basilicata e Puglia sedate sempre nel sangue. In Campania furono massacrate almeno 150.000 persone, nel napoletano quasi ogni famiglia ebbe un morto mentre migliaia di persone, di varia estrazione sociale, anche religiosi, furono arrestate se sfavorevoli all’Unificazione. Nei decenni seguenti diversi fattori alimentano un sentimento anti-statale: il divieto, pena la fucilazione, di raccolta della legna nei boschi prima consentita; la forte connotazione anti-cattolica del Risorgimento; il servizio militare adesso obbligatorio e di otto anni con addestramento al Nord e poiché la maggioranza si diede alla macchia nel 1864 in Sicilia interi paesi vennero circondati e privati dell'acqua potabile per catturare i renitenti alla leva e quelli catturati o i loro parenti vennero fucilati come esempio. Comparvero così i briganti (dal francese brigant, bandito, fig. in alto a dx.) contro la barbarie dei liberatori, una guerra impari destinata all'insuccesso perché senza alcun aiuto esterno e che morirono quasi tutti sotto i 30 anni. “E intorno a noi il timore e la complicità di un popolo [...] che disprezzato da regi funzionari ed infidi piemontesi sentiva che era negato ogni diritto, anche la dignità di uomini [...]” (Carmine Crocco). a) La Legge nº 1409/1863 (Legge Pica) e le drammatiche conseguenze Emanata con R. D. del 20 agosto per la repressione del brigantaggio e dei camorristi nelle Provincie infette (Abruzzo Citeriore ed Ulteriore II, Basilicata, Benevento, Calabria Citeriore ed Ulteriore II, Capitanata, Molise, Principato Citeriore, Ulteriore e Terra di Lavoro, fig. a lato), fu proposta dall’on. abruzzese Giuseppe Pica che abolisce le garanzie costituzionali e istituisce il reato generico di brigantaggio per cui in pratica ogni sentenza è legittima. Da temporanea resterà in vigore fino al 31.XII.1865 e seguiva la proclamazione dello stato d'assedio dell’estate 1862 col quale si era concentrato il potere nelle mani dell'autorità militare e i sospetti briganti o loro parenti potevano essere fucilati senza formalità per cui le fucilazioni anche di vecchi, donne e bambini divennero quotidiane portando ad abusi di ogni tipo tra cui in pratica libertà di stupro e la nascita del concetto di responsabilità e punizione collettiva per i reati dei singoli e il diritto di rappresaglia (crimine contestato ai nazisti). Il sen. Ubaldino Peruzzi evidenziò “la negazione di ogni libertà politica” mentre don Vincenzo Padula scrive nel 1864: “Il brigantaggio è un gran male, ma male più grande è la sua repressione”. Nel quinquennio 1861-1865 parlamentari e i giornalisti non potevano circolare nei territori oggetto delle operazioni militari. Nonostante i suoi tragici effetti gli obiettivi prefissati fallirono, l'attività insurrezionale durò fino al 1870 e il Piemonte ebbe il doppio dei morti di tutte le guerre d'indipendenza. Chiunque mostrava insofferenza anche solo verbale per i conquistatori automaticamente veniva etichettato come “brigante”con abusi e crimini di ogni genere come incarceramenti immotivati e senza processo, impiccagioni con i corpi lasciati penzolare dai pennoni o talvolta portati in giro come monito o teste mozzate esibite come trofeo in gabbie di legno e ricorso alla tortura. Come riferì in Parlamento il Ministro della Guerra Alessandro Della Rovere “Sono imprigionati 80.000 soldati napoletani perché non si sono sottomessi al nuovo potere, renitenti alla leva e migliaia sono profughi dei paesi saccheggiati e distrutti”. Il gen. A. La Marmora ordinò ai procuratori di "non porre in libertà nessun detenuto senza l'assenso dell'esercito". Il giornale L'armonia scrisse: “La maggior parte dei reclusi sono ignudi e cenciosi, pieni di pidocchi, sulla paglia [... ]. Quel poco di pane nerissimo che si dà per cibo, per una piccola scusa si leva e se qualcheduno parla é legato per mani e piedi per più giorni. Vari infelici sono stati attaccati dai piedi e sospesi in aria col capo sotto ed uno si fece morire in questa barbara maniera soffocato dal sangue; e molti altri non si trovano più né vivi né morti. E' una barbarie”. Testimonianze sulle prigioni nel decennio 1860-1870 ce ne sono tantissime, non si poteva leggere, scrivere né ricevere visite. Le celle erano senza spazio nemmeno per dormire a volte i prigionieri esasperati si impiccavano, a volte venivano fucilati per far posto ai nuovi venuti. F. Crispi scrisse: “Si veggono giungere fino a Napoli, quasi ogni giorno lunghe file fino a 200 condannati a domicilio coatto: vecchi cadenti, donne incinte, persino fanciulli sui 10 anni, commiste ad uomini sul fiore dell’età, per semplice denuncia di un ribaldaccio qualsiasi o di un nemico”. Il dep. Mauro Macchi testimoniò: “Fui a visitare le carceri di Milazzo: un orrore! Ne uscii carico di insetti ed il rossore sulla fronte per la vergogna di essere italiano”. Il Times nel 1868 scrisse: “Nelle prigioni di Napoli si pratica qualcosa di turpe, di feroce, d’immondo, di barbaro e d’infame”: la camicia di forza il più lieve dei supplizi, roba da donne. C’è di peggio: la palla che consisteva nell’avvicinare il torturato al muro dove all’altezza di otto palmi c’erano due forti anelli di ferro. Legandolo gli si attaccavano ai polsi due piccole catene che passando dentro gli anelli nel muro venivano giù per il peso di 2 palle di circa 10 kg attaccate alle due estremità delle catene. Poi c’era il cassone, dove il torturato veniva posto dopo avergli applicato la camicia di forza, una bara su misura con un foro al di sotto per le funzioni fisiologiche, altri piccoli fori lungo le pareti laterali e stringhe di cuoio che tenevano immobilizzati per dare l’immobilità assoluta. Diventarono sistematiche le ritorsioni sulla popolazione inerme, con stragi di interi villaggi (§ F) e la distruzione dei raccolti per affamare i resistenti e interi boschi bruciati perché non vi potessero rifugiare. I militari adesso ostentano i cadaveri, mettono in posa i fucilati con macabre messe in scena tra cui brigantesse fotografate nude dopo l’uccisione come Michelina Di Cesare (1841-1868). Sostiene don V. Padula: “Finora avemmo i briganti ora abbiamo il brigantaggio.Vi hanno briganti quando il popolo non li ajuta, quando si ruba per vivere e morire con la pancia piena; e vi ha il brigantaggio quando la causa del brigante è la causa del popolo[…] Ora noi siamo nella condizione del brigantaggio”. La repressione fu violentissima ma inefficace (1861-1869) perché le masse rurali li identificavano come eroi. Racconta A. De Jaco: “[....] le fucilazioni aumentarono la solidarietà popolare per le vittime. I briganti assumevano erano giustizieri implacabili, per i pastori e le plebi, belve feroci per i benestanti”. La resistenza popolare interessò molte regioni italiane, specialmente quelle meridionali e il Veneto e vi aderirono molti garibaldini e regolari piemontesi come l’operaio biellese Carlo Antonio Gastaldi, medaglia d’argento al v. m. a Palestro nel 1859 che inviato in Puglia fu talmente nauseato dal comportamento piemontese da divenire addirittura luogotenente di Pasquale Domenico (Sergente) Romano insieme al piemontese Antonio Pascone. La rivolta venne etichettata come volgare brigantaggio dai giornali settentrionali perché al Sud la libertà di stampa venne abolita fino al 31.XII.1865. Non esistono cifre precise sui morti in questa guerra civile. I paesi dell’ex-Regno martirizzati furono 41-81 secondo vari documenti. Vittorio Emanuele ai suoi criminali di guerra concesse 4 medaglie d’oro, 2375 d’argento e 5012 menzioni onorevoli. Scrisse Antonio Gramsci: “Lo stato italiano è stata una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri [...] che scrittori salariati tentarono di infangare col marchio di briganti” (L’Ordine Nuovo, 1920). La lotta al brigantaggio diventò uno degli argomenti principali del Parlamento e già nel 1860 sorsero dubbi sull’Unificazione come si evince dai discorsi in Parlamento l’8 ed 11 ottobre 1860 dell’on. Giuseppe Ferrari, federalista democratico-socialista e senatore dal 15.V.1876: “Il dissentimento tra l’alta e bassa Italia nasce dal modo con cui venne iniziata l’attuale liberazione.”e il 29 aprile 1862 osserva: “Intere famiglie sono arrestate senza il minimo pretesto; uomini assolti dai giudici ancora in carcere. Si è introdotta una nuova legge in base alla quale ogni uomo preso con le armi in pugno è fucilato. Se la vostra coscienza non vi dice che state sguazzando nel sangue non so più come esprimermi” e sette mesi dopo si chiede: “Potete chiamarli briganti ma combattono sotto la loro bandiera nazionale; ma i padri di questi briganti hanno riportato per due volte i Borboni sul trono di Napoli. È possibile, come il governo vuol far credere che 1.500 uomini comandati da due o tre vagabondi possano tener testa a 120.000 regolari ? Ho visto una città di 5000 abitanti completamente distrutta [Pontelandolfo] (§Fg) non dai briganti” . L’on. Francesco Proto, duca di Maddaloni nella seduta del 20.XI.1861 dichiara che si fa venir dal Piemonte qualsiasi oggetto e i piemontesi per qualsiasi attività e deposita una mozione di inchiesta che era un atto di accusa contro ciò che avveniva nell’ex-Regno e cercava di chiarirne la logica intrinseca. La sua richiesta di metterla in discussione viene respinta e venne vietata la sua pubblicazione negli Atti parlamentari per cui Proto si dimise (quale esempio per gli attuali nostri politici !), e la pubblicò a spese sue nel 1862 a Nizza (copia nella Biblioteca del Museo del Risorgimento di Milano) e a Firenze (Biblioteca di storia moderna e contemporanea di Roma). L’1 gennaio 1862 in Sicilia insorge Castellamare del Golfo conclusa con la fucilazione di centinaia di insorti tra cui alcuni preti. A Marsala nello stesso anno vengono arrestati oltre 3.000 persone, per lo più parenti dei ricercati, compresi donne e bambini e ammassate per settimane nelle catacombe prive di aria e luce. Per la repressione sono stanziate risorse sempre maggiori; nell’agosto 1862 viene decretato lo stato d'assedio per cui l'autorità militare è superiore alla civile e i soldati passano da 22.000 (1861) a 120.000 (1863), la metà del totale cui si contrappongono 80.000 guerriglieri divisi in 488 bande scoordinate tra loro. Il prefetto di Foggia e Capitanata De Ferrari nel 1863 dispone che “Tutti gli animali saranno radunati in poche località per essere meglio custoditi. Tutte le piccole fattorie saranno abbandonate, cibo e foraggio rimossi e gli edifici murati. Nessuno potrà andare nei campi senza autorizzazione scritta del sindaco e scorta” e l’8 luglio aggiunge: “ I cavalli possono essere ferrati solo in pubblico e in luoghi autorizzati”. Nel 1867 Francesco II sciolse il governo borbonico in esilio e verso la fine del tremendo decennio la repressione piemontese prese il sopravvento, anche per la fine dell'appoggio dello Stato Pontificio e nel gennaio 1870 si ebbe la fine ufficiale del brigantaggio. I metodi brutali scatenarono polemiche persino da parte di esponenti liberali e politici europei come lo scozzese McGuire, il francese Gemeau e lo spagnolo Nocedal. Benjamin Disraeli, ex-cancelliere dello Scacchiere e futuro premier disse alla Camera dei Comuni di Londra, nel 1863: “Discutiamo sulle condizioni della Polonia e non ci è permesso discutere su quelle dei Meridione italiano dove in un Paese gl’insorti sono chiamati patrioti e nell’altro briganti, ma non ho appreso in questo dibattito alcun’altra differenza tra i due movimenti”. b) La distruzione dell’economia meridionale Citiamo solo Calabria e Campania. La Calabria era la regione più ricca della penisola dove l'industrializzazione iniziò con lo sfruttamento delle locali miniere di ferro e di grafite con la fondazione del grandioso stabilimento siderurgico Real Stabilimento di Mongiana [VV], con circa 1.500 operai dove vennero costruite le rotaie per la ferrovia e vi era anche la fabbrica d'armi del fucile omonimo. Nella Fonderia Ferdinandea (RC) veniva prodotta ghisa. Altre attività importanti in Calabria oltre alla produzione agricola erano quelle tessili (soprattutto la seta), gli arsenali e i numerosi cantieri navali. A fine Regno era fortemente industrializzata con oltre 31000 impiegati, numero veramente notevole per l'epoca. La Campania nel 1860 era la regione più industrializzata d'Europa con cantieri navali tra i migliori d'Europa, fabbriche d'armi e di utensileria, aziende chimico mentre la fabbrica metalmeccanica Reale Opificio Meccanico e Politecnico di Pietrarsa (1837, fig. a lato) in riva al mare voluta da Ferdinando II per rendere il Regno sempre più sviluppato tecnicamente e autonomo dalle industrie inglesi era la più grande d’Italia precedendo di parecchi anni Ansaldo, Breda e Fiat e produceva prodotti in ghisa, macchine e motori a vapore, locomotive, carrozze ferroviarie e binari e fu l’unico Stato a non aver bisogno di macchinisti inglesi sulle navi a vapore. L’Opificio dava lavoro a mille persone e con l’indotto arrivava a ottomila maestranze. L’intera Europa rimase colpita da quest’opera eccezionale visitata, fra gli altri, da papa Pio IX e nel 1845 dallo zar Nicola I di Russia che volle riprodurla a Kronstadt. Per quanto riguarda il territorio continentale, nel 1860 gli addetti alle grandi industrie erano 210.000, circa il 7 % della popolazione attiva, distribuiti in circa 5.000 Opifici. Il capitale investito nella sola industria è valutabile intorno a 100.000.000 ducati (1 ducato = 16 €, 4,25 lire dell'epoca) e dava utili anche del 15-20 % (media di circa l'8 %). Il reddito pro-capite complessivo era di 275 milioni di ducati/anno. Già dal 1818 i due principali settori trainanti dell'economia del Regno erano l'industria tessile (cotone, lana e seta) e quella metalmeccanica tanto che molti stranieri, soprattutto svizzeri, effettuarono investimenti. Con la perdita dell’indipendenza del Regno comincia il sistematico saccheggio di opere d’arte di inestimabile valore portate a Torino. Fu attuata la sistematica e forzosa appropriazione (confisca) delle risorse in denaro e titoli delle ricche Casse dell’erario e dei comuni liberati, delle disponibilità liquide dei vari Istituti di credito e dei beni delle chiese, i cui arredi sacri furono anche trafugati, per pagare le spese di guerra (caso unico nella Storia in cui sono state pagate dai liberati !) quindi nel 1864 nelle casse piemontesi finirono i proventi degli espropri e della vendita dei beni ecclesiastici e demaniali che i Borbone riservavano da sempre ai contadini e pastori pari a 600.000.000 ducati (1 ducato=16 €) utilizzati per il rilancio dell'agricoltura della Valle Padana. Il governo piemontese non aveva alcun interesse a mantenere in vita il modello di sviluppo dei Borbone per cui i settori produttivi entrarono in una crisi profonda, lo status quo economico pre-1860 venne a mancare e l’economia meridionale fu semplicemente distrutta (piemontesismo) con la fine delle imprese meridionali mentre i porti vennero declassati mentre quelli di Genova e Livorno aprirono al traffico internazionale. Nel gennaio 1862 su pressione della borghesia lombardo-piemontese fu abolito il protezionismo che associato al liberismo espose le industrie alla concorrenza esterna soprattutto anglo-francese e, sul mercato interno, alle nascenti e più protette aziende del triangolo industriale e in pratica nel 1865 quasi tutte le fabbriche meridionali fallirono perché senza commesse e i loro macchinari vengono trasferiti al Nord, a es. i frantoi in Liguria e sul Lago di Garda; i macchinari delle ferriere di Mongiana in Lombardia, gli altiforni di Pietrarsa a Genova fondando l’attuale Ansaldo; i telai calabresi e di S. Leucio a Valdagno dove sorse la prima fabbrica tessile veneta oggi Marzotto quindi nascono con costi pubblici ma guadagno privato anche la Breda, la Pirelli, la Montecatini e la Fiat. Pietrarsa venne privatizzata svendendola gettando le basi di un crescente malcontento sfociato nello sciopero del 10.VIII.1863 con morti e feriti; nel 1875 erano rimasti solo 100 operai (due anni prima una sua locomotiva aveva vinto la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Vienna) quindi divenne statale e chiusa nel 1975. Ufficialmente Mongiana fu chiusa perché le nuove teorie industriali ritenevano sorpassati gli impianti siderurgici in zone di montagna con fonti energetiche derivate da salti idrici e carbone vegetale ma poco dopo iniziò la costruzione dell’acciaieria di Terni ancora più lontana dal mare, spendendo molto di più di una sua ristrutturazione. L’agricoltura che alimentava il commercio estero dopo venti anni apparve prostata. La politica protezionistica del decennio 1877-1887 secondo lo storico Giustino Fortunato fu la causa del “fatale sagrifizio degl'interessi del Sud” e “l'esclusivo patrocinio di quelli del Nord” mentre l’on. Giuseppe Polsinelli industriale laniero nel 1861 osservò che: “Francia e Inghilterra predicano il libero scambio dopo aver avuto per secoli una copertura grandissima e la Francia anche la proibizione: la lotta di un gigante con un bambino”. Nel 1954 l'economista L. Einaudi ammise: “Noi settentrionali abbiamo contribuito qualcosa di meno ed abbiamo profittato qualcosa di più dopo la conquista dell'unità nazionale [...]. Peccammo, di egoismo quando il settentrione riuscì a cingere di una forte barriera doganale il territorio nazionale e ad assicurare alle proprie industrie il monopolio del mercato meridionale. Noi riuscimmo così a far affluire al Nord una enorme quantità di ricchezza” (“Il Buongoverno”).Nel 1859 nel Regno di Sardegna, di circa 4.282.553 abitanti, c’erano poche Casse di Risparmio e Monti di Pietà, il commercio era assai modesto; in Lombardia si servivano della Banca Austriaca e solo dopo l’Unificazione vi sorsero grandi industrie. . c) La nascita della Banca d'Italia Il Regno delle Due Sicilie nel 1859 di circa 6.970.018 abitanti aveva una moneta solida e stabile e in campo economico era al I posto in Italia e al III in Europa. G. Murat creò il Banco delle Due Sicilie sul modello della Banca di Francia; a Napoli c’era anche l'unica filiale italiana della Banca Rothschild (le altre erano a Londra, Parigi e Vienna). Nel 1859 il solo Banco gestiva 33.000.000 ducati tra depositi pubblici e privati, equivalenti a circa 140 milioni di lire piemontesi (il cambio era di 4,25:1 in favore dei ducati) e altre 2.000.000 di sterline, pari a circa 60.000.000 ducati (255.000.000 lire piemontesi) erano proprietà personale di Francesco II mentre 30.000.000 ducati (127,5.000.000 lire piemontesi) erano nelle banche siciliane. Dopo l’Unificazione fu impedito al Banco delle Due Sicilie, che venne scisso in Banco di Napoli e Banco di Sicilia, di recuperare dal mercato le proprie monete-oro per trasformarle in carta-moneta perché con 1200 milioni avrebbe controllato tutto il mercato finanziario. Passarono nelle casse piemontesi 443 milioni/oro, 1500 miliardi € (oggi una manovra finanziaria è di circa 15 miliardi) ma fu vietato di aprire sportelli nel Nord mentre le banche del Nord ne aprivano al Sud. Nel 1861 le riserve auree del Banco di Napoli scendono da 443 a 43 milioni mentre quelle della Banca di Sardegna salgono da 26 a 157 milioni. Dal 1865 il Banco di Napoli può aprire filiali al Nord ma viene favorito il trasferimento di capitali al Nord perciò le riserve auree del Banco di Napoli diminuiscono ancora mentre aumentano quelle della Banca Nazionale del Piemonte. Nella spartizioni delle azioni per la costituzione della Banca d'Italia (L. n° 449 /1893) al Banco di Napoli, maggior finanziatore, ne toccarono solo 20.000 mentre alla sola Liguria 120.000 e globalmente al Centro-Nord 280.000 inoltre alla B.N.L. fu permessa l’apertura di filiali in tutta Italia vietata al Banco di Napoli. Poiché le banche del Nord per legge non potevano convertire la carta moneta in oro questo capestro fu imposto al Banco di Napoli quindi stampavano carta moneta che a Napoli permutavano in oro. d) La realtà economica pre-Unificazione Nel 1859 quella del Regno di Sardegna era disperata con un debito pubblico di 750 milioni di lire come dichiarato dal min. C. Boggio: “La pace ora significherebbe per il Piemonte la riazione e la bancarotta [...] mentre nel luglio 1850 Cavour disse alla Camera: “Io so quant’altri che, continuando nella via che abbiamo seguito da due anni, noi andremo difilati al fallimento” Dei 668 milioni/oro degli Stati italiani 443 erano del Regno delle Due Sicilie e mentre in Piemonte circolava carta straccia la valuta dei Borbone era supportata dal relativo controvalore in oro le cui riserve auree, 500 milioni contro i 100 dei piemontesi permisero di stampare carta moneta per circa tre miliardi. I prezzi nel Regno duosiciliano erano estremamente stabili e il costo della vita basso rispetto agli altri Stati pre-unitari. Il suo patrimonio era 443,3; nello Stato Pontificio 90,7; nel Granducato di Toscana 85,3 e nel Regno di Sardegna 27,1 mentre la percentuale di moneta circolante in milioni lire/oro) era: nel Regno delle Due Sicilie 65,7%; nello Stato Pontificio 14%; nel Granducato di Toscana 12,9 % e nel Regno di Sardegna 4%. e) La nascita della lira italiana Con la Legge 24 agosto 1862 le monete pre-Unitarie vengono sostituite con i seguenti cambi: Lira piemontese = 1 Lira italiana, Lira austriaca = 0,87 Lire italiane, Lira toscana = 0,84 Lire italiane, Ducato duo siciliano = 4,25 Lire italiane. F. Nitti rileva che: “Mettendo fuori corso il Ducato venne commesso un grosso errore in quanto triplicò in un sol colpo la massa monetaria incamerata con l’annessione del Sud”. Studi della Banca d’Italia dimostrano che l'indice di industrializzazione delle province campane, la parte più popolosa del Regno, era nel 1881, venti anni dopo l'annessione, ancora agli stessi livelli del triangolo industriale e superiore alle restanti province italiane. Il P.I.L. pro-capite delle Regioni dall'Unità a oggi e altri indicatori economici evidenziano che l'economia meridionale comincia a declinare inesorabilmente soltanto dopo l’Unificazione. f) La folle tassazione post-Unificazione Nel Regno delle Due Sicilie si pagavano solo cinque tasse mentre in Sardegna erano ventidue con sovrapposizioni senza criterio. Confrontando le rendite (cioè i titoli di Stato, indici dello stato di salute delle finanze pubbliche) dei due Regni quello di Sardegna nel 1847 aveva un debito pubblico di 9.342.707,04 lire/anno che negli anni successivi aumentò vertiginosamente per cui nel 1860 furono emesse rendite per 67.974.177,10 lire viceversa nel decennio 1848-1859 le emissioni di titoli del debito pubblico del Regno delle Due Sicilie era di 5.210.731,00 lire e ancora quello di Sardegna aveva accumulato un disavanzo maggiore del primo di 234.966.907,40 lire (369.308.006,59 lire vs. 134.341.099,19 lire del Regno delle Due Sicilie) mentre nel quadriennio 1856 - 1859 il Regno duosiciliano aveva registrato un avanzo di bilancio. Dopo il 1860 la tassazione nel Regno delle Due Sicilie aumentò del 100% passando da 14 franchi a testa del 1859 a 28 e dal 1861 al 1890 decuplica; solo in Sicilia passa da 32 a 300 milioni. Il sen. Vittorio Sacchi inviato nel 1861 a dirigere le finanze napoletane relazionò: “Si trovano tali capacità di cui si sarebbe onorato ogni più illuminato governo”. Il fatale colpo di grazia all’economia meridionale fu assestato dal sommare l’enorme debito pubblico piemontese del 1859 con quello modesto del Regno delle Due Sicilie. Secondo F. Nitti le grandi ricchezze dell’ex Regno oltre a contribuire maggiormente alla formazione dell'erario nazionale furono destinate prevalentemente al risanamento delle finanze delle regioni settentrionali aprendo il Sud alla colonizzazione dei suoi banchieri e industriali. L’ex premier M. D'Azeglio scrive al sen. Matteucci: “ A Napoli, ci vogliono e sembra che ciò non basti sessanta battaglioni. Dunque vi fu qualche errore e bisogna cambiare atti e principi […]”. g) La discriminazione economica Nel 1861 per le bonifiche idrauliche vennero spesi 486.000.000 al Nord vs. 3.000.000 al Sud; per le ferrovie rispettivamente 2 miliardi vs. 732 milioni; per coste, spiagge e fari 216.000.000 vs. 86.000.000 per il Sud; per la ridistribuzione delle tasse, per ogni 100 lire, 90 al Nord vs. a 8,70 lire al Sud. Per 1889 opere pubbliche finanziate 150.000 lire furono destinate al Piemonte e 10.000 lire alla Sicilia con la beffa che una legge del 1876 riconosceva sussidi ai comuni piccoli e poi a quelli poveri ma poiché al Sud i centri popolosi erano il doppio del Nord vennero esclusi, così mentre la Lombardia riceverà 79,44 lire/abitante, la Calabria appena 12,79 lire/abitante inoltre gli appalti per i lavori nel Meridione furono affidati a imprese lombardo-piemontesi pagate però col drenaggio fiscale locale. h) La distruzione della cultura meridionale Il Regno delle Due Sicilie era erede delle secolari tradizioni dei Regni di Napoli e Sicilia (§ N). Nel suo Real Teatro San Carlo, uno dei più antichi d'Europa, venivano rappresentate memorabili prime. Nel 1861 al Nord c’erano 7 milioni di analfabeti vs 5 milioni nel Regno delle Due Sisilie mentre nel 1951 erano 1,7 milioni al Nord vs. 2,5 milioni al Sud. Dopo l’Unificazione dal 1861 al 1876 nel Meridione vennero chiuse il 99 % delle scuole e per finanziare l'istruzione inferiore si spesero 2,32 lire/cittadino al Nord rispetto alle 1,25 lire al Sud, in Calabria meno ancora. Delle 4 Università dell’ex- Regno nei 40 anni successivi rimase solo quella di Napoli con 5200 iscritti con la metà dei contributi rispetto a quella di Roma che ne aveva 1700 mentre al Nord ne sorsero di nuove come ad es, a Pisa, Parma, Modena, Siena e Macerata. La libertà di stampa venne abolita fino al 31.XII. dicembre 1865. Le conseguenze sulla Giustizia: l’efficiente apparato giuridico borbonico all’avanguardia in Europa venne smantellato sostituendo i giudici con camerieri, barbieri, figli di prostitute, ruffiani nominandoli prefetti o segretari comunali o di cancelleria. i) Le conseguenze sociali dell’annessione E’stata alterata la coscienza popolare, l’emorragia dell’emigrazione fu così violenta, dal 1860 ad oggi 25 milioni di emigrati pure sottoposto alla tassa sull’espatrio con quasi 3.000.000 emigrati soltanto dalla Calabria (la regione italiana più ricca pre-1860), che sorse un serio problema demografico poiché con la prevalenza femminile si ebbe l’avvento di una società matriarcale inoltre in circa 100 anni per le stragi piemontesi post-Unificazione e poi per la Iª guerra mondiale dove su 600.000 morti e altrettanti feriti la metà fu di meridionali, che erano solo 1/3 della popolazione unitaria, il Sud ne uscì con la perdita della propria identità nazionale e prevalse l’idea che i valori socio-culturali dei settentrionali avessero maggior fondamento arrivando a un vero e proprio genocidio umano e spirituale. E) Il pensiero e i crimini di alcuni ufficiali piemontesi a) Gen. Nino Bixio (1821 - 1873): protagonista tra l’altro della strage di Bronte (§ Fb) eseguì oltre 700 condanne a morte senza processo. Dall’ Unione: “Bixio ammazza a rompicollo, all’impazzata, fa moschettare tutti i [soldati e ufficiali] prigionieri stranieri che gli capitano tra le unghie, e tira colpi di pistola a quei suoi ufficiali che osano far motto di disapprovazione”. b) Gen. Raffaele Cadorna (1815-1897): il macellaio, comandante militare in Sicilia e in Abruzzo nel 1860 si adoperò con durezza per reprimere il brigantaggio; nel 1866 compì, tra l’altro, dei crimini a Palermo (§ Fh). c) Gen. Enrico Cialdini (1811-1892): a Gaeta si rese colpevole di vari crimini (§ Fc). Dopo la consegna ai garibaldini di Messina (28.VII. 1860), l’assedio della Cittadella fortificata, continua fino al 12.III.1861 e a un certo punto rompendo i patti sottoscritti costruisce opere d’attacco chiedendo la resa, minacciando la sua distruzione, di passare per le armi tanti soldati e ufficiali quanti piemontesi sarebbero morti e infine di consegnare gli ufficiali e i loro congiunti ai messinesi. Il carteggio tra i due generali viene diffuso nelle Corti europee, suscitando ovunque proteste e riprovazioni (vere e false). L’11.III.1861 cannoneggia la Cittadella, appoggiato anche dalle navi con centinaia di morti. Alle 23 del giorno dopo c’è la resa a condizioni durissime. Dopo la fine del Regno Cialdini telegrafa al Gov. del Molise: “Fucilo tutti i paesani che piglio armati” e come Luogotenente ordina agli ufficiali “che sia applicata la legge marziale e che nelle zone occupate vigga il diritto di rappresaglia, un nostro diritto”. Nei giorni seguenti all'insurrezione di Montefalcione (§ Fe) inizia una campagna militare contro i centri del circondario che erano insorti. A Napoli,nel 1861 dava queste cifre per i primi mesi e per il solo Napoletano: 8 968 fucilati, tra i quali 64 preti e 22 frati; 10 604 feriti; 7 112 prigionieri, 918 case bruciate, 6 paesi interamente arsi, 2 905 famiglie perquisite, 12 chiese saccheggiate, 13 629 deportati, 1 428 comuni posti in stato d'assedio. Al criminale vennero riconosciuti parecchi titoli onorifici, la medaglia d’argento al v. m. e il titolo di Duca di Gaeta. d) Cap. Crema del 45° fanteria del Molise: emanò un bando agli abitanti di Casalciprano e dintorni che sarebbe stato fucilato chi avesse alloggiato o protetto briganti in qualsiasi forma. e) Gen. E. Morozzo Della Rocca (1807-1897): ordinò che “non si perdesse tempo a far prigionieri, dato che i governatori ne avevano fatto imprigionare troppi” e scriverà nelle memorie “erano tanti i ribelli, che numerose furono le fucilazioni; da Torino mi scrissero di moderarle, riducendoli ai soli capi ma i miei comandanti [da allora] mi telegrafavano con la formula “arrestati, armi in pugno, capi briganti” e io rispondevo: “fucilate”. Poco dopo il gen. Fanti, cui il numero dei capi sembrava esagerato mi invitò a sospenderle”. Con R. D. 1.VI.1861 medaglia d’oro al v. m. ”Per essersi distinto alla presa di Capua”. f) Gen. Manfredo Fanti (1806-1865): emanò un bando che sanciva la competenza dei Tribunali militari straordinari anche per le cause civili. Con R. D. I.VI.1861 medaglia d’oro al v. m.“Per essersi distinto all'attacco e presa di Mola di Gaeta”. g) Col. Gabriele Fantoni (1833-1913): nel proclama emesso da Lucera (FG) il 9.II.1862 vietava l’accesso, anche a piedi, pena la fucilazione, a tredici foreste. h) Col. Pietro Fumel (1801-1866): la repressione nel Cosentino fu spietata senza nessuna garanzia legale ricorrendo alla tortura e esecuzioni lungo le strade con la decapitazione e le teste impalate come monito o gettate nei fiumi; a Fagnano Castello, ordinò la fucilazione di cento contadini inermi. A Cirò il 12.II.1862 emanò un Bando: “Prometto una ricompensa di cento lire per ogni brigante, vivo o morto, che mi sarà portato [...] e sarà data ad ogni brigante che ucciderà un suo camerata; gli sarà inoltre risparmiata la vita”. Minaccia di fucilazione immediata chi favoreggia i briganti quindi“Tutti gli animali dovranno essere condotti nei depositi centrali con scorta adeguata. Tutte le capanne dovranno essere bruciate. Le torri e le case di campagna disabitate dovranno essere scoperchiate, e le entrate murate entro tre giorni”. Anche il suo più stretto collaboratore l'uff. Auguste de Rivarol sconcertato annotò nelle sue memorie le sue atrocità. L’on. G. Ricciardi disse alla Camera il 18.IV.1863: “Si vanta d'aver fatto fucilare circa trecento briganti e non solo per essere meridionali”. Il conservatore Alexander Cochrane-Wishart-Baillie dirà: “Un proclama più infame del regno del terrore in Francia”. Bixio e molti altri comandanti ne presero le distanze. Ebbe la medaglia d'argento al v.m. i) Gen. G. Galatieri (1761-1844):dal suo quartier generale di Teramo nel giugno 1861 emana il proclama: “Chiunque ospiti un brigante sarà fucilato e chiunque non collabori con la forza pubblica vedrà la sua casa saccheggiata e bruciata”. l) Gen. Giuseppe Govone (1825-1872): inviato in Sicilia per rastrellare coscritti, fece uso di metodi quali “(§ D) e la presa in ostaggio di donne e bambini”. Per giustificarsi in Parlamento fece riferimento alla barbarie del territorio, causando lo scoppio di tafferugli: F. Crispi, siciliano, sfidò a duello un deputato settentrionale mentre ventuno democratici, tra cui lo stesso G. Garibaldi, si dimisero. m) Magg. Girczy: partecipò a Montefalcione (§ Fe) e ebbe la medaglia di bronzo al v. m.
Chi parla di scienza sa di cosa parla? La domanda non è obsoleta ed inutile poiché quello che da queste pagine tentiamo di dire da diversi mesi è: ma siamo sicuri che tutto quello che viene propinato, il potere della televisione, della chiesa qualunque essa sia, della politica ed infine della scienza, sia veramente vero? E se un nugolo di personaggi si fosse saldamente attaccato al potere temporale e volesse "darcela a bere…", per dirla con una frase in uso in Toscana. In altre parole, siamo sicuri della buona fede di chi scrive e comunica notizie, che dicono cose che forse non sono vere? …compreso il sottoscritto ovviamente. Il solo fatto che un libro sia stato pubblicato e letto, il solo fatto che qualcuno possa andare in televisione a dire la sua, non vuol dire che abbia potuto esprimere una visione della realtà corretta e coerente. Il fatto che qualcuno faccia delle dichiarazioni da scienziato sulla scienza, da politico sulla politica, da religioso sulla religione non ne fa automaticamente il detentore della verità assoluta! Invece si ha la cattiva abitudine di credere che tutto quello che viene propinato, da personaggi che abbiano una particolare laurea, diploma o riconoscimento in generale, sia vero. Il medico, che curò mia madre per reumatismi al braccio sinistro, scoprì solamente dopo che lei era sotto gli effetti di un ictus cerebrale, ma lei si fidava di lui e non di me anche se io avevo già da tempo diagnosticato la vera causa dei suoi disturbi… Per forza… lui era medico! Sparare sulla malasanità è come sparare con un cannone su una farfalla, ma siccome il medico veniva storicamente visto come un indiscutibile punto di riferimento, soprattutto nei paesini dove lui, il prete, l'avvocato, il farmacista ed altri erano dei punti fermi, devo tentare di rimuovere questi punti poiché in realtà appaiono decisamente malfermi. Ma tanti anni fa le cose erano diverse poiché il medico qualcosa aveva studiato, il prete era convinto di quello che diceva ed era quindi in buona fede, l’avvocato non aveva ancora capito come si facevano i soldi ed il farmacista curava soprattutto gli animali. È per noi facile dimostrare che chi fa dichiarazioni oggi quasi sempre mente agli altri e forse anche a se stesso; ma il nostro problema, in questo contesto, è mostrare la vera faccia della scienza odierna e dimostrare come questa, con il fenomeno ufologico, non abbia purtroppo nulla a che vedere. Va però innanzi tutto detto perché facciamo tutto ciò. Semplice: perché vogliamo che la gente pensi con la propria testa e non con quella del professor tizio o del cardinal caio… La testa… proviamo ad usarla insieme… Esiste in Italia un centro, perché così si definisce, che corrisponde all’acronimo di CICAP. La sigla vuol dire Centro Italiano di Controllo delle Affermazioni sul Paranormale che si prefigge lo scopo di smascherare chi vuol turlupinare la gente con assurdità scientifiche, soprattutto a scopo di lucro, ma anche per dare un valido supporto a chi "viene fatto fesso", direbbero a Napoli, da maghi ciarlatani ed altri loschi figuri. Lo scopo è nobile ma perdente in partenza. Tutti sanno che non si può infatti convincere qualcuno che quello in cui vuol credere, non debba essere creduto. Possibile che gli scienziati, perché si parla di questi, che compongono il CICAP, non siano al corrente di questa verità assoluta? La gente crede in quello che vuole, al di là di quello che deve essere creduto. Infatti, se così non fosse, non esisterebbero le religioni. In pieno terzo millennio la gente crede ancora che le statue della Madonna piangano e la battaglia del CICAP contro questa inutile visione delle cose è persa in partenza. Ci troviamo di fronte ad un gruppo di scienziati che non conoscono un principio fondamentale dell’Universo: la coscienza e la conoscenza non possono essere tramandati tra una persona e l’altra, ma sono acquisizioni che vengono da dentro di noi e non da fuori. Hai voglia tu di dire alla gente che la Madonna non può far piangere le statue, è tutto inutile: da migliaia di anni piange la statua del dio Shiva in India, mentre nella Roma Imperiale piangeva la statua di Giove. Sapete mai quanti CICAP sono esistiti nella storia prima di quest’ultima creazione della scienza ufficiale? Ogni periodo storico ha avuto il suo Cicap, che forse non lo sapete è una copia di una cosa che si chiama Ciscop, che è nato negli Stati Uniti. La tradizione italiana sembra sempre più portata a copiare dall’America la parte più brutta di quei luoghi… Forse perché il percorso storico che si deve fare per arrivare alla comprensione delle cose passa sempre dalla strada più lunga, come nel caso delle femministe dei giorni nostri che per sembrare eguali agli uomini hanno deciso di fare anche loro il servizio militare e nessuno, neanche il Cicap, potrà mai convincerle che sono invece le caserme che devono essere abbattute. A questo punto però è d’obbligo una spiegazione. Perché non vedere di buon occhio un comitato che vuol aprire gli occhi alla gente, per evitare che quelli che non riflettono abbastanza vengano turlupinati? Per due buoni motivi: il primo lo abbiamo già detto, gli ingenui rimangono ingenui anche con il Cicap. Il secondo motivo è la gente che sta aprendo gli occhi, se li ritrova completamente chiusi dal Cicap. Come? Con della disinformazione. Non voglio in questa sede parlare delle dichiarazioni del Cicap sui fenomeni che questo gruppo di persone definisce, impropriamente a mio avviso, paranormali. Mi limiterò a fare alcune riflessioni sul giudizio che questi scienziati danno sul problema ufologico, di cui loro si sentono evidentemente garanti, quali cavalieri protettori che difendono i cervelli della gente comune che potrebbe essere traviata da maghi e illusionisti. Prendiamo per esempio un libro, che è stato scritto da un certo James Randi (membro del Ciscop), dal titolo "Fandonie" pubblicato da Avverbi Edizioni, con la prefazione manco a dirlo di Piero Angela, che fa parte dell’italiano Cicap. Il libro si prefigge di dimostrare che i fenomeni paranormali, per ora, non esistono. Sì: dico per ora, perché la commissione è aperta a qualsiasi dimostrazione positiva in tal senso ed offre anche un premio in denaro a chi riuscirà a dimostrare che i fenomeni paranormali esistono. Questo atteggiamento, a me personalmente, fa solo ridere, perché di scientifico non ha nulla. Ve la immaginate una commissione scientifica che darà, che so, diecimila dollari al primo scienziato che scoprirà l’esistenza degli elettroni? E lì tutti gli scienziati, che per diecimila dollari, si calano le braghe anche davanti ad un miracolo pur di incassare il premio? Ma che concetto hanno quelli del Cicap degli esseri umani? Forse non avevamo capito la filosofia del Cicap e del Ciscop e ci siamo messi a leggere il libro di Randi. Per quanto riguarda il problema ufologico notavamo subito che Randi non era a conoscenza dei fatti o, se lo era, li aveva mal riportati, o se non li aveva mal riportati aveva proprio detto delle belle bugie. A pagina 118 del libro si parla dell’episodio che nel 1977 portò sir Eric Gairy, primo ministro dello stato di Granada, a proporre alle Nazioni Unite di dichiarare il 1978 anno degli ufo e si legge che questa fu l’unica proposta nella storia dell’ONU che non trovò nemmeno risposta. Le cose, caro Randi, andarono in modo diverso poiché in quella mozione si chiedeva che l’ONU prendesse posizione sul problema ufo nel 1978, cioè l’anno seguente e la mozione venne approvata ma, stranamente, aiutatemi a dire stranamente…, non venne verbalizzata e quindi risultò inesistente agli atti. A pagina 109 si recita che il grande appassionato di Ufo J. Valleè avrebbe addirittura partecipato al film incontri ravvicinati del terzo tipo. Valleè non è un appassionato di Ufo, ma uno scienziato informatico franco americano che ha scritto dei libri molto noti sugli ufo e non ha partecipato a nessun film sugli ufo. Forse Randi fa confusione con il personaggio, nel film, dell’ufologo francese ispirato, dice qualcuno, a Valleè. Forse fa confusione con J. Hallen Hyneck, ufologo, astrofisico dell’università Nortwestern americana e consulente del film, che invece compare in una scena per circa 4 secondi… Randi sembra non rendersi conto che, oggi come oggi, gli studiosi della storia del problema ufo considerano il compianto Hyneck una spia della CIA al pari del povero Valleè il quale nel suo libro "Confrontation", edito da Ballantine, New York, nel 1990, descrive come perderà in un tombino delle fogne di Parigi l’unico pezzo superstite del supposto Ufo di Ubatuba (Brasile) che già esaminato, sia in America che in Europa, mostrava percentuali isotopiche differenti da quelle terrestri. Come, come? E noi dovremmo credere al fatto che Valleè si fa cadere in un tombino di Parigi un reperto così importante? Ma Randi di questo sembra non saper niente. Randi invece parla bene di un certo Philip J. Klass che invece, da bravo scienziato, ha passato quaranta anni della sua vita a dimostrare che non esistono prove sul fenomeno ufo. Il povero Klass non è uno scienziato ma un giornalista sul libro paga della CIA da molto tempo e le sue pubblicazioni sono addirittura pubblicate sulla rivista mensile dell’Intelligence Agency americana. Dunque Randi, beniamino del Cicap italiano e della scienza ufficiale, cita nella bibliografia del suo libro i trattati pro e contro i fenomeni paranormali e così leggiamo che pro paranormale appare il libro di Roberto Pinotti, "La congiura del silenzio", di Armenia, Milano 1977. Cosa c’entra il fenomeno ufo con il paranormale? Cosa c’entra la congiura del silenzio, cioè tutto ciò che è debunking (depistaggio) con il paranormale? Forse quello che Randi non sa è che il Pinotti è stato sostenitore delle ipotesi di Carl Sagan, che con il suo libro "Ufo’s a scientific debate", scritto anche con Thornton Page, Cornell Univeristy Press 1972, (che invece viene messo nell’elenco dei contro al paranormale) non sostiene affatto l’inesistenza del fenomeno ufo, come invece si fa credere dalle parole "recitate" nel libro di Randi. Dunque Randi dice il falso? O forse Randi è poco informato? E con Randi il Ciscop ed il Cicap? A questo punto è però d’obbligo un’altra riflessione sul nome di queste organizzazioni. Cosa vuol dire Comitato Italiano di controllo delle affermazioni su qualcosa? Domani voglio fare un comitato di controllo delle affermazioni sulla scienza! Ma scopro che qualcuno lo ha già fatto. È nato infatti il Cicacicap, il comitato di controllo sulle affermazioni del Cicap: ebbene sì, aveva anche un sito internet. E che dire della Rivista Air Annales of Impossible Research? (A questo proposito si può leggere il libro dal titolo "La scienza impossibile", a cura di Marc Abrahams, edito da Garzanti). Anche in questo caso, si vuol dare al lettore l’idea che alcune ricerche improbabili, inutili e stupide, come quelle sulla memoria dell’acqua, vengono messe a paragone con alcuni campi della ricerca ufologica. Così la suddetta rivista scientifica attribuisce, nel 1993, dei premi ig-nobel ad alcuni studiosi ufologi quali Johon Mack, della scuola di medicina di Harvard e David Jacobs, storico dell’Università di Temple, per le loro ricerche sui fenomeni di abduction (rapimenti da parte di alieni, di esseri umani). La scienza ufficiale si agita di fronte ad eminenti studiosi universitari, i quali si sono accorti che la scienza ufficiale stessa è solo una palla al piede? Ma torniamo al Cicap: come si fa a creare un comitato sul controllo di affermazioni sul paranormale? Io andrei a controllare direttamente il paranormale - dico dentro di me - e non le affermazioni sul paranormale. È una banalità: è come se io controllassi lo stato di salute del ricercatore che ha studiato l’esistenza del neutrone e non volessi studiare direttamente il neutrone. Aristotele diventa roba da ridere nell’era in cui Galileo sta cedendo il suo scettro a qualcun altro che deve ancora venire. Possibile che ci sia qualcosa in tutto ciò che ho perso di vista? Un fondamentale principio di termodinamica? Una banale legge di natura? O forse, sono scemo io? E se la soluzione invece fosse nel sistema scientifico o nella sua interpretazione? Mi ricordo un membro del Cicap che, a proposito del fenomeno dei Crop Circles, quegli strani cerchi nel grano, sparsi un po’ in tutto il mondo, attribuiti da alcuni a fenomeni ufologici, mi disse si trattava di scherzi fatti da vecchietti inglesi. Io gli chiesi quali fossero le sue fonti di informazioni e lui, candidamente, rispose che glielo avevano detto gli ufologi, quelli seri, del CISU (centro italiano studi ufologici). Alla mia attonita espressione che sembrava dire: "Ma voi del Cicap non avete fatto nessuna misurazione in loco?" La risposta fu: "…certamente no, si vede subito che si tratta di uno scherzo…" È di pochi giorni fa la pubblicazione di un importante lavoro su una rivista scientifica internazionale che dimostra quanto il fenomeno dei Crops sia reale e non costruito dall’essere umano; ma che pensare dell’atteggiamento scientifico del Cicap di fronte a questo episodio? Forse avevo capito male io? A meno che io non abbia una visione diversa, forse distorta della definizione di scienza e in tutti questi anni non mi sia sbagliato? In fondo l’atteggiamento del Cicap era lo stesso del Cisu che diversi anni fa pubblicò un articolo in cui si diceva che il vero fenomeno da studiare era non l’ufo bensì l’ufologo. O forse la scienza di oggi confondeva la causa con l’effetto? Forse avevo capito: non "gli ufo esistono e quindi si sono creati gli ufologi che si sono accorti del fenomeno fisico", ma "esistono gli ufologi che hanno creato, come loro manifestazione di esistenza, il fenomeno ufo"… La scienza esiste perché ci sono gli scienziati ad averla creata oppure gli scienziati sono stati creati dalla scienza? È nato prima l’uovo o la gallina? Dio ha creato l’uomo o viceversa? Sembrava di essere caduti in una trappola semantica ma è evidente che c’è una soluzione a portata di mano. Non ha importanza se sia nato prima l’uovo o la gallina poiché se fosse nata prima la gallina avrebbe fatto un uovo ma se fosse nato prima l’uovo da questo sarebbe inesorabilmente nata una gallina. In altre parole l’osservabile e l’osservatore fanno, in fisica, parte di un’unica identità. Se dunque esiste l’ufologo ciò matematicamente vuol dire che esiste l’ufo generato o generatore che sia. Ma tutto ciò era compatibile con le cognizioni della scienza? Sì, a patto di abbandonare la posizione privilegiata di osservatore di un fenomeno ed acquisire, noi stessi, la condizione di fenomeno osservato ed insieme osservabile, essere cioè dentro le cose che facciamo… anche con la testa ovviamente. La confusione nasce dal fatto che si è demandato a Galileo l’idea di come fare la scienza e non ci si è accorti che neanche Galileo ha usato il suo sistema scientifico. Il punto da rivedere infatti sta nell’accorgersi che esiste un fenomeno da studiare. In quello stesso istante tu, che ti sei accorto del fenomeno, sei per un attimo il fenomeno stesso. Se non fosse così, tu non ti saresti mai accorto dell’esistenza del fenomeno fisico, che per un attimo diventa parte di te. Così, quando osservi attentamente il fenomeno fisico non ti rendi conto di osservare te stesso e ne hai una visione decisamente distorta, come dice Heisenberg con il suo principio di indeterminazione. Galileo non vedrà la lampada del battistero del duomo di Pisa che si muove e da lì capirà il moto del pendolo ma vedrà la lampada come si sarebbe mossa, se si fosse mossa, percependo ben più che un’illusione ottica, ma una sensazione così reale che dopo ha potuto metterla su carta e tradurla con delle formule, per tutti coloro ai quali non c’era stato l’accesso alla comprensione. Dunque le formule servono solo a tradurre un fenomeno fisico percettivo e renderlo così disponibile per quelli che non sono capaci di percepire niente. Mentre da un lato, l’esistenza delle formule, secondo la scienza ufficiale, starebbero ad indicare anche l’esistenza del fenomeno quale descrittori matematici, dall’altro, il fenomeno fisico, così come lo vediamo noi, sarebbe accessibile solo ad alcuni che "per caso" (?), si troverebbero nel luogo giusto, nel tempo giusto e con l’animo giustamente predisposto per scoprirlo e con esso scoprire una parte di loro stessi. Tutto ciò però non andrebbe bene alla scienza ufficiale poiché, mentre le formule fisiche darebbero la chiave della conoscenza solo a quelli che hanno studiato il linguaggio della matematica, la percezione, in linea puramente teorica, sarebbe invece nelle mani di tutti. Dunque, il disperato tentativo da parte della scienza ufficiale di eliminare le testimonianze del fenomeno fisico sarebbe facilmente spiegabile sulla base del fatto che per la scienza è lo scienziato e solo lui che può, quale grande sacerdote della religione chiamata scienza, scoprire gli ufo. Ma la scienza era inadatta a questo ruolo e gli scienziati si sono sentiti scavalcati dalla gente comune. Il fenomeno dunque verrà avallato dalla scienza solo quando la scienza decreterà con le sue leggi che è stata lei, attraverso i suoi sacerdoti, ad accorgersi di quello che realmente accadeva nei nostri cieli. Ma allora sarà troppo tardi perché i danni dovuti al ritardo in questo campo saranno incolmabili. Alla scienza ufficiale, nel frattempo, non rimane che denigrare un fenomeno in cui dovrà credere un domani, quando sarà arrivato il suo momento. Così il Cicap si preparerà, ne siamo sicuri, a dire che gli alieni sono sempre esistiti, che sono già venuti sulla Terra e che loro lo avevano detto molti anni fa. Fantascienza? No purtroppo è sola finta scienza. Il Cicap, a proposito della scienza, ha le idee comunque molto confuse, infatti, come si è detto sul fenomeno dei Crops Circles alcuni di loro hanno tentato di costruire alcuni di questi cerchi dimostrando così secondo loro, che queste cose sono false. Purtroppo hanno commesso un grave errore semantico: infatti hanno dimostrato semmai che il fenomeno è falsificabile, non falso. Permettetemi di dire che c’è una bella differenza! Sarebbe come dire che siccome ci sono i trenini elettrici allora i treni veri non esistono. Inoltre non hanno tenuto conto di parametri temporali, in quanto si ha notizia dei primi Crops in Inghilterra verso la metà del 1500, in una valle chiamata la padella del diavolo, in quanto il diavolo si divertiva a fare i segni delle padelle proprio nel grano. Il Cicap non tiene conto di parametri spaziali poiché il fenomeno non accade solo in Inghilterra ma ormai è dominio di tutte le parti del mondo. Il Cicap non appare a conoscenza del fatto che del fenomeno se ne è interessato anche J. J. Velasco del SEPRA, una struttura francese che studia gli ufo per conto del governo all’interno del CNES (Centro Nazionale di Studi Spaziali). Tale centro di ricerca ha trovato effetti dovuti a esposizione a microonde nei Crops inglesi già diversi anni fa. Insomma non è stato tenuto conto di una valanga di dati che in qualche modo dovevano avere una loro collocazione nella spiegazione di questo fenomeno. In termini tecnici, noi diciamo che il loro metodo scientifico fa largamente uso di una tecnica di integrazione matematica - da noi scoperta diversi anni fa e discussa all’Università di Cosenza, nel corso di alcuni seminari che trattavano del concetto di Spazio alle soglie del terzo millennio - che prende il nome di Trippa Effect, con l’acronimo di E.T. La pelle della trippa di vacca ha la caratteristica di essere facilmente allungabile od accorciabile, basta tirarla con le mani. Così colui che ha dei dati a disposizione, ma vuole utilizzare solo quelli che gli fanno comodo, perché già nella sua testa ha in mente una soluzione al suo problema, scarta alcuni dati o ne utilizza altri che dovendo appartenere ad una retta, verranno inclusi in questa, semplicemente aumentando o diminuendo lo spessore della matita con cui fa il disegno. Da qui dunque la confusione… quando loro parlano di E.T. non vogliono indicare gli extraterrestri ma l’"effetto trippa" che usano a piene mani nei loro lavori scientifici. Alcuni componenti del Cicap amano recitare una frase, che credo debba essere attribuita ad Arthur. C. Clarke, noto scrittore di fantascienza, con la quale loro sembrano andare molto più d’accordo che non con la scienza stessa: "Bisogna avere il cervello abbastanza aperto ma non troppo altrimenti la materia grigia casca per terra". Secondo noi invece il cervello deve essere sempre aperto al massimo, tanto se il cervello qualche volta ti casca per terra vorrà dire che lo raccoglierai e lo rimetterai a posto. E per chi cervello non ne ha… a quelli non potrà accadere niente...
Raccontare la vita di una persona non è facile soprattutto quando si tratta di un Santo perché in questo caso bisogna trattare l’umano e il sovrumano contemporaneamente, a tu per tu con uomini e donne che ci sovrastano e, al tempo stesso, sicuramente ci inquietano. Riteniamo però che anche, anzi soprattutto, nel XXI secolo la società contemporanea abbia bisogno più di Santi che di leader politici e/o personaggi televisivi spesso dalle incerte transitorie fortune che, infatti, rappresentano la misura impietosa della nostra mediocrità; non possiamo evitare di confrontarci con loro e, quasi sempre, di uscirne rossi di vergogna ma, nello stesso tempo, ricaricati nella speranza dalla dimostrazione di ciò di cui è capace chi si fida di Dio e decide di seguirne con coerenza di vita i Suoi comandamenti. “Alla vita dei Santi non appartiene solo la loro biografia terrena ma anche il loro vivere ed operare dopo la morte” (“Deus caritas” est. n° 42, Benedetto XVI). San Giuseppe Moscati originario di Serino di Avellino, nasce a Benevento (fig. in alto: casa natale) il 25 luglio 1880, settimo di nove figli, da Francesco, magistrato, e dalla nobildonna Rosa De Luca dei marchesi di Roseto. Dopo una breve permanenza ad Ancona, per via del lavoro del padre, nel 1884, a quattro anni, si trasferisce con la famiglia a Napoli, la « bella Partenope », come amava ripetere da appassionato di lettere classiche, dove il padre divenne Consigliere della Corte d’Appello e dove, quattro anni dopo, l’8 dicembre 1888, ricevette la Prima Comunione da mons. Enrico Marano nella chiesa delle Ancelle del Sacro Cuore, fondate da s. Caterina Volpicelli (1839 - 1894) e studiò presso il liceo classico “Vittorio Emanuele”. Nel 1892 assistendo il fratello Alberto in gravi condizioni dopo una caduta da cavallo durante il servizio militare e probabilmente perché dalla finestra dell’ abitazione poteva osservare l’Ospedale Riuniti degli Incurabili, che suo padre gl’indicava, provando pietà per i ricoverati, cominciò a maturare la sua passione per la Medicina così dopo gli studi liceali nel 1897 si iscrisse alla Facoltà mentre nello stesso anno morì il padre colpito da emorragia cerebrale. A fine Ottocento per un giovane diciassettenne varcare la soglia di un’Università era impresa dagli esiti imprevedibili in quanto vi erano largamente diffusi il naturalismo scientifico [ applicazione diretta del pensiero positivista che si proponeva di descrivere la realtà socio-psicologica con gli stessi metodi usati nelle scienze naturali] e l’hegelismo idealistico [rivoluzione “Ideale” da attuare secondo alti valori morali, secondo un programma di miglioramento della civiltà e di tutto il popolo] con cui giornalmente il giovane Moscati doveva confrontarsi, anche per capire gli orientamenti speculativi dell’Ateneo partenopeo e la sua decisa scelta di campo. Da tenere presente che dal punto di vista filosofico alla fine del Settecento e inizi Ottocento Immanuel Kant (1724 – 1804, fig. sotto) concluse l’epoca dell’Illuminismo e aprì l’epoca del Romanticismo con un pensiero caratterizzato dall’impossibilità di una metafisica come dottrina teoretica [ciò che attiene alla teoria o alla teoresi, cioè un'accentuazione del carattere speculativo astratto e l'assenza nel pensiero teoretico di ogni riferimento alla pratica]; attività trascendentale dello spirito umano legiferante sulla natura; limite del conoscere umano all’orizzonte dell’esperienza; primato della ragione pratica o della volontà nel fornire certezze estranee alle scienze empirico-matematiche; valorizzazione del sentimento per l’ordine e la bellezza della natura: nella “Critica del Giudizio” estetico e teleologico [prova dell'esistenza di Dio che si ricava dalla considerazione finalistica del divenire (se ogni cosa tende a un fine da realizzare dovrà necessariamente esservi, perché il movimento non continui all'infinito, un fine ultimo, cioè l'assoluto divino)] il sentimento possiede una funzione centrale ed è il centro del pensiero moderno, punto d’incontro di due rette, che convergono verso di esso e da esso divergono; con lui Razionalismo [la realtà è governata da una serie di leggi e principi che sono perfettamente comprensibili con la ragione umana e che coincidono con il pensiero stesso] ed Empirismo [la conoscenza umana deriva esclusivamente dai sensi o dall'esperienza] cambiano e si ripresentano come Idealismo [visione del mondo che riconduce totalmente l'essere al pensiero, negando esistenza autonoma alla realtà fenomenica, riflesso di un'attività interna al soggetto con implicita una concezione etica fortemente rigorosa, come ad es. nel pensiero di Fichte che è incentrato sul dovere morale dell'uomo di conformare il mondo al principio ideale da cui esso ha origine] e Positivismo [ispirato ad alcune idee guida fondamentali riferite in genere all'esaltazione del progresso scientifico, un movimento per certi aspetti simile all'Illuminismo, di cui condivide la fiducia nella scienza e nel progresso scientifico-tecnologico, e per altri affine alla concezione romantica della Storia che vede nella progressiva affermazione della ragione la base del progresso o evoluzione sociale]. Il Romanticismo nacque sulle tracce del tedesco “Sturm und Drang” (“Tempesta e assalto”) ed ebbe riflessi in campo letterario, artistico, storico e politico-sociale. Quello italiano aveva un programma in quattro punti cioè la condanna dell’imitazione dei classici; la valorizzazione della poesia popolare-spontanea; la celebrazione della tradizione cristiana contro il mito pagano e la formazione di una coscienza nazionale. Le sue caratteristiche fondamentali erano la valorizzazione delle tre reiette dell’Illuminismo, cioè della Storia, come processo formativo di un piano divino; l’esaltazione dell’arte, libera e fantastica, l’espressione dei sentimenti umani; l’esaltazione della religione, intesa come esperienza del divino nell’immediatezza del sentimento o talvolta culto panteistico [della natura] o naturalismo mistico ed esaltazione dell’uomo. Nella dottrina di Kant il limite del pensiero umano derivava dall’accettazione di un mondo di cose in sé (noumero) quindi la sua eliminazione significava la soppressione di ogni limite e il riconoscimento dell’infinitezza del potere della ragione mentre riguardo ciò che era oltre i limiti dell’esperienza si dichiarava agnostico perché il noumero è irriconoscibile sia come cosa in sé , da cui provengono le sensazioni o gli impulsi sensitivi, sia come realtà spirituale (come “mondo della libertà”) di cui l’uomo come ragione partecipa ma che non si esaurisce nella ragione umana. Gli Idealisti soppressero il noumero come realtà indipendente dal soggetto e lo assorbirono nel soggetto stesso che divenne attività creatrice di forma e di contenuto. Per Joham Gottlieb Ficht (1762-1814) la realtà vera è l’Io trascendentale. Il “Nichilismo passivo” di Arthur Schopenhauer (1788-1860) coincide con la perdita o sfiducia nella fede dell’uomo europeo verso i valori della propria civiltà e coincide con la diminuzione vitale a causa delle malattie e viene meno anche la fiducia nella scienza, ispiratrice del Positivismo. Friedrich Wilheim Nietzsche (1844 – 1900, fig. sotto) propose una rivalutazione delle filosofie pre-socratiche e fu influenzato dalla musica post-romantica di Wagner. L’umanità occidentale, passata attraverso il Cristianesimo, percepisce ora un senso di vuoto, trova che “Dio è morto”, cioè che ogni costruzione metafisica viene meno davanti alla scoperta che il mondo è un caos irrazionale. Nell’Eterno ritorno è il difensore di un tempo qualitativo, qualificato nella sua densità dai contenuti vissuti; criticando Eraclito di Efeso (535 -475 a. C.) l’Oscuro di cui confuta la concezione lineare del tempo secondo cui ogni attimo è tale solo in funzione di quelli che lo precedono e lo seguono quindi l’istante non ha un suo significato proprio mentre l’eterno ritorno dell’attimo esige invece che l’uomo entri in un rapporto diverso col tempo cioè che possa vivere degli attimi capaci di farsi volere sempre di nuovo (definizione dell’imperativo categorico: vivere in modo da poter desiderare di rivivere questa stessa vita in ripetizione eterna). Nietzsche individua la stessa storia dell’Occidente come un lungo processo di decadenza dell’uomo, come negazione della vita mentre il destino dell’uomo deve essere l’affermazione della libertà che dovrà essere perseguito attraverso la volontà di potenza che condurrà all’Oltreuomo (Über-mensch) che, radicalizzando il Plus Man di Ralph Waldo Emerson (1803-1882) e la critica emersoniana del Culto degli Eroi di Thomas Carlyle (1795-1881), deve liberarsi dai pregiudizi e dai vecchi schemi e smascherare, con il metodo genealogico, l’origine “umana, troppo umana” dei valori, nonché di farsi consapevole creatore di valori nuovi. Da notare che il “Super-uomo” per lungo tempo attribuitogli significa “colui che è sopra gli uomini e li schiaccia” mentre Über-mensch non schiaccia nessuno ma procede al di là delle convinzioni e dei pregiudizi con valori diversi dalla massa schiava della filosofia dei sacerdoti e degli imbonitori. Nietzsche ripudiando la tirannide della ragione sugli uomini biasima Socrate (470 /469 a.C. – 399 a.C.) perché ha sottovalutato l’umanità finendo per disumanizzarla; Platone (428/427 a.C. –348 /347 a.C.), per la sua concezione del mondo fondata sull’identità metafisica e sul disprezzo nei confronti della realtà tangibile considerata pura apparenza; Hegel, per un mondo dominato dalle leggi fisse della dialettica; gli Illuministi e i Positivisti che spiegavano la realtà mediante leggi meccanicistiche fisse, afflitte dallo stesso errore di Hegel ed epigoni. Nietzsche può essere accomunato a Søren Kierkegaard (1813-1855) per l’orientamento prettamente individualistico, la non considerazione della politica e il distacco da ogni tematica sociale ma gli si oppone per la sua visione del mondo il cui “scacco” diventa il pretesto per una vittoria sul destino con l’Oltreuomo. Come abbiamo anticipato, all’epoca nelle Università si accendevano varie dispute dottrinali (il calcio non esisteva) e in quella di Napoli specialmente tra la Facoltà di Filosofia pervasa da dottrine fichtiane ed hegeliane e dominata dal gergo asciutto, quasi matematico e al tempo stesso ironico, del filosofo e politico Bertrando Spaventa (1817 -1883) e quella di Medicina influenzata dal dilagante Positivismo scientifico. Un motivo di interminabili discussioni era quindi quale prezzo l’uomo dovesse pagare alla scienza medica egemonica come spiegato dal medico e politico Arnaldo Cantani (1837 - 1893): “Dacché gli studi positivi hanno accolto la malattia e la morte stessa tra i fenomeni fisicamente necessari della trasformazione della materia ed è caduta la barriera artificialmente creata tra la vita e morte, l’uomo, con tutta la sua superbia innata, ha dovuto concedere che al pari di ogni altro essere anch’egli non è che una forma transitoria nell’eterno circolo della natura, [...] che torna a trasformarsi negli stessi corpi che già formano il materiale elementare di costruzione della sua macchina organica”. In base ad affermazioni del genere l’uomo è detronizzato e umiliato nell’inesausta polvere dell’universo, vi viene ad essere disperso fino a non avere più forma, nome e memoria. Però nell’Ateneo napoletano accanto a Positivisti convinti e combattivi non mancano maestri largamente aperti alla trascendenza ed è innegabile anche che, pur tra le diversità d’intenti, si afferma sempre più la serietà scientifica che fa raggiungere livelli elevati alla Scuola Medica Napoletana. Il diciassettenne Moscati ha già una visione di fede in netto contrasto con l’agnosticismo e ateismo e la dialettica positivista ed hegeliana non scuotono le fondamenta della Sua fede. Il 4 agosto 1903 Giuseppe Moscati si laurea a pieni voti con una tesi sull’urogenesi epatica, col diritto di stampa e dopo pochi mesi si presenta ai concorsi per Assistente ordinario di Chimica Fisiologica e per Coadiutore straordinario per gli “Ospedali Riuniti degli Incurabili”superando entrambe le prove. Nemmeno tre anni dopo la laurea, iniziò a emergere la sua capacità di agire tempestivamente. Dopo aver assistito alle prime fasi dell’eruzione del Vesuvio dell’8 aprile 1906, si precipitò a Torre del Greco, dove gli Ospedali Riuniti avevano una sede distaccata, e trasmise l’ordine di sgombero, caricando personalmente i pazienti, molti dei quali paralitici, sugli automezzi che li avrebbero condotti in salvo. Appena l’ultimo paziente fu sistemato, il tetto dell’ospedale crollò. Esercitò quindi all’Ospedale per cinque anni e abilitato alla libera docenza nell’Ateneo napoletano (fig. in basso; 3° da sin., sotto, tra i suoi primi studenti). Nel 1908 inizia a svolgere attività di laboratorio e di ricerca ma tre anni dopo un’epidemia di colera interesserà Napoli per cui viene chiamato all’Ispettorato di Sanità Pubblica dove presenta una relazione per il risanamento della città, in seguito realizzata soltanto in parte. Dal 1917 si dedica solo all’Ospedale diventando Primario a soli 39 anni nel 1919. Allo scoppio della Iª guerra mondiale presenta domanda di arruolamento volontario che viene respinta in quanto la sua opera viene giudicata più importante in Ospedale. Quando affronta la vita di medico e di scienziato ha già una forte spiritualità e una ricca cultura per cui può pensare chiaramente e liberamente ma anche credere serenamente e vivere coerentemente. Da uomo di scienza non si arroga un assurdo potere discrezionale sui limiti della conoscenza, non presume di pronunciare uno pseudo-giudizio universale di valore agnostico e ateo, non sfoggia una onniscienza negativa ma raggiunge invece un equilibrio interiore al quale corrisponde giorno per giorno eroicamente. Fa suo l’insegnamento secondo il quale Dio, che mediante il suo Logos ha creato ogni cosa e dirige incessantemente l’universo al suo fine, può essere conosciuto attraverso gli sforzi della ragione umana. La sua concezione del rapporto fede/scienza si riassume nel concetto che è stata la carità, e non la scienza, a trasformare il mondo in alcuni periodi e solo pochissimi uomini sono passati nella storia per la scienza ma tutti potranno rimanere imperituri, simbolo dell’eternità della vita in cui la morte è semplicemente una tappa, una metamorfosi per un’elevazione se si è operato il bene. Medita ed assimila la parola del Vangelo: “La Verità vi farà liberi” (Gv 8, 32) e subordina la sua ricerca soltanto alla Verità. Col comportamento semplice anche di fronte a difficoltà e opposizioni, Moscati dimostra che si può essere in ogni tempo e in maniera autentica “scienziati credenti” e “credenti scienziati” e attesta che “la ricerca metodica in ogni disciplina non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e della fede hanno origine dal medesimo Dio. Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza che egli se ne avverta, viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono” (GS 36). La scritta “Chi può metta qualcosa, chi ha bisogno prenda”, tracciata lungo il bordo del cestino di vimini poggiato sulla scrivania del suo studio, può essere considerata una delle frasi emblematiche per delinearne la figura (fig. sopra, in atto Chiesa del Gesù Nuovo). L’intera esistenza fu connotata da una totale dedizione verso ogni uomo che egli incontrava sul proprio cammino. Un rispetto tale, da indurlo a farsi il segno della croce di fronte ai cadaveri sui quali eseguiva l’esame autoptico e a propugnare con vigore in qualsiasi occasione gli fosse possibile la necessità che ricerche e sperimentazioni sull’uomo, anche se indispensabili per il progresso della scienza medica, fossero sempre rispettose della sua dignità, tenendo presente che ogni individuo aveva un’anima. Moscati ebbe due pazienti celebri, cioè il tenore Enrico Caruso (1873 –1921), a cui rivelò, dopo essere stato tardivamente consultato, la vera natura del male che lo condusse alla morte [pleurite infetta] e il Beato Bartolo Longo (1841-1926), il fondatore del Santuario della Madonna del Rosario di Pompei. La sua giornata era sempre molto intensa; si alzava presto al mattino per recarsi a visitare gratuitamente i poveri dei Quartieri Spagnoli prima di recarsi in Ospedale mentre nel pomeriggio visitava i malati nello studio privato. La dedizione per i pazienti non gli impedì comunque di dedicarsi alla ricerca medica che perseguì con un equilibrio tra scienza e fede. Numerose sue ricerche furono pubblicate su riviste nazionali ed internazionali, tra le quali le ricerche pioneristiche Tab. I: Elenco delle pubblicazioni scientifiche di Giuseppe Moscati - “Ureogenesi epatica”, 1903. Tesi di laurea pubblicata; - “Un nouvel appareil pour la détermination des sucres même en petites quantités”; estratto da Archives Internationale de Physiologie, 1906; -“ La salda d'amido iniettata nell'organismo. Effetti sulla coagulazione del sangue, ricerche sperimentali”;”La salda d'amido iniettata nell'organismo nota 2.: ritenzione dell'amido e trasformazione in glicogeno: ricerche sperimentali”;”La salda d'amido iniettata nell'organismo nota 3: applicazioni in terapia”; estratti dagli Atti della R. Accademia Medico-Chirurgica di Napoli n. 2. 1906; - “Über das Verhalten der in den Organismus eingeführten Stärkelösung, Ablagerung der Stärke und Umwandlung” in Glykogen (Mit zwei Tafeln), estratto da Hoppe-Seyler's Zeitschrift für Physiologische Chemie n. 3. 1906; - “Il glicogeno nella placenta muliebre andamento e meccanismo della sua scomparsa dopo l'emissione. Valore medico legale: ricerche sperimentali” estratto dagli Atti della R. Accademia Medico-Chirurgica di Napoli, n. 2. 1907; - “Il glicogeno negli espettorati: valore diagnostico e prognostico”, estratto da Riforma Medica, anno XXII, n. 26; - “Das Glykogen in der menschlichen Placenta. Verlauf und Mechanismus seines Verschwindwns nach der Austreibung. Gerichtlich medizinische Bedeutung”; estratto da Hoppe-Seyler's Zeitschr. f. Phys. Chemie, 1907; - “Quantità del glicogeno nei muscoli dell'uomo andamento della sua scomparsa dopo la morte: ricerche sperimentali”; Estratti dagli Atti della R. Accademia Medico-Chirurgica di Napoli, n. 2. 1907; - “Der Glykogengehalt der menschlichen Placenta und seine Abnahme nach dem Tode”; estratto da Beiträge z. Chem.-Physiologie und Pathologie bis 12, 1907; - “Le glycogène dans le placenta humain”; -“Quantité de glycogène dans le muscles de l'homme, Cours de sa dispariture après la mort”; estratti da Riproduzione dell'Archives Italiennes de Biologie, Tome XLIX, rispettivamente fasc. I e II; - “Influenza della cloroformizzazione nel glicogeno muscolare”, Napoli, 1910; - “Azione della chimica sull'autolisi epatica e splenica. Ricerche sperimentali”; estratto da Riforma Medica, anno 26., n. 48; 1910; - “L'ammoniaca dell'urina nelle varie diete”; “Influenza del riposo e del movimento sulla eliminazione di ammoniaca con l'urina”; “L'urea: ricerche sperimentali”, estratti da Giornale Internazionale di Scienza Medica, 1911; - “Penetrazione di amido nelle vie aeree”; estratto da Nuova Rivista Clinico-terapeutica, 1911;- “Potere d'assorbimento della cistifellea”; “Indagine chimico-fisica del peptone nell'urina”; estratti da Riforma Medica, 1911; -“Alcuni effetti della privazione dell'ipofisi cerebrale nei cani secondo un nuovo metodo orbitario”; “Peritonite tubercolare nei cani normali ed ipofisi privi”; estratti da Atti R. Accad. medica chirurgica, Napoli, 1914; - “Esperimenti in animali privati dell'ipofisi cerebrale con un nuovo metodo orbitario”; estratto da Atti R. Accad. medica chirurgica, Napoli, 1915; - “Misure di quantità dei liquidi di versamento nelle sierose”;“Peritoniti tubercolari sperimentali”; “Cisti colloide dell'apice del polmone” ; estratti da Atti R. Accad. medica chirurgica, Napoli, 1916; - “Il boro nell'organismo animale”, estratto da Archivio Scienze Biologiche, n. 3, 1922; - “Azione dei cianuri sui muscoli lisci”, estratto da Atti R. Accad. medica chirurgica, Napoli, 1922; - “Determinazione della quantità di sangue col metodo ottico. La quantità di sangue nelle nefriti; “Sul cosiddetto antagonismo tra surrenale e pancreas”; estratti da Folia Medica, 1922; - “Vie linfatiche dall'intestino ai polmoni”; estratto da Riforma Medica, 1923. sulle reazioni chimiche del glicogeno (Tab. I). A inizi anni Venti Moscati si dedica anche ad alcuni importanti studi di storia della medicina, come quelli dedicati a Domenico Cotugno (1736 – 1822), il “padre della scuola medica napoletana”e a Giovanni Alfonso Borelli (1608 – 1679), seguace della teoria iatro-meccanica che postulava l'applicazione delle leggi fisiche per l'interpretazione di particolari fenomeni. Quando nel gennaio 1922 venne sperimentata l'insulina per la cura del diabete, Moscati fu tra i primi in Italia ad utilizzarla. Il 16 luglio 1926, nove mesi prima della sua morte, congratulandosi col discepolo neo-laureato Mario De Mennato, gli ricorda: « [...] pensate che i vostri infermi hanno soprattutto un’anima, a cui dovete sapervi avvicinare e che dovete avvicinare a Dio; pensate che v’incombe l’obbligo di amore allo studio, perché solo così potrete adempiere al grande mandato di soccorrere gli infelici ! », praticamente una sintesi del suo pensiero. Il 12 aprile 1927 assistette alla Messa e si comunicò nella chiesa di San Giacomo degli Spagnoli. Dopo aver svolto il suo lavoro in Ospedale e nello studio privato, verso le 15.00 si sentì male, e spirò sulla sua poltrona per un improvviso malore a 46 anni e 8 mesi. « La fatica di tutte le ore, senza tregua, senza respiro », sostenne il senatore Alberto Marghieri (1852 - 1937) nel discorso funebre, « aveva fiaccato la sua fibra ». Venne seppellito nella cappella dei Pellegrini del cimitero di Poggioreale da cui il 16 novembre 1930 venne traslato alla Basilica di Piazza del Gesù Nuovo a Napoli (fig. sotto) e i resti collocati nel lato destro della cappella di san Francesco Saverio (1506 -1552) e, due anni dopo la Beatificazione, sotto l’altare della cappella della Visitazione, a seguito della ricognizione canonica. Per quanto riguarda il processo di Canonizzazione, dopo dimostrato che nel corso della vita terrena il candidato abbia “praticato virtù a livello eroico” , in passato bastavano due miracoli mentre oggi sono previste quattro fasi, iniziate cinque anni dopo la morte, cioè la fase di Servo di Dio (inizio indagini); Venerabile (le indagini arrivano e vengono accettate in Vaticano); Beato, dopo un miracolo; Santo, dopo altri due miracoli. Il primo miracolo attribuitogli riguarda Costantino Nazzaro che nel 1923 si ammalò del morbo di Addison a prognosi infausta, mancando la terapia. Nel 1954 entrò nella chiesa del Gesù Nuovo e pregò davanti la tomba di Moscati tornandovi ogni 15 giorni per quattro mesi. Tra fine agosto - inizio settembre, il maresciallo sognò di essere operato da Giuseppe Moscati e il mattino dopo era guarito in maniera inspiegabile. Moscati è stato proclamato Beato il 16 novembre 1975 da papa Paolo VI (1897 – 1978), durante una solenne celebrazione in piazza San Pietro. Due anni dopo (1977) ci fu la ricognizione canonica del corpo quindi le ossa furono ricomposte e il suo corpo fu collocato nell'urna di bronzo, opera di Amedeo Garufi, sotto l'altare della Visitazione. L'urna è composta da un trittico: nel pannello di destra si vede il Medico accanto al letto di un paziente; quello centrale lo raffigura illuminato da Cristo che conforta una madre col bambino; quello di sinistra mostra il Professore in cattedra contornato dagli alunni. Dopo la Beatificazione, la devozione per Moscati crebbe sempre più e numerose furono le grazie attribuite al suo miracoloso intervento tra cui le seguenti che portarono alla Canonizzazione. Il piccolo Raffaele Perrotta nel 1941 ebbe diagnosticata una meningite cerebrospinale meningococcica. La madre gli pose sotto il guanciale l’immagine del medico dei poveri e alcune ore dopo il bambino era perfettamente guarito. PREFHIERE COMPOSTE DA S. GIUSEPPE MOSCATI « Mio Gesù amore ! Il vostro amore mi rende sublime; il vostro amore mi santifica, mi volge non verso una sola creatura, ma a tutte le creature, all'infinita bellezza di tutti gli esseri, creati a vostra immagine e somiglianza ! ». « Signore Iddio, fin da ora spontaneamente e volentieri, accetto dalla vostra mano qualsiasi genere di morte, con cui vi piacerà di colpirmi, con tutti i dolori, le pene e gli affanni che l'accompagneranno ». Al 29enne Giuseppe Montefusco nel 1978 venne diagnosticata una leucemia acuta mieloblastica. Sua madre una notte sognò la fotografia di un medico in camice bianco; dopo essersi consultata con il parroco si recò alla Chiesa del Gesù Nuovo, dove riconobbe nella foto del Beato il medico visto in sogno. Allora gli vennero rivolte preghiere collettive e il malato, meno di un mese dopo. nel giugno 1979, guarì completamente riprendendo il lavoro di fabbro. Il caso fu sottoposto alla Congregazione per le Cause dei Santi che, il 27 marzo1987, promulgò il decreto sul miracolo, confermando “La modalità della guarigione relativamente rapida, completa e duratura, non spiegabile secondo le conoscenze mediche”. Alle ore 10.00 del 25 ottobre 1987, in piazza San Pietro, papa S. Giovanni Paolo II (1920 - 2005), dinanzi ad oltre centomila persone, dichiara Santo Giuseppe Moscati, a 60 anni dalla morte, dicendo tra l’altro durante l'omelia: « Per indole e vocazione il Moscati fu innanzitutto e soprattutto il medico che cura: il rispondere alle necessità degli uomini e alle loro sofferenze, fu per lui un bisogno imperioso e imprescindibile. Il dolore di chi è malato giungeva a lui come il grido di un fratello a cui un altro fratello, il medico, doveva accorrere con l'ardore dell'amore. Il movente della sua attività come medico non fu dunque il solo dovere professionale, ma la consapevolezza di essere stato posto da Dio nel mondo per operare secondo i suoi piani, per apportare quindi, con amore, il sollievo che la scienza medica offre nel lenire il dolore e ridare la salute ». Il 7 ottobre 1990 è stata inaugurata una statua di bronzo, posta alla sinistra dell’ urna (opera dello scultore Luigi Sopelsa) che prima di giungere a Napoli è stata benedetta da papa Karol Józef Wojtyla a Benevento, dove centodieci anni prima era nato il Medico Santo. I fedeli, provenienti da ogni parte, pregano dinanzi al Suo corpo e la mano della statua e il pannello centrale dell'urna toccati ripetutamente dai fedeli, per il continuo contatto che si vuole avere col Santo sono ormai diventate lucide. Secondo il Martyrologium Romanum [Martirologio Romano, libro liturgico alla base dei calendari liturgici che ogni anno determinano le feste religiose] il medico Giuseppe PREGHIERA A S. GIUSEPPE MOSCATI O San Giuseppe Moscati, medico e scienziato insigne, che nell'esercizio della professione curavi il corpo e lo spirito dei tuoi pazienti, guarda anche noi che ora ricorriamo con fede alla tua intercessione. Donaci sanità fisica e spirituale e ancora una volta sii il dispensatore dei favori divini. Allevia le pene dei sofferenti, da' conforto agli ammalati, consolazione agli afflitti, speranza agli sfiduciati. I giovani trovino in te un modello, i lavoratori un esempio, gli anziani un conforto, i moribondi la speranza del premio eterno. Sii per tutti noi guida sicura di laboriosità, onestà e carità, affinché adempiamo cristianamente i nostri doveri e diamo gloria a Dio nostro Padre. Così sia. Moscati mai venne meno al suo servizio di quotidiana e infaticabile opera di assistenza ai malati, per la quale non chiedeva alcun compenso ai più poveri, e nel prendersi cura dei corpi accudiva al tempo stesso con grande amore anche le anime. La sua festa liturgica secondo il Martyrologium del 2001 localmente è il dies natalis del 12 aprile, poiché il giorno della nascita al Cielo può cadere nei giorni tra fine Quaresima - Ottava di Pasqua mentre non localmente è stata fissata al 16 novembre, anniversario anche della Beatificazione e della traslazione dei suoi resti. Liberamente tratto dal volume di Stefano Pellicanò “Storia dei Santi Medici”; ISBN: 978-88-97215-05-9. . Per gentile concessione di Calzone Editore calzone.editore@libero.it; www.wix.com/calzone_editore/home © Copyright 2010 CE Calzone Editore. Tutti i diritti artistici e letterari sono riservati.
4 dicembre 2016. Il piccolo Lucio dopo aver giocato nel parco col suo cane Laika alle 11,00 in punto col padre si reca nel mitreo [piccolo tempio scavato nella roccia e spesso sotterranei diffusissimi, un migliaio solo a Roma, in tutto l’Impero] del suo rione a onorare Mitra, Mithra nella civiltà persiana, dio dell'onestà, amicizia, patti, contratti e della giustizia pertanto uno dei peggiori peccati consiste nel non mantenere un patto, un contratto perché era il dio “della stretta di mano” [quanti nostri politici attuali potrebbero esserne adepti ?] Lucio era molto emozionato perché era la prima volta mentre la mamma e la sorellina erano rimaste a casa (le donne in genere non erano accettate). Lucio notò l’entrata separata [vestibolo], la sua caverna a forma di rettangolo [spelaeum o spelunca], con due panchine lungo le mura laterali per il banchetto rituale ed il suo santuario all'estremità, in una nicchia, prima del quale vi era l'altare. Prima di arrivare al grande affresco Lucio trova dipinti lateralmente due dadofori [portatori di fiaccole] che rappresentano Cautes (fig. a sin.) che porta la fiaccola rivolta in alto a significare l’alba e Cautopates abbassata (fig. in basso) a significare il tramonto quindi rappresentano il ciclo solare, dall'alba al tramonto, e il ciclo vitale, cioè il calore luminoso della vita e il gelido freddo della morte. Sul soffitto è dipinto un cielo stellato con la riproduzione dello zodiaco e dei pianeti. E’quindi un luogo tenebroso e privo di finestre [anche quando non erano collocati in luoghi sotterranei quando possibile erano costruiti all'interno o sotto un edificio], un piccolo tempio per 30-40 fedeli scavato nella roccia e sotterraneo e ne chiese il motivo al padre che spiegò: « Il culto viene celebrato in ambienti sotterranei come grotte, naturali o artificiali, avendo carattere esoterico [dottrina segreta o riservata]. Essendo una religione misterica di iniziazione, al pari dei misteri eleusini [riti religiosi misterici che si celebravano ogni anno nel santuario di Demetra nella città greca di Eleusi] non ci sono scritture rivelate [né evangelisti] e anche i rituali sono segreti e riservati agli iniziati. Un merito del Dio è stato di aver fatto piovere dopo una lunga siccità colpendo la volta celeste con una freccia. La caduta di meteoriti fa pensare che il cielo è una cupola di pietra, per cui i mitrei sono antri nella roccia o comunque sotto terra perché devono ricordare la volta celeste. Per questo i loro soffitti sono colorati di blu e raffigurano stelle e costellazioni ». Sulla parete di fondo, quindi dietro l’altare, Lucio vede [al posto dell’immagine di Gesù in croce] che il posto d'onore è dedicato alla rappresentazione di Mitra nell'atto di sgozzare un toro sacro, la tauroctonia (fig. in basso) il sacrificio rituale del toro bianco cosmico affiancata ai lati dall’effige a raggiera di un grande sole simbolo del dio Sole, amico di Mitra [simbolo poi adottato per l’ostensorio cristiano dove una raggiera dorata circonda l’ostia consacrata]. Sullo sfondo è raffigurata una grotta con ingresso delimitato da un velario bianco avvolto da lacci rossi che simbolicamente rappresenta l’elemento divisorio tra il rito del sacrificio e la zona degli adepti. Al centro Mitra appare come un giovane energico che afferra il toro con forza, portandogli la testa all'indietro mentre lo colpisce al collo con la sua corta spada, il ginocchio sinistro preme sul dorso mentre il piede destro blocca la zampa posteriore con un elemento naturalistico di sensazione immediata dato dalla sofferenza che traspare dal toro da cui sembra esalare un grido di dolore con un’energica espressione del muso verso l’alto e la zampa destra piegata a terra. Mitra indossa splendidi abiti persiani e una corta tunica rossa riccamente ornata da stelle che s'allarga sull'orlo, pantaloni stretti con linee dorate, in testa il berretto frigio [pilaeus] slacciato forse a mostrare lo scatto della testa verso il Sole e un mantello blu costellato all’interno di astri con evidenziati i sette pianeti che gli sventola alle spalle. La morte del toro genera la vita animale e vegetale fino all’uomo e la fecondità dell'universo, il quale essendo pure il segno di Venere, mostra come l'astro con la sua energia, rigenera la natura. La figura del dio ha anche una valenza di mediatore tra l'Uomo e il Dio supremo del mondo superiore ed inferiore. Un serpente (che mutando pelle è simbolo di fertilità) ed un cane (che rappresenta la costellazione nel periodo estivo) sembrano bere dalla ferita del toro dalla quale cadono gocce di sangue (bassorilievo II-III sec., fig. a dx.); uno scorpione, invece cerca di ferirgli i testicoli inviato da Hareman, spirito del male, per impedire che la Terra sia fertile [animali delle costellazioni che si trovavano sull'equatore celeste, nei pressi della costellazione del Toro, nella lontana “Era del toro”, quando durante l'equinozio di primavera il sole era nella costellazione del toro]. In alto a sinistra dalla testa del Sole si dipartono sette raggi quasi metallici che giungono al volto di Mitra in un legame simbolico. Tutto ha un significato astrale in quanto il Mitra romano è quindi associato al sole e la sua festa cade quindi il 25 dicembre giorno del solstizio d’inverno. Il dio cavalca il toro, segno di Venere, in primavera quando la sua costellazione è in cielo mentre il grano che germoglia dalla coda del toro, effetto del sacrificio, verrà mietuto dal dio all’equinozio d’autunno. A un certo punto inizia la cerimonia. Il pater [vescovo] ha una tunica rossa, il bastone pastorale ricurvo, una cuffia chiamata Mitria o Mitra che quindi ha una etimologia che lascia ben pochi dubbi all'interpretazione e ai lati due assistenti [al posto dei chierichetti] che reggono fiaccole. Dopo le prediche sulla solidarietà e giustizia si svolge una breve rappresentazione di teatro drammatico, oggi Quando Giove distrusse i giganti poi il pater benedice il pane, che viene consacrato promettendo vita eterna, e l’acqua –vino che viene distribuita da aiutanti con maschere da corvo ai fedeli distesi su triclini ai lati del mitreo mentre altri del grado di leone diffondono incenso tra i fedeli mentre passa anche un sacerdote che con una mano trascina una pelle di toro e con l’altra regge la cassetta delle offerte. Il concetto di vita eterna (e la benedizione del pane e del vino) era previsto fin dalla fase antica di questa religione come ricompensa per chi aveva perseguito il bene. Nel Mitraismo l'acqua svolge un ruolo purificatorio importante e nelle vicinanze del santuario c’è una sorgente (naturale o artificiale) forse a ricordo che Mitra fece sgorgare miracolosamente acqua dalla roccia [come Mosè e S. Pietro]. I fedeli indossano maschere di animali perché credono nella reincarnazione anche negli animali o simboli astrali che esprime il loro grado di iniziazione infatti i membri di un mitreo sono divisi in sette ranghi, ognuno sotto la speciale protezione di un corpo celeste dove i primi quattro livelli rappresentano un progresso spirituale mentre gli ultimi tre hanno compiti specializzati. Nella setta si entra come Corax [Corvo], sotto la tutela di Mercurio poi si viene promossi a Cryphius o Nymphus [l'occulto o lo sposo, simboleggiato dalla larva o serpente che mutando pelle preannunciava un cambiamento], sotto la protezione di Venere; quindi a Miles [soldato] con una cerimonia di incoronazione dopo avere sottratto la spada a un uomo armato e si è sotto la protezione di Marte dopo si passa al grado di Leo [Leone] protetto da Giove, in seguito a Perses [il Persiano] tutelato dalla Luna quindi alle cariche più alte Heliodromus [Eliodiromo, il corriere del sole] protetto dal Sole e Pater [il Padre, il ruolo sacerdotale principale] tutelato anch’egli da Mercurio [questi sette gradi sono raffigurati nel mosaico delle Sette Porte del mitreo di Felicissimus ad Ostia Antica e nel mitreo di Santa Prisca a Roma]. Il papà spiegò a Lucio che nel tempo e in luoghi diversi i misteri mitriaci subiscono alcuni cambiamenti essendo un culto iniziatico, quindi per pochi e sostanzialmente segreto, e a ogni grado era associata una porta, una sfera planetaria, un giorno della settimana e un metallo o pianeta. Molto comune l’associazione alla prima porta di Luna e argento, alla seconda Mercurio e il ferro, alla terza Venere e lo stagno, alla quarta il Sole e l'oro, alla quinta Marte e la lega, alla sesta Giove e il bronzo e alla settima Saturno e il piombo. Scarsissima ancora è la partecipazione di donne, col grado di Iena o Leonessa secondo il filosofo neoplatonico Porfirio (233/234 - 305 ca.). Il culto termina con un banchetto comune che esclude assolutamente la carne in quanto gli adepti sono vegetariani [Porfirio]. Questa cronaca di una messa in un mitreo è stata ricostruita soprattutto in base alle scoperte archeologiche, iconografiche ed epigrafiche dei mitrei trovate, tra l’altro, a Napoli, ad Ostia, a Roma e a Santa Maria Capua Vetere, dove ne sono stati identificati una dozzina, nella cripta sopra la quale fu costruita la chiesa di S. Clemente (Roma) e tante altre località dell'anacoretismo cristiano che potrebbero essere stati originariamente mitrei in Romagna, Lazio, Campania, Puglia e Calabria (Regio Urbicaria). Una immagine bronzea di Mitra, che emerge da un anello zodiacale a forma di uovo, trovata in un mitreo lungo il Vallo di Adriano (Inghilterra) ed una iscrizione trovata a Roma, lasciano supporre che possa essere stato visto come il dio-creatore orfico Phanes che emerse dall'uovo cosmico all'inizio del tempo, dando vita all'universo mentre in un altro bassorilievo [Museo Estense di Modena] Phanes esce da un uovo circondato dai dodici segni dello zodiaco. Le (scarne) informazioni scritte sul Mitraismo provengono da scrittori cristiani o pagani ma non aderenti al Mitraismo. Lo scrittore romano e apologeta [chi dimostra e difesa la fede cristiana] Quinto Settimio Fiorente Tertulliano (155 ca. – 230 ca.) scrive che l'iniziato veniva segnato in fronte come “soldato di Mitra” (De Praescriptione haereticorum, 40) e che agli adepti venivano prescritte abluzioni purificatorie, simili al battesimo cristiano (De baptismo, 5) mentre il teologo romano. S. Girolamo (347 – 419/420) descrive i sette gradi dell'iniziazione mitriaca (Epistola CVII,2 ad Laetam). Mitra nel mondo greco-romano (II-I secolo a.C.) Il Mitraismo origina nel Mediterraneo orientale intorno al II-I sec. a.C., forse a Pergamo o nei pressi di Tarso (Cilicia) ma non divenne mai popolare nella cultura ellenistica dove era confuso con Apollo -Helios, col sacrificio caratteristico di un toro (tauroctonia) assente nel culto indo-persiano e simbolico in quello romano. Forse dai primi contatti tra l'esercito romano ed i pirati cilici, deportati da Pompeo in Grecia intorno al 67 a.C. [????ta???? (Plutarco, 46/48 - 125 /127)] il culto del Mitra persiano, confuso con Ahriman, il dio che uccise un toro, passò in Occidente, arrivando completamente a Roma col ritorno delle legioni dall'Oriente nel I secolo a.C. diffondendosi anche nell'Imperium raggiungendo il suo apogeo nel III - IV secolo. Professava l’universalismo ma escludeva in genere le donne e poiché dava un senso di continuità a schiavi e legionari, cioè a chi era lontano dalla famiglia, piaceva ai soldati, perché dio delle armi e campione degli eroi che portarono il suo culto in penisola Iberica, Britannia e Romania [Dacia]; ai burocrati imperiali; schiavi, liberti [Publio Papinio Stazio (40 – 96)] e agli imperatori Cesare Lucio Marco Aurelio Commodo (180 - 192), Settimio Severo (193 – 211) e Gaio Aurelio Valerio Diocleziano (284 – 305), per il sostegno che offriva alla loro natura divina. Dal tempo di quest’ultimo, che partecipava ai suoi misteri, adepti si trovano in tutte le classi della società contando sulla sull’appoggio della casa imperiale o sulla solidarietà tra commilitoni che finivano per convertirsi ai suoi principi di lealtà attratti soprattutto dalle sue concezioni misteriosofiche che ruotavano intorno all'idea dell'esistenza dell'anima e della sua liberazione alla morte del corpo con la possibilità di pervenire all'aeternitas attraverso le sette sfere planetarie. Mitra proteggeva i giusti dalle forze demoniache, era quindi una divinità di verità e legalità e, nel trasferimento al regno fisico, un dio dell'aria e della luce. Come nemico degli spiriti del male e delle tenebre, proteggeva le anime e, come psicopompo [accompagnatore delle anime nell'oltretomba], le accompagnava in paradiso (concetto ed anche parola di origine persiana) e le giudicava. La sua espansione nell’Imperium venne influenzata notevolmente dalla scoperta della precessione degli equinozi da parte di Ipparco di Nicea (190 -120 a.C.) causata da Mitra. Mitra associò le distanze dei pianeti dalla Terra (Luna e Sole compresi perché considerati tali) con l’ordine dei giorni della settimana (lunedì da Luna, mercoledì da Mercurio, giovedì da Giove, ecc.) teorizzando che l’anima degli uomini nasceva nei piani alti dell’universo e nella sua discesa sulla Terra, secondo la data di nascita, prendeva l’influenza dei pianeti in base alla loro posizione. All'incirca nel III secolo, i culti di Apollo e Mitra iniziarono a fondersi nel sincretismo romano [fusione di elementi fra religioni diverse] e nel 274 l'imperatore Lucio Domizio Aureliano (270 – 275), la cui madre era una sacerdotessa del Sole, rese ufficiale il culto del Sol Invictus, costruendogli un nuovo tempio e dedicandogli un nuovo corpo di sacerdoti (pontifices Solis invicti). Poco dopo il Mitraismo confluì nel culto del Sol Invictus (fig. in alto con Mitra al centro e il Sol Invictus in alto a sinistra, Musei Vaticani) ottenendo un riconoscimento ufficiale e al massimo livello a Carnunto, in Pannonia Superiore [il Burgenland austriaco] dove gli Augusti e i Cesari si ritrovarono nel 308 per ristabilire la coesione dell'Impero e posero una lapide al “Dio Sole Invitto Mitra” perché Mitra era il dio della fedeltà ai patti e puniva chi li avesse trasgrediti. L'inizio del IV secolo segnò l'inizio del suo declino, poco dopo l'Impero perse la Dacia, le invasioni dei popoli del nord distrussero molti templi lungo la frontiera dell'Impero (la principale roccaforte del culto) e la guerra civile conclusa con la vittoria dell’imperatore Costantino (274-337) su Massenzio (278 – 312) il 28 ottobre 312 nella battaglia di Ponte Milvio. Durante questa campagna a Costantino sarebbe apparsa la croce sovrastata dalla scritta “in hoc signo vinces” che lo avrebbe avvicinato al Cristianesimo ed egli fece inserire la croce negli scudi dei suoi soldati. In realtà forse la religione per lui è stata un puro e semplice instrumentum regni essendo caratterialmente sempre attento a presentarsi come prescelto dalla divinità, qualunque fosse e ciò spiegherebbe perché nell'Editto di Milano e nell'iscrizione sul suo Arco si cita una generica divinità, identificabile sia con il Dio cristiano ma anche col Dio solare e le statue del dio Sole erano spesso adornate del simbolo della Croce (fig. a dx: Cristo nelle vesti del dio-sole Helios/Sol Invictus alla guida del carro. Mosaico del III secolo delle grotte Vaticane sotto la basilica di San Pietro, sul pavimento della tomba di papa Giulio I). L'unità dei cristiani (10 % della popolazione), era indispensabile per la stabilità della potenza imperiale ed egli interpretava in senso cristiano l'antico tema pagano della pax deorum nel senso che la forza dell'Impero derivava direttamente dalla benevolenza di Dio ma mentre nella religione romana c’era un rapporto diretto tra potere imperiale e le divinità Costantino non ignorava la Chiesa che, tramite i vescovi, era l'unica mediatrice della fonte divina del potere ed era coinvolto nelle lotte teologiche con interventi molto duri nei confronti degli eretici. Dopo la vittoria Costantino impose il Cristianesimo come religione di Stato e i mitrei vennero distrutti. Il Mitreismo ritornò in auge durante l’imperatore Flavius Claudius Iulianus [Giuliano, 361 – 363], chiamato l'Apostata dai cristiani, l'ultimo imperatore che tentò di restaurare la religione romana dopo che essa era stata abbandonata a favore del Cristianesimo dallo zio Costantino I e dal figlio Flavius Iulius Constantio II [Costanzo II]. Con l’Editto di tolleranza del 362 nei confronti di tutte le religioni si poterono riaprire i templi pagani e celebrare i sacrifici mentre tornarono dall'esilio i vescovi cristiani eretici (“non ci sono belve più pericolose dei cristiani nei confronti dei loro correligionari”). Giuliano intese stabilire i principi dell'Ellenismo come sintesi dell'antica religione romana e della cultura greca elaborata alla luce della filosofia neoplatonica. Ogni cosa, come aveva insegnato ???st?t???? [Aristotele], è unione di forma e materia e le cose non sono generate dal caso (materialismo epicureo) ma da un principio superiore, cioè la causa della forma e della materia, la quinta essenza, discussa già da ???a???? [Senarco] di Siracusa, seconda metà del V sec. a.C., che spiega il divenire, la moltiplicazione delle specie e dell'eternità del mondo, la “catena dell'eterna generazione” rappresentata da ??tt?? [Attis] ed è la sostanza dell'Intelletto creatore di tutte le cose fino ai limiti estremi della materia e contiene in sé tutti i principi e le cause delle forme congiunte alla materia mentre Cibelis [Cibele] è Madre di tutti gli Dei, la Vergine senza madre che siede accanto a ??a? [Zeus]. Il mito della sua unione con ??tt??, osceno per i cristiani, significa in realtà che in quanto Provvidenza che conserva tutte le cose soggette a nascita e distruzione, ama la loro causa creatrice, impone di procreare preferibilmente nel mondo intelligibile, pretende che ??tt?? non si mescoli con nessun altro essere, per conservare ciò che è uniforme evitando di cadere nel mondo materiale. Ma ??tt?? si abbassò fino ai limiti estremi della materia, accoppiandosi in un antro con una ninfa, figura nella quale il mito adombra “ l'umidità della materia”, più precisamente l 'ultima causa incorporea sussistente prima della materia. Allora Helios-Mitra che condivide il trono con la Madre e crea tutto con lei e a tutto provvede, comandò al Leone, il principio del fuoco l'evirazione di ??tt?? intesa come “freno posto alla spinta illimitata” alla generazione, in modo che essa sia “trattenuta nei limiti delle forme definite”. L'autoevirazione di ??tt?? è il simbolo della purificazione dalla degradazione, la condizione della risalita verso l'alto “a ciò che è definito e uniforme, possibilmente all'Uno stesso”. Il mito delinea il ciclo della degradazione e purificazione dell'anima e a esso corrisponde il ciclo della natura e i rituali religiosi associati e celebrati nell'equinozio di primavera quindi il 22 marzo viene tagliato il pino sacro, il giorno dopo il suono delle trombe ricorda la necessità di purificarci ed elevarci al cielo, il terzo giorno “si taglia la sacra messe del Dio” e quindi seguono le Ilarie, le feste che celebrano la purificazione e il ritorno di ??tt?? a fianco della Madre. Viene riaffermata l'unità intrinseca dei culti ellenici accostando Eracle e Dioniso ad ??tt??, riconosciuto in quest’ultimo il Logos “uscito di senno perché ha sposato la materia e presieduto alla creazione ma anche saggio perché ha saputo ordinare e mutare questa sozzura in qualcosa di così bello che nessun'arte e capacità umana potrebbe mai eguagliare”. Ogni uomo nasce da un uomo e dal Sole [Aristotele] ma il Sole è solo il Dio visibile, più difficile è “farsi un'idea della grandezza del Dio invisibile”. Helios mantiene l'eterno universo, che sempre esisterà e su di lui c’è l'Uno ovvero, platonicamente, il Bene, la causa di tutte le cose, che “ha suscitato da sé Helios, potentissimo Dio, come essere mediatore, in tutto simile alla sostanza creatrice originaria”. Helios si mostra nella forma del Sole, la causa della conservazione del mondo sensibile dispensatore di ogni beneficio stando tra la purezza immateriale degli Dèi intelligibili e l'integrità immacolata degli Dèi del mondo sensibile. Helios Re procedette come unico Dio da un Dio unico, cioè dal mondo intelligibile che è uno unificando l'infimo con il supremo, contiene in sé il mezzo della perfezione, dell'unione, del principio vitale e dell'uniformità della sostanza che coincide con il dogma cristiano del Cristo-Logos, mediatore tra Dio e uomo apportatore di salvezza e Helios appare il mediatore della crescita spirituale dell'uomo mentre suo figlio Dioniso con le Muse allevia le fatiche umane, ha generato anche Aesculapius [Asclepio], il salvatore universale e ha mandato sulla Terra ?????d?t? [Afrodite] per rinnovare le generazioni da cui discende Enea e da lui tutte le successioni dei governatori del mondo. ?p????? [Apollo], “che non differisce affatto da Helios “, diffonde gli oracoli, dà agli uomini l'ispirazione, ordina e rende civili le città. Il Mitraismo venne bandito definitivamente dall’imperatore Flavio Teodosio I (379 – 395), il Grande per gli scrittori cristiani, l'ultimo imperatore di un Impero unificato che fece del Cristianesimo la religione unica e obbligatoria dell'Impero per cui nel 394 i mitrei vennero distrutti e sopra vi furono costruiti chiese e basiliche così la religione più seguita per tre secoli, alla fine dell’età imperiale usata come ultimo baluardo del Paganesimo contro il dilagare del Cristianesimo, venne quindi ricordata come superstizione pagana talvolta con l’accusa (falsa) di praticare sacrifici umani. Tarde sopravvivenze del suo culto si trovano comunque fino al V secolo nelle Alpi e nelle regioni orientali. Il suo posto, come religione persiana passata poi in Occidente, fu preso dal Manicheismo. E’indubbio che se Costantino non avesse vinto e appoggiato il Cristianesimo, anche per i motivi politici descritti, forse la nostra storia iniziale non sarebbe fantastoria perché il mondo sarebbe diventato mitraico. Confronto tra Mitraismo e Cristianesimo Gesù ha 2000 anni, Mitra almeno 155 in più essendo venerato in Persia dal 1300 a.C. Il carattere che maggiormente avvicina i due culti è il concetto di lotta contro il male e l'idea dell'itinerario della salvezza come militia. S. Paolo aveva predicato la figura del miles christianus [soldato cristiano] ma è probabile che tale immagine si sia intensificata, talvolta nella sua scarna durezza, per influsso del Mitraismo. In generale chi sostiene l'unicità del Cristianesimo lo confronta con il Mitraismo romano mentre chi ne sostiene la similitudine lo rapporta col persiano che va distinto in quello dei Veda (1400 a.C. ca.), quello dall'Avesta e quello degli scritti in lingua pahlavi (IX secolo). Quello ellenistico/romano non ha lasciato alcun testo scritto e sembra molto diverso dal persiano. I due culti mitraici sono molto diversi tra loro, a Roma è nettamente distinto dal dio Sole, spesso rappresentato inginocchiato davanti a Mitra o a lui accostato durante il banchetto rituale e il viaggio sul carro solare. Nel culto orientale del periodo ellenistico, Mitra sembra essere una divinità solare. Entrambe le Religioni (come moltissime altre ) credono nel destino, nel paradiso (abitato dai beati) ed inferno (popolato da demoni), nell'immortalità dell'anima, nella battaglia finale alla fine dei tempi, nel Giudizio finale e nella Resurrezione (di solito la religione più antica influenza la più giovane e non viceversa). Le loro concezioni sulla lotta tra Bene e Male sono praticamente identiche. Secondo Porfirio i Mitraici credevano nella metempsicosi, cioè la migrazione dell’anima in diversi esseri viventi prima di raggiungere i piani alti del cielo. L'immagine di Mitra veniva sepolta in una tomba all'interno di una caverna e questa veniva ritualmente rimossa ogni anno e si diceva che tornasse alla vita di nuovo. Il trionfo di Mitra e l'ascensione al Paradiso erano celebrati durante l'equinozio di primavera, quando le ore di luce cominciano a prevalere su quelle di buio. Il battesimo non è un’esclusiva dei primi cristiani infatti lo praticavano Giovanni Battista e altre sette induiste. Ambedue le religioni lo utilizzano come purificazione e modo per entrare nella comunità ma i due riti sono completamente diversi. Quello romano di Mitra si esprime nel rituale della tauroctonia, cioè il fedele viene disposto in una cavità sotterranea, chiusa in alto da una grata, sulla quale è condotto e sgozzato un toro (“Ti battezzo col toro”) che copre il fedele col sangue ancora caldo. Il battesimo cristiano avviene per immersione in una vasca d'acqua come diretta derivazione dalle usanze Essene [gruppo ebraico di incerta origine, del II sec. a.C. ca. organizzato in comunità monastiche isolate di tipo eremitico e cenobitico] e l'acqua rappresenta il sangue di Cristo che purifica. Entrambe le religioni considerano la domenica come giorno santo della settimana per i cristiani perché Gesù sarebbe risorto « il primo giorno dopo il sabato », in riferimento a Pasqua. Originariamente, i sette giorni della settimana erano chiamati in base ai sette corpi celesti conosciuti rappresentanti sette divinità che si pensava ruotassero intorno alla Terra, per cui si aveva Lunae [Luna] dies, Martis [Marte] dies, Mercurii [Mercurio] dies, Iovis [Giove] dies, Veneris [Venere] dies, Saturni [Saturno] dies e Solis [Sole] dies. Nel 321 fu introdotta la settimana di sette giorni e decretato come giorno di riposo il “dies Solis” (“giorno del Sole”) che mutò in Dies dominica, il giorno del Signore, mantenendo la sua caratteristica di giornata di festa e riposo dal lavoro e divenne l'ultimo giorno della settimana (“il settimo”), anziché il primo. Il Saturni dies diventò Sabbatum, da shabbath, forse per coerenza con le Scritture, secondo le quali Gesù è resuscitato il giorno dopo lo shabbath. Nascita di Mitra e di Gesù Mitra secondo una leggenda iranica sarebbe nato da una vergine, come Gesù (tema ricorrente in moltissime religioni antiche). Secondo l'iconografia romana nasce (o rinasce) già fanciullo, quando gli uomini non lo erano ancora, dalla roccia petra genetrix (forse simbolo della materia cosmica primordiale) con una fiaccola e un coltello tra le mani (fig. a sin.) , intorno alla quale è attorcigliato il serpente Ouroboros, affiancato da Cautes e Cautopates (figg. a pag. 1), i suoi assistenti mitologici con l'abito, considerato “da pastore” tipico della Frigia, recanti doni. Secondo il filosofo neoplatonico ???f????? [Porfirio (233/234 - 305 ca.) la caverna della tauroctonia rappresenterebbe un'immagine del cosmo pertanto la roccia sarebbe il cosmo visto dall'esterno. Mitra non sacrificò se stesso ma compì il gesto eroico di uccidere il “grande toro del Sole”, per la pace del mondo. Il mito non dice che Mitra risorse ma che gli dèi, dopo aver creato gli umani, salirono al cielo. Mitra inizia ai suoi misteri il dio Sole col quale consuma un pasto rituale e stringe un patto, attraversa con il suo carro l'Oceano che cercò di inghiottirlo senza riuscirci e infine a 33 anni ascese alla dimora degli immortali, al cielo con il carro solare con la promessa di tornare nel giorno del Giudizio. Quindi non esistendo « nessuna morte di Mitra » non si può parlare di sua Resurrezione. Per quanto riguarda il Cristianesimo nel Vangelo secondo Matteo la nascita verginale di Gesù è messa in relazione con un brano del profeta Isaia tratto dalla Bibbia dei Settanta, una versione in lingua greca del II secolo a.C. ca. e in seguito la più diffusa in ambiente cristiano che rivolto alla « casa di Davide » annuncia che una vergine concepirà un figlio, chiamato Emanuele (Dio è con noi), per la liberazione dal peccato e dal male in cui era caduto Israele mentre nel Vangelo secondo Luca Gesù è un neonato e i pastori vi si recano a omaggiarlo in seguito e senza doni, portati dai Re Magi che papa Leone Magno nel V sec. stabilirà in tre mentre i loro nomi, Gaspare, Melchiorre [Re della luce] e Baldassarre [Signore dell’aurora] sono stati scelti nel XII-XII sec. e i loro doni hanno un significato simbolico l’oro significando l’avvento di un re, l’incenso di una divinità e la mirra, unguento per imbalsamare, il trionfo sulla morte. La collocazione del Bambin Gesù in una grotta è facilmente riconducibile alla precedente venerazione del dio Mitra a cui il Cristianesimo si è sovrapposto. Le figure del bue e dell’asino vengono inserite dal teologo Origene che interpreta Isaia: “un bue ha riconosciuto il suo proprietario e un asino la mangiatoia del suo padrone” ma forse bue e asino rappresentano rispettivamente pagani e ebrei a simboleggiare la venuta di Cristo per tutti. S. Matteo nel suo Vangelo parla di Magi senza precisarne il numero. Sull'origine divina di Gesù, sull'ordine che gli spetterebbe nella creazione e i rapporti di questo con il Dio-Padre le prime Chiese cristiane non erano concordi, prima dell'elaborazione teologica del Concilio di Nicea (325), e alcune delle dottrine considerate oggi eretiche presentano maggiori affinità con il Mitraismo. Poiché la data di nascita del Dio cristiano era incerta perché mai indicata nei Vangeli o in altri scritti coevi fin dai primi secoli venne fissata in date diverse, da metà December [dicembre] al 6 Ianuarius [gennaio] tanto che il filosofo Clemente Alessandrino annotò: « Non si contentano di sapere in che anno è nato il Signore ma con curiosità troppo spinta vanno a cercarne anche il giorno [Stromata, I,21,146] ». Sappiamo da S. Ippolito di Roma che la prima attestazione del Natale cristiano al 25 Dicembre risale al 204 mentre da Furio Dionisio Filocalo ufficialmente dal 336 [Chronographus, 354], sotto papa S. Marco (336) quando con l’imperatore Costantino le grandi feste pagane e del Cristianesimo vennero fatte coincidere come i Saturnalia, feste orgiastiche celebrate dal 17 al 23 Dicembre, dedicate a Saturno e all’arrivo dell’inverno così il 25 Dicembre, giorno natale del Sol Invictus e del dio Mitra divenne quello della nascita di Gesù. Il primo a disegnare il quadro della natività fu l’evangelista S. Luca che non cita stagioni ma narra solo di un Cristo accolto in una mangiatoia [installata nella grotta a partire dal VII sec.]. In età ellenistica la nascita di Mitra veniva celebrata il 25 dicembre, vicino al solstizio d'inverno, giorno rituale per diverse culture, che per il suo carattere simbolico di vittoria sulle tenebre diventò un riferimento alla vittoria del Bene sul Male e fu adottata dalla Chiesa anche per Gesù nel IV secolo.
IL SERPENTE PIUMATO ARGENTATO. Contemporaneamente al primate dell’ uomo, appare il primate del Gorilla: il serpente piumato argentato acquatico, avente le stesse caratteristiche fisiche del primate dell’ uomo ma con minori capacità intellettive e genetiche e perciò i Signori della Luce non lo trattarono. Anche questo animale ha avuto un processo evolutivo, ma non avendo ricevuto l’ innesto individuale dello Spirito, subisce uno sviluppo diverso. Pertanto la sua evoluzione biologica e psichica non gli ha permesso di avere le medesime caratteristiche dell’ animale trattato, divenuto poi Uomo. CAPITOLO 2 Il ceppo principale dell’ Uomo terrestre ha iniziato in un lembo di terra chiamato attualmente Sicilia e precisamente dove sorge la città di Agrigento. Questi esseri primitivi vengono poi trasmigrati in zone particolari del pianeta e diverse come ambiente climatico. Essi col tempo si moltiplicarono, iniziando il cammino evolutivo del primate della specie. Arriviamo ora ad un periodo di tempo valutabile intorno ai 75 milioni di anni fa. La Terra, sempre in fase di sviluppo, si trova nell’ orbita dell’ attuale pianeta Venere e quest’ ultimo in quella del pianeta Mercurio, in quest’ epoca non ancora esistente. Nel sistema solare in effetti tutti i pianeti occuparono orbite totalmente diverse da quelle attuali e ciò a causa della presenza di un pianeta chiamato Mallona o Lucifero, che oggi non esiste e del quale è rimasto soltanto un numero enorme di asteroidi. E’ noto che alcuni scienziati di oggi hanno scoperto che gli anelli di Saturno e i numerosissimi asteroidi che orbitano tra Marte e Giove, appartengono ad un pianeta che ha subito una disintegrazione a causa dello scoppio di grossi giacimenti nucleari posti nel sottosuolo. E’ per questo motivo che gli scampati del pianeta Mallona, con numerosissime astronavi, attraversano lo spazio e giungono il pianeta Terra. Molti altri scampati raggiungono anche i pianeti Marte, Venere, Saturno, ma non sopravvivranno. IL pianeta Terra, ancora molto giovane e in via di sviluppo, è popolato da enormi sauri e dall’ uomo primitivo, per cui non si rende del tutto ospitale ai nuovi venuti; oltre tutto non sono equipaggiati adeguatamente. Ma questo è un provvisorio riparo dato il momento disperato per gli esseri di Mallona, ed è considerato provvidenziale. Creature di ambo i sessi credono infatti di trovare sulla Terra una temporanea sistemazione in attesa degli eventi. Il tempo del peggio è ormai prossimo e mentre sul pianeta agonizzante, milioni di altre creature attendono la salvezza, una visione apocalittica e con un immenso bagliore a croce colpisce l’ atterrito sguardo degli scampati. Il cielo ora è terso e pauroso. Una cellula dell’ Universo è stata uccisa dall’ uomo ribelle, disubbidiente alle Leggi del Cosmo . Una grave colpa che non può essere facilmente cancellata e che il Cosmo punisce severamente. Il caos in tutto il sistema solare diviene di enorme portata e molti altri pianeti, Terra compresa, rischiano di essere spinti fuori dal proprio equilibrio. Il Sole vibra fortemente lasciando sfuggire dalla propria superficie una enorme massa di materia incandescente che si assesterà poi in un orbita vicinissima ad esso e che noi oggi chiamiamo Mercurio. La Terra, Marte, Venere, e tutti gli altri pianeti del sistema solare ricevono enormi urti, mentre i giganteschi macigni del pianeta distrutto si dirigono in tutte le direzioni dello spazio siderale. Molti di questi piccoli mondi trovano assestamento definitivo orbitando nelle immediate vicinanze del pianeta Saturno. Lo sconvolgimento del sistema solare è disastroso e il pianeta Terra, questo mondo di azzurro manto, subisce, oltre agli urti, lo spostamento dell’ asse solare e quindi di tutti gli effetti di questa non meno disastrosa causa. Eruzioni, sollevamenti ed abbassamenti della crosta terrestre, invasione pazzesca delle acque, movimenti tellurici di vasta portata. Gli esseri che in essa avevano cercato una temporanea sosta per avere salva la vita, vengono decimati e i loro mezzi in sosta completamente distrutti e vangati dalla terra e dalle acque in movimento. I superstiti non sono molti, oramai la lotta della sopravvivenza e divenuta disperatissima e le loro menti, sconvolte dalla immane sofferenza psichica, provocano il completo annullamento della personalità. Gli occhi sbarrati dal terrore sono le cose rimaste nell’ immane desolazione che li circonda. Gli infelici esseri che sono sopravvissuti a tanta sventura, hanno dinanzi a sé un pesantissimo bagaglio di enormi sacrifici da portare lungo il nuovo cammino della loro esistenza. Passa molto tempo e lentamente si va cancellando dalla loro mente l’ immagine di tanta tristezza. Il ricordo di essere venuti dal cielo non li abbandonerà mai. Dopo una temporale ed apparente sistemazione della nuova dimora, gli esseri malloniani, scampati al disastro cosmico a causa della loro diabolicità umana, impattano con la specie terrestre e primitiva che il pianeta in quel momento ospita. Avviene così un accoppiamento tra gli esseri di queste due razze, per cui si ha la perpetuazione della genetica del pianeta Mallona, cioè di un certo valore di carattere scientifico ma purtroppo privo di qualità spirituali. In seguito questi esseri malloniani non riescono a sopravvivere sul nostro pianeta a causa dei continui assestamenti del geoide (terremoti, maremoti e altre convulsioni dovute alla dilatazione e alla contrazione del pianeta), ma soprattutto per la frequenza vibrazionale molto bassa e per la pressione atmosferica assai elevata, per cui coloro che restano muoiono per emorragia celebrale. Rimane così l’uomo primitivo con valori genetici più sviluppati scientificamente. Comincia a scoprire meglio la natura e le sue forze, " tecnologicamente" si sviluppa, ma nel suo intimo rimane ancora l’ ombra spettrale di un triste atavico ricordo. Inesorabilmente il tempo passa: giungiamo così a circa a 63 milioni di anni fa. Sul pianeta avvengono nuovamente ritorsioni enormi per via del suo assestamento causato dal cambio dell’ asse magnetico ad opera di un asteroide che impatta con il geoide, determinando la ciclica mutazione del pianeta Terra. I dinosauri scompaiono all’ improvviso non solo per questo motivo ma soprattutto per l’ intervento, di vaste proporzioni, dei Signori dello Spazio. In effetti i dinosauri operati sul coccige e sull’ ipofisi subiscono una riduzione stabilizzante la propria mole per essere adattati ad una nuova frequenza vibrazionale del pianeta ed alla diminuzione della pressione atmosferica. Il disegno, inciso su una pietra ritrovata nello Stato del Perù, antica dimora dell’ impero Incas, mostra una scena bifacciale raffigurante l’ intervento degli Uomini giunti su un vascello, un "uccello metallico", sui mastodontici dinosauri. Onde impedire lo sviluppo e la proliferazione di tali giganteschi animali, gli "Uomini del Cielo" scendono da una scaletta, anestetizzando il dinosauro operandolo poi sul coccige e sull’ ipofisi e trasformando così l’ informazione genetica del suo accrescimento. In cotesto nuovo periodo appaiono nuovi animali ed insetti ( ape, cavallo, ecc.), portati da altri mondi. L’ ambiente viene mutato per rendere possibile l’ evoluzione della vita: la terra e i suoi frutti vengono benedetti dal Sole. L’ uomo pur avendo subito un impatto genetico traumatizzante (Mallona), riprende, grazie ad un nuovo e determinante intervento degli Elohim, il suo lungo cammino evolutivo. L’ intervento, avvenuto dopo molti milioni di anni, caratterizza e determina la sua futura ascesa, passando cos’ da umanoide ad uomo sapiens, cioè possessore di una genetica informativa con altissimi valori morali, spirituali e scientifici. " I figli di Dio si sono innamorati delle figlie degli uomini e le hanno fecondate " (Genesi, 6-2). Possiamo collocare questo straordinario intervento degli extraterrestri, per volontà suprema degli Elohim, a circa cinque milioni di anni or sono. " Le quattro razze innestate per volontà degli archetipi solari, erano di forma umanoide. Gli archetipi, che hanno presenziato ed emesso le entità spirituali per tale processo creativo ed evolutivo di questa cellula del divino corpo macrocosmico. appartenevano ai geni solari di tre costellazioni che governano l’ Universo: aquila, leone, toro. Gli artefici della vita di Dio manifestato, avevano compiuto, sul nostro pianeta, una strutturazione cosmologica con predisposizioni evolutive iniziali per un gruppo enzimatico tridimensionale e con un processo di valori mutanti, attraverso la conoscenza binaria. Il pensiero creativo, scaturito dalla Suprema Intelligenza Cosmica, si era manifestato per mezzo di esseri che lo interpretano e lo rendono esecutivo. L’ innesto ha dato i suoi frutti e l’ ascesa ha avuto inizio. Ora, tutto dipende dall’ accettazione o meno, da parte degli enzimi, di evolvere in conoscenza e coscienza, ubbidienza alla legge divina o rifiutare e subire un processo forzato delle leggi rigide che sostengono l’ economia creativa dell’ Essere Macrocosmico. Ora, l’ uomo è libero nella sperimentazione per recepire, attraverso l’ esperienza dualistica, la conoscenza e la completa coscienza della verità, per discernere il negativo dal positivo e viceversa, iniziarsi per essere strumento attivo ed operante dell’ economia e automedonte del regno tridimensionale dello Spirito creativo manifestato, o Dio vivente(minerale, vegetale, animale). Una impegnativa responsabilità che nemmeno gli uomini di oggi assumono, malgrado le dure riprese della Suprema Legge Creativa, malgrado gli ammonimenti di coloro che presiedono il diritto del Cosmo e le immutabili Leggi che lo governano. La disubbidienza continua e la degenerazione procede, ipertroficamente, percorrendo un sito che attiva nuove e più dure repressioni da parte della Suprema Legge dell’ Armonia Creativa. Gli Zigos(minerale, vegetale, animale:aria, acqua, fuoco e terra) si ribellano perché forzati a subire un processo involutivo e distruttivo da parte dell’ uomo ". Le perfette cognizioni scientifiche degli extraterrestri, provenienti da Orione, Procione, Alpha Centauri, e Pleiadi, consentono loro di varcare il grande sconfinato oceano dello spazio e di raggiungere l’ attuale sistema solare, con un fine ben preciso e istruito dagli Astrali: innestare la nuova genetica all’ uomo del Pianeta Terra. Praticamente fanno in grande quello che Noè realizzerà in piccolo.Il Pianeta offre, nonostante tutto, ben poca possibilità di sopravvivenza, data la giovane irruenza degli elementi ancora in fase di assestamento. Le immense astronavi dello spazio si adagiano nelle estese e verdeggianti pianure della Terra. Migliaia di piccole isole volanti si posano, a gruppi, in vari punti del pianeta. I loro capi conduttori sono quattro ed ognuno di loro rappresenta la volontà collettiva delle quattro razze: la bionda, la nera, la gialla e la rossa. Altre numerosissime navi spaziali, contemporaneamente, si dirigono verso i pianeti Venere, Marte, Saturno, colonizzandoli. Questo sublime atto d’ amore verso l’ uomo terrestre e cioè la trasmissione della genetica, avviene tramite accoppiamento fisico: Come conseguenza nascono i TITANI, portatori della genetica G.N.A. con valori potenziali quadridimensionali. Le caratteristiche di ogni razza sono assai diverse le une dalle altre. Ad esempio la razza innestata dagli esseri dell’ Alpha Centauri, di statura varia, bionda, alta, formosa e con gli occhi azzurri, ha una spiccata genetica informativa erotico-creativa e con una dinamicità psico-motoria sufficientemente realizzativa sul piano fisico. Invece la razza innestata dagli esseri delle Pleiadi, di statura varia, corpulenta, col colore della pelle rosso sangue di bue, occhi scuri a taglio ovalizzato, ha una spiccata genetica informativa spirituale e con una dinamicità psico-motoria costruttiva ed imitativa delle leggi fondamentali dello Spirito Creativo. D’ altro canto la razza innestata dagli esseri di Procione, di statura varia, corpulenta, dal colore della pelle giallo o color verde chiaro, occhi scuri ovalizzati, presenta una spiccata genetica informativa intellettiva e con un dinamismo psico-motorio inventivo- utilitario-collettivistico-mistico.Infine la razza innestata dagli esseri di Orione, di statura varia, corpulenta, colore della pelle bronzo scuro e con gli occhi normali, presenta una spiccata genetica informativa magica e con un dinamismo psico-motorio geniale istruttivo delle forze materiali e delle vibrazioni primordiali dell’ energia. La razza gialla per prima e quella bionda dopo hanno un’ ottima spinta iniziale, agevolata dal minore assorbimento di emozioni e dalla esigua irascibilità degli elementi naturali. La razza gialla ha per prima una vivace reminiscenza degli elementari istinti organizzativi dell’ anima collettiva che caratterizzano gli originali valori atavici. La razza rossa dopo e per ultima quella nera, devono affrontare una fortissima resistenza dovuta agli elementi in continuo spettro apocalittico che premono in senso negativo sul fragile complesso psichico appena formatosi nella nuova dimensione, La razza rossa è stata la più sensibile nell’ attuare il concepimento anche se questo potrà sembrare assurdo. CAPITOLO 3 Siamo arrivati così a 2.953.000 anni or sono. In quest' epoca il pianeta Terra ha tre satelliti: la Luna e altri due con diametro minore. Ora la morfologia del mondo è ben diversa da come ci appare oggi. Infatti il geoide rotea attorno ad un asse che negli estremi poli l’ attuale Monte Everest a nord e le terre dell’ altipiano Boliviano a sud. Da tale immaginazione si può ben comprendere quanto diversi siano in questo tempo il suo volto e i suoi lineamenti, prima che si verificasse il grande cataclisma. Ciò che è avvenuto in questo tempo è causato da una convulsione principale di un ciclo settenario del suo cosmologico sviluppo. La crescita e lo sviluppo del mondo è di natura cosmologica e per tale motivo non si può dimostrare così semplicemente come si può immaginare. Mentre in noi le convulsioni più critiche della crescita avvengono in cicli di tempo che vanno di sette anni in sette anni, ben diverse sono le convulsioni del pianeta i cui cicli settenari vanno da settecento milioni di anni in settecento milioni, divisi in altrettanti cicli settenari di minore intensità emotiva. Dalla mappa distinguiamo i due poli, il continente Mut e il continente Cià. Il primo continente, il cui vero nome è MU-TOLTECHE, è la culla della più potente razza umana dalla pelle color rosso scuro. Nel continente CIA’ gli uomini dalla pelle color mimosa vivono felicemente e ricchi di tutte le conquiste della scienza. Di quest’ ultimo rimane oggi qualche cosa: l’ attuale Borneo, le Filippine, Sumatra non sono altro che le vertebre contorte e spezzate di quell’ immensa zolla di terra in questo tempo popolatissima, prosperosa nell’ arte e nelle scienze. Ed infine l’ altro continente ove i popoli dalla pelle bionda vivono, nella più stupenda delle terre del mondo, la storia di tutte le arti divine. La Groenlandia e gran parte delle isole dell’ alto Canada vi dicono qual è stata la gelida agonia dell’ immenso continente scomparso sotto il manto del candido riposo. Il continente Mut occupa il centro del pianeta e il continente Cià è contiguo. In questo tempo vi sono estensioni di terra enormi senza essere colonizzate. Circa 2.000.000 milioni di anni fa avviene il disastro. Per dimostrarvi, in modo reale, la convulsione, immaginate di vedere un bambino che si diletta nel gonfiare con una cannuccia una comune bolla di sapone. Questa, per effetto del soffio, si gonfia e man mano che il bimbo soffia, si dilata continuamente allungandosi su due estremità, prendendo una forma più o meno ovale. Ma immaginate cosa succede quando il bimbo, per un tratto di tempo, smette di gonfiare la bolla di sapone ormai grande e fin troppo ovale: La bolla di sapone si contrae per assumere la forma sferica mentre tutta la superficie è costretta a muoversi disordinatamente per adattarsi in un nuovo asse e quindi un nuovo equilibrio. E’ così che due milioni di anni fa, a causa della caduta del satellite Tir nella zona dell’ attuale Oceano Pacifico, c’è stata la distruzione quasi totale del continente Mut, avendosi poi la fuga dell’ asse polare di 45° ad Est con conseguenze disastrose. Avviene una spaventosa contrazione di tutta la superficie del globo che provoca effetti di indescrivibile portata, tali da mutare radicalmente la posizione dei mari e dei continenti. Gran parte di questi diviene un blocco omogeneo di crosta spaventosamente contorta e compressa dal titanico urto. I mari, in confuso movimento, accavallano e coprano gran parte di superficie terrestre. Le zone che maggiormente soffrono l’ immane urto e le spaventose compressioni sono rimaste, per il tempo futuro, l’ effigie reale del terribile caos apocalittico. Grandi montagne si formano ed immense terre sottomarine emergono alla luce dell' opaco sole. Il globo infatti viene avvolto da densissime nubi di vapore acqueo prodotte dal continuo impatto del fuoco dei vulcani in eruzione con l’ acqua. Il 79% della crosta terrestre viene coperta dalle acque. Le Alpi, i Monti Urali, le Alpi Scandinave, gli Altipiani dell’ Asia Minore, dell’ Iran, del Caucaso parlano il medesimo linguaggio, mentre di più ci dicono le alte montagne dell’ Himalaia dove l’ urto ha più tremendi effetti, tali da ridurre in pezzi gran parte del vasto e popolato continente CIA’. Ben poco è rimasto e le attuali isole della Sonda, Filippine, Borneo, Sumatra, Ecc. sono ancora oggi il quadro reale del grande e civile continente distrutto. Ma non minori sono i grandi sollevamenti che si verificano in questo tragico cataclisma nelle zone dell’ America del Sud, dell’ America del Nord e dell’ Africa. Ci appaiono ancora oggi muti, avvolti in un arcano fascino che sa di mistero e di terrore. La grande Cordigliera delle Ande ad occidente e gli altipiani del Messico, l’ Altipiano dell’ Utah e le Montagne Rocciose si mostrano anche loro meticolosamente misteriose, mentre nell’ Africa Orientale, nel mistico paese dell’ Antico volto, le alture etiopiche, del Kenya, del Tanganika sono ancora là con tutto il prestigio della loro forza. Ed ancora ad occidente dell’ Africa abbiamo l’ Altipiano di Bihe ( Angola ), del Monte Camerun, dell’ Alto Atlantide a nord-ovest ed il Grande Atlantide. La massa ignea del geoide, furiosamente turbata nella sua quiete, ha anch’essa la sua parte nelle formazioni montuose e vulcaniche per la enorme pressione da essa esercitata nell’ intera grande distesa della crosta terrestre. Ma il mondo, pur diverso nel volto e nelle membra, inizia il suo nuovo cammino evolutivo sul sentiero delle Leggi Macrocosmiche dell’ Universo. L'atterrita umanità di questo tempo, decimata dalla indescrivibile forza della natura, colpita senza potersi rendere conto da un flagello apocalittico di una portata catastrofica eccezionale, inizia il duro cammino della sopravvivenza, conscia interiormente di una storia che mai il mondo e le generazioni future potranno cancellare dallo spirito. Il cammino diviene più duro che mai perché il geoide in assestamento muove ancora le sue membra, ora rizzando ora estendendo la sua dura epidermide. Il mondo inizia il suo nuovo cammino roteando al nuovo asse. Il nuovo equilibrio gli permette di iniziare, seppur lentamente, l’ effetto della dilatazione, La sua sfericità si va via via allargando al centro. Le acque che in un primo tempo assottigliatisi sono costrette ad invadere e sommergere gran parte della crosta terrestre, si vanno via via ritirando. L’ estensione si verifica in modo razionalissimo. Le masse delle immense zolle di terra che sono divenute una omogeneità confusa e contorta, dagli effetti della reciproca compressione, si estendono anche loro distaccandosi e creando così voragini ed avvallamenti. Le acque si precipitano nei punti più bassi lasciando in tal modo le zolle più alte. Intanto, mentre tutto si assesta e mentre ogni cosa riprende il cammino, una nuova minaccia si profila all’ orizzonte. I nuovi continenti che per milioni di anni portano il grave e pesante mantello bianco dei ghiacciai, emigrati verso l’ equatore per l’ effetto dello spostamento dell’ asse terrestre, incominciano a spogliarsi dell’ enorme fardello. Il cambiamento della temperatura non consente più la possibilità di vita dei ghiacciai. Si verifica allora una nuova catastrofe. I ghiacciai inizia a liquefarsi facendosi strada lungo i pendii e le coste, tracciando vaste condutture naturali (morene), formando laghi e provocando una spaventosa inondazione, E’ come proprio un grande diluvio dilagante e minaccioso. Mentre ciò avviene nei continenti emigrati verso l’ equatore, altra sorte si delinea per quei mari e continenti che per lo stesso effetto si trovano verso le calotte polari: il freddo e il ghiaccio li stringe chissà per quanto tempo, in una morsa gelida. Intanto il geoide si spinge sempre più verso la normalizzazione mentre l’ alba della nuova umanità ha inizio con gli scampati alla catastrofe sulle più alte montagne del mondo, in immense caverne, con l’ estrema speranza di sopravvivere. Intanto, mentre ogni cosa torna all’ ordine superiore di riassestamento sul nuovo volto del mondo, i superstiti delle diverse razze sopravvissute all’ apocalisse, iniziano estenuanti e lunghe emigrazioni dalle zone che li hanno lasciati vivi, peregrinando tra le insidie della natura divenuta nuovamente primitiva e selvaggia. Nei loro volti e nei loro occhi rimane viva l’ immagine del terrore, mentre a stento affiorano nelle loro menti i cari ricordi di un felice passato nelle zolle fiorite di un Paradiso Terrestre perduto. Gli scampati del grande continente Mu-Tolteche, gli uomini dalla pelle color rosso cupo, vigorosi nell’ arte e nella scienza, devono anche loro dire addio a quella contorta schiena della adorata terra ormai agonizzante e destinata a sparire per l’ inesorabile abbassamento delle sue basi in gran parte schiantate dall’ immenso urto. L’ Oceano Pacifico del sud e centrale (Cordigliera delle Ande a sud, Altipiano del Messico al centro). I superstiti dalla pelle color oro, invece, ritenendo impossibile sopravvivere per l’ incalzante formazione dei ghiacciai, iniziano l’ esodo verso sud abbandonando alla dura sorte quelle immense terre cariche di affetti, di gioie e di dolori (Groenlandia, Islanda, Terra di Baffin e isole circostanti), allora facenti parte di un unico blocco con l’ attuale grande isola. Le loro mete sono le zone del Labrador, Terranova, Scozia. Altri gruppi invece si dirigono alle estreme coste orientali, in questo tempo aderenti alle attuali coste scandinave, o verso le alture delle Alpi Scandinave e della Gran Bretagna del nord, in questo tempo unita all’ America settentrionale con Terranova. I superstiti dalla pelle color bronzo, del grande continente africano, rimangono, seppur asserragliati nelle zone più alte, sulla loro terra che il cataclisma ha meno degli altri sfigurato. Le attuali regioni della Guinea settentrionale e meridionale ad occidente, gli attuali Etiopia, Kenya, Tanganika, Mozambico, Madagascar ed isole circostanti, in questi tempi facenti parte di un unico blocco con l’ Africa e l’ Australia, sono le mete ritenute più sicure per la sopravvivenza delle loro creature. Infine la razza color mimosa, la più colpita dalla sventura, che deve cercare rifugio all’ interno di quelle nuove terre emigrate dalla calotta polare del nord, cercando la sicurezza nelle immense alture. Abbandonando così quel poco che rimane del grande continente CIA’ e che li aveva salvati dal furioso, tremendo scontro (attuali isole Filippine, Borneo; Cina orientale e Giappone e isole circostanti allora unite). Il Tibet e le alture della Cina sono le loro mete, mentre altri si spingono sino alle terre dell’ Himalaia. Il geoide riprende la sua normale rotazione intorno al nuovo asse, manifestando la normalizzazione completa dell’ equilibrio della sua massa. Passano millenni e millenni. Ricomincia così il settimo sviluppo della sua vita. I popoli crescono e se in un primo tempo si dimostrano restii a lasciare le grandi alture ove i loro avi hanno trovato rifugio e salvezza tramandando di generazione in generazione la terrorizzante storia degli apocalittici avvenimenti, la necessità di spingersi altrove spingono i più audaci a scendere a valle, Che le acque hanno in gran parte lasciata libera. Alcuni si spingono sino a raggiungere le rive del mare. Le notizie di migliori condizioni climatiche e di abbondante ricchezza vegetale ed animale richiamano l’ attenzione di tutti e, dimentichi delle antiche tradizioni, abbandonano le alte montagne per costruire miglior vita nelle ricche vallate della terra. Così ha inizio il periodo prelemuriano che segna per la nascente nuova umanità il ritorno a quei principi generali che dovranno poi attraverso millenni e millenni raggiungere il livello dei nostri tempi. Il periodo prelemuriano segna una caratteristica architettura mastodontica. Il timore stimola ancora un atavico ricordo. In loro non si è spenta la scena apocalittica e costruiscono le grandi città protette da enormi muraglie e da idoli altrettanto mastodontici come al voler preservarsi da un succedersi di cattivi avvenimenti. I popoli dalla pelle color rosso cupo si estendono sempre più verso le coste dell' America Settentrionale ed Orientale. Anche il popolo dalla pelle color bronzo e quello color mimosa si estendono nei vari territori circostanti le alture. Intanto il geoide si è completamente assestato, ma non del tutto. La nuova umanità ormai lontana dagli antichi giorni muove i primi passi verso una fiorente civiltà. Ma ecco, un nuovo turbine avanza: la lenta ma inesorabile dilatazione del geoide dovrà creare ancora disastri e schianti. Le grandi zolle di terra che uniscono l’ America del sud all’ Africa e su cui si sono incontrati per la prima volta il popolo nero con il popolo rosso, cominciano a dare segni di instabilità e di sgretolamento. In periodi distanti l’ uno dall’ altra, si verificano enormi boati con aperture di enormi voragini; le acque trovano libero ingesso, penetrando attraverso le fenditure formando grandi insenature, pronte a balzare ancora avanti. Sembra che le isole si muovano dal loro luogo, L’ Estremo lembo dell’ America del sud abbandona l’ Africa, lasciando libere le acque di penetrare nelle sempre più larghe fenditure minacciando seriamente le isole di sommersione. Le popolazioni, prevedendo sorte peggiore, abbandonano le zolle di terra divenute oramai piccole e pericolose, rifugiandosi nelle coste dell’ Africa e nelle coste del Sud America in cerca di sicurezza. Ormai il tempo ha segnato ogni cosa e, attraverso migliaia di anni, ciò che deve accadere accadrà: La deriva dei continenti, seppur lentamente, avviene inesorabilmente. I popoli divengono sempre più numerosi e le necessità di scoprire nuove terre fa pionieri gli uomini più forti. Gli scampati delle isole Lemurie, salendo verso nord, costeggiando in parte l’ Africa ed in parte l’ America del Sud, conoscono e si uniscono ad altra gente progredita nell’ arte e nella scienza. L’ unione della razza dalla pelle color rosso cupo con quella color bronzo da vita ad una nuova razza, chiamata razza lemura. Intanto l’ America Meridionale si è staccata dall’ Africa dall’ estremo sud (attuale terra del fuoco) sino all’ altezza dell’ Angola ( Africa ) rimanendo ancora legata alle terre del Brasile all’ attuale Zaire, il Venezuela e la Guaiana (America del Sud) alle terre del Senegal, della Guinea Francese, Liberia, Costa d' Oro e Nigeria. Le isolette lemure spariscono per sempre sotto le acque. Le voragini diventano sempre più larghe e più profonde mentre le acque irrompono copiose ed impetuose dal sud verso nord. Passano moltissimi anni ancora e i popoli dalla pelle color oro si avventurano sempre più verso sud penetrando nelle sconfinate e sconosciute terre dell’ Alto Atlantide (oggi Oceano Atlantico del Nord). Altrettanto fanno gli uomini della nuova razza, figli dei Lemuri, divenuti forti e coraggiosi. Essi sono stati i più grandi in scienze ed arte e la loro pelle non è nera né rosso cupo, bensì color rame. Essi, provenienti dall’ America Centrale e Meridionale, salgono verso nord-ovest sconfinando anche loro nelle immense praterie sconosciute dell’ Atlantide Centrale (oggi Oceano Atlantico centrale). I popoli si spostano rapidamente nella speranza di trovare migliore fortuna. Dall’ attuale Messico, Honduras, Nicaragua, Costarica, Venezuela, Guaiana, Brasile moltitudini di pionieri partono alla ventura. Così per primi gli uomini dalla pelle color rame raggiungono una grande striscia di terra del Continente Atlantideo. Raggiungono le coste dell’ Africa (Rio d’ Oro e Marocco) sino a toccare le coste dell’ Angola bagnate dal crescente mare Atlantideo. Ma rimangono ancora da esplorare immense distese di terra ricchissime in vegetazione, essendo queste composte di avvallamenti profondi che dal sud vanno verso il centro sino all’ attuale Terranova, Inghilterra, zone primitive dei popoli dalla pelle color oro. Più a nord la gelida Groenlandia ancora unita alle terre dell’ Alto Canada e della Scandinavia, fa da diga naturale alle pressanti acque del nord. Man mano che che i pionieri del popolo biondo si addentrano di più verso il sud e verso il Nord- Europa, quelli dalla pelle color rame si estendono sempre più in tutte le direzioni del Grande Atlantide, dirigendosi verso nord-ovest. Questa immensa terra, la più ricca di tutte le terre del mondo su cui pesa un tragico destino, è meta di incontri tra le due razze sconosciute: bionda e rame.
Anni fa I computer si dividevano in 3 famiglie distinte: i grandi complessi elaborazionali, composti da numerosi agglomerati di armadi rack, quindi più processori, grandi quantitativi di memorie ram e sistemi di archiviazione e backup multipli. Ancora oggi possiamo trovare realtà del genere, di solito facenti parte di centri di ricerca nel campo medico, scientifico o progettuale. La grande stabilità, sicurezza e segretezza dei dati, la necessità di disporre di unità di output come monitor molto grandi per la visualizzazione delle fasi di lavorazione e l’eventuale dotazione di periferiche di stampa con carichi mensili elevati, rende questo sistema voluminoso e, conseguentemente, a locazione fissa. Anche il periodo di tempo che l’operatore è tenuto a dedicare all’immissione dei dati, al controllo delle macchine e del software, è notevole, non paragonabile ai pochi minuti per inviare un messaggio da uno smartphone, quindi l’addetto non può lavorare in mobilità. Deve, per forza maggiore, concedere una certa concentrazione a quello che è il ciclo di lavoro. Questo identifica i mainframe, il massimo della potenza elaborativa. Grossi sistemi che abbisognano di essere abbondantemente alimentati e raffreddati, per poter gestire velocemente i dati. I pc, personal computer, che hanno fatto la loro comparsa sulle scrivanie degli uffici e poi sono entrati nelle case di tutti, dagli anni ’70 - ’80 in poi. Muniti di una buona capacità elaborativa e relativamente poco ingombranti, si sono andati via via evolvendo. Le prime incarnazioni di questa tipologia computazionale erano viste come un qualcosa che soppiantava i normali strumenti da ufficio; ragion per cui, visto che l’ufficio classico aveva le penne, i registri, i timbri, le matite, le agende e altro, tutti sulla scrivania, i primi pc furono chiamati desktop, vale a dire che stanno sulla scrivania. Avrebbero rimpiazzato non solo gli strumenti di scrittura ma anche quelli di calcolo, come le calcolatrici scriventi col rotolino di carta, gli armadietti classificatori in metallo coi cassettoni scorrevoli per archiviare le pratiche e il blocco per gli appunti. I pezzi che componevano un pc erano, e sono più o meno gli stessi ancora oggi, un’unità centrale, ovvero uno scatolotto esteso in larghezza e profondità, sul quale si poteva appoggiare il monitor, e le unità di immissione dati, che prima erano solo le tastiere. Poi è arrivato il mouse, ma possiamo trovare anche trackball e tavolette grafiche e, moda del momento, gli schermi touch. I computer portatili. Li definisco grezzamente così, anche se poi si scompongono in una miriade di varianti hardware che col tempo sono aumentate. L’idea è stata quella di avere a disposizione il cosiddetto “ufficio mobile”. Certo nel tempo le esigenze sono cambiate, però il concetto è comunque il medesimo: poter effettuare il massimo numero di operazioni possibili su una postazione fissa, senza dubbio più potente, accettando qualche compromesso, su un dispositivo di peso e dimensioni ridotte, tali da renderlo facilmente trasportabile. Vedremo quindi nel dettaglio le modifiche che sono state via via apportate al progetto iniziale, favorite dalla miniaturizzazione dell’elettronica interna e all’uso di materiale più sofisticati. Possiamo subito relegare il primo tipo di elaboratore alla fascia alta e fortemente tipizzata del settore, appannaggio di esperti, specialisti, scienziati e ingegneri che possono realmente spremere fino in fondo tali apparecchiature. Su un piano più basso possiamo collocare le altre due tipologie, anche perché ci sono dei punti in comune, sia nell’utilizzo che nel target a cui sono rivolte. I desktop, livello intermedio, sono stati la prima vera e propria possibilità di avvicinarsi a un computer con un sistema operativo compatibile, a un prezzo accessibile ai comuni mortali. Ecco che, prima i liberi professionisti, poi le famiglie più facoltose, infine un po’ tutti, si sono ritrovati un marchingegno di questo tipo in casa, dalla stanza prima adibita a studio, alla sala, e alla cameretta dei bambini. Per quelli più adulti e “seri”, il pc ha tentato di esprimere potenza di calcolo come i veterani mainframe, tralasciando estetica legata alla forma e al peso. In questo senso anzi, il case dell’unità centrale è stato modificato in ciò che viene chiamato tower, ovvero una versione allungata e ribaltata che si estende in altezza, del desktop. In questo caso l’utente aveva due vantaggi: il maggior spazio del cabinet consentiva l’alloggiamento di più unità disco ma anche l’adozione di cpu più possenti, che dissipavano più calore, insomma un pc col turbo. In secondo luogo, questo componente era posizionabile a terra e non sul tavolo, liberando spazio per altre periferiche o monitor più ampi, legati a un software più affamato di risorse, rese disponibili dal tower. Ma si sono viste anche soluzioni di mezzo, come i minitower o i middletower, versioni tronche del tower. Anche i desktop classici sono divenuti slim, alti appena pochi centimetri, per occupare meno spazio, rendendo sempre prestazioni accettabili. Da qualche tempo ormai, esistono anche gli all-in-one, tradotto appunto il tutto in uno, dove uno sta per unico pezzo. Infatti, qui vediamo fuse l’unità centrale e il monitor, che diventa un tantino più spesso per ospitare, sul retro, una modifica schiacciata dell’unità di elaborazione. Non mancano certo i componenti utili al funzionamento quali le memorie e il processore, un disco per l’archiviazione e alcune porte di espansione, anche se ridotte come numero. La potenza è inferiore a quella di un comune pc con unità di calcolo staccata, ma per la contabilità, la videoscrittura e la navigazione su internet, va più che bene. Se disponiamo di un touch screen e rinunciamo ad altri devices di input come mouse e tastiera, davvero questa è una soluzione composta da un pezzo unico. Ma, più verosimilmente, li troviamo abbinati proprio a tastiera e mouse, a volte senza fili. Dietro allo schermo si può trovare persino il lettore di memorie ottiche, come cd e dvd o gli ultimi blu-ray. Questo componente è per ovvi motivi, difficilmente miniaturizzabile; però, vista la tendenza a non fornire più software pacchettizato con quei supporti ma in versione download, e usando la rete e le memorie flash come mezzo di scambio, credo che nel breve o più o meno lungo periodo assisteremo alla quasi definitiva scomparsa di questi media. I pc, che potremmo definire mobili, sono stati chiamati sin dal principio non solo portatili; il termine comune più diffuso è stato, e ancora sopravvive oggi, notebook. Somiglianti almeno idealmente, a un grande blocco per appunti, le prime apparizioni di questo tipo di computer erano realizzate con uno chassis piuttosto compatto che, una volta aperto come si fa con un libro poco spesso, mostrava uno schermo LCD e una tastiera ridotta, come dimensione e numero di tasti, e un dispositivo di input a sfioramento, che rimpiazzava il mouse esterno. Naturalmente anche le connessioni erano ridotte. E, tentando di risparmiare in peso e dimensioni, non per ultimo, in costi, anche il quantitativo di memoria ram e fissa, e il processore, erano sottodimensionati. Il tutto anche per evitare surriscaldamenti che avrebbero portato a un crash o un danno alla macchina. All’inizio il concetto di trasportabilità era molto relativo. Forse perché eravamo anche più forti fisicamente? Alcune versioni di portatili pesavano intorno agli 8 – 9 Kg.! Il tutto per avere un monitor di massimo 9”, un paio di lettori di floppy disk e un’affidabilità garantita. Oggi sarebbe davvero buffo vedere un manager in giacca e cravatta con qualcosa poco più grande di una 24 ore e davvero pesante. Gli spostamenti sono stati la molla che ha spinto alla riduzione dell’ingombro e del peso di questi portatili. Ben presto siamo scesi sotto i 4 Kg., con schermi molto sottili con diagonale variabile da 13” a 18”. Oggi troviamo sul mercato notebook “grandi”, con schermi in genere da 17,3”, e un peso di circa 3 – 3,5 Kg. In quanto a espansioni, e potenza elaborativa, non hanno molto da invidiare ad alcuni desktop e, visto il peso considerato al limite, sono definiti DTR, DeskTop Replacement, ossia in grado di rimpiazzare un computer del secondo tipo. Una variante più carrozzata del notebook, inferiore al DTR, e il laptop, ormai introvabile, che cercava di spingere al massimo la trasportabilità di un pc pesante. Ma, approfittando del fatto che il complesso elaborativo si poteva spostare da sotto la tastiera dietro lo schermo, che poteva essere touch, fu ideato il tablet. Una lavagna piuttosto sottile, quindi leggera e poco voluminosa, al pari di una cartellina con l’elastico che troviamo in cartoleria. Indubbiamente comoda per persone che, dovendosi spostare frequentemente anche in località distanti, hanno spazio nella propria valigetta per un rettangolino come questo, di solito con un peso compreso tra i 500 e 700 grammi. Non è il massimo se dobbiamo scrivere molto, ma per rispondere a mail e visualizzare grafici o usare la rete è perfetto. Qualcuno ha comunque sentito la mancanza della tastiera, sia per vecchia abitudine, o per sessioni di scrittura prolungate che non rendono certo agevole l’uso di uno schermo tattile. Chi si è dotato di una tastiera esterna, ma è stata una scomodità, un accessorio in più da riporre in borsa. Allora gli inventori del tablet hanno fattto un passo indietro: questi dispositivi si sono riavvicinati al notebook, riacquistando la tastiera, con tasti a corsa veramente ridotta, per avere uno spessore esiguo, la quale è diventata di tipo rotante, addirittura amovibile, wireless. Essa può infatti scomparire nel retro del monitor, creando la categoria dei convertibili, quelli che sembrano un notebook quando la tastiera è disponibile, o un tablet quando la stessa è appiccicata magneticamente dietro il display. Anche i netbook hanno rappresentato un’altra alternativa esasperata in termini di riduzioni ai minimi termini; contraddistinti da uno schermo compreso tra i 10” e 12”, ovviamente senza lettore CD/DVD, e con un disco di piccola capacità e processore che punta sul risparmio energetico. Questa classe di portatili è utile poco più che per navigare, ecco spiegato il suffisso net nel nome di questi oggetti. Un’altra categoria in voga da pochi anni, posta a metà strada tra i più piccoli e i notebook tradizionali è quella degli ultrabook. Poco più grandi dei netbook, con schermi che a malapena raggiungono il classico 15” tipico dei notebook, ma di solito più piccoli, circa 13” – 11”, dimostrano comunque una eccellenza in prrestazioni dovuta in primo luogo all’adozione di un disco allo stato solido al posto di un normale hard disk, che consente maggiori prestazioni con un minor peso e spazio occupato. Ma anche le cpu di ultima generazione multicore, che non dissipano poi tanto calore, fanno la parte del leone. Va da sé che questi gioiellini costano come dei diamanti…Se poi ci tuffiamo a pieno nel mondo mobile, non si può evitare di toccare il pianeta smartphone. Soltanto qualche piccolo telefonino è rimasto con la tastiera e poche altre funzionalità oltre quella telefonica. Ma il market è invece pervaso da oggetti di culto che forse in terza analisi servono a chiamare qualcuno. I loro obiettivi primari sono quello di scattare foto e permettere la connessione a internet. Il tutto, rigorosamente via touchscreen. Altrimenti, non sarebbe una figata. Anche qui assistiamo alla continua e cadenzata crescita delle dimensioni del display; siamo passati dai 2” di anni fa agli oltre 5”, rivolti non alle ragazzine (con le mani piccole) ma agli ex wrestler…la difficoltà di impugnare un così grande dispositivo con una sola mano viene accettata in cambio della mole di info, solitamente video, che si possono vedere agevolmente. Ma se i tablet si attestano sulla gamma 7 e 10 pollici, esistono e come si definiscono i dispositivi che superano la soglia dei 5”? Certamente, sono i phablet (fusione di smartphone e tablet)! Non c’è veramente ritegno all’immaginario del marketing quando si tratta di inquadrare qualcosa, così da farla essere, “qualche cosa”. Il bailamme delle tendenze informatiche è ormai senza controllo. Giustificato pare, dal voler venire incontro alle esigenze dei richiedenti. Ci si sente sicuramente spaesati da tutta questa gran varietà di scelta, forse destinata ad ampliarsi nel prossimo futuro. La scomposizione del computer è anche il frutto della recessione economica, che spinge verso modelli più economici o visivamente più accattivanti, anche se poi, la rinuncia implicita, che scopriamo non aver fatto più tardi è che, alla fine del divertimento, quell’oggetto poi non ci serve tanto. Passato l’appagamento illusorio infuso dal look dell’oggetto, tutto finisce. Allora il punto è che l’informatica ha cambiato volto, per poter rimanere a galla, vendendo i propri prodotti. Status symbol, telefonini dalle linee morbide e pc da salotto che fungono da home teather, ma più che altro da complementi di arredamento, entrambi profondamente improntati all’esteriorità, poi se il firmware del lettore divx non è aggiornabile e quindi non consente la visione di alcuni video, lo scopriremo e lo metteremo insieme tra le brutte sorprese che, con tutta probabilità, ci capiteranno. Dovremmo invece valutare qualunque sistema informativo in base alle sue componenti hardware e software. Se poi l’involucro non è del color bianco scintillante che a noi piace tanto, poco importa. Forse sarà possibile acquistare in seguito una cover. Ma almeno ci ritroveremo qualcosa di funzionante sotto le mani.
Il diabete mellito (dal greco d?aßa??e??, passare attraverso) è una malattia cronica complessa (sotto il logo internazionale) che richiede continui interventi sui livelli glicemici e sui fattori di rischio cardiovascolari finalizzati alla prevenzione delle complicanze acute e croniche. E’caratterizzato da un'elevata concentrazione di glucosio nel sangue, a sua volta causata da una carenza assoluta o relativa di insulina nell'organismo umano e soggettivamente da polidipsia [sete intensa] e poliuria [abbondante produzione di urina]. Le complicanze acute più frequenti nel diabete di tipo 1 (T1DM), rispetto a quello di tipo 2 (T2DM), sono la cheto acidosi e il coma iperosmolare non chetosico determinate dalla carenza o assenza di insulina nell’organismo. Le complicanze croniche si manifestano mediamente dopo 10-15 anni dalla diagnosi, sono più frequenti nel T2DM e possono essere oculari (retinopatia), renali (nefropatia), del sistema nervoso come neuropatia, 30 % circa, che si presenta con intorpidimento e formicolio agli arti, dolori ai polpacci simili a crampi, specialmente notturni, diminuita sensibilità e comparsa di ulcerazioni alla pianta dei piedi fino al piede diabetico, determinato da lesioni vascolo-nervose che provocano gravi deformazioni ossee e disturbi della vascolarizzazione terminale. Le complicanze del sistema neurovegetativo possono portare disturbi intestinali (diarrea), vescicali (incontinenza urinaria) e sessuali (disfunzione erettile) , forme di vasculopatia cerebrale e di coronaropatia (infarto acuto del miocardio ma anche espressione cronica dell’angina pectoris e ictus cerebrale). L’Agenzia Italiana del Farmaco (A.I.F.A.) in collaborazione con la Società Italiana di Diabetologia (S.I.D.) e l’Associazione Medici Diabetologi (A.M.D.) ha aggiornato l’algoritmo [schema o procedimento sistematico di calcolo] per la terapia del T2DM di nuova diagnosi e/o non ancora in terapia, pubblicato in News AIFA, Pillole dal Mondo n. 1018 del 10 giugno 2016 (che estrapoliamo dopo gentile specifica autorizzazione), con l’obiettivo di presentare le diverse opzioni terapeutiche rimborsate dal S.S.N., lasciando la decisione finale al giudizio clinico secondo le Linee Guida e Società Scientifiche pertanto non sono inseriti i principi attivi non rimborsati, o in corso di negoziazione; ugualmente alcune classi di farmaci inserite prevedono limitazioni alla rimborsabilità in talune circostanze, richiamate all’occorrenza. Infine, la decisione terapeutica va sempre condivisa col paziente per migliorarne il più possibile l’aderenza in particolare con l’informazione della notevole disponibilità di farmaci e su cosa può attendersi in termini di benefici, rischi e complessità o meno della terapia. I suoi aggiornamenti e revisioni perseguono l’appropriatezza prescrittiva offrendo una panoramica guidata, il più possibile aggiornata e di facile utilizzo, all'approccio personalizzato evidence-based con un’attenzione particolare alla valutazione costo-beneficio e ai benefici clinici maggiori sul lungo periodo. I controlli clinici, compresa la valutazione dell’HbA1c, andrebbero eseguiti ogni sei mesi in caso di stabilità del quadro e conferma della terapia in corso mentre dopo tre mesi in caso di modifica di terapia/posologia. Il passaggio ad ogni step successivo è previsto quando il target desiderato di HbA1c non è stato raggiunto alla dose massima tollerata della terapia in corso sino a quel momento. L’algoritmo può anche essere percorso al contrario quando mutate condizioni cliniche suggeriscano una riduzione/semplificazione della terapia ipo-glicemizzante in corso. L’utilizzo dei singoli farmaci e/o delle combinazioni deve avvenire in accordo alle indicazioni e alle avvertenze dei rispettivi Riassunti delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) e dei Fogli illustrativi (FI) della Banca Dati Farmaci dell’A.I.F.A. Le modifiche attuali sono state numerose, sia strutturali che di contenuto infatti i precedenti algoritmi (target glicemico, terapia con/senza metformina) sono stati integrati in un unico flusso logico, snellendo e rendendo di più immediata comprensione alcuni passaggi lungo il percorso decisionale. Tra le novità più rilevanti da segnalare l’inserimento della nuova classe degli inibitori SGLT-2, dei nuovi agonisti del GLP-1R a lunga durata di azione e dell’insulina glargine bio-similare; le versioni aggiornate dei piani terapeutici, i riferimenti a nuove evidenze di sicurezza e/o beneficio cardiovascolare di alcuni principi attivi e la revisione delle bibliografie a supporto. INDIVIDUAZIONE DEL TARGET GLICEMICO La percentuale di emoglobina glicata (HbA1c) riflette i valori di glicemia degli ultimi tre mesi e mostra un elevato valore predittivo nei confronti delle complicanze micro- e macro-vascolari. La frequenza delle sue misurazioni dipende dal controllo glicemico, dal tipo di terapia e dal giudizio clinico: due controlli/anno sono sufficienti se i valori sono stabilmente sotto il target desiderato; intervalli più ristretti (ad es. dopo tre mesi) nei pazienti non atarget o dopo modifica della terapia. Nei casi di sua poca affidabilità (ad es. emoglobinopatie, dialisi, emotrasfusioni) va considerata maggiormente la glicemia a digiuno e post-prandiale. Livelli di HbA1c vicini al 7 % (53 mmol/mol) riducono l'incidenza delle complicanze micro-vascolari (retinopatia, nefropatia, neuropatia) e, se mantenuti sin dalla diagnosi, anche delle macro-vascolari a lungo termine pertanto sono raccomandati per la maggior parte dei pazienti adulti. Alcuni pazienti potrebbero giovare da livelli di HbA1c < 6.5 % (48 mmol/mol), ad es. pazienti più giovani con diagnosi recente, basso rischio di ipo-glicemie e assenza di malattia cardiovascolare ma l’efficacia aggiuntiva di questa opzione non è particolarmente raccomandata. Viceversa livelli di HbA1c meno stringenti, ad es. tra 7 e 8 % (53-64 mmol/mol), unitamente all'obiettivo essenziale di evitare le ipo-glicemie, sono da preferire nei pazienti più anziani e con malattia avanzata o complicata. In caso di gravi co-morbidità o altri elementi di fragilità è consigliabile un target ancora meno stringente, tra 7.5 e 8.5 % (58-69 mmol/mol). In pazienti con T2DM avanzato ed elevato rischio cardiovascolare non è stato rilevato beneficio da un controllo glicemico troppo stringente viceversa lo studio ACCORD ha riportato un incremento di circa il 22 % della mortalità totale, principalmente per cause cardiache, in pazienti con trattamento intensivo. Ne consegue che il target glicemico, oltre a differenziarsi a seconda dei pazienti, vada riconsiderato nel corso del tempo anche nel singolo paziente. ALGORITMO DI TERAPIA La modifica e il mantenimento di un appropriato stile di vita (abitudini alimentari, esercizio fisico, controllo del peso) costituiscono la base dell’approccio terapeutico al T2DM e vanno incoraggiati anche nel prosieguo della malattia mentre la terapia farmacologica va iniziata o modificata quando queste misure sono insufficienti a raggiungere o mantenere l’obiettivo glicemico individuato nel precedente algoritmo. Ricordiamo che ritardare il trattamento farmacologico per molto tempo dopo la diagnosi può accelerare il declino della funzione delle ß-cellule pancreatiche, favorire lo scompenso glicemico e rendere necessario il ricorso a regimi terapeutici più complessi. Il farmaco di prima scelta per iniziare la terapia a prescindere dal peso corporeo è la metformina. La maggior parte degli ipo-glicemizzanti diversi dall’insulina hanno dimostrato una riduzione dell’HbA1c di 0.5-1 % quando aggiunti a metformina mentre alcuni agonisti del GLP-1R hanno dimostrato riduzioni maggiori. Il limite maggiore dell’algoritmo di terapia è l’evidenza relativamente limitata per scegliere particolari opzioni di trattamento o combinazioni di farmaci infatti a causa della notevole disponibilità di principi attivi non tutte le opzioni/combinazioni sono state adeguatamente confrontate in studi head-to-head [sperimentali comparativi], la cui mancanza su outcomes [risultati] maggiori di lungo termine orienta a considerare altri benefici dei singoli farmaci, in primis la possibilità di ridurre le ipo-glicemie e di ricorrere a misurazioni meno frequenti della glicemia domiciliare non potendo tuttavia trascurare l’importanza del rapporto costo-beneficio a lungo termine soprattutto per i principi attivi più recenti e più costosi. Un secondo limite è la necessità di individuare un singolo criterio decisionale, in questo caso il target individualizzato di HbA1c, per implementare la terapia e passare ai passaggi successivi dell’algoritmo. Talvolta un principio attivo va sostituito a prescindere dal compenso glicemico, ad es. per sopravvenuta contro-indicazione o intolleranza, possibili interazioni con altri farmaci, eventi avversi quali le ipo-glicemie o stati intercorrenti come interventi chirurgici, infezioni o gravidanza. In alcune circostanze come emolisi, emorragie, dialisi ed emoglobinopatie i valori di HbA1c non corrispondono fedelmente al livello di compenso glicemico pertanto è più opportuno affidarsi all’auto-monitoraggio glicemico per operare le eventuali modifiche alla terapia. Se la modifica dello stile di vita non raggiunge in breve tempo gli obiettivi glicemici desiderati va prontamente iniziata la terapia ipo-glicemizzante iniziando subito con la duplice terapia se si ritiene che un solo farmaco sia insufficiente. In caso di segni e sintomi clinici da scompenso glicemico, unitamente a livelli molto elevati di glicemia (ad es. = 300-350 mg/dl) o di HbA1c (ad es. = 10-12%), considerare la possibilità di iniziare, anche solo temporaneamente, la terapia insulinica. IMPOSTARE LA TERAPIA: MONO- E DUPLICE TERAPIA La metformina è il farmaco di prima scelta (monoterapia) in particolare per il possibile effetto favorevole sul peso corporeo, il ridotto rischio di ipo-glicemie, la ragionevole durata dell’effetto, la sicurezza cardio-vascolare e il basso costo e, a causa del rischio di acidosi lattica, con cautela fino a un filtrato glomerulare di 30 ml/min/1.73m² riducendone la posologia a non più di 1000-1500 mg/die. A inizio terapia il 10 % circa dei pazienti non tollera il farmaco a causa di effetti collaterali gastro-intestinali, percentuale che si riduce iniziando con bassi dosaggi per le prime settimane e poi incrementandola fino alla massima tollerata rivalutando il paziente a sei mesi. In caso di controindicazione o intolleranza iniziare/sostituire la terapia con un altro ipo-glicemizzante. Se il paziente è a target dopo tre mesi dalla variazione della terapia, ai dosaggi massimi tollerati continuarla e rivalutare dopo sei mesi viceversa se non è a target dopo tre mesi dalla variazione della terapia ai dosaggi massimi tollerati aggiungere un secondo ipo-glicemizzante (duplice terapia) o insulina basale incoraggiandolo sempre a un corretto stile di vita. La scelta del secondo principio attivo deve essere personalizzata in base alle eventuali co-morbidità, alle caratteristiche cliniche e alle esigenze/preferenze del paziente al fine di favorirne il più possibile l’aderenza, tenendo conto dei principali vantaggi/svantaggi dei singoli farmaci sotto indicati valutando attentamente l’uso di farmaci a maggior rischio di ipo-glicemie soprattutto negli anziani, con riduzione della filtrazione glomerulare, affetti da Neuropatia Autonomica Diabetica (N.A.D.) [la complicanza più temibile del diabete mellito perché diagnosticata tardivamente quando si è ormai verificato un danno strutturale delle fibre nervose del Sistema Nervoso Autonomo di fatto irrimediabile], con peso corporeo relativamente più basso o con co-morbidità che richiedono l’uso di altri farmaci che interferiscono con gli anti-diabetici in quanto le ipo-glicemie, e le loro complicanze, vanno evitate il più possibile per il loro impatto sull’aderenza alla terapia, sui costi di gestione e sulla qualità di vita. La scelta del farmaco da aggiungere può comunque essere riconsiderata nel tempo, a prescindere dai valori di HbA1c, in caso di mutate condizioni cliniche. In caso di segni e sintomi clinici da scompenso glicemico, unitamente a livelli molto elevati di glicemia (ad es. = 300-350 mg/dl) o di HbA1c (ad es. = 10-12%) considerare, anche solo temporaneamente, un regime insulinico multi-iniettivo (vv. oltre). Occorre infine ricordare che l'eventuale associazione di un’ incretina (agonisti GLP-1R e inibitori DPP-4) o di un inibitore SGLT-2 sono rimborsate limitatamente alle condizioni previste dai rispettivi piani terapeutici A.I.F.A. Metformina + Acarbosio Metformina + Agonista GLP-1R Metformina + Inibitore DPP-4 Metformina + Inibitore SGLT-2 Metformina + Pioglitazone Metformina + Repaglinide o Sulfonilurea Metformina + Insulina basale Terapia insulinica multi-iniettiva TERAPIA INSULINICA MULTI-INIETTIVA Nel grave scompenso glicemico o comunque al di sopra del target desiderato pur assumendo una combinazione ipoglicemizzante/insulina basale ai dosaggi massimi tollerati va iniziato uno schema di terapia insulinica multi-iniettivo la cui impostazione presuppone l’educazione alla sua corretta somministrazione, alla titolazione del dosaggio e a un auto-monitoraggio glicemico più strutturato. La terapia insulinica multi-iniettiva va sempre accompagnata alla metformina se tollerata e non controindicata con l’obiettivo di ridurre la dose di insulina da somministrare e contrastarne l’effetto negativo sul peso o a un inibitore SGLT-2 tuttavia non raccomandabile in caso di filtrato glomerulare = 60 ml/min/1.73m², per rischio di disidratazione o comunque in concomitanza di un evento acuto. Sono stati riportati casi di chetoacidosi in insulino-trattati che assumevano contemporaneamente un inibitore SGLT-2. Altri principi attivi quali acarbosio, sulfoniluree, repaglinide, inibitori DPP-4 e agonisti GLP-1R e l’associazione col pioglitazone non vanno somministrati in caso di terapia insulinica multi-iniettiva. Lo schema più vicino al rilascio fisiologico di insulina è costituito da una copertura basale con insulina intermedia NPH o analogo long acting (ILPS, glargine, glargine bio-similare, detemir, degludec) più insulina prandiale (regolare o analoghi short acting lispro, aspart, glulisine) a seconda del profilo glicemico. L’insulina NPH e gli analoghi long acting non differiscono tra loro per efficacia ipo-glicemizzante ma questi ultimi presentano un rischio minore di ipo-glicemie, soprattutto notturne. Gli analoghi ad azione rapida sono da preferire all’insulina regolare per il profilo più favorevole che consente minori escursioni glicemiche ma sia gli analoghi basali che quelli ad azione rapida sono gravati da un costo maggiore. In caso di ridotta compliance del paziente e difficoltà a seguire regimi multi-iniettivi si può considerare, come seconda scelta, la doppia somministrazione di insuline pre-miscelate ad azione bifasica.
Sapevate che chiunque a casa può preparare facilmente un reidratante, l’equivalente di una vera e propria flebo ? Vedremo dopo come fare. L’alimentazione di un popolo è costituita da una grande varietà di tradizioni gastronomiche che ne rispecchiano l’esperienza storica e il bagaglio culturale e ogni gruppo etnico, culturale e/o religioso ha dei modelli alimentari con proprie abitudini e tradizioni. L’alimentazione mediterranea può essere considerata abbastanza corretta perché in linea generale comprende un adeguato apporto di nutrienti. La dieta degli asiatici è abbastanza omogenea: quella cinese è molto varia e include carne, soprattutto di maiale, manzo e pollame; pesci, uova, legumi, verdure e funghi. Nel nord della Cina sono usati pane, pasta a base d frumento, grano turco e orzo mentre nel sud il riso è il cereale predominante. I germogli di bamboo cotti con i legumi danno un aroma e sapore caratteristici mentre la salsa di soia è un condimento molto usato. Nella cucina cinese un problema nutrizionale è il notevole quantitativo di sale contenuto nelle salse e un punto debole in questa dieta come pure in quella filippina è il basso consumo di latte e suoi derivati a causa dell’intolleranza al lattosio con conseguente deficit di calcio e di proteine sopperiti con l’abbondante consumo di carne e soia. Nella cucina filippina il riso è il cereale principale mentre il pesce è il primo alimento proteico con carne, uova e legumi. Molto usati inoltre, anche in queste cucine, verdura e frutta. Secondo un rapporto dell’United Nations Environment Program (UNEP) presentato a Nairobi (Kenia, Africa) a fine maggio 2016 anche le piante sarebbero stressate dal cambiamento climatico e per adattarsi molte colture alimentari produrrebbero sostanze tossiche che potrebbero provocare problemi alla salute di uomini e animali che le mangiano perché i raccolti devono far fronte alla siccità e all’aumento delle temperature proprio come gli uomini fanno in una situazione di stress. In condizioni normali, ad es., le piante convertono i nitrati che assorbono in aminoacidi e proteine ma la siccità prolungata rallenterebbe o interromperebbe questo processo portando a un accumulo di nitrati nelle piante pertanto se l’uomo ne assume troppi possono interferire con l’abilità dei globuli rossi di trasportare l’ossigeno. Tra le colture più suscettibili a questo accumulo ci sarebbero mais, grano, orzo, soia, miglio e sorgo. Altre colture, invece, soffrono delle abbondanti piogge che seguono la siccità, una estremizzazione del clima responsabile dell’accumulo di acido cianidrico che interferisce col flusso di ossigeno dell’organismo e anche l’esposizione a breve termine può essere debilitante. Piante come la manioca, il lino, il mais e il sorgo sono più suscettibili all’accumulo di acido cianidrico. Casi di contaminazione da nitrati o da acido cianidrico nell’uomo sono stati registrati in Kenya nel 2013 con due bambini morti in seguito al consumo di manioca contaminata con acido cianidrico per le forti piogge e nelle Filippine nel 2005. Anche le aflatossine, muffe che infestano le colture vegetali e aumentano il rischio di danni al fegato, tumori, cecità e arresto della crescita di feti e neonati, si starebbero diffondendo come conseguenza dell’estremizzazione del clima. Secondo alcuni dati circa 4,5 miliardi di persone nei Paesi in via di sviluppo sarebbero esposte alle aflatossine ogni anno anche se le quantità non sono monitorate e i numeri sarebbero in aumento. Nel 2004 il Kenya ha sofferto una grave epidemia di avvelenamento da aflatossine che ha colpito oltre 300 perone, uccidendone più di 100, in seguito a prolungata siccità. E anche l’U.E. potrebbe essere minacciata dal rischio della loro diffusione se l’aumento delle temperature superasse i due gradi centigradi. Diversi centri di ricerca stanno sviluppando dei semi adatti alle varie regioni interessate dal cambiamento climatico. Estate, tempo di vacanze per chi può permettersele e di grande afa da sopportare pazientemente per chi resta in città cercando di attrezzarsi al meglio. I seguenti consigli di profilassi sono rivolti, come vedremo, sia ai viaggiatori ma anche a chi non viaggia. Prevenzione generale Con la via oro-fecale ci si infetta attraverso l’ingestione di alimenti e/o bevande contaminate magari consumati nel localino caratteristico in cui evidentemente le norme igieniche lasciavano a desiderare o acquistate imprudentemente dall’ambulante (al grido di tutti lo mangiano) magari approfittando della mezza giornata libera del programma di viaggio o per episodi di cedimento dei sistemi di protezione e igiene alimentare mirati dei grandi alberghi, ristoranti e linee aeree e marittime. Prima della partenza per un viaggio all’estero valutare l’eventuale influenza delle usanze locali su una qualche particolare patologia. Così il viaggiatore in regime dietetico iposodico che si reca in Cina, Mongolia e Tibet deve tener presente che spesso alle bevande locali viene aggiunto sale al posto del nostro zucchero. Le sigarette al garofano, molto diffuse in Indonesia, possono provocare una grave necrosi bronchiale e l’aggravamento della sintomatologia respiratoria cronica preesistente a causa del loro contenuto in eugenolo. Il tè alle erbe di gordolobo yerba, molto diffuso in Ecuador, India centrale, Messico e Sud Africa può causare grave epatopatia, cioè problemi al fegato; i chicchi di tonka o degli aromi degli estratrti di vaniglia, utilizzati in America del Sud sono frequente causa di emorragie gastrointestinali o di menorragie [eccessiva perdita di sangue durante il ciclo mestruale]. Chi assume tranquillanti dovrà consumare con prudenza formaggi o creme contenenti tiramina per il rischio di degradazione in un prodotto tossico a contatto con essi. Il consumo del panino del cannibale, a base di carne cruda, o della bistecca tartara possono essere causa di Toxoplasmosi. La principale misura di prevenzione contro le malattie con questa modalità di trasmissione consiste nel considerare potenzialmente pericoloso qualsiasi alimento crudo, poco o mal cotto, esclusa la frutta che si sbuccia e ed i legumi freschi che si sgranano. Evitare l’acquisto di pesce non conservato sotto ghiaccio o in adeguati refrigeratori; lavare accuratamente le verdure aggiungendo di preferenza bicarbonato all’acqua per asportare anche eventuali sostanza chimiche. E’inoltre necessario lavare sempre accuratamente le mani prima dei pasti e limitare il consumo di alcol; consumare quindi cibi ben cotti e di recente manipolazione aggiungendo agli alimenti una sufficiente quantità di sale evitando cibi manipolati all’aperto, frutti di mare o molluschi crudi (la spruzzata di limone per avere effettivamente potere battericida dovrebbe decantare almeno un giorno), assicurandosi che la cottura della carne sia completa perché le alte temperature uccidono i germi responsabili delle infezioni e alcune tossine prodotte dai microrganismi come quella botulinica e il virus dell’influenza aviaria; latticini e gelati artigianali solo pastorizzati, tenendo presente la possibilità di contaminazione durante la preparazione e conservati in contenitori chiusi ermeticamente; con moderazione cocomeri e meloni che, esposti al sole e quindi conservati fuori dal frigorifero sono spesso responsabili di dissenteria perché emollienti mentre l’effetto lassativo può dipendere dalle larve lasciate dalle mosche sulle fette vendute dall’ambulante, ribadiamo senza protezione e refrigerazione; formaggi stagionati oltre i tre mesi ed evitare i piatti con uova crude o cotte insufficientemente. Se al ristorante o dal pescivendolo si sceglie del pescespada tenete presente che se manca della pelle potrebbe essere squalo, dal sapore simile ma più economico come prezzo. Tenere presente che i pesci tropicali possono contenere tossine anche se ben cotti. Gli alimenti cucinati vanno consumati appena cotti o conservati a 4° C per prevenire l’intossicazione da Stafilococco e quelli conservati a temperatura ambiente prima di essere consumati vanno riportati a temperatura superiore a 80° C evitando di consumare quelli tenuti a lungo a temperatura ambiente come ad es. il buffet della prima colazione di certi grandi alberghi dove le uova strapazzate restano per ore negli scaldavivande. Bistecche, salsicce e carni suine alla griglia vanno cotte fino al cambiamento di colore anche all’interno. Non bere acqua direttamente da laghi o fiumi, per il rischio di Giardiasi e Criptosporidiosi, ma solo imbottigliata, con imballaggio intatto, preferendo quella minerale, almeno due litri/die e bevande gassate perché l’acido carbonico, in bottiglie sigillate, ha effetto antisettico impedendo lo sviluppo del vibrione colerico pur non impedendo quello dell’E. Coli e preferendo quelle con residuo fisso intorno al grammo, cioè particolarmente ricche di sali minerali capaci di riequilibrare le perdite causate dal clima mentre le oligominerali, più leggere e facilmente eliminabili, sono raccomandabili per anziani, cardiopatici e affetti da calcolosi urinaria. Non aggiungere ghiaccio alle bevande perché potrebbe essere contaminato (attenzione al cocktail di benvenuto !) e pertanto eseguire con acqua minerale anche la pulizia del cavo orale. Ogni acqua torbida va filtrata con garza e stoffa; quella sospetta, di sorgente o di pozzo, va disinfettata con ebollizione di almeno 20’, eventualmente tramite riscaldatore elettrico a spirale o fornelletto da campeggio o ricorrendo ad uno dei seguenti preparati, per litro d’acqua: candeggina(una goccia); soluzione iodata tipo Lugol(sei gocce); permanganato di potassio (una goccia); tintura d’iodio al 2 % (dieci gocce per 30’); toluen-p-sulfonecloramide sodica (una bustina). Il latte non pastorizzato va sempre bollito e consumato solo se proviene da contenitori sterilizzati ed aperti da poco; in alcuni Paesi, a es. in Australia, spesso il latte di capra imbottigliato non è pastorizzato. Fare attenzione al mascarpone che è confezionato con latte crudo e facilmente deperibile se non conservato costantemente a bassa temperatura. Trasportare torte e dolci con creme negli appositi contenitori di polistirolo e nel periodo estivo non lasciarle nei sedili o nel lunotto posteriore dell’auto perché potrebbero deteriorarsi facilmente per l’azione diretta dei raggi solari e per l’elevata temperatura dell’abitacolo. Dieta e climi tropicali Nei primi giorni di permanenza in regioni a clima caldo-umido, se non ci sono controindicazioni per patologie preesistenti, è consigliabile aggiungere agli alimenti e alle bevande piccole quantità supplementari di sale per prevenire il colpo di calore. In regioni eccessivamente calde il viaggiatore in terapia diuretica o iper-uricemico deve preventivare la precipitazione dei calcoli renali a causa dell’eccessiva disidratazione. L’acqua costituisce un vero e proprio alimento, è consigliabile berne almeno due litri/die di minerale ricca di sali minerali a residuo fisso intorno al grammo perché particolarmente capace di riequilibrare le perdite causate dal clima. Evitare le bevande gassate e troppo fredde che possono provocare congestione; assumere con moderazione alcolici perché aumentano la sudorazione e la sensazione di calore e i succhi di frutta perché esseno meno dissetanti e ricchi di zuccheri aumentano l’intake [introduzione] calorico. Un piatto di spaghetti con pomodoro fresco, basilico e un filo d’olio fornisce energia senza appesantire evitando però le paste ripiene e i condimenti troppo elaborati, ricchi di grassi o molto piccanti. E’associabile ai vantaggi degli antiossidanti e delle vitamine forniti dalle verdure fresche che saziano con un limitato apporto calorico e che assieme alla frutta diminuiscono la sensazione di sete da perdita di liquidi ed elettroliti con la sudorazione abbondante. Il pesce è da preferire alla carne perché più digeribile e ricco di acidi grassi polinsaturi, importantissimi anche perché proteggono dalle malattie degenerative ed è consigliabile raddoppiare le porzioni di frutta e verdura e dimezzare carne rossa, insaccati e i grassi. I pomodori sono ricchi di fibre, vitamine, fosforo, calcio e magnesio. Il cocomero è il frutto più dissetante (95 % di acqua) e ha azione diuretica; il melone, ricco di vit. A e C, sodio, calcio, potassio e fosforo, coadiuva i processi digestivi con un modesto effetto lassativo; le pesche sono dissetanti; albicocche e carote sono ricche di vit. A; le fragole di vit. C e hanno proprietà antiossidanti; le ciliegie abbondano di sali minerali. Preferire i gelati alla frutta e i nuovi gusti alle verdure meno calorici e più ricchi di acqua. Gastro-entero-coliti Sono frequenti nei periodi estivi e sono provocate da cause fisiche per ingestione di alimenti freddi; da intolleranze o allergie alimentari soprattutto verso latticini, fragole, pesce, pesche; dalla ingestione di salmonelle, shighelle o stafilococchi presenti soprattutto in dolci, gelati e frutti di mare. L’esordio è caratterizzato da ipersecrezione gastrica, riduzione o perdita dell’appetito, dolore epigastrico crampi forme e urente [vedi fig. a lato] tensione e bruciore gastrico con eruttazione e rigurgito di liquido acido, cefalea, febbre o febbricola, nausea, vomito quindi il dolore diventa intermittente e irradiato a “barra” con gorgoglio e gonfiore addominale da gas intestinali, tensione dolorosa con bruciore e bisogno continuo di defecare che si riducono con la comparsa di diarrea che può essere putrefattiva e con sangue. Diarrea del viaggiatore (Traveller’s diarrhoea) E’ dovuta a E. coli enterotossigena (50 - 70 %) veicolata da acqua e alimenti. Colpisce il 30 – 70 % dei viaggiatori che si recano in un Paese in via di sviluppo e può compromettere seriamente il viaggio (nozze, affari, vacanza) anche perché sono possibili più episodi a breve distanza e nei lattanti può provocare disidratazione e squilibrio elettrolitico. Fattori favorenti sono l’età giovanile, la senilità, lo stress da viaggio, la rapida adozione delle abitudini alimentari locali, il clima, l’altitudine e il deficit di immunoglobuline [anticorpi] di classe A. Nei primi giorni di viaggio, dopo una breve incubazione, 6 – 48 h, compare diarrea acquosa, 4-8 scariche/die, dolori addominali crampiformi e, spesso, vomito. Per la profilassi valgono le considerazioni generali sulla prevenzione delle malattie trasmesse per via oro – fecalema sono disponibili anche un vaccino e la chemioprofilassi. Il vaccino è orale, composto da batteri di V. Cholerae uccisi e tossina colerica da DNA ricombinante. E’consigliato a chi si reca in zone endemiche [costantemente presente o molto frequente in una popolazione o territorio]; agli operatori della protezione civile e al personale che si occupa di rifugiati. Il dosaggio comprende una dose , due e una settimana prima della partenza mentre tra 2 – 6 anni tre dosi a distanza di una settimana. I richiami andranno effettuati ogni sei mesi tra i 2 – 6 anni e dopo due anni nell’adulto. L’impiego routinario della chemioprofilassi (Tab. I) è sconsigliato per il rischio di diffusione dell’antibiotico-resistenza e per i possibili effetti collaterali pertanto va riservata, per 2 – 5 giorni, a soggetti con ridotta acidità gastrica o condizioni patologiche per le quali uno squilibrio idro-elettrolitico potrebbe essere pericoloso. Tab. I: Chemioprofilassi della Diarrea del viaggiatore. ?Ciprofloxacina: 500 mg/die ? Trimethoprim – sulfametossazolo forte: 1 cpr/die ? Rifamixina: 200 mg x 4/die (Ad.); 2 – 6 anni: 1 mis. 5 ml x 4/die; sotto i 2 anni: 30 – 50 gtt (50 – 75 mg) x 4/die ? Doxiciclina: 100 mg/die Prevenzione del Colera Il Colera è una malattia infettiva causata dal batterio Vibrio colera, soprattutto da sierogruppo 01 secondo l’O.M.S., e si contrae ingerendo acqua o cibo contaminati. In U.S.A. è stato recentemente approvato Vaxchora, il primo vaccino per la prevenzione del sierogruppo 01, vivo attenuato da assumere in singola dose liquida orale almeno dieci giorni prima del viaggio. La flebo fatta in casa Quando bisogna reintegrare i liquidi o semplicemente come reidratante nel periodo estivo, in qualsiasi età e condizione, anche in gravidanza, si può ricorrere alla flebo d’emergenza dell’O.M.S. che nonostante il nome si beve. Si prepara con un litro d’acqua, il succo di due arance o di un pompelmo, 4 cucchiai di zucchero e uno di sale (e se disponibile uno di bicarbonato di sodio). Abbiamo così preparato una bevanda che dal punto di vista medico corrisponde a una vera e propria flebo, donde il nome, ma vi avverto che la prima volta avvertirete un sapore acidulo poco gradevole ma ci prenderete gusto continuando a berla. Liberamente tratto da “Profilassi delle malattie del viaggiatore” (IIª edizione) di Stefano Pellicanò ISBN: 978-88-97215-02-8 Per gentile concessione di Calzone Editore (www.wix.com/calzone_editore/home; calzone.editore@libero.it). © Copyright 2007 CE Calzone Editore Tutti i diritti artistici e letterari.
Le malattie infettive sono provocate da microrganismi che provocano epidemie e pandemie quando vengono colpiti un numero elevato di soggetti che hanno talvolta lasciato un segno nella storia umana. A inizi anni ’60 l’Infettivologia si scorporò dalla Medicina Interna fronteggiando problematiche specifiche e facendosi anche carico con successo di problematiche organizzativo – sociali che esulavano dalle sue competenze. La lotta tra l’uomo e le malattie infettive è una lotta senza fine, elencarle tutte sarebbe molto lungo pertanto ricordiamo soltanto la peste, il tifo petecchiale, il colera, il vaiolo, la malaria, la sifilide, la poliomielite; la tubercolosi, patologia riemergente a causa dell’A.I.D.S., dell’immigrazione dai Paesi in via di sviluppo particolarmente subdola perché spesso non più con i sintomi tipici dell’800 e talvolta con caratteri di multi- resistenza ai farmaci. La scoperta dei sulfamidici, della penicillina e degli antibiotici illuse che la lotta contro i microrganismi fosse ormai vinta. Negli anni ’50 – 70 l’attenzione degli infettivologi fu attratta dall’itterizia e in un entusiasmante crescendo vennero diagnosticate le Epatiti A, B, C, D e E; negli anni ’80 il virus H.I.V., il morbo della mucca pazza e il virus Ebola. Parecchi Stati dell’U.E. incautamente smantellarono le loro Divisioni di Malattie Infettive trovandosi così impreparati alle nuove problematiche. In Italia venne stabilito (in teoria) che i vari Reparti avessero dei posti-letto riservati agli affetti da A.I.D.S. ma ben presto questi pazienti vennero curati quasi esclusivamente nelle Divisioni di Malattie Infettive per cui si pensò erroneamente che tutte le malattie infettive si riducessero a tale patologia con i vari Direttori Generali delle A.S.L. che facevano a gara a giurare (il falso) che le malattie infettive non esistevano più (come la mettiamo a es. con la meningite, la malaria, la scabbia e le malattie esantematiche complicate ?), per cui una volta che questa è diventata una patologia cronica da qualche anno si è tornati alla carica, stavolta con successo, riducendo i posti-letto o eliminando o accorpando le Divisioni di Malattie Infettive non tenendo tra l’altro presente che essendo state smantellate le Pneumologie le tubercolosi negli ultimi anni erano curate in questi Reparti come le frequenti patologie degli extra-comunitari, come Amebiasi, Leishmaniosi, Scabbia, Malaria, ecc. Gli antibiotici dalla loro scoperta ad oggi sono stati farmaci essenziali per contrastare diversi tipi di infezione, tra l’altro in ambito chirurgico ma un loro utilizzo eccessivo e/o inappropriato facilita lo sviluppo di batteri resistenti che ne limita l’efficacia provocando una delle più gravi minacce alla salute pubblica odierna facendo ipotizzare l’avvento di un’Era post-antibiotica, uno scenario apocalittico in cui le infezioni sfuggono alle armi della Medicina moderna per divenire intrattabili, riportandoci, dal punto di vista sanitario, al periodo pre- IIª guerra mondiale. LE STIME DELL’ANTIBIOTICO-RESISTENZA Si stima che in U.E. si verificano 4 milioni di infezioni da germi antibiotico-resistenti/anno che causano 25 - 37 mila decessi circa e sono responsabili di una spesa di circa 1,5 miliardi €/anno mentre negli U.S.A. i pazienti colpiti sono circa 2 milioni con circa 50 mila morti e una spesa superiore ai 20 milioni €. La situazione è molto seria anche in Italia a causa del loro abuso e/o uso sbagliato e al di sopra della media europea, il 6,3 – 10 %/ anno con circa 300 mila casi/anno, migliaia di decessi e costi di 500 milioni /€ circa rispetto al 6 % europeo. Le infezioni correlate all’assistenza sono circa 284.100/anno con circa 4.500-7.000 decessi. In 1/3 dei casi di Infezioni Ospedaliere sono coinvolti i Gram- Escherichia coli e Klebsiella e quest’ultima resistente agli antibiotici carbapenemici almeno nel 33 % dei casi, infezioni con un tasso di mortalità del 50 % e causa di setticemie, polmoniti, sepsi delle vie urinarie e dei tessuti molli. I PRIMI CASI Nel novembre 2015 in Cina ricercatori anglo-cinesi hanno trovato, in maiali e persone, batteri di Escherichia Coli resistenti al potentissimo antibiotico di ultima generazione Colistin considerato l’ultima spiaggia per cui se un batterio riesce a sopravviverle è impossibile fermarlo e di recente anche nell’intestino di un maiale in America. Per la prima volta a maggio 2016 negli U.S.A. nelle urine di una 48enne della Pennsylvania con cistite è stato isolato Escherichia coli MRSN 388634 resistente alla colistina contratto probabilmente secondo il C.D.C. (Centro per il controllo e la prevenzione delle Malattie Infettive di Atlanta) in Ospedale. La paziente, che lavora in ambienti vicini all’esercito, non ha viaggiato nei cinque mesi precedenti la diagnosi ed è stata trattata in un ospedale militare della Penssylvania a fine aprile. MECCANISMO D’AZIONE Il caso di questa donna, in atto guarita, non è una novità assoluta ma la notizia desta preoccupazione poiché questo batterio degli incubi può arrivare ad uccidere il 50 % dei contagiati è può essere il probabile preannuncio di un batterio davvero farmaco – resistente anche perché il suo D.N.A., col gene Mcr-1, della resistenza alla colistina, può diffondersi rapidamente tra le specie. Quindi la resistenza è stata acquisita non attraverso una mutazione ma grazie all’acquisizione di un frammento di D.N.A., un plasmidio appunto, che contiene il gene Mcr-1 della resistenza. E’ noto che i plasmidi possono facilmente essere trasmessi da un batterio all’altro; così, quando il gene Mcr-1 si andrà ad integrare nel D.N.A. di un batterio resistente anche ai carbapenemici, ci troveremmo di fronte a infezioni contro le quali nessun antibiotico ad oggi disponibile potrà difenderci; sarà come essere tornati nell’Era pre-antibiotica, quella che si sperava cancellata per sempre dalla penicillina di Alexander Fleming. L’isolamento del plasmidio contenente questo gene in Escherichia coli ha completato il puzzle dell’antibiotico-resistenza che comunque era già stato “avvistato” in precedenza in campioni umani, animali, ambientali e di cibo in ogni continente. I batteri hanno dunque ormai acquisito armi per resistere a tutti gli antibiotici oggi disponibili e sono in grado di scambiarsi questi bit di informazione tra di loro. ANTIBIOTICI E PRODUZIONE AGRICOLA-ALIMENTARE L’esatta quantità di antibiotici usati nella produzione agricola alimentare è globalmente difficile da stimare ma si calcola simile a quella utilizzata dagli uomini. L’uso di routine in agricoltura supporta di fatto la resistenza ai farmaci poiché i batteri sono esposti più spesso agli antibiotici e i ceppi farmaco-resistenti arrivano ad infettare l’uomo attraverso la catena alimentare pertanto è necessario un utilizzo più responsabile dei farmaci in agricoltura. L’E.M.A. (Agenzia europea per la regolamentazione sui medicinali) ha fissato una soglia per l’uso agricolo della colistina, antibiotico impiegato negli allevamenti, limitata 5 mg/Kg massimo per il bestiame, onde evitare la pericolosa diffusione della sua resistenza batterica, verificatasi nel 2015 sostenendo che se questo avvertimento verrà applicato a livello europeo si potrebbe tradurre in una riduzione complessiva di circa il 65 % delle sue vendite attuali per uso veterinario. L’Agenzia auspica una soglia limite di 1 mg o meno, che Danimarca e Olanda hanno già raggiunto, mentre altri Paesi, tra cui Spagna e Italia, hanno consumi di gran lunga superiori. La Commissione Europea, seppure in ritardo, ha deciso di correre ai ripari disponendo un controllo nei macelli dei 28 Stati Membri per monitorare la presenza di antibiotico-resistenza nella flora intestinale degli animali e il rapporto pubblicato da ECDC/EFSA (European Centre for Disease Prevention and Control/ European Food Safety Authority) l’11 febbraio scorso è decisamente preoccupante. Si va dalle Salmonelle resistenti ad ampicillina, chinolonici e tetracicline, alle Salmonelle ed Escherichia coli produttrici di beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL)/AmpC/carbapenamasi. Nel pollame dell’U.E. è molto diffusa la resistenza alla colistina in Salmonella ed Escherichia coli e alla ciprofloxacina (prossimi al 70 %) in Campylobacter. INDIRIZZI.D’AZIONE.INTERNAZIONALI A livello internazionale la comunità scientifica ha individuato alcuni indirizzi d’azione come un cambiamento culturale immediato nei medici e pazienti che porti a un loro impiego realmente appropriato riducendone l’abuso; la promozione di incentivi all’introduzione di terapie innovative in grado di far fronte ai ceppi resistenti; lo sviluppo di nuovi test diagnostici per le infezioni virali che possano evitare la loro (inutile) somministrazione; lo sviluppo di strumenti per l’individuazione degli antibiotici più adatti a eradicare un'infezione che limiterebbe la comparsa di ceppi resistenti; ricorso a vaccini che riducono i casi di infezione e la necessità di ricorrere ad antibiotici a es. quello contro la polmonite da Streptococcus pneumonia, causa di oltre 80.0000 decessi di bambini sotto i 5 anni/anno, col risparmio di oltre 11 milioni di giorni di utilizzo di antibiotici in questi bambini, riducendo la probabilità dell’insorgenza di una resistenza. Proprio a livello U.E. si valutano con interesse esperienze di Paesi che fanno registrare un consumo inferiore di antibiotici. L’Olanda è la realtà maggiormente virtuosa con un sistema di confezionamento dei farmaci con dosi unitarie e personalizzate che non permettono che ne rimangano nella disponibilità dei pazienti. In Italia in uno studio su 9.313 pazienti, il 9 % ha affermato di utilizzare gli antibiotici senza ricorrere a prescrizione medica e di questi l’87 % utilizza le rimanenze disponibile tra famiglia e parenti. PROBLEMATICHE TERAPEUTICHE Dal punto di vista terapeutico contro l’Escherichia coli e soprattutto Klebsiella si sta rivelando efficace la vecchia fosfomicina ma in fiale e a dosaggi elevati, per combattere soprattutto le infezioni ospedaliere da Gram-. Una nuova opportunità nella lotta alle infezioni post-operatorie farmaco-resistenti potrebbe arrivare dai raggi ultravioletti (U.V.). Era noto che queste radiazioni possono uccidere batteri e super-batteri ma non era possibile utilizzarli come germicidi per il rischio per pazienti e personale. Uno studio della Columbia University Medical Center (fonte: PLoS One) ha dimostrato che una particolare lunghezza d’onda, “far-U.V.C.”, di 207 nanometri, riesce a uccidere batteri (in particolare lo Stafilococco aureo meticillino-resistente) nei topi senza pelo, che rispondono in modo simile alla pelle umana, senza causare danno biologico alla pelle esposta non potendo infatti penetrare attraverso il suo strato esterno per raggiungere le cellule vive ma poiché i batteri sono molto piccoli riesce a ucciderli. Ovviamente adesso bisogna passare alla sperimentazione in animali più grandi ed esseri umani. Di recente l'E.M.A. [Agenzia Europea per i Farmaci] la raccomandato l’autorizzazione all'immissione in commercio di Zavicefta (avibactam/ceftazidime) contro i batteri multi-resistenti, quali infezioni intra-addominali o del tratto urinario, polmoniti acquisite in ambiente ospedaliero e infezioni da batteri Gram- con limitate opzioni di trattamento. La resistenza alle cefalosporine e agli antibiotici carbapenemi è aumentata negli ultimi anni soprattutto nei batteri Gram- e le beta-lattamasi sono enzimi coinvolti in questa resistenza per cui inibendo la loro azione avibactam, un nuovo inibitore della beta-lattamasi, ripristina l'attività di ceftazidima (antibiotico delle cefalosporine di III generazione), contro i patogeni ceftazidime-resistenti. PREVISIONI In Italia nel 2010 la spesa è stata di 14,5 € pro-capite mentre nel 2015 è scesa a 10,8 € , con una variazione media annua del -5,7 % anche con una riduzione dei consumi nel quinquennio. Nel 2010 ogni mille abitanti venivano somministrate a carico del S.S.N. 24,6 dosi di antibiotici, mentre nel 2015 ne sono state erogate 23,0 con una variazione media annua dei consumi del -1,3 % numeri che indicano un trend positivo ma ancora insufficienti. La variabilità regionale vede come estremi (ogni mille abitanti) Liguria (16,2 dosi/die) e Provincia Autonoma di Bolzano (14,4 dosi/die) rispetto a Puglia (30,3 dosi/die) e Calabria (28,4 dosi/die). Si prevede che nel 2050 le infezioni batteriche causeranno nel mondo circa dieci milioni di morti/anno, superando ampiamente i decessi per tumore (8,2 milioni), diabete (1,5 milioni) o incidenti stradali (1,2 milioni) con una previsione di costi che supera i cento trilioni di dollari se non si riesce a tenere sotto controllo questo fenomeno. UN PROBLEMA DI RESPONSABILITA’ INDIVIDUALE E COLLETTIVA Usare bene gli antibiotici è una responsabilità del singolo soggetto nei confronti della propria salute per avere sempre a disposizione farmaci efficaci per la propria patologia ed è inoltre una responsabilità collettiva poiché favorire lo sviluppo di resistenze mette seriamente a rischio la salute della collettività. CONCLUSIONI I superbatteri antibiotico-resistenti costituiscono una delle più attuali e urgenti sfide di salute pubblica poiché come più volte ricordato dall’O.M.S. e dalle istituzioni europee e italiane è, causata principalmente dall’utilizzo eccessivo e inappropriato degli antibiotici, come ad esempio nei casi di prescrizione in presenza di un’infezione virale, di utilizzi inappropriati in termini di frequenza, dosaggi e durata del trattamento o di autoprescrizione del paziente. Non si tratta di ipotesi o minaccia lontana, l'antibiotico-resistenza è una problematica reale in costante aumento che annulla decenni di scoperte scientifiche e, cosa ancor più grave, minaccia la nostra salute pertanto necessita ormai di un cambiamento culturale a cui sono chiamati medici e pazienti per riconoscere il loro valore fondamentale che hanno determinato un impatto importante, a partire dal secondo dopoguerra, in termini di qualità e durata della vita media. L’Italia è lo Stato U.E. con il maggior problema dei left over [gli antibiotici che avanzano], perché non si è proseguito il trattamento per tutto il periodo prescritto da medico e questi antibiotici vengono conservati nell’armadietto dei farmaci per essere utilizzati in seguito da altri familiari , magari impropriamente, senza prescrizione medica. La comparsa di un super-batterio resistente a tutti gli antibiotici è solo questione di tempo e la strada che ha portato fino a questo punto è quella dell’abuso degli antibiotici sia nell’uomo che negli allevamenti intensivi. L’Italia è molto più avanti di altri Paesi U.E. perché la salute veterinaria (vigilanza e sicurezza alimentare) è armonizzata dal Ministero della Salute ma la realtà locale è a macchia di leopardo perché gli attori in tema di sicurezza sul territorio sono le A.S.L. e gli Istituti Zooprofilattici per cui alcuni territori sono molto ben vigilati rispetto ad altri. Bisogna quindi vigilare rigorosamente sull’applicazione delle leggi e migliorare l’aspetto formativo degli allevatori facendo loro capire che l’attuale comportamento è anche autolesionista, poiché alla fine li danneggia. Bisognerebbe quindi agire sui livelli di: formazione, controllo e di repressione. Nel corso dei secoli la lotta alle malattie infettive non si è mai conclusa infatti trovata un’adeguata terapia per una patologia è stata seguita, magari dopo molti anni, dalla comparsa di una nuova malattia pertanto è facile ipotizzare che non si concluderà mai pertanto in queste malattie poiché nulla è davvero prevedibile bisogna essere pronti per quello che ci si aspetta e stare attenti nello stesso tempo a quello che non ci si aspetta.
Voler disintossicare l’organismo è spesso desiderio di cambiamento e, in genere, ci si focalizza quasi esclusivamente sul modificare solo il proprio regime alimentare. Tuttavia l’inquinamento può manifestarsi in varie forme e, a differenza dei periodi di breve durata durante i quali solitamente ci si vuole disintossicare, le fonti di inquinamento che ci circondano sono molto più numerose di quanto possiamo immaginare e considerare. Si parla infatti di inquinamento atmosferico, ambientale, domestico, acustico, sensoriale e, non meno importante, inquinamento mentale. Viviamo ad esempio in luoghi spesso chiusi dove ristagna un’aria poco salubre perché non siamo abituati ad arieggiare gli ambienti, oppure siamo circondati da rumori forti e assordanti, luci intense, abbiamo una vita troppo sedentaria, assumiamo elevate quantità di farmaci, “mangiamo” emozioni negative e conviviamo con uno stress eccessivo o altre fonti di inquinamento delle quali, per quanto possibile, dovremmo contenerne i danni. La nostra salute è quindi anche il risultato di un equilibrio tra le tossine introdotte e quelle eliminate ed un accumulo di queste sostanze può predisporci a diversi disturbi e patologie, influenzando negativamente anche il nostro umore. I segnali possono essere inizialmente percepiti anche come malessere generale, qualcuno avverte una continua sensazione di stanchezza (spesso dovuta a periodi troppo intensi di lavoro psicofisico e mancanza di riposo!), mal di testa, alitosi, mal di stomaco, stipsi, diarrea, gonfiore, dispepsia e diventa sempre più impellente il bisogno di ridare all’organismo una nuova sferzata di energia, a volte anche limitata da una vita eccessivamente sedentaria, abuso di alcolici e fumo. C’è chi, tra i vari motivi di iniziare un programma disintossicante, non nasconde il desiderio anche di perdere un accumulo di chili in eccesso. Quindi un periodo di “pulizia” ogni tanto ci vuole anche per consentire ai nostri emuntori primari (come fegato, cistifellea ma anche intestino, pelle, reni e polmoni) di essere drenati e ripuliti. Solitamente i periodi durante i quali viene più spesso intrapreso un processo di depurazione sono i cambi di stagione (soprattutto in primavera), dopo periodi di eccessi alimentari o, semplicemente, quando sentiamo la necessità o il desiderio di recuperare il benessere perso. A tal fine un punto di partenza vincente è senza dubbio l’alimentazione ed è, sicuramente, uno degli aspetti che più facilmente possiamo modificare, aumentando la salute del nostro organismo attraverso un regime corretto. Sono infatti numerose le malattie correlate ad abitudini alimentari sbagliate, alcune delle quali riportate sotto: Sovrappeso e obesità Arteriosclerosi Infarto del miocardio Ipertensione Ictus cerebrale Aumento dell’uricemia (gotta) Diabete Carie dentarie Osteoporosi Cirrosi epatica Stipsi, colon irritabile, calcolosi della colecisti Cancro (stomaco, colon, mammella, ecc.) Anemia Fonte: A. Giacosa, Alimentazione e salute. Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Cosa fare e non fare durante una dieta disintossicante Per accelerare l’eliminazione delle tossine si consiglia di favorire i seguenti punti elencati. - Consumare regolarmente frutta e verdure fresche. Questi vegetali sono i nostri migliori alleati, sono ricchi di preziosi principi nutritivi come vitamine e sali minerali (soprattutto se consumati crudi). Contengono inoltre le fibre alimentari che aiutano il nostro organismo a depurarsi favorendo il transito intestinale e la sua pulizia e inoltre procurano un elevato senso di sazietà che ci consentirà di non introdurre troppe calorie. Tra i vegetali con potere disintossicante abbiamo ad esempio: carciofo, carota, sedano, porro, aglio, finocchio, ravanello, cicoria, crucifere (famiglia dei cavoli), pesca, pompelmo, uva, prugna, ciliegia, mirtillo. - Favorire soprattutto le centrifughe ed estratti di frutta e verdure fresche, perché contengono elevate quantità di antiossidanti in forma facilmente assimilabile e combattono i radicali liberi, principali responsabili dell’invecchiamento delle nostre cellule. - Germogli. Questi vegetali sono una vera e propria miniera di principi nutritivi. Soprattutto in quest’epoca in cui consumiamo prevalentemente cibi raffinati, i germogli costituiscono un importante fattore di prevenzione e di difesa per l’organismo. Sono inoltre considerati un complemento alimentare alla stregua di un integratore e sono in grado di potenziare l’organismo anche in condizioni particolari come nel caso di basse difese immunitarie, durante la crescita, la gravidanza, l’allattamento o periodi di stress. - Erbe aromatiche. Tra quelle da favorire abbiamo il rosmarino che protegge le vie biliari ed il fegato, il timo favorisce la funzionalità intestinale, l’origano potente antibatterico e antiparassitario, l’alloro digestivo e protettivo per stomaco e mucose gastriche e lo zenzero con proprietà antinausea, oltre a ridurre gonfiore e meteorismo. Raccomandate sono anche la curcuma, la cannella ed il cumino.áLa curcuma ha proprietà antitumorali, antiinfiammatorie e depurative, la cannella favorisce la digestione, è un antisettico e disinfettante naturale, mentre il cumino oltre a favorire laádigestione, stimola la produzione di enzimi nel pancreas e ilámetabolismo. Per quanto riguarda le spezie attenzione tuttavia ad un consumo eccessivo per possibili effetti irritanti. - Semi oleosi (semi di sesamo, di lino, di girasole, di zucca, ecc.). Contengono acidi grassi mono e polinsaturi amici del cuore e della circolazione. Oltre all’elevate proprietà dei grassi, sono presenti anche proteine di buona qualità, sostanze antiossidanti e antitumorali. I semi di lino, in particolare, favoriscono i processiádepurativiáe favoriscono la regolarità intestinale. - Altra categoria di alimenti che non deve mai mancare sono i cereali integrali e loro derivati (preferibilmente da agricoltura biologica) ricchi anche di oligoelementi, vitamine e fibre, mentre va limitato il consumo di cibi raffinati. Tra quelli con una maggiore azione depurativa abbiamo il riso, il miglio, il grano saraceno (tutti privi di glutine adatti quindi anche per i celiaci), l’orzo, il farro e la segale. - Fermenti lattici (soprattutto probiotici). Questi batteri proteggono il nostro intestino, aiutano le digestioni difficili ed apportano componenti essenziali come la vitamina K e molte vitamine del gruppo B. In particolare è soprattutto la flora batterica intestinale che trae notevoli giovamenti dall’utilizzo dei fermenti lattici, aumentando così le nostre difese immunitarie. - Succo di limone. La cura disintossicante con il succo di limone (il succo di mezzo o un limone) diluito in acqua e assunto la mattina a digiuno è praticata e conosciuta dai tempi antichi e, tra le caratteristiche elogiate, aiuta il drenaggio del fegato e reni. A volte il succo di limone viene assunto in quantità concentrate aumentando progressivamente il numero di limoni (addirittura a 7) e diminuendo gradualmente la concentrazione sino nuovamente ad uno. - Alghe (verdure di mare). Questi vegetali sono ricchi di molti sali minerali, vitamine, clorofilla e aiutano l’organismo a prevenire disturbi circolatori, cellulite, arteriosclerosi ed ipertensione, oltre a favorire il ricambio e l’attività ghiandolare. - Olio monoseme (sesamo, girasole, ecc.). Il modo più efficace per praticare l’oil pulling consiste nel mettere in bocca circa un cucchiaio di olio biologico spremuto a freddo, sciacquare la bocca energicamente per 10-15 minuti e poi eliminarlo. Gli antichi maestri della medicina ayurvedica credevno che l’oil pulling andasse oltre la semplice prevenzione delle malattie della bocca e della gola e, grazie a questa prospettiva olistica, è stato utilizzato come misura preventiva per molti disturbi. - Argilla. Da sempre conosciuta e praticata nell’antichità, viene usata anche in tempi moderni sia per uso interno che esterno. L’argilla è ricca di oligoelementi e minerali e, grazie alle sue proprietà riequilibranti e depurative, può essere utile per alleviare molti disturbi. - Il the verde è ricco di catechine, sostanze antitumorali ed antiossidanti che stimolano la funzione epatica e riducono il deposito di grasso nel fegato. - Per depurare il nostro organismo e favorire una fase depurativa possiamo assumere tisane ed infusi privilegiando ad esempio il carciofo, il finocchio, il tarassaco, il cardo mariano, la bardana, l’ortica, l’erica. - Acqua naturale. Si consiglia di assecondare sempre il senso di sete e di assumere acqua anche per favorire la diuresi. Soprattutto durante un periodo disintossicante, è fondamentale bere molti liquidi (almeno 2 litri), in aggiunta a quelli già contenuti nei vari alimenti. - Corretta masticazione. Ricordiamo che la prima digestione avviene in bocca. Imparare a masticare correttamente apporta molti benefici alla nostra salute; rende i cibi più digeribili, aumenta il nostro senso di sazietà e inoltre, grazie ad alcuni componenti presenti nella saliva, il cibo risulta essere più sicuro dal punto di vista microbiologico. - Digiuni. Questa pratica, che prevede l’assenza totale di cibo, è da secoli applicata da molte culture. Tuttavia per alcune persone il digiuno viene temuto ed ha una valenza negativa, mentre in realtà è un’occasione per il corpo di un periodo di riposo. Si raccomanda di garantire adeguate assunzioni d’acqua e di non fare lunghi periodi di digiuno da autodidatta (in questo caso è sconsigliato oltre il 3 giorno), soprattutto se non si è seguiti da personale medico specializzato. Coloro che non se la sentissero di praticare il digiuno totale, possono seguire un piano alimentare che includa una ridotta quantità di alimenti (vedi ad esempio programma disintossicante di una settimana). - Aria aperta e attività fisica. É importante areare frequentemente gli spazi chiusi. La ventilazione degli ambienti e le frequenti passeggiate aiutano anche a prevenire le malattie stagionali. Praticare inoltre quotidianamente dell’attività fisica permette più facilmente l’eliminazione delle tossine accumulate, soprattutto attraverso la sudorazione. - Riposo. Interrompere le attività per recuperare le energie è importante, ma spesso non si concilia con i ritmi intensi di oggi. Tuttavia, per riconquistare il proprio benessere psicofisico, è fondamentale consentire all’organismo di riposare. - Adottare un atteggiamento mentale positivo durante una cura disintossicante (e non solo!) aiuterà a sentirsi meglio. - Respiro profondo. Il respiro è vita e una scarsa ossigenazione a livello cellulare genera affaticamento. Risulta quindi di estrema importanza favorire, anche con una corretta postura, il naturale e sano flusso respiratorio. Inoltre, durante una dieta depurativa, dovremmo individuare alcuni comportamenti o categorie di alimenti e sostanze, da ridurre o eliminare almeno per un breve periodo, al fine di favorire e non ostacolare il processo disintossicante. - Alimenti di origine animale quali carne, salumi, insaccati, uova, molluschi e crostacei, formaggi, latte e derivati, per la loro incompatibilità con una fase depurativa energica (essendo inoltre totalmente privi di fibre). Si consiglia invece di dare preferenza, come già descritto, ad alimenti preferibilmente vegetali. Se eliminare gli alimenti di origine animale risultasse difficile, è possibile sostituire le carni grasse con quelle magre, dare preferenza al pesce e consumare con regolarità i legumi freschi, secchi o surgelati. - Eliminare le sostanze nervine quali caffè, the (ad eccezione del the verde per le proprietà sopra descritte) e cioccolato perché ricchi di sostanze alcaloidi (caffeina, teina, teobromina). Se in eccesso inibiscono anche l’assorbimento di alcuni nutrienti come Ferro, Calcio, altri sali minerali e vitamine del gruppo B. - Sale da cucina (cloruro di sodio). Un consumo eccessivo di sale è ormai noto come causa di un aumento della pressione arteriosa. - Zucchero bianco (saccarosio). Durante il processo di raffinazione (attraverso l’utilizzo di acido carbonico, solforico e altre sostanze) viene privato di qualsiasi nutriente fornendo al nostro organismo solo “calorie vuote”. Va sottolineato che anche lo zucchero integrale deve essere utilizzato con moderazione. - Dolciumi e snack industriali o artigianali. La cattiva alimentazione ha spesso le sue radici in molte varietà di dolciumi, merendine e snack salati sempre a disposizione. Sono tutti prodotti industriali, o anche artigianali, ricchi di zuccheri, grassi, sale e calorie. - Cibi in scatola. Il processo di produzione dei cibi in scatola riduce spesso il loro valore nutrizionale e contengono inoltre conservanti, sale e talvolta anche zucchero. - Oli raffinati e margarina. Derivano da processi industriali che favoriscono la presenza di composti chimici nocivi, vitamine ed altri nutrienti di qualità. Inoltre i grassi utilizzati per realizzare la margarina sono spesso di qualità scadente e, per ottenerla, vengono resi solidi mediante un processo di idrogenazione. - Ridurre le porzioni dei cibi. Dovremmo imparare l’abitudine di alzarci da tavola con un po’ di fame, mentre spesso le porzioni di cibo servite sono abbondanti e poco consone alle reali necessità, favorendo inoltre anche lo spreco alimentare! - Bibite gassate zuccherine. Queste bevande sono chiamate in causa nella diffusione di patologie come obesità e diabete, oltre alla formazione di carie. In assenza di zucchero, sono presenti nelle bevande quantità di edulcoranti chimici (es. saccarina ed aspartame), oltre all’elevata presenza di coloranti artificiali. - Additivi chimici: coloranti, conservanti, esaltatori di sapidità (es. glutammato monosodico), ecc. Sono sostanze che vengono impiegate nell’ambito dell’industria alimentare durante una qualsiasi fase della lavorazione e che si ritrovano negli alimenti. Pericolosa è l’azione cumulativa. - Attenzione ad alcuni stili di cotture quali fritture, affumicature, cibi abbrustoliti o bruciacchiati (le parti annerite contengono gli IPA Idrocarburi Policiclici Aromatici che possono favorire lo sviluppo di tumori). Sono inoltre da limitare le preparazioni molto elaborate, intingoli calorici o salse varie ricche di grassi. - Non abusare di alcolici. Il fegato si occupa di filtrare le tossine dal sangue e per permettergli di rigenerarsi e ripulirsi è fondamentale eliminare anche il consumo di alcol, uno tra i maggiori responsabili di deposito di tossine nel sangue. - Non fumare. Come l’alcool anche il fumo (attivo o passivo) può compromettere un periodo disintossicante. Con ferma volontà dovrebbe essere completamente abolito, sia perché rappresenta la causa principale di cancro al polmone che per altri importanti fattori di rischio (in particolare cardiovascolari). Crisi di disintossicazione Un aspetto da considerare, e di cui si deve tener conto durante la fase di depurazione, è la possibile “crisi di disintossicazione” in modo che non sorprenda o spaventi o, peggio, possa scoraggiare facendo abbandonare il periodo di pulizia. Durante questa fase si potrebbero infatti accentuare i disturbi e malesseri che ci hanno spinto a depurarci e, alcuni vecchi disturbi, potrebbero addirittura riacutizzarsi. Si tratta tuttavia di una reazione dell’organismo che sta cercando di eliminare le tossine accumulate; presto i sintomi scompariranno, ridando vitalità ed energia al nostro corpo. Risultati Tra i risultati che si possono ottenere con un periodo disintossicante abbiamo: regolazioni delle funzioni intestinali riduzione del senso di gonfiore addominale aumento della diuresi minor affaticabilità nel corso della giornata maggior idratazione dei tessuti maggior ossigenazione dei tessuti riduzione della cellulite miglioramento del tono muscolare mantenimento del peso entro i limiti della norma riequilibrio del ritmo sonno/veglia miglioramento degli stati dell’umore miglioramento della produzione di idee I risultati saranno maggiormente duraturi se saremo in grado di preservare nel tempo una corretta alimentazione, abbinata a sani stili di vita. MATTINO SPUNTINO PRANZO SPUNTINO CENA S Tisana depurante Un frutto biologico di stagione 3 frutti biologici di stagione Tisana depurante 2 frutti biologici di stagione D Tisana depurante + colazione A Tisana “snella” (o dimagrante) Un bicchiere di succo centrifugato di carota (o sedano). Dopo mezz’ora assumere 3 frutti biologici di stagione Tisana diuretica Crudità di verdure miste a piacere + un piatto di riso integrale biologico (circa 70 g) con 3 cucchiaini di olio extra-vergine di oliva L Tisana depurante + colazione B Un vasetto di yogurt vegetale Crudità di verdure miste a piacere + un piatto di riso integrale biologico (circa 70 g) con 4 cucchiaini di olio extra-vergine di oliva Un frutto biologico di stagione Insalata di carote e prezzemolo condita con succo di limone e 2 cucchiaini di olio extra-vergine di oliva + passato di zucchine e basilico fresco con 2 cucchiaini di semi di sesamo e qualche goccia di salsa di soia M Tisana depurante + colazione A 2 frutti biologici di stagione Crudità di verdure miste a piacere + un piatto di pasta semintegrale biologica (circa 70 g) con erbe aromatiche fresche (basilico, erba cipollina, ecc.) e 4 cucchiaini di olio extra-vergine di oliva Tisana diuretica Un bicchiere di succo centrifugato di carota + crudità di verdure miste a piacere con 2 cucchiai di pinoli (o semi di girasole) + 2 patate M Tisana depurante + colazione B Un vasetto di yogurt vegetale Crudità di verdure miste a piacere + un piatto di miglio o riso integrale biologico (circa 70 g) con 4 cucchiaini di olio extra-vergine di oliva 2 frutti biologici di stagione Una tazza di brodo vegetale + crudità di verdure miste a piacere + 10 mandorle G Tisana depurante + colazione A 2 frutti biologici di stagione Crudità di verdure miste a piacere + un piatto di pasta semintegrale biologica (circa 70 g) con pomodoro fresco e basilico e 4 cucchiaini di olio extra-vergine di oliva Tisana diuretica Un bicchiere di succo centrifugato di carota + crudità di verdure miste a piacere + minestra di verdure con 40 g di riso e con 3 cucchiaini di olio extra-vergine di oliva V Tisana depurante + colazione B Un vasetto di yogurt vegetale + un frutto biologico di stagione Insalata a piacere + un piatto di orzo perlato o riso biologico (circa 70 g) con 5 cucchiai di lenticchie cotte e 4 cucchiaini di olio extra-vergine di oliva Un frutto biologico di stagione Passato di verdure + insalata di sedano e carote condita con succo di limone e 3 cucchiaini di olio extra-vergine di oliva + legumi cotti a piacere ed erbe aromatiche Colazione A: un bicchiere di acqua con mezzo limone spremuto ed un cucchiaio di sciroppo d’acero o malto, un vasetto di yogurt vegetale ed un frutto biologico di stagione (consumato con la buccia). Colazione B: una tazza di tè verde o bancha addolcito con un cucchiaino di malto o sciroppo d’acero e con 3 fette biscottate con 3 cucchiaini di marmellata biologica senza zucchero PROGRAMMA SETTIMANALE DISINTOSSICANTE Tisana depurante 1 Bardana 20 g, Finocchio 15 g, Ortica 10 g, Gramigna 10 g, Liquirizia 10 g, Senna 10 g, Borragine 10 g, Genziana 10 g, Melissa 5 g. Mettete a macerare in acqua fredda per 10 minuti un cucchiaio di tisana per ogni tazza d’acqua. Fate bollire per 5 minuti e prima di filtrare lasciate riposare per altri 3 minuti. Si consiglia di assumere una tazza al mattino a digiuno ed una tazza prima di coricarsi. Tisana depurante 2 Guayaba (psidium grandifolium), Burrito (wendita calesyna), Menta (menta piperita), Sauco (sambuco americano), Mango (mangifera indica). Ponete un cucchiaio di tisana per ogni tazza e aggiungete l’acqua bollente. Lasciate in infusione per circa 3-5 minuti, filtrate e bevete la tisana. Tisana “snella” Menta piperita, Melissa, Gramigna, Finocchio, Malva, Tarassaco, Limone, Salvia, Anice, Ginepro, Issopo, Equiseto, Camomilla, Mais (stigmi), Lavanda. Mettete uno o due cucchiaini per ogni tazza di acqua bollente. Versate l’acqua, lasciate in infusione per 5 minuti, filtrate e bevete la tisana calda. NB: se desiderate potete aggiungere alle tisane un dolcificante naturale. Per eliminare i vari accumuli di tossine e stare in salute è possibile ricorrere anche a diversi metodi naturali ottenendo risultati efficaci e complementari. Ci sono trattamenti quali l’idrocolonterapia (lavaggio intestinale per eliminare la flora batterica putrefattiva), la sauna, il bagno turco, impacchi e cataplasmi di argilla, frizioni del corpo (asciutte o bagnate), ma anche semi digiuni e digiuni. Ricordiamo però, soprattutto prima di iniziare alcuni di questi trattamenti, di consultare il proprio medico curante. Tuttavia ciò che davvero conta maggiormente non è disintossicarsi ma imparare a “non intossicarsi”, cercando quindi di adottare ogni giorno uno stile di vita sano (e non solo alimentare!), rispettoso di noi stessi e dell’ambiente in cui viviamo. Riferimenti bibliografici e sitografici: - “Depurare il corpo e la mente” Giulia Fulghesu Tecniche Nuove Editore - “La dieta green e detox” JJ. Smith Rizzoli Editore - “Programma Detox” Sara Cargnello Stefano Momentè Red Edizioni - “La depurazione. Liberarsi dalle tossine per vivere in forma” Deborah Pavanello Xenia Edizioni - www.riza.it - www.linfavitale.com - www.benessere360.com - www.greenme.it
Quanti di voi, durante il corso della vita, avranno detto di provare il conosciutissimo "complesso di inferiorità"... quanto viene strumentalizzata questa parola, cari lettori... in questo articolo, tenterò di spiegarvi cosa significa veramente questo termine, ma soprattutto perché e quando questo complesso avviene davvero. Un famoso psicologo, di nome Alfred Adler, sosteneva che i bambini si affacciano alla vita in uno stato di inferiorità, appunto perché piccoli. Questa sensazione aumenta durante il corso della crescita psicofisica, fino a diventare, in alcuni casi, irreversibile. ma come si manifesta tutto ciò? L'inferiorità si manifesta con un costante senso di inutilità, inadeguatezza, inadempienza dei propri doveri. Si prende come modello un qualcuno che in realtà non esiste, ossia un essere perfetto, per chi crede si prende come riferimento l'immagine divina. Vi è una precisazione da fare: tutti questi riferimenti di cui vi parlo sono assolutamente inconsci, quindi non controllabili dalla nostra volontà. Ma cosa succede prendendo come modello la perfezione? si crea un meccanismo di rimonta della propria inferiorità, tentando di imitare il proprio modello perfetto. Non riuscendoci, ecco che si arriva al complesso di inferiorità. Ma tutto ciò, si può evitare? si, si può. Ecco per voi alcuni consigli che potranno far bene ai vostri eventuali figli, e successivamente a voi, affinché il senso di inferiorità non diventi un disturbo. Per prima cosa, è necessario che i bambini non stiano troppo con gli adulti. Stare solamente con persone più grandi, fa crescere nel bambino la voglia di imitarle, aumentando la sua sensazione di inferiorità. Coltivate quindi, attraverso il gioco e la socializzazione con i coetanei, la superiorità del bimbo. Successivamente, e questo vale per tutti, bisogna sempre essere presi sul serio. a chi di voi non è capitato di esprimere un'opinione, ed essere derisi? ecco, questo è assolutamente deleterio per la manifestazione della nostra identità. Come ultimo consiglio, vi è quello di non cambiare mai atteggiamento improvvisamente nei confronti di qualcuno, specialmente in riferimento ai bambini. purtroppo, ai tempi d'oggi, vi sono genitori che trattano i i propri figli come giocattoli, come oggetti da proteggere, oppure come massi pesanti da sopportare. a volte questi comportamenti si mischiano, creando una confusione enorme nell'anima e nella mente del piccolo, la quale inevitabilmente lo farà sentire inferiore. Quindi, cari lettori, mi raccomando: siate sempre convinti delle vostre idee, senza però dimenticare l'apertura al dialogo e alla comunicazione.
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grande l'eccitazione di noi
Benvenuta Sophie!
Tutto curato nel dettaglio
cucciola impaurita ma curiosa di conoscere la nuova casa
Un mondo d'amore t'accolse...
tante attenzioni per tenuovo membro della famiglia.
Il tempo è è trascorso veloce
un'altra casa abitiamo
compagna inseparabile d'ogni giorno
condividi la mia vita
nel pianto e nel sorriso
ti accarezzo e mi rilasso, chiudo gli occhi e sogno.
mi fai star bene
solo pensare di perderci un dì causa dolore profondo in me
Mi sento in colpa talvolta
per la libertà che hai perduto
forse ti ho resa triste e depressa,
non cacci nè uccelli nè lucertole perchè non viè più il cortile
eri così birichina quando ti nascondevi tra i vasi dei fiori o arrampicavi sugli alberi
richiamarti la sera in casa era un rito giornaliero
Niente è come prima...
vestiamo ora i panni d'un altra vita
numerosi giorni trascorsi confusamente, rapidamente
quasi a non volerli vivere...
per essere quella che sono ho faticato...
necessario quel taglio brusco...
quello che non c'è piùè finito, elaborato
quello che c'è lo proteggo e lo custodisco gelosamente.
Si continua
Come un gatto che si difende con le unghie
servono astuzia e furbizia feline
con attenzione
guardandosi le spalle...
Come un gatto sicuro di se, attende, attento, decide e non rimpiange...
si addormenta pacifico ma è sempre in allerta
sfrontato
che vinca o che perda combatte per la giusta causa...
sicuro non ha paura e sfida!
Dolce e rufiana Sophie...io ti somiglio tanto!
Ogni donna è un fiore.
Lo stelo è forte e saldo,
come la sua volontà,
mentre lotta con coraggio,
contro le avversità della vita:
può ondeggiare al vento,
ma non si lascia sradicare dal suolo.
Ha petali di amore e grazia,
che si aprono al mondo e, al contempo,
ne pongono in risalto la bellezza.
Adora la luce del sole,
quale dono di vita, speranza e letizia.
Possiede un aroma particolare,
il quale la rende unica,
le dona un ulteriore tocco
di freschezza e classe.
Purtroppo, anche i fiori più forti,
o i più graziosi,
possono esser recisi
da ruvide cesoie;
Ma ognuno ha il diritto di vivere,
anche il più piccolo fiore…
“E venne il giorno” (titolo originale “the happening”) è un film del 2006 sotto la regia di Night Shyamalan; narra una storia dall’evolversi apocalittico, non per niente questo lungometraggio è ritenuto, a ragione, un thriller catastrofico. La vicenda ha inizio a New York, Central Park dove, improvvisamente, la gente che passeggia allegramente o se ne sta in panchina a leggere il giornale, smette di compiere tutte queste azioni. Dopo alcuni istanti in cui le persone mostrano uno sguardo assente, perso nel vuoto, esse iniziano a suicidarsi: chi si strangola a un albero, un poliziotto usa la propria arma per spararsi alla testa, che poi viene raccolta e usata da altri, operai di un cantiere si gettano dalle impalcature, e altri orrori del genere. Al trascorrere delle ore episodi analoghi si ripetono in altre città. E’ il panico. Le autorità sospettano una guerra batteriologica, una qualche sostanza dispersa nell’aria o nell’acqua da terroristi con lo scopo di piegare l’America ai voleri di nazioni nemiche. Ma al passare del tempo, grazie alla preparazione e alla riflessione di pochi esperti, si fa chiara un’altra verità. Le pazzie di massa iniziano sempre nei pressi di piante, cespugli, alberi, che si agitano, provocando un vento che contiene delle tossine sprigionate dagli elementi della flora terrestre. Ma perché ciò accade? Pare che questo sia un meccanismo di autodifesa del regno vegetale, il quale si è sentito minacciato dall’uomo. La natura ha capito ormai che l’uomo non la rispetta più, e ha deciso di agire di conseguenza. Nell’arco di circa 24 ore il fenomeno si arresta, dopo essersi propagato in molte cittadine, costringendo gli abitanti che non si sono uccisi a evacuazioni forzate. E’ il silenzio che c’è dopo a lasciare l’uomo a pensare al male che ha fatto all’ambiente. Gli uomini non sono stati abbastanza intelligenti da accorgersi di come deturpavano il paesaggio o sono stati ciechi per non vedere la bellezza delle foreste sparire sotto parcheggi, complessi industriali o residence a 4 stelle. La cupidigia umana è andata oltre, seppellendo la vera poesia di una splendida collina invece di un grattacielo interminabile, premiato come opera dell’ingegno e dell’architettura. Ma, come in molti film del genere, quando tutto sembra ormai scongiurato, a Parigi il fenomeno si ripresenta. Questi sono gli ultimi istanti del film, in cui si vuol far intendere che non è finita, gli umani non devono, tranquillamente, dimenticarsi di tutto e continuare ad inquinare, a distruggere e rovinare tutto il patrimonio della natura. La forza degli elementi naturali è pronta a sprigionarsi nuovamente, nel caso (molto probabile) che la lezione non bastasse. Ma non vi sembra che tutto ciò stia succedendo anche nella realtà? Le manifestazioni sono di origine diversa, forse non proprio spontanee o decise dal regno vegetale o minerale. Però tutto intorno a noi sta reagendo, cambiando, proprio perché i grandi interventi dei nostri tempi hanno dato luogo a grandi modificazioni. I maremoti e le trombe d’aria verificatesi in luoghi impensabili, terremoti violenti e inaspettati, e come sulla bocca di tutti, i grandi cambiamenti climatici dovuti all’effetto serra, l’alterazione dell’ozono nell’atmosfera terrestre che contribuisce a creare un’estate nell’inverno e grandinate estive. Insomma, oltre al surriscaldamento del nostro globo, non esistono più distinzioni nette tra le stagioni. Bruschi cali di temperatura nel bel mezzo del mese di luglio, e un fiorire primaverile tra Natale e inizio anno. Tutto ciò senza tener conto degli effetti sull’organismo umano, che si sente destabilizzato, in preda a piccole e grandi nuove patologie che i media vogliono costringerci a ignorare, giustificandole e soprattutto, curandole, con “medicine di nuova generazione”. La gatta frettolosa partorì gattini ciechi…E i grandi potenti del nostro periodo hanno avuto molta fretta di riempirsi il portafoglio che hanno generato queste malattie. Purtroppo ritengo che un’altra conseguenza sia anche l’aumento della nostra stupidità. Voglio dire, se guardiamo il film non possiamo non restare impressionati; eppure è solo un’ora e mezza, mentre qui è la vita di tutti i giorni che non riusciamo a inquadrare nella sua drammaticità. Abbiamo perso il senno. Gli smartphone di ultima generazione ci hanno lavato ben bene il cervello, le serate di karaoke ci hanno annebbiato la vista, e la corsa ai saldi ci ha rincretinito definitivamente. E queste sono solo tre cose di un lungo elenco che noi mettiamo al primo posto prima della salute del nostro pianeta. Quando un giorno, per mezzo di terroristi, politici senza scrupoli o scienziati pazzi, avremo in mano e useremo l’arma definitiva, ecco quella sarà stata l’unica forma di follia intelligente. Sì, dopo l’estinzione della razza umana il pianeta Terra tornerà, molto lentamente ma, sicuramente senza il nostro zampino, a nuova vita.
Il 12 luglio scorso sarà ricordato nella mente di tanti, indelebile come sciagure che non saranno mai cancellate dal tempo, come l’analogo caso dello scontro frontale di un treno passeggeri e un merci a Crevalcore in provincia di Bologna accaduto nel 2005 e costato la vita 17 persone. Ma questo disastro italiano doveva essere evitato, semplicemente perché è assurdo come sia successo. Due treni che viaggiano a oltre 100 Km/h, e che si scontrano. Le velocità si sommano, amplificando la forza dell’urto. E’ come sbattere contro un muro a 200 all’ora. Ma tutti sappiamo, pensiamo, che i treni corrano su un binario tutto loro, in un solo senso di marcia, e per il senso opposto esista un altro binario, indipendentemente dal fatto che i treni nostri si comportano un po’ come gli inglesi, tenendo la sinistra. E invece no. Lo sapete che l’infrastruttura ferroviaria italiana, composta da una rete di più o meno 13.000 Km di strada ferrata, ha circa 7.000 Km di percorso a unico binario. Voglio spiegare l’evidenza proprio perché mi pare veramente da scellerati l’aver concepito certe, per così dire, soluzioni. Per raggiungere in maniera capillare quante più località possibili, e ovviamente, per risparmiare, su alcune tratte si viaggia un po’ in un verso, un po’ in un altro, non ci sono due binari. E qui qualcuno deve o dovrebbe già pagare. Io affermo che non si può realizzare una siffatta linea perché, prima o poi, ci scappa il morto. Beh, sulla linea regionale barese in questione di morti ce ne sono stati 23, oltre a molti feriti, anche gravi. E non è certo il caso di percorsi ove non sia possibile costruire un secondo troncone. Tant’è che il progetto, comprensivo di eliminazione di alcuni passaggi a livello, era stato approvato e finanziato dall’Unione Europea nel 2007!!! E a 9 anni di distanza nemmeno un’ombra di acciaio e ghisa sul terreno pugliese. Neanche il cosiddetto appalto per la ditta che avrebbe dovuto intraprendere i lavori. Noi italiani non la smetteremo proprio mai. Basta dare un rapido sguardo ai rapporti presenti sulla rete per rendersi conto di quanti incidenti più o meno gravi hanno coinvolto i nostri convogli nella storia. Nel 2005 a Roccasecca nel Frosinate un treno interregionale incontra sulla propria rotta un altro treno fermo sul binario: bilancio di 2 morti e 70 feriti; a Libarna, nei pressi di Alessandria, nel 2004 un treno deraglia a causa di una rotaia deformata e incrocia un locomotore che trasportava operai addetti alla manutenzione: 1 morto e 39 feriti; a Solignano nel Parmense, due treni merci si scontrano nel 2000: 5 morti e 1 ferito. Ora è pur vero che non tutte le dinamiche di questi casi siano imputabili a stesse cause, ma sicuramente, una manutenzione più presente avrebbe diminuito o evitato i rischi di questi avvenimenti. Nel passato non avevamo certo i moderni mezzi che la tecnologia oggi ci può offrire. La pianificazione era tutta di testa e si passava molto velocemente alla sua messa in opera. Non c’erano neanche le macchine meccaniche come gru escavatrici e altri marchingegni, il frutto era del sudore umano. Eppure le opere si facevano con tanto entusiasmo. Oggi abbiamo esperti e macchine computerizate per la progettazione. Ma poi, quando si parla di investire, si trovano un sacco di scuse, si rimanda, il denaro pare essere sempre insufficiente, o il funzionario che dovrebbe siglare l’inizio dei lavori è latitante. Attenzione! Qui muoiono le persone. Vogliamo pure dire che la rete della Puglia in quel punto risale al 1965, e così è arrivata, con tutte le sue rughe, nel 2016, dimostrando la sua inadeguatezza. Ma spieghiamo come sia possibile far andare su e giù due treni in modo che non si scontrino, sullo stesso binario. Ci sono più metodi. Comunque sia si cerca di informare un macchinista del via libero, ossia che il binario non è impegnato da altro treno in transito opposto. Oggi ci sono i rilevatori di presenza direttamente sui binari, le telecamere, i semafori che, se di colore rosso, indicano al macchinista di non proseguire perché il tratto è occupato. Nel caso questa segnalazione sia disattesa dal conducente la vettura, dei sistemi automatici provvedono a diminuire la velocità del treno, in caso a fermarlo. Nel tragico tratto Barese, il consenso o meno a proseguire era responsabilità di qualcuno che informava tramite fonogramma, un metodo veramente vetusto, e abbiamo visto i risultati. Naturalmente, i dispositivi di sicurezza sopra menzionati non erano presenti negli anni ’60, e così li troviamo ancora assenti oggi. Per una tratta appena inaugurata, in quegli anni forse poco affollata, poteva andare bene. Ma, superato un certo lasso di tempo di, per così dire, rodaggio, considerato l’aumento dei pendolari e delle corse, i responsabili, che avevano avuto in concessione dalla rete ferroviaria italiana la gestione di quella tratta, avrebbero dovuto metter mano alla costruzione del secondo binario, non solo per snellire la circolazione ma, sopra ogni altra priorità, per mettere in sicurezza quel pezzo di linea. Oggi si usa spesso questo modo di dire, mettere in sicurezza, e poi facciamo una figura barbina cadendo in queste lacunose contraddizioni. E’ la classica storia dell’Italia che viaggia a due velocità, quella dell’efficienza e l’altra dell’abbandono. Ma non voglio dividere il paese tra nord e sud. Ma tra ditte e gestori e responsabili seri e altri che temporeggiano con denaro ricevuto per eseguire lavori pubblici, o peggio se lo intascano compiendo un reato doppio, e quelli che, onestamente, tirano fino all’osso le risorse della propria società, senza avere grandi aiuti economici. Ma ora, come sempre, che diranno ai parenti delle vittime? Non credo che un mi spiace basti. E tutte le scuse inaccettabili e inammissibili a cosa varranno? Solo un po’ del consueto polverone mediatico e pane per i giornalisti per alcuni giorni poi, e non vorrei sperarci, tutto tornerà come prima. Magari RFI prendesse seriamente in esame non solo la linea barese ma tutte quelle altre che versano nelle stesse condizioni monche. Che sia il caso di spostare alcuni fondi per l’alta velocità? E dirottarli verso la funzionalità di zone che, poverine, hanno anche loro il diritto di essere raggiunte dalla linea ferrata, senza aspettarsi un incontro frontale poco piacevole. Meglio lasciare un treno senza rete Wi-fi e procedere al giusto potenziamento dell’infrastruttura periferica che, credo proprio, abbia aspettato fin troppo per il suo ammodernamento. Vogliamo fare a gara con l’Europa? O il resto del mondo? Iniziamo dai treni; basta costruire locomotori sempre più veloci, se poi possono viaggiare a malapena sulla linea dedicata Milano – Roma. Cerchiamo invece di guadagnare qualche chilometro sano su tante altre tratte bistrattate senza farci rimpiangere le locomotive a vapore dei film western. Cerchiamo almeno di averne un po’, di orgoglio, pensare alla nostra salute, non solo quella del nostro portafoglio, e a quella altrui. Credo che questa sia la sola strada della responsabilizzazione oggettiva, non quella formata da una carica fittizia e uno stipendio da Paperon De Paperoni.
Ormai da tempo le novità della telecomunicazione si basano sulla tecnologia voip. Il mercato dell’offerta privati e aziende si divide in soluzioni che contemplano sempre più questa opzione. Ma che cos’è questo voip di cui tanto si parla nelle società, o che ci ritroviamo a nostra insaputa nelle nostre case? Innanzitutto partiamo dall’acronimo; voip sta per voice over internet protocol, vale a dire che la voce viaggia sulla stessa linea digitale di internet. Ma come è possibile, e qual è il motivo che spinge verso questa architettura? Il tutto nasce da una trovata che, favorita dall’introduzione della banda larga, permetteva di inviare una quantità molto maggiore di pacchetti dati. Quindi non solo testo ma, tra le altre cose, audio compresso. Quando internet con l’adsl divenne flat, ossia un tot da pagare per 24 ore al giorno 365 giorni l’anno, le compagnie telefoniche negli anni precedenti avevano offerto piani tarifari che comprendevano un tutt’uno per la telefonia e un costo separato per internet. Senza avere però un piano a pagamento per la fonia, si scoperse che con un software, al tempo una novità, si poteva dialogare con una persona quasi come stare al telefono. Inizialmente si usavano cuffie con microfono connessi al pc, sono stati ideati anche telefoni usb. In pratica i suoni emessi dalla nostra bocca venivano catturati e compressi quanto più possibile; poi erano inviati sulla rete all’indirizzo ip a cuui faceva capo il software ricevente, che riproduceva il file compresso così inviato. All’inizio la cosa era molto traballante e, ancora oggi, si trovano delle pessime implementazioni del servizio, in cui si sentono dei ritardi di propagazione della voce, dovuti sia alla scarsa bontà della linea che non permette una grossa mole di dati di capienza ma anche all’algoritmo di compressione dell’audio poco efficiente. Comunque, il vantaggio innegabile che si percepì subito (da parte di alcuni utenti smaliziati) fu quello di “telefonare” gratuitamente. Le limitazioni erano quelle della qualità, ma se ci si accontentava, si risparmiava parecchio! Un altro vincolo a cui sottostare era quello che la comunicazione poteva avvenire solo tra due computer, non tra un pc e un normale utente di linea analogica. Un bel giorno le cose sono cambiate; un po’ in meglio, un po’ in peggio. Conoscete Skype? E’ molto famoso, da tempo consente non solo di dialogare tra utenti che stanno davanti a un elaboratore, ma anche tra un pc e un normale telefono, a fronte di un piccolo esborso, piuttosto conveniente. Ma sono state le varie compagnie telefoniche ad avvantaggiarsi del sistema voip. Tante offerte comprendono telefono + internet a un prezzo competitivo rispetto alla somma di questi due elementi, fonia e dati, che in passato costavano di più. Ma è solo fumo negli occhi. In realtà il gestore offre unicamente una linea adsl digitale, e le telefonate avvengono, anche se in modo totalmente trasparente, attraverso internet, sfruttando una fascia di frequenza riservata. E allora? Che c’è di male, direte voi? Non siamo tecnici, poco ci importa sapere come avviene un dato meccanismo, l’importante è che funzioni e sia poco costoso. Sulla convenienza economica non vi è dubbio, a patto che, appunto, tutto vada bene. Molti non sanno o non comprendono che, siccome si è dipendenti dall’adsl, e quindi dal modem che veicola i dati, i possibili punti deboli sono i seguenti: se il vostro modem si guasta, non solo non navigate, ma siete anche isolati telefonicamente. E lo stesso vale se manca la corrente o cade la linea adsl. E al sottoscritto è successo, e non credo di essere il solo, che il modem si sia bloccato, vuoi un crash del software, un surriscaldamento. Non ricevevo chiamate da ore, e ne aspettavo una importante, allora ho provato a telefonare e mi sono accorto del problema, linea muta. Ho chiamato (dal cellulare) il servizio di assistenza, e mi hanno confermato che sono cose che possono succedere, basta spegnere il modem, lasciarlo così un paio di minuti e riaccendere. E questa è l’efficienza degli anni 2000. Il gestore non ha rilevato il malfunzionamento, me ne sono dovuto accorgere da solo. Chissà per quanto tempo ancora sarei rimasto senza telefono. Lo sapevate che, i normali telefoni analogici, in caso di assenza di energia elettrica fnzionano lo stesso in quanto l’alimentazione arriva loro direttamente dalla centrale? E pensare che, negli anni ’90, quando c’è stato il passaggio dalla modalità decadica a quella multifrequenza, come si vedeva in tv nei film americani, il salto di qualità è stato evidente. Qualcuno, che abbia almeno 30 anni o giù di lì, si ricorderà i vecchi telefoni, sia a tastiera che quei pezzi da museo aventi la “rotella”, il disco combinatore. I numeri erano composti inviando un segnale per il numero 1, due segnali per il numero 2, tre per il numero 3 e così via 10 per lo zero. Sembrava di comporre il numero del chiamato con una mitragliatrice, ci voleva del tempo. E poi passavano diversi attimi di silenzio prima di udire il tono di libero o occupato. Con l’avvento della selezione multifrequenza invece, a ogni tasto è assegnato un tono di ugual durata ma di frequenza diversa. Il numero era formato praticamente all’istante e non appena finito si sentiva subito squillare il telefono all’altro capo. Adesso, con il voip, i tempi di intesa fra le centrali sono aumentati, complice la forte complessità hardware e software impiegata. Però possiamo usufruire di servizi aggiuntivi una volta a pagamento, come l’identificativo del chiamante. Insomma, abbiamo fatto un passo avanti e due indietro. La composizione dei numeri avviene sì in modalità multifrequenza (avete presente i beep che udite ogni volta che premete un tasto?) ma poi il tutto è intercettato da un software al quale è demandato il compito di ridurre la vostra voce in bit compressi e fare altrettanto con l’altro interlocutore. Detta in questi termini sembra molto semplice, ma il vecchio sistema che inviava sul cavo telefonico i segnali analogici delle nostre vibrazioni vocali era molto più naturale e fluido. Oggi, per mantenere un livello accettabile col sistema voip, si deve investire molto, in termini di apparecchieture e programmi di controllo e codifica dei dati; ma anche le competenze richieste sono maggiori. E’ per tutti questi motivi che vediamo situazioni penose installate in enti pubblici o aziende. Tecnici con scarsa preparazione che non riescono a districarsi con le varie possibilità di configurazione messe a disposizione dalla tecnologia voip. Blocchi e assenza di segnale che lascia spesso a piedi uffici che del telefono (ma anche di internet) hanno bisogno. Gli interventi della ditta sono spesso superficiali, magari eseguiti in remoto con uno scarso approfondimento dei sintomi. Ecco perché il malfunzionamento si ripresenta nel giro di breve tempo o peggio, il sistema regge a malapena 24 ore. E’ evidente che tutto questo parlare di fusione tra fonia e dati non è stato ben digerito da chi lo ha pubblicizzato. Colpa una rete nazionale inferiore come portata e modernità al resto dei paesi europei e oltre oceano, con l’aggravante della fretta di voler a tutti i costi dare questo servizio visto che, in pratica, è sempre un business. Vediamo enti pubblici che, avvalendosi del voice over ip, hanno creato con facilità una rete territoriale di filiali connesse tra loro. Ma ad ogni interruzione del servizio che si presenta piuttosto spesso, tutte le sedi risultano inaccessibili. Non è ammissibile in questi anni un’instabilità del genere. E che un funzionario sia costretto a contattare l’assistenza, magari dal suo cellulare personale. Certi disservizi non dovrebbero accadere. Un ufficio pubblico non dovrebbe essere mai isolato, proprio per fornire una continuità al cittadino. E l’amministrazione stessa non dovrebbe accettare da un dato gestore una manutenzione scadente. Tutto questo è oggi il panorama di molte società, poche serie e affidabili, che sulla carta, o sul proprio sito, danno un’immagine di eccellenza con prezzi che celano purtroppo un retroscena negativo; pochi dipendenti disponibili a interventi rapidi in caso di guasto, competenza relativamente bassa e, non per ultimo, gestione delle interruzioni, piuttosto frequenti, alquanto costosa. Sarebbe meglio investire in una società di fornitura servizi più responsabile, che a fronte di un budget iniziale maggiore, garantisse meno tempi morti e affrontasse situazioni non operative con la dovuta professionalità. Nella speranza che il domani porti a un cambiamento positivo, faccio appello alle società installatrici di sistemi di comunicazione, ai gestori di fonia e dati e agli enti che intendono adottare questa soluzione. Ai primi due mi rivolgo affinché il loro personale venga correttamente formato e la pianificazione della rete sia fatta in maniera idonea. Agli ultimi consiglio di dotarsi, nel proprio organico interno, di personale specializzato che possa fare da tramite con i primi due soggetti per capire la scelta migliore senza farsi raggirare, magari attirati da un prezzo iniziale apparentemente competitivo.
In famiglia vi sono diritti e doveri da considerare e da assolvere, e un patto matrimoniale, talvolta idealizzato, difficile da rispettare in tutte le sue forme. Proprio a causa delle molteplici diversità che esistono tra un individuo e l’altro accadono rotture e cambiamenti, di conseguenza avvengono separazioni anche molto dolorose. C’è da dire che la convivenza, se pur voluta, è difficile da gestire…ognuno di noi ha bisogno di spazi, di momenti propri e di privacy, magari accade che gli interessi in un primo momento in comune, poi cambino per un motivo o per un’altro e cominciano i diverbi quotidiani. Alla fine i litigi sono sempre più soventi, di maggiore intensità e arrivando a un punto di non ritorno ecco che la famiglia idilliaca si sfalda. I casati di una volta, composti da tante persone unite da vincoli di sangue e non, ma comunque conviventi sotto lo stesso tetto, purtroppo non esistono più! Dentro quelle abitazioni per la maggior parte in stato di povertà, si respirava un’aria serena, i momenti duri si superavano insieme, dandosi una mano l’un l’altro…I compiti giornalieri erano divisi a seconda delle inclinazioni personali…Allora c’era chi lavorava nei campi, chi accudiva ai pargoli, chi pensava agli animali o alla cucina…Certamente le cose adesso sono molto diverse, la società di oggi è cambiata, la donna lavora, si è emancipata e tra le conquiste più importanti, vi è il diritto di voto. L’istruzione oggi è per tutti, la realizzazione personale, magari con una carriera brillante e un ottimo guadagno, è al primo posto nella lista dei desideri. Abbiamo senza dubbio acquisito conoscenze ampie e raggiunto obbiettivi importanti ma, tuttavia, sono andati perduti i valori…Sembra che i soldi possano comprare tutto, anche l’impossibile; facciamo vacanze da sogno, girando il mondo in lungo e in largo, possiamo permetterci l’auto di lusso, possediamo immobili, ecc. ecc.… Però tra le mura di casa ci sentiamo soli, prigionieri e la malattia in voga prende il sopravvento sulla nostra mente, parlo della depressione! Allora, come sentirsi parte di un gruppo quando non si è stati educati al rispetto reciproco, alla condivisione, alla diplomazia? Vantare fierezza e orgoglio di ciò che si sta costruendo ci dona voglia di vivere, sentirsi utili, indispensabili, fa sì di non arrendersi mai. La prole discendente dalla famiglia abbisogna di esempi positivi per crescere, un’educazione come si deve la si ha quando esiste un’unione profonda e rispettosa l’uno dell’altro…La coscienza cosa ci suggerisce? Riusciamo a udire le sue parole sussurrate piano? Possiamo ancora guardarci allo specchio e vedere in noi una dignità? Dove e come abbiamo trascinato il nostro tempo? Non troviamo la via d’uscita dall’inferno dove sono andate a bruciarsi le nostre menti…Il termine “famiglia” è spesso usato impropriamente, banalizzando il suo significato come tante altre terminologie che oggi ci riempiono la bocca masticandone il niente! Siamo scatole imbellettate da nastri dai colori più diversi e sgargianti, ma dentro l’involucro non c’è nulla! Si dice che l’apparenza inganni…ne siamo sicuri? Si può affermare con certezza di non essere più superficiali di come sembri? L’eterno dilemma dell’essere o non essere ha vinto sul tempo che passa e le mode che cambiano! Oggi il posto meno sicuro, dove avvengono abusi e violenze d’ogni genere è proprio in famiglia. La vittima, rimanendo profondamente ferita, dovrà uscirne fuori risolvendo i problemi causati a livello psicologico, in caso contrario diverrà automaticamente carnefice e combinerà altri disastri. Purtroppo l’attualità, fatti recenti, anche riportati dai mass media, ci portano a vedere l’ambiente familiare come uno tra i più pericolosi, in cui si consumano drammi e violenze tra le più atroci…menti malate non riescono più a distinguere la differenza tra il bene e il male. Si tende sempre a giustificare ogni gesto per un motivo o per l’altro! Le punizioni sono molto blande o non vengono addirittura applicate, come si può arrivare a un pentimento sincero? Ci sentiamo tutti presi, usati e dopo gettati via, ma è anche vero che ci vendiamo per poco mancando di rispetto soprattutto a noi stessi! La famiglia dovrebbe essere un bene comune, curata e tutelata su tutti i fronti e invece non è così. Sulla carta si leggono leggi e articoli che la proteggono e la difendono ma, in pratica, nella quotidianità d’ogni giorno, troppo poco viene fatto per incentivare la gioventù nella realizzazione di questo bellissimo progetto! N.B. Possiamo affermare con certezza che le buone intenzioni, i bei propositi, li abbiamo sempre, mettiamo passione, volontà e impegno massimo dando anima e corpo…poi succede come il fuoco sotto la cenere che si addormenta e se non viene attizzato di tanto in tanto dopo muore! Un gruppo di persone, che siano uniti da vincoli di parentela o no ma che si ritrovano ogni giorno insieme per affetto, per lavoro, dovrebbero pensare a curare l’interesse comune per avere un buon risultato…quando si pensa solo al proprio introito ci trasformiamo in una sorta di padri-padroni e non tenendo conto dei bisogni degli altri avvalendoci dell’esperienza fatta prima, quindi avendo una certa anzianità non si accolgono richieste e non ci accorgiamo del malcontento generale! Anche la nostra unione ciechi, nata con i migliori propositi, per non far sentire emarginate certe categorie, e che nel tempo ha raggiunto ottimi obiettivi nel campo lavorativo, sociale, nell’istruzione, ecc., oggi, trovandosi di fronte a una società molto complessa e con un sistema politico che fa da tramite, forse ha perso un po’ di smalto? All’interno di una famiglia, vera intendo, ci deve essere dialogo, siamo certi che nella nostra associazione ci sia ancora?
1) Un tizio che da tempo non va in chiesa, colto da scrupoli, decide di confessarsi. Dopo una sofferta preparazione, si avvicina al confessionale e con sorpresa scorge che il prete è un suo compagno di scuola. Emozionato dice: "Mario, sei tu? Io sono Giuseppe, ti ricordi, eravamo in banco assieme alle medie! Ma hai preso la tonaca? Non avrei mai detto che un tipo come te, birichino, si sarebbe fatto prete!" E l'altro: "Sì, caro mio, questi sono i casi della vita, ma tu che cosa fai?". "Sono un acrobata, lavoro in un circo e giro il mondo". "Davvero? E pensare che a scuola non sapevi neanche salire la pertica!". A conferma della sua bravura Giuseppe spicca un balzo, si aggrappa a un enorme lampadario che pende dalla navata centrale, si dondola, fa un salto mortale e vola verso l'altro lampadario, si lascia, fa un triplo salto mortale carpiato e arriva in piedi davanti al confessionale. In fondo alla chiesa, due vecchiette sono raccolte in preghiera e a questa scena, una fa all'altra: "Guarda che penitenze assegna questo nuovo parroco! È meglio che andiamo a confessarci nella parrocchia vicina!".
2) Colmo per un tipografo: essere un uomo di vecchio stampo.
3) Una signora è a passeggio col figlio. Incontrano una vicina, molto giovane e prosperosa. "Pierino, bacia la signora". "No, mamma". "Pierino, è un ordine". "No, mamma". "Ma insomma, perché non vuoi baciare la signora?". Perché ci ha provato ieri papà, e si è preso due sberle".
4) Il poliziotto che si dà delle arie diventa un agente atmosferico?
5) "Papà, cosa sono le icone?". "Sono immagini sacre". "E perché Windows ne ha tante?". "Perché ci vogliono i miracoli per farlo funzionare".
6) Talvolta a scuola mi addormentavo. Poi, nel sonno, mi alzavo dalla sedia e andavo a molestare i miei compagni. Soffrivo di SONNAMBULLISMO.
7) Un carabiniere a cena da un contadino si vede offrire del salame molto gustoso. Al che il contadino vede il carabiniere prendere i chicchi di pepe e metterseli in tasca. Per non contrariarlo rimane col dubbio e fa finta di nulla. Alla fine della cena gli chiede se gli è piaciuta, e il carabiniere risponde di si, così il contadino per saggiare il terreno gli chiede: "Anche il salame?" e il carabiniere: "Sì, era ottimo".
A questo punto il contadino rincuorato gliene vuole offrire un po' per casa e il carabiniere: "No, grazie, non è necessario, ho già preso i semi per piantarlo!"..........
8) Un bimbo non dice una parola fino ai tre anni. Il giorno del suo compleanno il bambino strilla: "NONNO!". Tutta la famiglia comincia a strillare di gioia, festeggia, canti balli,...Il giorno dopo muore il nonno. La famiglia cade nello sconforto.. pero' il bimbo ha parlato.. in fondo il nonno era vecchio...
Passa un anno esatto, e il giorno del 4^ compleanno il bimbo strilla: "ZIO!". Tutta la famiglia torna ad esultare, festa grande... Il giorno dopo muore lo zio. La famiglia comincia a pensare alla coincidenza, ma in fondo e' felice perche' il bimbo ha parlato. Passa un anno esatto, e il giorno del 5^ compleanno il bimbo strilla: "BABBO!". Il giorno dopo muore il vicino di casa!
9) Dichiarazione d'amore
Cara, sarò il tuo calorifero finché non sarai stufa.
10) Tra carabinieri:
- Brigadiere ma dove è stato tutto questo tempo? Era da molto che non la vedevo!
- Ehh appuntato... sono stato in coma.
- Accidenti brigadie' beato lei che va sempre in giro.
11) Un'attraente giovane bionda si imbarca sul volo per NY con un biglieto di classe turistica. Sull'aereo, cercando il suo posto si imbatte nelle poltrone di business. Vedendo che queste sono molto piu' ampie e comode, decide di sedersi nel primo posto libero. La hostess controllando il suo biglietto le dice che deve spostarsi in quelli di classe turistica. La bionda risponde: "Sono giovane, bionda e carina e resto seduta qui fino a NY". Frustrata la hostess raggiunge la cabina di comando e informa il capitano dei problemi con la bionda. Il capitano decide di andare a parlare con la bionda e nuovamente la informa che il suo posto e' in classe turistica. La bionda risponde: "Sono giovane, bionda e carina e resto seduta qui fino a NY". Il capitano che non vuole causare piazzate ritorna in cabina di pilotaggio per consultarsi col secondo pilota il quale gli dice che ha una fidanzata bionda e che percio' puo' risolvere il problema. Quindi si reca dalla bionda, le sussura qualcosa all'orecchio e questa immediatamente si alza e dice: "Molte grazie!". Abbraccia il secondo pilota e si va a sedere al suo posto in classe turistica. Il capitano e la hostess che stavano osservando allucinati la scena corrono a domandare al secondo pilota cosa le ha detto per convincerla. Il secondo pilota risponde: "Le ho detto che i posti di prima classe non vanno a NY!"...........
12) Un signore entra in un bar tenendo sotto braccio la fidanzata e ordina: "Un Campari!", mentre nel frattempo appoggia la mano sul sedere della ragazza.
Il cameriere: "Soda?"
E l'uomo: "Ma si faccia gli affari suoi!".
Oggi è una di quelle giornate di cristallina bellezza, come ce ne sono poche in montagna in piena estate. Il vento da nord dei giorni scorsi e l'aria secca di un'alta pressione africana hanno reso l'atmosfera limpida e tersa, e solo qualche innocua nuvola bianca interrompe la monotonia dell'azzurro profondo del cielo. Stamattina siamo saliti sul Monte Muro, una cima non molto elevata che si raggiunge dal Passo delle Erbe, un posto bellissimo che segna il confine tra la Val Badia e la Val di Funes. Di fronte a noi, al di là del passo, si staglia la sagoma imponente e solitaria del Sas de Putia, e l'aria è così limpida che sembra di poter toccare la croce sulla vetta a 2900 metri di quota. Lontano sull'orizzonte, tra le innumerevoli montagne, riconosciamo il Pelmo e il Civetta a sinistra del ghiacciaio della Marmolada imbiancato di fresco. Nel ghiaione che percorriamo per la discesa, chiarissimo e scintillante, sparsi qua e là spuntano diversi cuscini di fiorellini rosa, di anemoni gialli o viola, germogliati tra le rocce in un piccolo delicato miracolo della natura. Il prato antistante il rifugio Monte Muro, cosparso di rododendri di un intenso color fucsia, degrada al cospetto della catena del Santa Croce dall'altra parte della valle. Questo possente anfiteatro roccioso esposto verso occidente, stasera diverrà la tela ideale per il tramonto che si sbizzarrirà con i suoi colori. Infatti, quando alle otto e mezza lasciamo in auto San Cassiano per raggiungere Colfosco, l'imponente scogliera che domina la valle inizia a dare spettacolo. Le rocce grige striate d’argento si tingono di rosa, un rosa sempre più carico man mano che passano i minuti, sino a diventare un vivo color arancione nel chiaro scuro delle ombre dei rilievi e dei canaloni. Basta una velatura sull'orizzonte, una piccola variazione di luminosità, per rivestire le montagne di un prezioso color oro, sino poi a svanire nel viola nella luce che si sta spegnendo. Stasera è stata organizzata una manifestazione in occasione della luna piena, un pianista terrà un concerto nell'ampia radura ai piedi della cascata Pisciadù, che precipita dalle pareti del Sella, all'uscita della maestosa spaccatura di roccia della Val Mesdì. Percorriamo a piedi per 20 minuti la strada bianca che ci porta alla cascata, e già da lontano ci giunge il suono della musica che si effonde da un pianoforte a coda situato al centro della radura e circondato da alcune fiaccole. La gente prende posto sulle poche panche disponibili ma la maggior parte delle persone si siede sul prato intorno al pianoforte. Noi ci accomodiamo su una panchina un pò più distante, sovrastati dalle sagome degli abeti che si stagliano in un cielo sempre più scuro ma che questa notte non diventerà mai buio. Il pianista è bravissimo e sfodera senza un attimo di interruzione un vasto repertorio di belle melodie, famose colonne sonore di film come “La vita è bella”, “Love story” o ”Il padrino”, o canzoni come "Te voglio bene assai" o "Con te partirò". Tutti sono incantati dalla musica ma soprattutto da questo suggestivo ambiente avvolto dal crepuscolo. Anch'io mi godo questa magia, e penso tra me come sia possibile che l'uomo, sì proprio quello stesso uomo, sia capace di creare tanta armonica bellezza e, solo qualche giorno fa, sia stato altrettanto capace di salire su un camion e di massacrare atrocemente decine di persone inermi, spargendo morte, sofferenza e disperazione in una gioiosa serata di festa. La luce del sole che ormai ci ha abbandonato, si confonde lentamente con quella della luna, che noi ancora non vediamo ma che è già sorta al di là delle montagne. Le cime cominciano ad illuminarsi delicatamente, e un impalpabile manto di luce, quasi una nebbiolina iridescente, ricopre la valle. Il suono del pianoforte talvolta è così dolce che vorrei dire alla cascata: fermati un momento, lasciami ascoltare; a volte invece il ritmo è così incalzante e il suono così potente che le note sembrano schiantarsi e frantumarsi contro le pareti strapiombanti che incombono su di noi. Ecco, ora le cime brillano, e riusciamo persino a intravedere la sagoma della vetta del Sasso Lungo al di là del Passo Gardena, che si staglia tenue nel cielo blu cobalto. Il popolo dei Salvans, uno dei popoli delle leggende ladine, incaricato da un principe triste di tessere il filo della luna per avvolgere di luce i Monti Pallidi, sta facendo davvero un ottimo lavoro. Mentre il pianista sta suonando la splendida canzone del Titanic, finalmente eccola che fa capolino dalla cima del Piz da Lec. In pochi secondi il disco luminoso è completamente visibile e tra il pubblico sgorga spontaneo un forte applauso. Questa volta però l'applauso non è per il musicista ma è tutto per lei, per la regina della notte. Il crepitio delle mani, insieme alla musica e allo scroscio della cascata, si fonde con il maestoso silenzio che ci circonda, in un momento di assoluta armonia e bellezza, in un brivido di profonda emozione. Già domani tutte queste persone, stasera indissolubilmente unite da questa magica atmosfera, nella loro umana corruzione tradiranno questo effimero incanto, mentre la luna, purissima e fedele, tornerà qui infinite volte ancora ad ammantare d'argento queste montagne. Ci allontaniamo, sul ponte che attraversa il torrente una ragazza ci regala una fiaccola e davanti a noi, lungo la strada bianca resa traslucida dalla luce della luna, si snoda un presepe di piccoli fuochi tremolanti. Ci voltiamo indietro, ci raggiunge ancora il suono indistinto del pianoforte amalgamato al fruscio del ruscello, e pensiamo come uno spettacolo così semplice e grandioso non avrebbe potuto avere un palcoscenico più perfetto di questo.