Giovani del 2000

 

Informazione per i giovani del III millennio    numero 7    dicembre 2002

 

Direttore  Prof. Carlo Monti

Vice Direttore  Maurizio Martini

Redattori  Alessio Lenzi, Mario Lorenzini

 

Redazione

Via Francesco Ferrucci 15

51100 - PISTOIA

Tel.  057322016

e-mail: gio2000@freemail.it

Tipologia: notiziario

 

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze al n. 4197 del 26.06.2000

 

Gli articoli contenuti nel  periodico non rappresentano il pensiero ufficiale della redazione, ma esclusivamente   quello del singolo articolista.

 

In questo numero:

 

Editoriale - Di Mario Lorenzini

CULTURA

Un rivoluzionario metodo per curarsi - Di Irina Gregoriev e Renato Bianco

ESOTERISMO, RELIGIONI E DINTORNI

SETI - fregano... - Di Corrado Malanga

HOBBY E TEMPO LIBERO

Sulle rotte del sud..., la Sicilia, un'isola, un mito... - Di Valeria Vaccari

INFORMATICA

Outlook Express (lezione 3) risposta ed inoltro dei messaggi - Di Paola Vagata

LAVORO

Il lavoro: luce che ritorna - Di Natale Todaro e Luigi Palmieri

MUSICA

Alex Baroni, quando il destino presenta il conto... - Di Vainer Broccoli

NORMALITA' E HANDICAP

Anche i non vedenti possono partecipare ad un rally - Di Irene Verzeletti

RACCONTI E POESIA

In un tramonto eterno e nitido - Di Simona Convenga

RIFLESSIONI E CRITICHE

Cos'è ormai il Natale? - Di Elena Aldrighetti

 

Di chi sono le colpe? - Di Aries Dominghini

 

Due tesi a confronto - Di Maurizio Martini - Oriana Fallaci - Eugenio Scalfari

 

Per un Natale che non porti sofferenza e morte agli animali - A cura di Vita Universale

 

 

Editoriale

 

Di Mario Lorenzini

 

Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi
Non è Battisti, purtroppo, bensì la ditta che ha vinto l’appalto per

costruire un edificio scolastico puntando solo sul basso-prezzo (ma

scarsa qualità di realizzazione).
Ma è anche l’architetto compiacente che concede il permesso di erigere

un’a-bitazione alla famiglia che gli promettte qualche favore.
E lo pensa (o lo dice) il trasportatore di greggio con la petroliera

che ha lo scafo sottile sottile…
Ma con chi parlano queste persone? Forse dialogano con Dio? Può darsi,

ma stiamo bene attenti, perché questo Dio va bene anche per gli atei,

non si chiama Allah o Geova, lo conosciamo tutti, è il Dio denaro. Se

poi vogliamo fare il confronto con altre religioni lo possiamo chiamare

Dio profitto, Dio tornaconto (in special modo economico) e via dicendo.

Ci siamo capiti o no?
Mi spiego anche con esempi:
Comune di xxx xxxxxxxx, bando di gara per la costruzione di una scuola;

rispondono le ditte a, b, c. La ditta c mostra un preventivo di spesa

più basso, e pertanto vince l’appalto, ovvero si aggiudica il diritto

di eseguire i lavori di costruzione di cui sopra per conto del comune

in questione. Sì, tanto l’unico criterio di valutazione nel decidere a

chi affidare un’opera così importante è solo il costo finale, perché si

sa, le casse degli enti pubblici sono vuote. Non si pensa al minimo

rispetto delle normative, tanto quando la scuola è in piedi è uguale

identica a quell’altra che è costata due milioni di euro in più (sai,

quella a norma antisismica).
E allora il capo della ditta pensa : «Io vorre… (guadagnare di più,

risparmiando sui materiali, visto che ho già proposto al comune un

prezzo all’osso) non vorrei... (farlo perché è scorretto, non è un

palazzo sicuro) ma se vuoi (tanto è l’apparenza che conta, cosa vuoi

che succeda).
Ma il terremoto santo Iddio, un’inondazione! Mi sembra che,

ultimamente, queste cose siano più probabili che remotamente possibili.
E il combustibile disperso in mare? Quanto costa fare un doppio scafo a

una nave cisterna? Che importa, la salute  del mare e delle spiagge

rovinate non ha un prezzo.
E’ forse bello vedere la faccia dei giornalisti, loro che gridano

“disastro ecologico”, “allarme inquinamento”?
Sono ammirevoli gli sforzi dei volontari, della protezione civile e di

tutti coloro che, impegnati nel riorganizzare la vita a chi è stato

colpito dal terremoto, fanno del loro meglio. Ma la solita frase

inutile, inutile detta ora, col senno di poi, la voglio dire: «ci si

poteva pensare pri-ma, ci si doveva pensare prima».
E se necessario, la navi che trasportano materiali contaminanti avranno

un triplo strato di protezione.
E i dirigenti degli Uffici Tecnici la smetteranno di assegnare

concessioni edilizie in pros-simità di un fiume o a ridosso di una

collina a rischio, solo per una mazzetta sporca.
Io dico che è giunto il momento di mettersi la manima su quella cosa

chiamata coscienza,  ogni  volta siamo tentati dal Dio denaro.

 


Un rivoluzionario metodo per curarsi

 

Di Irina Gregoriev
 e Renato Bianco

 

Sarebbe ora che gli occidentali si svegliassero un pochetto!
Raramente, noi pensiamo al fatto che il nostro rendimento, su qualsiasi

piano (fisico, mentale, spirituale ecc.) è proporzionato alla energia

che possediamo. Questo fatto è ovvio, daccordo; ma sappiamo bene che i

fatti più ovvi possono sfuggirci. Sappiamo che lenergia lattingiamo dai

cibi, dallaria, dallacqua, dal riposo, dallesercizio fisico moderato  e

 compiuto con sano criterio. Tutti gli orientali sanno benissimo che la

preghiera intelligente e la concentrazione ci possono dare molta

energia, mentre gli occidentali dubitano generalmente di questo fatto,

ma arrivano addirittura a considerare fanatico, o pazzo, colui che

sostiene tale concetto a spada tratta. Quando il nostro corpo presenta

carenza di energia, dobbiamo in qualche modo compensare tale carenza,

altrimenti si crea logicamente uno squilibrio. Lo squilibrio può

provocare a sua volta una disarmonia sufficiente per portarci a quella

condizione o stato che va sotto il nome di malattia. Quando subentra la

malattia, siamo quindi in presenza di uno squilibrio energetico

vibratorio che si sta manifestando sotto forma di “sintomo”. Lenergia

vitale chiede di essere riequilibrata. Il raggiungimento del giusto

equilibrio, il passaggio dellenergia stessa da un punto allaltro

dellorganismo, permetterà alle nostre risorse di far fronte al

“sintomo”.
Un bel giorno, lingegnere elettronico e fisico quantico René

NACCACHIAN, si rende conto che occorre inventare un metodo ed una serie

di apparecchiature adatte a stimolare lenergia vitale nel corpo,

seguendo la strada dei meridiani di agopuntura della medicina cinese.

Dopo dieci anni di duro lavoro di ricerca, una laurea in medicina

cinese, egli mette a punto degli apparecchi capaci di riprodurre

perfettamente i fenomeni di regolazione bioenergetica. La salute

riflette, dunque, una situazione di equilibrio e di una buona

conduzione bioenergetica. Che genere di equilibrio? Ce lo dice la

medicina tradizionale cinese: lequilibrio fra due forze opposte che si

confrontano in tutte le manifestazioni della natura: YIN-YANG. Da più

di cinquemila anni la medicina agopunturistica cinese ha stabilito la

circolazione energetica, la quale deve essere libera di circolare nel

corpo, se vogliamo ottenere un “benessere globale” e la perfetta salute

psicofisica.
Al giorno doggi siamo in grado di misurare lenergia e di controllare la

sua restaurazione e la sua cura. Il metodo ACMOS si prefigge un

triplice scopo:
Prevenire i disturbi organici o psichici tramite la messa in evidenza

delle disfunzioni energetiche e la loro regolazione. Personalizzare

l’aiuto che viene dato in base alla struttura e allo stato energetico,

essendo ogni soggetto unico (scelta, compatibilità e dosaggio dei

prodotti).
Potenziare la capacità del corpo ad autogestirsi di fronte alle

situazioni difficili che richiedono la piena e intera partecipazione

della persona interessata (incidente di salute, avvenimenti dolorosi,

ferite psicologiche).
In Italia esistono circa 20 Centri ACMOS e un piccolo numero di

bioenergetici che fanno i trattamenti. 
Nonostante tale sistema dia risultati oggettivamente verificabili, le

persone sono molto scettiche riguardo a tutto ciò che non è

rigorosamente “scientifico e medico-ufficiale” quindi la clientela è

molto scarsa, anche perché un trattamento impegna una persona ad una

seduta di circa 3 ore. La gente spreca un sacco di tempo in cose

futili, ma per la salute non ha mai né tempo, né soldi!

INFORMAZIONI GENERALI

L’EQUILIBRIO ENERGETICO SECONDO IL METODO ACMOS

Sbj international di Parigi è un Centro di Ricerca Tecnica e

Scientifica specializzato nello studio della dimensione energetica

dell’uomo. Questo aspetto essenziale dell’essere viene preso in

considerazione solo nelle medicine tradizionali orientali. I mezzi

moderni d’indagine e di misura che la scienza ha messo a disposizione

dei ricercatori, come le scoperte della biologia molecolare, della

biofisica e della biochimica hanno permesso di mettere a punto un

insieme di tecniche che sfociano nel Metodo ACMOS.

 

METODO ACMOS

 

ACMOS significa Analisi di Compatibilità delle Materie sull’organismo e

la loro Sinergia. Questo metodo è stato creato dal Dr. Réne Naccachian,

di formazione ingegnere, per vocazione ricercatore in energetica. I

suoi studi scientifici, le sue conoscenze della medicina tradizionale

orientale, il suo dottorato in scienze e biologia molecolare, gli hanno

permesso di applicare la medicina millenaria cinese con procedimenti

nuovi ed altamente tecnologici.

 

PRINCIPIO

 

L’essere umano è attraversato da circuiti energetici che dinamizzano la

vitalità degli organi, delle funzioni e delle differenti  regioni 

profonde  (cuore,  rene, fegato...)  e superficiali (ossa, muscoli,

pelle...).
L’uomo in relazione con fattori della sua vita interna ed esterna,

quali: digestione, malattia, emozioni, tensioni socio-professionali e

di relazione si organizza di continuo. Ciò accade grazie

all’attivazione e disattivazione di una rete di circuiti e di fusibili

che i Cinesi hanno classificato con grande precisione sotto il nome di

meridiani e punti di agopuntura. Il Metodo Acmos utilizza tutti mezzi

scientifici di misura e di regolazione per comprendere ed adattare la

medicina energetica tradizionale cinese alle scoperte attuali.
L’equilibrio energetico globale dell’uomo sarà realizzato tenendo conto

della costituzione della sua forza centripeta che assicura le sue

riserve energetiche e del suo irraggiamento centrifugo che vitalizza e

rigenera il suo sistema cellulare. Basandosi sui principi della fìsica

quantica, il corpo sarà esposto alle gamme di coerenze armoniche Acmos

che gli permetteranno di esprimere le sue debolezze energetiche a più

di 27 livelli di organizzazione fisica e mentale. Se vi è accumulo di

aggressioni, il corpo perde i suoi punti di riferimento e non può più

riequilibrarsi da solo. Dopo aver perso il controllo dei suoi punti di

comando (agopuntura), l’organismo abbandonerà alcune coerenze per

assicurare l’essenziale. E’ così che l’essere si trova implicato in un

concatenamento di disordini energetici che provocano alla fine tensioni

fisiche e psichiche. Il Metodo Acmos permetterà all’organismo di

identificare da solo la sequenza di disordini, partendo dai più

profondi per risolverli ad un ritmo ben definito.

Obbiettivo del metodo Acmos

L’organismo, avendo perso le sue armonie, non riesce più ad

organizzarsi. Il metodo Acmos permette al corpo di ristabilire un

numero sufficiente di armonie e di punti di comando per ritrovare la

sua perfetta capacità di autogestione. Il rigoroso protocollo Acmos

realizzerà l’equilibrio globale in modo durevole. Un insieme di

tecniche assicurerà la circolazione dell’energia vitale negli organi

del soggetto vegliando sulla compatibilità dei rimedi e della loro

posologia.

 

A chi è rivolto il metodo acmos?

 

Il metodo Acmos riguarda ogni persona che desidera mantenere il suo

equilibrio globale a titolo preventivo per meglio resistere alla

malattia e alle tensioni della vita quotidiana; e a tutti coloro che

vogliono migliorare le proprie prestazioni: nello sport, nello studio,

nel lavoro e nella vita di relazione.

COME SI SVOLGE UNA SEDUTA DI EQUILIBRIO

1) La misurazione dei campi vibratori è realizzata con l’antenna di

Lecher Acmos. Questa indica i livelli dei blocchi energetici che

rallentano la vitalità di un organo, di una funzione o di una regione

del corpo.
2) Il bilancio Energetico è stabilito dal Tester Energetico “Acmos 7”

che identifica e localizza i blocchi nei circuiti fisici e mentali.
3) L’equilibrio Globale è realizzato con la micro stimolazione

effettuata con l’Acmodermil, partendo dai circuiti profondi affinché il

corpo ritrovi i suoi punti di riferimento e le sue capacità.
4) L’analisi di compatibilità e il ristabilimento dei punti fusibili e

delle armonie è realizzato grazie alla Valigia - Test Acmos che

permette di identificare più di 27 livelli di disordini.
5) La ricerca delle aggressioni geobiologiche, ambientali, relazionali,

metalli pesanti, radioattività, telefonini, computer, microonde... con

l’antenna di Lecher.

 

COME PREPARARSI PER UN CONSULTO ACMOS

 

1- Non assumere in previsione né pasti pesanti, né complessi alimentari

(integratori vitaminici) né medicine.
2- Munirsi di tutto ciò che si è soliti ingerire (come medicine,

vitamine, tisane, ormoni) o applicare su se stessi (come cosmetici a

base di oli, ecc..).
3- Presentare i risultati di analisi biologiche ed altri esami recenti,

per confrontarli con esami successivi alle sedute Acmos.
4- Munirsi degli oggetti che si portano abitualmente addosso (orologio,

anelli, occhiali, calcolatrice, cellulare...)

 

GLI EFFETTI DI UN EQUILIBRIO ACMOS

 

L’eliminazione dei blocchi permetterà all’energia vitale di raggiungere

gli organi, le regioni e le funzioni che erano bloccati e di

ristabilire così la loro vitalità. Questo ristabilimento suppone

l’eliminazione dei ristagni di tossine; in funzione della quantità

eliminata, si può risentire di una certa fatica o di reazioni

superficiali se il blocco è importante e vecchio.
I problemi di fondo possono essere liberati solo dalla superficie, e

ogni segno esterno di eliminazione conferma che il fondo si sta

regolando. La conseguenza di un primo equilibrio può limitarsi ad una

urina molto carica che confermerà l’eliminazione.

(Tutti coloro che fossero interessati ad avere ulteriori informazioni

sul metodo ACMOS, possono rivolgersi alla nostra redazione)

 


SETI-fregano…

 

Di Corrado Malanga

 

La realtà è lontana da noi mille e miglia. Come comprendere le cose che

ci circondano? Qualcuno pensa che basta guardarle bene e si capirà come

funzionano. Ma le cose non stanno semplicemente così. Infatti per poter

fare un’osservazione utile a farci capire, occorre essere intelligenti.

La stragrande maggioranza degli esseri umani purtroppo non è dotata di

grande cervello ed è totalmente incapace di fare osservazioni. Mi

direte… ma da cosa si vede che uno è intelligente o scemo? Risponderei

così: la persona intelligente è solo quella che riesce a mettere

insieme più aspetti della realtà e a trovarne una correlazione. Dunque,

chi ricorda a memoria la Divina Commedia non è intelligente, e spesso

chi fa il professore universitario è solo un raccomandato che ha vinto

un concorso truccato, e non è intelligente neppure chi fa lavorare gli

altri al suo posto, semmai sarà un furbo. E sono intelligenti quelli

che guardano il Grande Fratello o che contano i fagioli nel barattolo

della Carrà, seduta sul sofà? Purtroppo la televisione sceglie le sue

trasmissioni basandosi sull’indice d’ascolto, cioè su quel parametro

che indica quanti spettatori guardano un’altra rete televisiva. Per far

sì che più spettatori scelgano la tua emittente vanno programmate cose

che abbiano un alto indice di gradimento, quindi ritenendo i propri

spettatori stupidi si trasmettono programmi dementi, garantendosi così

grandi coperture di audience su tutto il territorio. Questo perverso

sistema aumenta il numero degli stupidi che si friggono il cervello

guardando le icone del piccolo schermo.                                

Mentre intelligenti ci si nasce e non ci si può diventare, perché il

DNA non è acqua, stupidi ci si può diventare assai più facilmente di

quanto uno non creda. La televisione non cerca di informare, ma il

proprio tornaconto. Chi governa usa le televisioni proprio per

coltivare la stupidità dei suoi "sudditi" che così, lo voteranno alle

elezioni politiche in eterno. Anche i professori universitari seguono

lo stesso criterio: essi scelgono dei collaboratori sempre un poco più

stupidi di loro per poterli dominare, ma questi, quando faranno

carriera, sceglieranno, a loro volta, collaboratori ancora più stupidi

e così via. Tali professori andranno a far lezione senza sapere niente

e creeranno una classe di studenti stupidi che, a loro volta faranno

carriera. Se in questa situazione spuntasse fuori per caso qualche

persona intelligente le converrebbe nascondersi tra le pieghe della

stupidità per evitare di essere scoperta ed eliminata come un virus

dalla società che la circonda. Perché bisogna cercare di riprendere la

situazione in mano? Perché altrimenti il cittadino terrestre verrà

sempre di più fregato dai pochi che fanno i furbi che agiscono per i

loro interessi. Dietro la globalizzazione esiste proprio questo immenso

rischio. Per i loro interessi i potenti decidono di andare su Marte?

Bene, per far ciò ci vogliono i tuoi soldi e tu devi essere convinto a

darglieli. E ti convincono con la televisione, per mezzo di una scuola

inesistente, con le religioni, con discorsi patriottico-militaristi,

insomma attraverso le loro politiche. Una volta che tu gli hai dato i

soldi o li hai votati non puoi più tornare indietro né accusarli di

niente perché loro hanno fatto non quello che era giusto fare ma quello

che ti hanno convinto a fargli fare.

?Ne è fulgido esempio, espresso dalla ricerca scientifica, il progetto

 

SETI (Search Extraterrestrial Intelligence) . Ricerca sull’intelligenza

extraterrestre. Si direbbe che, non essendoci più intelligenza sulla

Terra, a qualcuno sia venuta la balzana idea di andarla a cercare nello

spazio, sempre che da qualche parte ce ne sia rimasta! Ma le cose non

stanno così. Il progetto SETI nacque molti anni fa, con il benestare

del Congresso americano, ottenendo milioni di dollari di stanziamenti.

Quindi, il suo principale sponsor ufficiale era il popolo degli Stati

Uniti. Secondo i suoi ideatori, il progetto consisteva nel cercare

tracce di vita intelligente fuori dal nostro pianeta con l'ausilio di

radiotelescopi che avrebbero dovuto captare segnali radio emessi da

fonti a noi aliene. Era ragionevole pensare che anche gli alieni

 

avessero fatto un percorso simile al nostro, avessero inventato anche

loro la televisione e fossero diventati scemi come noi. Dunque le

televisioni aliene avrebbero involontariamente mandato messaggi nel

cosmo e noi li avremmo potuti decodificare, forse allo scopo di copiare

i loro demenziali programmi. Il progetto, basato su una serie di

nonsense ideologici gravissimi, o è stato partorito da stupidi, o è

stato partorito da furbi che, in qualche modo e per qualche ragione, ti

vogliono far credere che questa cosa deve essere fatta per il tuo bene…

di solito funziona così…

?Il progetto è insulso per diverse ragioni. Innanzitutto anche se

dovessimo scoprire una razza aliena in qualche parte dell’Universo, di

questa scoperta non sapremmo proprio cosa farcene. Chi se ne frega se

esistono altre razze nel cosmo che trasmettono segnali radio! Possiamo

parlare con loro? NO! La velocità della luce non si può superare, dice

la scienza ufficiale e quindi saremmo di fronte ad un’informazione

inservibile. Inoltre, qualcuno aveva detto che se per caso ci fosse

stata una razza aliena ostile ed i nostri segnali radio fossero finiti

nei loro ricevitori e questa razza si fosse lievemente alterata a causa

del fatto che noi disturbiamo la loro più demenziale trasmissione

televisiva e decidesse di distruggere il nostro molesto pianeta, noi

avremmo corso dei rischi inutili. Perché cercare qualcuno che può

essere ostile? Non stuzzicare il cane che dorme, dice il saggio e noi

avremmo fatto tutto il contrario. Dunque il SETI non serve a niente.

Nessuno può venirmi a dire che sarebbe una grande scoperta, constatare

che ci sono altre razze nell’Universo, perché, già sappiamo che è così

e quindi non dobbiamo scoprire una cosa che già sappiamo. Come? Già

sappiamo che c’è vita nel cosmo oltre la nostra? E chi ce lo avrebbe

detto? La scienza stessa, con una branca della matematica che parla in

termini statistici. Sono state fatte anche delle equazioni che mostrano

come solo nella nostra galassia esisterebbero un milione di pianeti in

cui la civiltà avrebbe uno sviluppo simile al nostro. I dati, messi in

evidenza da Carl Sagan due decenni fa, non sono mai stati contestati

dalla scienza ufficiale e vorrei vedere come potrebbero fare gli

scienziati a supporre che Dio avesse creato l’Universo con un così

grande spreco di spazio. Solo una Chiesa Cattolica, poco accorta, tenta

disperatamente di difendere il baluardo della Redenzione in questi

termini. Tutto l’atteggiamento terrestre sulla ricerca spaziale assume

toni grotteschi. Per gli Americani bisogna andare sulla Luna e poi su

Marte, ma la ragione in realtà nessuno lo sa. "Dobbiamo conquistare lo

spazio…" dice la NASA, pensando che tra il Vietnam e Marte non ci sia

differenza. È proprio il verbo "conquistare" che fa comprendere la

pochezza dei cervelli impegnati in quest’operazione poiché a loro è

stato fatto credere di essere degli eroi mentre non si rendono conto di

essere stati solamente e pesantemente strumentalizzati da un potere che

evidentemente ha ben altre mire su questi progetti. Lo capirebbe anche

un bambino che non si può andare alla conquista dello spazio e,

soprattutto, non si può utilizzando i lanciatori Titan. Dove volete che

vada l’uomo alla velocità del missile? Da nessuna parte, anche se

andasse alla velocità della luce e questo gli scienziati ce lo

ricordano ogni cinque minuti, quando si tratta di dire che gli alieni,

se ci sono, abitano troppo lontano da noi e non possono in nessun modo

interferire con noi. Allora, se noi non possiamo interferire con loro e

loro altresì con noi, perché sprecare tempo, soldi, illusioni, dietro

una cosa che non andrà mai da nessuna parte? Perché non investire in

fonti di energie alternative, meno costose e più efficaci o tecnologie

avanzate per tentare di sfondare il muro del tempo e viaggiare in tutta

la galassia, rendendo ancora più inutile il progetto SETI e totalmente

fuori luogo i viaggi spaziali di oggi? Possibile che gli scienziati non

siano in grado di fare due più due? È evidente che da qualche parte

esiste il trucco e si vede benissimo.

Il SETI rappresenta un progetto di depistaggio su quella che è in

 

realtà oggi la vera ricerca in campo extraterrestre. Se dobbiamo

infatti credere alle dichiarazioni del Colonnello Philip Corso, che fu

consulente di tre presidenti degli Stati Uniti e braccio destro del

generale Troudeau, gli Americani avrebbero già altre tecnologie di

matrice aliena capaci di prestazioni eccezionali che, per ovvie ragioni

di tipo commerciale, non possono essere rese note. Dunque il progetto

SETI avrebbe l’unico scopo di far credere alla gente che gli Americani

stanno comunque facendo qualcosa nel campo aerospaziale. La CIA invece

sovvenzionerebbe le vere ricerche trasportando droga dall’Asia, con i

propri voli militari e spacciandola in tutto il mondo, per crearsi

fondi neri non presenti sul libro paga di nessuno. La ciambella però

aveva troppi buchi ed il Congresso americano, verificando i bilanci del

SETI, decise, due anni fa, di eliminare giustamente un progetto

totalmente inutile. È stato questo aspetto della questione che la CIA

non aveva previsto. Il Congresso stesso, ignaro di questi giochetti,

aveva d’un sol colpo azzerato l’organizzazione che serviva da debunker

(insabbiamento) per la ricerca vera. Qualcuno dopo si sarebbe potuto

chiedere quale ricerca facesse l’America in quel campo e non gli si

avrebbe più potuto sbattere sotto il muso le inutili carte del SETI;

con il rischio che qualcuno facesse troppe domande e scoprisse che la

vera ricerca era un’altra cosa. Così, tra un patema d’animo e l’altro,

la CIA suggerisce a suoi sponsor speciali, grossi industriali

americani, con i quali l’agenzia ha sempre collaborato, di fornire i

soldi privati per il mantenimento in vita del SETI. Ed ecco che il SETI

viene finanziato da improbabili sponsor che, non guadagnandoci niente,

danno fior di miliardi ad un progetto che non serve a niente. Gli

Americani sono così legati ai soldi che non farebbero mai un’operazione

in cui non ci si guadagnasse qualcosa. E varie fondazioni, tra cui

l’immancabile Rockefeller, il cui padre è stato anche co-fondatore

della stessa CIA, buttano apparentemente i soldi dalla finestra. Finché

esisterà il progetto SETI non si cercherà la vita aliena davanti a noi,

sul nostro pianeta, perché tutti gli sforzi saranno concentrati nel

guardare dove gli alieni non sono. Basterebbe invece dare un'occhiata

alla Terra per rendersi conto dell’esistenza degli Ufo e che il

progetto SETI è una vera fregatura. Ci sono quindi anche forti

interessi privati nel tenere in piedi questo inutile progetto: gli

industriali continueranno a tenerci in pugno con il prezzo della

benzina, i professori universitari con i fondi SETI manderanno avanti

le loro ricerche private, il Vaticano collaborerà attivamente al

progetto con i suoi più potenti telescopi, perché comunque non si deve

sapere che gli alieni sono già qui da un pezzo e non sono cristiani né

islamici. Il progetto SETI dunque è una cosa che, pur non servendo a

nessuno, serve a tutti quelli che ti vogliono fregare (hai visto quanti

sono?). SETI ti prende anche il tempo morto del tuo computer, usa la

tua energia elettrica, quindi inquina; ma l’aspetto esteriore, la

scatola del SETI, viene mostrata come una cosa importante… partecipa

anche tu al progetto…metti a disposizione il tuo computer col progetto

SETI@home
Ti fanno sentire un eroe ed invece ti prendono per quella

cosa che sta seduta sulla tua poltrona ed a te non resta che continuare

a sorbirti il Grande Fratello mentre quello vero, là fuori, controlla

che tu guardi sempre la televisione, per assicurarsi così che non

metterai mai più in moto il tuo cervello. Perché SETI-scoprono a

pensare sei finito!

 


Sulle rotte del sud..., la sicilia, un’isola, un mito...

 

Di Valeria Vaccari

 

Se il mito ha forza di valore e nasconde i messaggi della storia, forse

non è un caso che esso vuole i fuggiaschi da Troia ripararsi

all’estremità della Sicilia occidentale e i greci vincitori, come

Ulisse, avventurarsi nella Sicilia orientale alla ricerca della madre

patria smarrita...
Con questa breve introduzione, inizia un viaggio affascinante e

suggestivo sulle rotte della storia, arte, cultura e tradizione della

perla del mediterraneo, la Sicilia, dove le nebbie della storia sono

rischiarate dal fascino delle sue pietre…e i profumi di una mistica

ritualità si perdono nella notte dei tempi.
Inizieremo il nostro viaggio dalla Sicilia occidentale e precisamente

dall'antica Lilybeo, l’odierna Marsala, ricca di testimonianze puniche,

romane, normanne, arabe e spagnole, cittadina che unisce squisitamente

il suo lato prettamente storico-culturale a quello

turistico-vacanziero, non sarà difficile, difatti, durante un soggiorno

in questa splendida città, desiderare di vedere quanto più possibile e

al contempo dedicarsi al relax di una bella spiaggia, alla buona tavola

e all’immancabile tour per le cantine storiche.
Il centro storico marsalese, offre al visitatore angoli e scorci molto

suggestivi, l’arte e le testimonianze storiche sembrano mischiarsi agli

spicchi di mare visibili da ogni parte della Città.
Da non mancare la visita al museo archeologico nazionale, all’interno

del quale si trova l’unico esempio di nave da guerra punica,

parzialmente recuperata, risalente al III sec. A.C., le catacombe, la

cosiddetta grotta della Si-billa, sita all’interno di un battistero del

V sec. D.C., il Duomo, edificato sul preesi-stente castello normanno,

che accoglie al suo interno opere del Gagini e otto preziosissimi

arazzi fiamminghi del 500.
Per gli amanti del folklore popolare sarà divertente muoversi tra i

variopinti banchi del mercato del pesce e ascoltare le antiche nenie

cantate dai marinai alla vista del turista, oppure assaporare le

fresche granite di limone a riparo da un sole che nei mesi estivi non

dà tregua.
Marsala ha un’importante tradizione vinicola dunque imperdibile una

visita alle cantine storiche per assaporare il Marsala DOC!
Altro tour da non mancare è quello delle saline, la coltivazione del

sale, in questa area in cui il mare si confonde con la terra, ha

determinato nel corso dei secoli un unicum ambientale e paesaggistico

di grande valenza culturale, antropologica ed economica, offrendo alla

città un motivo in più per essere visitata da una moltitudine di

turisti in ogni mese dell’anno.
Ad appena cinque minuti di barca dalle saline, emerge Mothia, quaranta

ettari di storia sospesi sul mare che, insieme all’isola Longa, a

quella di S. Maria e della Schola, formano le isole dello Stagnone, la

più grande laguna della Sicilia, annoverata tra le “zone umide” più

importanti d’Europa. Insediamento fenicio-punico tra i più importanti

del Mediterraneo, l’isola divenne un sito strategico per la sua

vicinanza alla potente Cartagine. Mothia, la cui fondazione viene

storicamente collocata intorno al VIII sec. A.C., torna alla luce

soltanto a seguito degli scavi condotti ad opera di Giuseppe Whitaker,

ricco mercante, il quale nel 1875 iniziò sull’isola una prima campagna

di scavi, rinvenendo numerosi reperti fenici, oggi conservati nella

villa Whitaker, sull’isola divenuta museo.
Per finire, uno dei luoghi più suggestivi dell’isola è il Tophet,

insieme di stele scolpite in pietra dove si offrivano sacrifici

sull’altare di Tanit, Dea della vita e della morte, del mare e della

fecondità...
Il rientro in barca sul territorio marsalese sarà consigliato nelle

tarde ore del pomeriggio, si potrà assistere ai meravigliosi tramonti

sul mare, godendo di un silenzio irreale che avvolge le acque della

laguna.
Chi visita Marsala non può trascurare la giusta miscellanea tra turismo

culturale, enogastronomico, sportivo, balneare che la cittadina offre

al turista di tutte le età, la calda accoglienza della gente ed un

clima dolce fino ai primi di novembre faranno il resto…
Non mi resta che augurarvi buon viaggio!

 


Outlook express (lezione 3)
Risposte ed inoltro dei messaggi

 

Di Paola Vagata

 

In questa lezione impareremo a rispondere ai messaggi ricevuti e ad

inoltrarli ad altro indirizzo. Per cominciare, proviamo ad esplorare il

menu “messaggio”, sia che ci troviamo nell’elenco delle mail ricevute,

sia che siamo all’interno di una mail. Alcune delle voci ci saranno

utili in questa lezione ed in futuro. Premiamo quindi Alt, raggiungiamo

con la freccia destra la voce “Messaggio” e, scendendo, troviamo le

voci:
Nuovo messaggio (qui ci viene suggerita la combinazione rapida,

Control+N);
Nuovo messaggio con (qui tramite un altro sottomenu raggiungibile col

tasto Invio, possiamo deciderne il tipo: edera, compleanno, annuncio

formale, auguri ecc.);
Rispondi al mittente (combinazione rapida: Control+R);
Rispondi a tutti (combinazione rapida: Control+Shift+R);
Rispondi al newsgroup (Combinazione rapida: Control+G; questa voce è

disattivata, perché ci troviamo attualmente nell’elenco dei messaggi di

posta e non in quello delle news);
Inoltra (combinazione rapida: Control+F);
Inoltra come allegato;
Crea regola dal messaggio... (qui è possibile creare le regole di posta

elettronica, o filtri, di cui ci occuperemo nel corso avanzato);
Blocca mittente... (confermando questa opzione con Invio, l’indirizzo

del mittente del messaggio su cui siamo posizionati verrà bloccato, per

evitare, se lo desideriamo, di ricevere nella cartella “Posta in

arrivo” le mail da quell’utente, le quali verranno automaticamente

spostate nella cartella “posta eliminata”);
Contrassegna messaggio;
Segui conversazione;
Ignora conversazione;
Combina e decodifica.

 

Rispondiamo ora ad un messaggio.
Dopo averlo letto, sempre rimanendo dentro al messaggio, attiviamo col

tasto Alt il menu a tendina e portiamoci con la freccia destra fino a

Messaggio. Scendiamo fino alla voce “Rispondi al mittente” e, come

abbiamo già constatato, il programma ci suggerisce anche la

combinazione di tasti da premere, senza dover passare dal menu

(control+R); scendendo ancora, avremo la voce “Rispondi a tutti”, anche

qui seguita dalla combinazione di tasti rapidi (Control+Shift+R).
Voi mi chiederete: «E che differenza c’è fra la dicitura “rispondi al

mittente” e quella che si trova più sotto, “Rispondi a tutti”?» Se

riceviamo un messaggio da una persona che lo manda soltanto a noi (un

solo messaggio destinato ad un solo indirizzo di posta elettronica), la

voce da utilizzare per rispondere è per forza “Rispondi al mittente”

(Control+R). Ma potrebbe presentarsi il caso di qualcuno che manda un

messaggio a più indirizzi di posta contemporaneamente. Qui ci troviamo

di fronte a due scelte: o rispondiamo soltanto a chi ce lo ha inviato

(“rispondi al mittente”), o decidiamo di rispondere a tutti coloro che

hanno ricevuto il messaggio compreso il mittente (“Rispondi a tutti”).
Dopo aver digitato il comando di risposta al messaggio, se ne aprirà

uno nuovo, che ha per oggetto lo stesso del messaggio a cui vogliamo

rispondere, ma preceduto dalla sigla “re” (dall’inglese “Reply” =

Risposta),
oppure R. Facciamo un esempio pratico. Se ci è stato inviato un

messaggio che ha per oggetto “Come và”, quando risponderemo, l’oggetto

della nostra risposta sarà: “Re: come và”, oppure “R: Come va?”. Il

cursore si posiziona all’inizio del messaggio, lasciando una riga

vuota, sotto la quale Outlook Express riporta le intestazioni della

mail. Esempio:
-----Messaggio Originale-----
Da: “Pinco Pallino” <
pincopallino@libero.it>
A: Mario Rossi
mario.rossi@libero.it
Data Invio: giovedì 10 maggio 2001 17.24
Oggetto: Come va?

Poi avremo il nostro messaggio “quotato”, cioè riportato, ma per

contraddistinguerlo, all’inizio di ogni riga viene inserito

automaticamente il segno > (maggiore).
A questo punto potrebbero tornare utili alcuni suggerimenti per quotare

al meglio i messaggi, intercalando brani di testo originale con le

nostre parole di risposta.
1) Se rispondendo ad un messaggio desideriamo solo ringraziare, o dire

che siamo d’accordo o che approviamo quello che il nostro interlocutore

ci scrive, o ancora, non vogliamo riportare il contenuto della mail,

cancelliamo l’intero messaggio originale, in questo modo: una volta col

cursore all’inizio delle intestazioni, digitiamo Control+Shift+end per

selezionare il testo dalla posizione del cursore fino alla fine, poi

premiamo Canc;
2) Se intendiamo riportare una domanda che ci viene posta e sotto di

essa vogliamo scrivere la nostra risposta, procediamo in questo modo:

coi soliti comandi di Windows (shift+freccia giù e Canc), selezioniamo

e cancelliamo le righe: “Messaggio Originale”,  “Da” (che contiene il

mittente) e “A” (che contiene l'indirizzo a cui è stato mandato il

messaggio); scendiamo con la freccia in basso e, con Control+freccia

destra, ci posizioniamo col cursore dopo la dicitura “data invio:” e

premiamo Invio, risaliamo alla riga superiore, quella appunto che

riporta la scritta “Data Invio:”, la selezioniamo con Shift+freccia giù

e premiamo il tasto Canc per cancellarla; ci troveremo ora con una riga

che contiene le informazioni riguardanti giorno e ora di invio del

messaggio; alla fine della riga possiamo aggiungere a mano qualcosa

come “Giuseppe Ferrari ha scritto:”. Ecco un esempio pratico:
giovedì 10 maggio 2001 17.35 Giuseppe Ferrari ha scritto:. Rimane ora

da selezionare la riga che contiene l’oggetto e cancellarla. Una volta

fatto questo, quotiamo, cioè riportiamo, soltanto la domanda a cui

vogliamo rispondere (sarebbe meglio riportare tre righe al massimo di

messaggio originale), quindi scriviamo sotto la nostra risposta).
3) Naturalmente è possibile anche inserire la risposta fra le righe del

messaggio del destinatario, avendo però l’accortezza di lasciare una

riga vuota fra le righe relative al messaggio originale e quelle di

risposta. Da notare che quando rispondiamo ad un messaggio, l’indirizzo

del destinatario verrà automaticamente aggiunto alla rubrica di O.E..
Nelle risposte ai messaggi, se siamo iscritti a delle mailing list,

potrebbe presentarsi un problema, in quanto alcune di esse sono

configurate in modo che le risposte vengano inviate automaticamente

all’indirizzo della lista. Per rispondere privatamente ad un iscritto

procediamo in questo modo:
1) Posizioniamoci con le frecce sul messaggio della persona a cui

desideriamo rispondere, premiamo il tasto Applicazioni (oppure Alt+S,

menu Strumenti), scendiamo fino alla voce “Aggiungi il mittente alla

rubrica” e confermiamo con Invio;
2) Apriamo il messaggio, digitiamo Control+R per rispondere e premiamo

Shift+Tab fino a trovarci nel campo “A” (indirizzo del destinatario);
3) Con Backspace cancelliamo l’indirizzo della mailing list e scriviamo

le prime lettere del nome della persona a cui vogliamo rispondere:

Outlook Express completerà automaticamente le informazioni aggiungendo

il relativo indirizzo.

Come inoltrare un messaggio.
Probabilmente avrete già letto messaggi con la sigla FW (forward),

oppure I (Inoltro), seguita dall’oggetto del messaggio e, magari, una

breve introduzione, con le parole: “Ti giro questo messaggio che forse

potrà interessarti”.
E’ possibile infatti, oltre che rispondere ai messaggi, anche

inoltrarli, cioè inviarli, così come li abbiamo ricevuti, ad altre

persone di nostra conoscenza.
Per inoltrare un messaggio attiviamo il menu col tasto Alt, poi freccia

a destra fino a Messaggio, quindi scendiamo fino alla voce Inoltra che

porta, come abbiamo già accennato, anche il comando rapido (control+F,

F come Forward). In questo modo, l’oggetto sarà preceduto dalla sigla

FW oppure I e, come nell’opzione di risposta, il cursore si posiziona

su una riga vuota, in cui poter scrivere una nostra breve introduzione,

seguita appunto dal messaggio da inoltrare, comprese naturalmente le

relative intestazioni.
Nella prossima lezione, l’ultima del corso base, vedremo come salvare

gli allegati, come inviare i messaggi con allegati e come inserire un

testo da file all’interno di un messaggio.

 


Il lavoro: luce che ritorna

 

Di Natale Todaro
     e Luigi Palmieri

 

L’inserimento dei portatori di handicap nel mondo del lavoro e nella

società comune.
Oggi inserire un portatore di handicap nella società comune non è cosi

facile come si vuol far credere, non perché egli sia incapace di

inserirsi in essa, ma perché la stessa comunità non aiuta il soggetto

portatore di handicap a crearsi un gruppo di amici, e a farsi una

propria cultura, facendo in modo che essi crescano come tutte le

persone normali, senza dover essere offesi.
Esiste una mentalità negativa e discriminatrice che non permette al

portatore di handicap di vivere la propria vita tranquillamente come

tutti gli altri; se per un attimo riflettiamo su questo problema,

capiremo subito che, il portatore di handicap ha molto da insegnare.
Proprio per favorire l’in-tegrazione sociale, è essenziale per ogni

portatore di handicap, che possa godere di un lavoro adeguato alle

proprie capacità.

La stessa Carta Costituzionale, dedica alcuni articoli al problema

della tutela del lavoro, in quanto, esso, costituisce la base

essenziale della vita di ogni uomo.

Il lavoro, oggi più che mai, riveste un’importanza fonda-mentale, in

quanto la crisi occupazionale, soprattutto del mondo giovanile,

raggiunge punti davvero alti e costringe molte persone ad emigrare in

cerca di miglior fortuna.

Molto è stato fatto per favorire l’inserimento delle persone portatrici

di handicap nel mondo del lavoro, basti pensare alle numerose leggi in

materia come: la n. 104/92, n. 113/85, ecc., attraverso questi

provvedimenti, si è verificata una vera e propria svolta in quanto, è

finalmente finita l’era in cui ogni portatore di handicap era

considerato un peso per la società, ora si comincia a capire che egli

può effettivamente essere di aiuto all’intero sistema sociale.

Bisogna però continuare sulla strada intrapresa, abbattendo tutte

quelle barriere pregiudiziali che ancora in alcune parti mortificano la

dignità della stessa persona umana.

Così facendo, si può realizzare il sogno della costruzione di un mondo

solidale che cammina su un’unica strada di amore sociale.

 


Alex Baroni, quando il destino presenta il conto…

 

Di Vainer Broccoli

 

L’Italia, per quanto riguarda la musica, ha sempre sofferto di

“esterofilia”; l’occhio delle masse ha privilegiato il prodotto estero

o, al massimo, i grandi nomi storici della nostra musica.
Anche per Alex Baroni è andata così:
la sua carriera è partita dai locali di Milano dove, come per tanti, ha

iniziato col piano bar, anche per mantenersi agli studi universitari;

Alex si è, in seguito, laureato in chimica ed ha iniziato un percorso

lavorativo all’interno di un istituto privato come insegnante

diventando, tra l’altro, uno degli idoli degli allievi dell’istituto

stesso.
Tutto questo non gli ha impedito, comunque, di continuare la sua

crescita artistica, tante ore di studio, tanta gavetta nei locali sino

ad arrivare, verso la metà degli anni ’90, al coro dell’Ariston a San

Remo.
Nel 1997, il Festival della canzone italiana ha visto l’interprete

lombardo nella veste di concorrente con una canzone molto particolare,

“Cambiare”, che ha vinto il premio della critica; subito si sono potute

apprezzare le doti di Alex: potenza, estensione, calore e, soprattutto,

una facilità di canto impressionanti; la prestazione sul palco

dell’Ariston, tra l’altro, culminò in una telefonata di Lucio Dalla, in

diretta durante il “Dopo Festival”; il cantautore bolognese ha fatto i

complimenti a Baroni per la sua performance:
“…io credo”, disse Dalla, “che la voce di questo ragazzo non abbia

eguali e che in Italia non ci sia nessuno come lui…”
La reazione di Alex fu bellissima:
“…una cosa del genere detta da Dalla, per me, significa avere già

vinto; io, ora, potrei anche andare a casa!”
Questa è stata l’entrata del fenomeno lombardo nel mondo della musica.
Dopo quel San remo sono usciti altri 2 dischi entrambi non di enorme

successo, ma di un gusto esagerato:
come non ricordare “Tu dimmi cos’è”, cover di un grande successo di

Huey Lewis And the News (album “Fore”, 1986), “Male che fa male” od

ancora “quello che voglio”?
L’interprete, senza troppo chiasso, si era ritagliato la sua fetta di

mercato, il suo pubblico è sempre stato composto di intenditori, di

gente che lo apprezzava per una serie di doti umane ed artistiche di

altissimo livello; la sua voce, molto simile a quella di un mostro

sacro come Stevie Wonder, aveva catalizzato tutta una serie di

appassionati che garantiva ad Alex un target di tutto rispetto.
Il suo avvento nello star system, comunque, non lo ha tenuto, come da

buona regola, lontano dalle cronache rosa; la sua love story con

Giorgia, altra grande voce del nostro panorama artistico, non è mai

stata un segreto, anche se la cosa non ha mai sollevato i polveroni a

cui siamo abituati; come l’inizio, anche la fine di questa avventura

non ha dato soddisfazione ai paparazzi, tutto si è svolto in estrema

semplicità, tutto in punta di piedi.
Questo è stato Alex Baroni, questa è stata la vita dell’insegnante

musicista lombardo; tutto estremamente normale e tranquillo sino ad una

sera  di maggio di quest’anno…
Il destino, come spesso accade, ha aspettato Baroni sul raccordo

anulare di Roma; l’interprete stava rientrando in moto, una macchina

gli ha tagliato la strada ed è stata la fine.
Forse, per la prima  volta, le cronache, i media, hanno spostato i

riflettori su questa figura, forse le cronache si sono accorte di lui,

forse troppo tardi…
Per ricordarlo, la famiglia, nella figura del fratello, ha

sponsorizzato l’uscita di un album postumo, i proventi del quale

saranno devoluti in beneficenza: “Semplicemente 2002”; questo disco

raccoglie i suoi più grandi successi, alcuni riarrangiati, e 4 inediti,

forse materiale per un nuovo disco, forse esperimenti in studio di

registrazione, comunque sia la magia della musica ha reso immortale

Alex: poterlo riascoltare nelle sue prime performance o, ancor di più,

per quel che riguarda gli inediti, ci fa immaginare di poterlo ancora

ammirare  in prestazioni live o di aspettare un nuovo disco; la cruda

realtà, comunque, resta quella citata all’inizio: ci si è accorti del

valore solo dopo una tragedia, ma impareremo mai ad apprezzare le

persone quando sono tra noi?

 


Anche i non vedenti possono partecipare ad un rally

 

Di Irene Verzeletti

 

Questo articolo tratta di un progetto che l’as-sociazione Handiamo di

Brescia sta attuando in quasi tutte le regioni d’Italia: far fare ai

ciechi i navigatori da Rally. Io vi fornisco solo una testimonianza, ma

è stato
pubblicato un articolo su tale fatto anche sulla rivista

“Tuttorally” con foto allegate. Vogliamo far conoscere Handiamo:

aiutateci!
Squilla il telefono: è il mio amico Gilberto che in un

comunissimo giorno di
aprile del 2000 decide, nel suo solito modo

semplice,informale,  ma distaccato, di dare uno scossone alla mia

vita.
Mi propone di provare l’esperienza di essere una navigatrice per

piloti vedenti da rally. Proprio così: io, Irene Verzeletti, nata a

Brescia l’undici giugno 1977,
laureata da poco in lingue, ho una grande

opportunità. Mi batte il cuore al solo pensiero.
Gilberto mi spiega, in

seguito, che cosa è il progetto Mite.
Mite, letteralmente Mit, insieme,

together, ensemble, riassume in quattro lingue il concetto dell’unione,

che molte associazioni di solidarietà verso
i disabili, ultimamente non

enfatizzano, o lo fanno solo a parole. Il  progetto che  il
Mite si è

proposto è insolito e davvero, direi... originale.
Attraverso delle note

scritte in braillle, noi potevamo indicare la strada da percorrere, i

piloti che guidavano accanto a noi, sull’automobile (rigorosamente da

corsa)! Davvero portentoso, mi dicevo, quando mi fu
proposto di andare a

provare in un piazzale questa nuova esperienza. Sia all’O.M.
di Brescia,

che a Rovato, fu solo una dimostrazione, ma per me fu molto, molto

eccitante!
Innanzitutto, la prima cosa che mi colpì fu il rumore delle

macchine da corsa che sembravano raschiare l’asfalto e inchiodare su di

esso, come una
freccia che lanciata da un arco si conficca nel terreno,

piovendo dall’alto. Poi il profumo di benzina che sprigionava il motore

mi inebriava. Appena montata in macchina, provai ad allacciarmi le

cinture di una vera
macchina da corsa. Mentre andavamo veloci, sentivo

un grande senso di libertà e indipendenza, mi sembrava di potermi

alzare in volo da un momento all’altro, di evadere. I
dossi,

specialmente, mi danno un senso di vuoto, come se la macchina volesse

buttarmi fuori nel vento, è come quando vai in moto veloce, ma, la

diferenza, è che la macchina sembra proteggerti come le braccia forti

di un compagno! È come un’altalena che ti porta più in alto del cielo

e. quando
si ferma sei di nuovo nella tua realtà. La macchina che

preferisco di gran lunga è la stratos. Ne ho provate 2: una gialla e

una rossa,che sono i colori che mi piacciono
di più perché sono accesi

come la vita. Tutte e 2 non a una dimostrazione, ma ai miei 2 primi

rally: quello di franciacorta e quello sul Garda.
Colgo, tra le altre

cose, l’occasione per ringraziare i 2 piloti che hanno condiviso con me

l’esperienza, in quanto proprietari delle stratos: David May e Gobbi.

Cercherò di ren-dere in poche righe l’affia-tamento che si è creato tra

me e
il “mio” pilota. Beh, teoricamente il rally va a velocità e non a

vista, a
quella pensa il navigatore! Può sembrare, quindi, insolito che

un navigatore sia cieco. Ma questo è il secolo che stravolge i canoni,

e vi assicuro che con un radar fatto bene; il quale può essere tradotto

in braille (il metodo di scrittura punteggiata per i non vedenti) o su

cassetta, le cose sono fattibili. Ne segue che, anche ora che le gare

sono terminate da tempo, ogni tanto sento per telefono uno dei miei

piloti col quale si è creata una grande amicizia. Non è stato

assolutamente mai, un rapporto di un volontario, come accade di solito,

che fa vivere al cieco una esperienza speciale, ma tutt’altro: è come

se lui avesse avuto bisogno di me per andare. So che deve costare molto

mantenersi una macchina come la Stratos, o come la
Porche, vicino a cui

ho fatto una fotografia. Però, non c’è che dire: il mondo delle auto da

corsa mi si è presentato davanti con un fascino che avrei creduto fosse

precluso, a una ragazza nella mia condizione.

 


In un tramonto eterno e nitido

 

Di Simona Convenga

 

Non ci voleva lasciare
non ci voleva lasciare andare
a perderci di parole
presso l’acqua che canta

 

Occidente

 

Tramonto eterno e nitido che duri dai tempi di Omero
non lasciarmi, non lasciarmi andare,
non lasciarmi perdere presso l’acqua che canta,
cristallizza le parole del vento, disgrega le statue muscose,
traduci il boato in respiro.

 


Cos'è ormai il Natale?

 

Di Elena Aldrighetti

 

Siamo a Natale. Ogni anno mi viene da riflettere su questa festa.

Osservo le persone che in questo periodo corrono freneticamente per

fare i classici acquisti natalizi. Sembrano tutti impazziti. Le code

delle macchine non si contano, i clacson suonano ininterrottamente,

sono tutti agitati, i bambini si fermano estasiati davanti alle vetrine

dei negozi di giocattoli, chiedono ai genitori di poter ricevere da

Babbo Natale tutto ciò che vedono. Molti bimbi pestano i piedi per

poter ottenere ciò che vogliono. I genitori litigano fra di loro perché

non si trovano d’accordo sugli acquisti per parenti e amici.
A vedere tutto questo mi chiedo cosa sia diventato ormai il Natale.
Purtroppo è diventata una corsa all’acquisto, un business per i

commercianti. Ormai il consumismo impera, vengono spesi fior di soldi

per organizzare i pranzi natalizi, come se fosse l’unica occasione per

potersi sfamare!
A Natale io divento triste, sì proprio triste perché mi rendo conto che

ormai è una festa del mondo occidentale basata sul denaro.
Anche quest’anno abbiamo visto accadere cose orribili. Figli che

uccidono genitori, mamme che uccidono i propri figli, fidanzati delusi

che uccidono le fidanzate, guerre, sequestri.
Io mi chiedo cosa c’è da festeggiare?
Ad Ottobre di quest’anno abbiamo visto morire decine e decine di

persone nel teatro di Mosca.
Queste persone sono morte avvelenate da un gas usato dalle teste di

cuoio russe per liberare gli ostaggi dai terroristi ceceni. Queste

famiglie cosa festeggeranno a Natale? Sicuramente non correranno per i

negozi come dei pazzi per accaparrarsi più oggetti possibili.
Tutte queste persone sof-friranno nell’indifferenza di tutti, troppo

presi a far compere per preoccuparsi dei problemi altrui.
Ma quando, l’umanità si renderà conto che il mondo che ha creato è

vuoto e superficiale? Quando si accorgerà che l’individuo è

fondamentalmente solo e triste?
Io credo che sia arrivato il momento di recuperare il rapporto fra

persone.
Nel mondo ci sono parecchie popolazioni che vivono nell’indigenza.

Nonostante la povertà molti sono più sereni di coloro che possiedono di

più. 
Questo,  perché pur non avendo nulla, hanno l’amore e la vicinanza

degli altri. Nelle popolazioni povere c’è più solidarietà. Le cose che

si hanno vengono divise fra tutti per poter avere tutti un pochino.
Noi occidentali vogliamo invece avere tutto, così facendo roviniamo noi

e gli altri.
Non dobbiamo sempre pensare che la responsabilità di tutto questo sia

solo dei potenti, anche noi nel nostro piccolo abbiamo il dovere civile

e umano di fare la nostra parte.
Molto spesso anche se abbiamo tutto, ci sentiamo sempre insoddisfatti,

vogliamo sempre di più. Siamo diventati egoisti e non vogliamo nemmeno

ammetterlo. Ormai molti pensano solo a sé stessi.
Se vogliamo che i nostri figli, i nostri nipoti possano vivere in un

mondo più giusto e equo, dobbiamo cercare di capire che i rapporti con

gli altri, la solidarietà, vengono prima del denaro. Col denaro

possiamo comprare tante cose ma non l’amore altrui. Tutti noi abbiamo

bisogno di avere qualcuno vicino, sentiamo la necessità di confrontarci

con gli altri, se però ci comportiamo da egoisti anche gli altri lo

faranno con noi.
Io credo sia giunto il momento di ridare il giusto valore alle cose.

Per poter vivere bene abbiamo bisogno di poter abitare in un pianeta

confortevole, non inquinato e più modesto. Forse se ai nostri figli

insegnassimo a regalare meno cose, ma in compenso gli donassimo più

dialogo e attenzione, sarebbero più felici.
Se tutti noi imparassimo a comprendere che la serenità e l’armonia

valgono più di milioni di regali, ci troveremmo poi  a poter

festeggiare il Natale col sorriso sulle labbra, e non stressati e

insoddisfatti.
Quando vi troverete fra la folla per l’acquisto dei regali natalizi,

provate veramente a pensare di cosa hanno bisogno le persone alle quali

volete fare un dono. Magari queste necessitano solo di un sorriso o di

qualcuno che semplicemente le stia ad ascoltare.
Auguro a tutti un sano e sereno Natale.

 


Di chi sono le colpe?

 

Di Aries Dominghini

 

Nel mese di Ottobre 2002 il Molise è stato messo in ginocchio dal

terremoto.
A San Giuliano di Puglia, in Molise, è crollata una scuola causando la

morte di 26 bambini e una maestra. In Sicilia invece l’Etna ha ripreso

la sua attività peraltro mai cessata, causando seri problemi ai paesi

che sono situati alle sue pendici.
E’ stato un mese molto difficile, abbiamo potuto toccare con mano le

sofferenze di genitori che hanno perso i loro figli e di coloro che

sono ora senza casa.
Inoltre, con l’inverno alle porte, gli sfollati vivono in condizioni

precarie. Nelle  tendopoli, dove il freddo si sente ancor più del

normale. Fortunatamente la Protezione Civile si sta muovendo in tempi

rapidi e sta cercando di dare a tutti una sistemazione più decorosa, in

attesa che le case distrutte dal terremoto vengano ricostruite.
Davanti a simili tragedie, è inevitabile provare dolore per la morte di

tanti bambini, ma nello stesso tempo nasce la rabbia.
L’uomo moderno ha la presunzione di riuscire a controllare qualsiasi

cosa. Tutti noi siamo convinti di avere il dominio anche sugli eventi

naturali.
Certo i terremoti non si possono fermare, si può però cercare di fare

in modo che in eventi del genere muoiano meno gente possibile.
Le leggi sulla costruzione di case antisismiche esistono, eppure perché

non si controlla che queste vengano rispettate?
Se sappiamo che in Italia ci sono zone che hanno un’elevato rischio di

sisma, perché non si fa in modo che vi siano controlli alle case per

vedere se si devono apportare delle modifiche?
Perché noi italiani dobbiamo sempre piangere  e correre ai ripari

quando il peggio è già avvenuto?
Io non pretendo che vengano rifatte tutte le case della nazione, ma che

si presti più attenzione alle costruzioni di nuove abitazioni e anche

alle ristrutturazioni di fabbricati già esistenti.
Sarebbe ora di comprendere che spesso le tragedie si possono evitare,

un conto è il danno materiale, al quale vi è sempre rimedio, un altro è

quando vengono perse vite umane.
Nessun risarcimento ridarà mai i figli ai genitori che ora piangono i

loro angeli.
Fino a quando l’uomo moderno non ammetterà di essere impotente davanti

a certi fenomeni, e ad avere l’umiltà di dire chiaramente che la

tecnologia non può tutto, le tragedie saranno sempre di più.
Anche le alluvioni sono il nostro “tallone di Achille”, ma non perché i

nostri fiumi siano particolarmente cattivi. L’uomo vuole imprigionare i

corsi d’acqua, pretende di far fare alle acque il corso che decide lui.

L’urbanizzazione smisurata e non controllata ha tolto spazio ai nostri

fiumi, li ha ingabbiati nel cemento. Tutto questo senza considerare che

l’acqua non si può fermare, essa segue il suo corso e travolge tutto

ciò che trova sulla sua strada.
Molte alluvioni si potevano evitare.
Io abito a Milano e ogni volta che piove in maniera violenta, le

strade, le cantine, si allagano inesorabilmente. Dai tombini sale

addirittura l’acqua e il perché, non è molto difficile da spiegare.
Nel sottosuolo  di Milano,  sono stati “ingabbiati” dei fiumi  ai quali

è stato fatto un letto di cemento, cosicché quando c’è un forte

acquazzone, l’acqua non potendo essere assorbita dal terreno, si sfoga

in un altro modo, cercando  una via d’uscita.
Fino a quando si allagano le cantine poco male, il problema è quando

l’acqua spazza via anche paesi interi.
Detto questo, pensiamo veramente che la natura sia cattiva con noi, che

le tragedie capitino senza preavviso e che noi non possiamo fare nulla

per evitarle?
Io non penso questo, sono convinta che se rispettassimo di più la

natura anche la nostra vita sarebbe migliore.
Ormai si corre dietro al denaro e non ci si rende conto che l’aria

pulita, i mari non inquinati, i prati verdi pieni di fiori, le pinete

in montagna, non si comprano con i soldi ma solo col rispetto.

 


Due tesi a confronto

 

Di Maurizio Martini

 

Nel mese di Novem-bre, si è svolto il più che famoso social forum di

Firenze. Proprio in coincidenza dell’evento, su due quotidiani

italiani, due importanti firme hanno fatto sentire la loro voce.
Mi riferisco ad Oriana Fallaci, che dalle pagine del Corriere della

sera del 6  novembre, ha scagliato tuoni e fulmini contro tutto e

tutti.
Mentre Eugenio Scalfari, dalle pagine di Repubblica, il giorno 7 ha

risposto all’articolo, definendo quella della Fallaci “retorica

vergognosa”.
Per quanto mi riguarda,  difronte a firme così importanti non voglio e

non sono assolutamente in grado di intervenire. Tuttavia, mi si

consenta di esprimere almeno un concetto.
La netta sensazione è che il pensiero della Fallaci, ancorché corretto

in certi tratti, nel suo complesso risulti estremamente carico  di

rabbia, oltre che viziato da profonda banalizzazione degli argomenti

trattati, che come minimo, denotano una grave mancanza di vedute sui

problemi che l’umanità sta attraversando in questo momento storico.
Detto questo, non mi dilungherò ancora, e qui di seguito potrete

leggere i due articoli prima citati, cosichè voi lettori potrete

rendervi conto direttamente delle due tesi, e farvi un’idea personale.

 

 

«Fiorentini esprimiamo  il nostro sdegno»

 

Di Oriana Fallaci
(tratto dal corriere della sera del 06/11/02)

 

Fiorentini, abbiate dignità. Non siate inerti, non siate rassegnati,

esprimete il vostro sdegno. In maniera civile. Educata, civile!

Chiudete i negozi. Inclusi quelli dei generi alimentari. Tanto cinque

giorni passano presto, e in cinque giorni non si muore certo di fame.

Chiudete i ristoranti, i bar, i mercati. Chiudete i teatri, i cinema,

le farmacie. Chiudete tutto, abbassate le saracinesche, metteteci il

cartello che i coraggiosi misero nel 1922 cioè quando i fascisti di

Mussolini fecero la marcia su Roma. «Chiuso per lutto». Lo stesso

cartello che dovrebbe stare all’ingresso degli Uffizi, degli altri

musei tenuti aperti dal Municipio, del Battistero, di Santa Maria del

Fiore, di tutte le chiese, nonché sul Ponte Vecchio e sul Ponte a Santa

Trinita. E non mandate i bambini a scuola. Non rivolgete la parola a

coloro che come minimo vogliono imbrattare i nostri monumenti. Non

guardateli nemmeno, non rispondete alle loro provocazioni. Imponetevi

una specie di coprifuoco, sentitevi come vi sentivate nel 1944 cioè

quando i tedeschi fecero saltare in aria i nostri ponti e via

Guicciardini, via Por Santa Maria. Offrite al mondo il doloroso

spettacolo di una città offesa, ferita, tradita e tuttavia orgogliosa.

Orgogliosa!

Perché è possibile che quei gentiluomini e quelle

gentildonne usi a imbrogliare con la parola più sputtanata del mondo,

la parola Pace, non ci devastino Firenze. E’ possibile che per non

perder la faccia e i privilegi di sindaco, di presidente della Regione,

di deputato, di senatore, di ministro, di segretario generale, gli

squallidi mecenati del Social Forum li convincano a rimangiarsi la

minacciosa promessa «Non sarà una manifestazione non violenta». Cioè a

non fare ciò che hanno fatto a Seattle, a Praga, a Montreal, a Nizza, a

Davos, a Napoli, a Quebec City, a Göteborg, a Genova, a Barcellona. E’

possibile, sì, e augurandomi di non sbagliare aggiungo: con le dovute

eccezioni, secondo me andrà così. Non oseranno spaccarli i genitali del

David e del Biancone. Non oseranno romperle le braccia del Perseo di

Cellini. Forse non oseranno nemmeno assaltare le banche e i consolati e

le caserme. Ma non esiste solo la violenza fisica. La violenza che

nutrendosi di cinismo va in cerca del morto da santificare, che per

trovarlo scaglia pietre o estintori contro il carabiniere terrorizzato.

La violenza che nutrendosi di cretineria imbratta le facciate degli

antichi palazzi, frantuma le vetrine, saccheggia i Mac Donald, brucia

le automobili. Che occupa le case e le banche e le fabbriche, che

distrugge i giornali e le sedi degli avversari. Che (non avendo

studiato la storia loro non lo sanno) ripete gli sconci cari ai

fascisti di Mussolini e ai nazisti di Hitler. Esiste anche la violenza

morale, perdio. Ed è la violenza che si manifesta con le demagogie e i

ricatti, che si esprime con le minacce e le intimidazioni. La violenza

che sfruttando la legge umilia la Legge, la ridicolizza. La violenza

che servendosi della democrazia oltraggia la Democrazia, la dileggia.

La violenza che approfittandosi della libertà uccide la Libertà. La

assassina. E questa violenza Firenze la subisce in misura sfacciata.

Scandalosa.

La subisce per colpa di coloro che per tenersi le

poltroncine del Potere, procurarsi altrove i voti negatigli dal Popolo,

le hanno imposto l’oceanico e protervo raduno detto Social Forum. Che

usando anzi sprecando il denaro pubblico, il denaro dei cittadini, lo

hanno piazzato in uno dei suoi monumenti: la Fortezza da Basso. Che

ignorando o fingendo di ignorare il suo patrimonio artistico, la sua

vulnerabilità, la sua indifendibilità, le rovesceranno addosso (così

molti affermano) una moltitudine pari ad oltre la metà dei suoi

trecentottantamila abitanti. Cioè duecentomila persone. Che insieme

alla gente di buonafede (a mio avviso una pericolosissima buonafede ma

finché non partorisce il Male la buonafede va rispettata) ha lasciato

entrare i teppisti cui dobbiamo le nequizie dei precedenti Social

Forum. I falsi rivoluzionari, i figli di papà, che vivendo alle spalle

dei genitori o di chi li finanzia osano cianciare di povertà. Di

ingiustizia. I presunti pacifisti, le false colombe, che la pace la

invocano facendo la guerra e la esigono da una parte sola. Cioè dalla

parte degli americani e basta. (Mai che la chiedano a Saddam Hussein o

a Bin Laden. Mai che improvvisino un corteuccio per le creature

assassinate o gassate dal primo e le creature massacrate dal secondo.

Infatti Saddam Hussein lo rispettano, Bin Laden lo amano. Ai regimi

militari e teocratici dell’Islam si inchinano, nei cosiddetti centri

sociali nascondono i clandestini non di rado addestrati da Al Qaida in

Iraq o in Iran o in Pakistan. E l’11 settembre erano i primi a

sghignazzare «Bene, agli-americani-gli-sta-bene»).

Quando parlo di coloro che per tenersi le poltroncine del Potere e

procurarsi altrove i voti negatigli dal Popolo hanno imposto questo

calvario a Firenze, parlo anzitutto della sgomentevole coppia formata

dall’ahimè presidente della Regione Toscana e dall’ahimè sindaco di

Firenze. Due sventure uscite da ciò che chiamo l’ex Agenzia di

Collocamento ovvero la Federazione Giovanile Comunista. Quel sindaco

che sembra nato solo per dar dispiaceri alla città. (Basti pensare alle

prepotenze degli extracomunitari cui l’ha consegnata, alla tenda dei

somali eretta due anni or sono in piazza del Duomo, all’orrenda tettoia

con cui vorrebbe deturpare gli Uffizi. E meno male che nei punti dove

andavano i pilastri si son scoperti preziosi reperti medievali). Quel

sindaco che in aprile definì il Social Forum «un’occasione da non

perdere». Che in giugno tacciò di «fascisti» i comitati che vi si

opponevano. Che in agosto negò l’esistenza d’un referendum col quale

tre quarti dei fiorentini s’eran pronunciati contrari. E che in

settembre, nel corso d’un dibattito al Rondò di Bacco, blaterò: «Ho

saputo che una nota scrittrice fiorentina si dà un gran daffare perché

i no-global non vengano a Firenze. Quella-signora farebbe meglio a

incontrarli, a vedere che bravi ragazzi sono». (Bravi come a Seattle, a

Washington, a Praga, a Montreal, a Nizza, a Davos, a Göteborg, a

Genova, a Barcellona, illustrissimo? Bravi come quel «disubbidiente»

che ha promesso non-sarà-una-manifestazione-non-violenta? E a

proposito: mi si racconta che sia pure obtorto collo Lei stia

esaminando la richiesta dei fiorentini cui piacerebbe dare alla Fallaci

un premio che da mezzo secolo viene attribuito solo ai comunisti russi

o cinesi o cubani eccetera. Insomma il Fiorino d’Oro. Non si azzardi a

darmelo, eh? Se si azzarda, glielo ficco in gola). Quel presidente

della Regione che non ne imbrocca mai una, che è il più insignificante

individuo mai apparso in Toscana, e che tuttavia si crede il granduca

Ferdinando III o Leopoldo II. Come un granduca si dà un mucchio di

arie, frequenta le cene della defunta aristocrazia. (Un’aristocrazia

che nel 1938 ricevette Hitler con tutti gli onori, che al Teatro

Comunale lo applaudì fino a spellarsi le mani). Quel presidente della

Regione che lo scorso ottobre disse: «Il Social Forum è un’esigenza

costituzionale». Poi annunciò che sarebbe sfilato col corteo a cui la

pace interessa da una parte sola, e dichiarò che «era disposto a

vedermi». (Disposto-a-vedermi, gio-vanotto?!? Toccava a me dire se

fossi disposta a vederla. E come le feci rispondere, non lo ero

affatto).

Parlo anche dei loro complici a destra e a sinistra. Dei loro compagni

di partito, dei loro compagnons-de-route verdi o bianchi o rossi o

viola o grigi, e dei loro avversari al governo. Cioè dei correi che per

calcolo o per convenienza, per furbizia o per viltà, in tutti questi

mesi non hanno mai mosso un dito. Che alla fine hanno aperto bocca solo

per prestarsi allo scaricabarile della sgomentevole coppia, al suo

codardo cercarsi un alibi, al suo pavido frignare

«Tocca-al-governo-garantire-la-sicurezza.

Con-la-sicurezza-noi-non-c’entriamo». Vero, Pisanu? Vero, Fassino? Vi

chiamo in causa perché (è giunto il momento di spiattellarlo

pubblicamente) una volta tanto l’ahimè sindaco di Firenze non si

sbagliava. Quella-signora se lo dava davvero il gran daffare. Con

assoluta discrezione ossia senza confidarmi con nessuno, senza

appoggiarmi ai giornali, senza esibirmi alle Tv, per l’intera estate mi

sono battuta per impedire che i bravi-ragazzi venissero a Firenze.

L’intera estate! Disperatamente, incessantemente. E sebbene la

sgomentevole coppia non l’abbia voluta vedere, voi due vi ho visto.

Sebbene con la sgomentevole coppia non abbia voluto parlare, con voi

due ho parlato. (Coi vostri prefetti, il prefetto di Roma e il prefetto

di Firenze, pure. Più volte). E con ciascuno, quindi sia con la destra

che con la sinistra, ho incominciato il discorso così: «Ascoltatemi

bene. Le pugnalate nella schiena io non le tiro: combatto a viso

aperto. E a viso aperto vi dico che se non fermerete questa

insensatezza, io vi sputtanerò. Oh, se vi sputtanerò!». Poi vi ho

ricordato che Firenze non è Porto Alegre. Che nonostante gli oltraggi

inflittile ogni giorno dai figli d’Allah è la testimonianza vivente

della nostra cultura. Della nostra identità. Della nostra civiltà. Vi

ho spiegato che difenderla è praticamente impossibile, che le sue

bellezze non stanno soltanto nei musei: a Firenze ogni statua, ogni

quadro, ogni palazzo, ogni strada, ogni piazza, ogni vicolo, ogni

pietra è un ostaggio. E vi ho fornito un esempio storico. Vi ho

raccontato che un secolo e mezzo fa, quando centinaia e centinaia di

facinorosi vennero da Livorno a Firenze per celebrarvi il loro «Forum»,

anch’essi furono sistemati nella Fortezza da Basso. Ma da questa si

spostarono in piazza Santa Maria Novella, da piazza Santa Maria Novella

in via Tornabuoni, da via Tornabuoni in piazza della Signoria cioè nel

Centro Storico, dal Centro Storico in Oltrarno. In tutta la città. E

per oltre un mese vi rimasero a far nefandezze, distruggere, devastare,

picchiare.

Ve l’ho raccontato, sì. E con tutta la passione di cui son

capace vi ho supplicato d’intervenire, d’impedire il disastro. Io che

non supplico mai nessuno. Neanche il Padreterno. A Lei, Fassino, chiesi

anche di sturare le orecchie dei suoi alleati o rivali. Di quello che

parla con l’erre moscia, ad esempio, e di quello che sfoglia la

margherita per sapere se la quercia lo ama o non lo ama. A Lei, Pisanu,

chiesi anche di sturarle al cavaliere che anziché occuparsi del paese

sta sempre a rodersi sui suoi processi o a far merende all’estero. Che

viaggia più del Papa ed ora è a Mosca per mangiare il caviale con

Putin, ora nel Texas per mangiar la bistecca con Bush, ora a Ryad per

bere il latte di cammella col suo socio in affari Al Walid, ora a

Madrid per assistere al matrimonio della figlia di Aznar, ora a Tripoli

per stringer la mano a quel farabutto di Gheddafi. Ma ne ricavai solo

la promessa, pardon l’assicurazione, che il corteo a sostegno di Saddam

Hussein e degli iracheni da cui Saddam Hussein riceve il cento per

cento dei voti non sarebbe entrato nel centro storico. E, tre giorni

fa, la notizia che non sarebbe partito dalla gloriosa Piazza

 

dell’Indipendenza. (La piazza da cui nel 1859 i patrioti fiorentini si

mossero per indurre gli Asburgo-Lorena ad andarsene via). Infatti, caro

Pisanu, lo scaricabarile della sgomentevole coppia Lei lo ha trasferito

al Parlamento dove in sostanza ha chiesto all’opposizione il permesso

di fare il suo dovere cioè di governare. E quando l’opposizione le ha

rilanciato la palla, «veda-Lei, decida-Lei», ha indossato i panni del

Ponzio Pilato. S’è rivolto al Consiglio dei Ministri, gli ha chiesto di

scegliere tra Gesù e Barabba. E loro hanno scelto Barabba. Hanno

salvato il Forum, hanno crocifisso Gesù cioè Firenze. Quanto a Lei,

Fassino, se l’è cavata sussurrando

«lasciamoci-alle-spalle-ogni-recriminazione, ogni-rimprovero-reciproco,

lavoriamo-insieme». In altre parole, con un cauto «Volemose bene».

Volemose-bene?!? Ah...! Quanto il suo avversario mi ricorda Ponzio

Pilato, tanto Lei mi ricorda i medici che stanno al capezzale di

Pinocchio. «Se non è morto, è vivo. Se non è vivo, è morto». Perbacco,

non c’è proprio nessuno tra voi che dica pane al pane e vino al vino?

Non c’è proprio nessuno che abbia un po’ di coraggio?

Con rispetto

parlando nel mucchio ci metto anche Lei, signor Presidente della

Repubblica. Perché Lei non viene mai rimproverato, Eccellenza. A Lei

non viene mai rivolto un briciolo di critica. Lei è come l’Islam

dell’Islam-Non-Si-Tocca. Io, invece, La tocco eccome. E Le dico: mi

dispiace d’averLe inviato quella letterina di congratulazioni quando

ricevette il prestigioso e impegnativo incarico. Mi dispiace perché Lei

mi ha proprio deluso. La telefonata che feci al Quirinale in estate,

cioè quando parlai con Sua moglie, era un grido di dolore rivolto a

Lei, Eccellenza. Un SOS diretto all’uomo che dovrebbe essere il babbo

di tutti gli italiani, quindi anche dei fiorentini. E Lei non si degnò

nemmeno di richiamarmi cioè di domandarmi per quali ragioni fossi così

preoccupata anzi disperata. Glielo ha impedito l’etichetta, forse? Che

diamine! Non è mica Sua Maestà il Re d’Italia, sor Ciampi! E’ un

presidente al servizio dei cittadini! Per questo abbiamo licenziato la

monarchia, per questo la teniamo in quel bel palazzo che apparteneva ai

Savoia! O lo ha dimenticato? Bè, i Suoi predecessori non lo

dimenticavano. Se avessi chiesto l’aiuto di Pertini, Pertini avrebbe

fatto fuoco e fiamme. Fuoco e fiamme! Lei invece s’è limitato a un

comodo «Penso-che-non-vi-

sia-italiano-cui-non-prema-il-patrimonio-culturale-di-Firenze». Tutto

qui?!? Temeva forse d’offendere i bravi-ragazzi e i loro protettori

(quei protettori cui deve il prestigioso e impegnativo incarico) a dire

qualcosa di più anzi ad alzar la voce? E poi: non gliel’ha riferito

nessuno che non si tratta solo di italiani, che gomito a gomito con gli

italiani ci saranno o meglio ci sono i teppisti greci e baschi e danesi

e olandesi e inglesi e francesi e ungheresi e tedeschi e bosniaci cioè

gente a cui del patrimonio-artistico non importa un cavolo? Peggio, (o

quasi): non glielo ha detto nessuno che per cinque giorni Firenze

diventerà una città blindata, una città sotto assedio, una città che

vive nella paura, una città dove i cittadini perderanno anche la

libertà di camminare nelle proprie strade? Ma chi sono i suoi

ciambellani, pardon i suoi consiglieri? Allora aveva ragione Sua

moglie, quando al mio grido di dolore rispose: «Grazie, cara signora,

grazie d’averci informato. In questo momento mio marito è chiuso in

ufficio a lavorare, ma stasera a tavola gli racconto tutto. Perché

vede, qui al Quirinale non si sa mai nulla».

Eh, sì, fiorentini: siamo

proprio soli a difendere la nostra dignità. Soli con quei poveri

carabinieri e quei poveri poliziotti che comunque vada ne usciranno

maltrattati, insultati, calunniati. Quei poveri figli del popolo che a

Genova vennero accusati d’aver spento-le-sigarette-sul-morto.

(Vergogna!). Quei poveri cristi a cui i teppisti greci hanno promesso

una-pallottola-a-testa, e che durante i cinque giorni non avranno

neanche il diritto di difendersi con la rivoltella. Di sparare per

ammonimento. Bè, il coraggio è anzitutto ottimismo: io continuo a voler

pensare che i teppisti, pardon, i bravi-ragazzi greci eccetera quella

pallottola se la terranno in tasca. Sia pure per lercia convenienza i

loro protettori hanno capito che se avvenisse qualche tragedia ne

pagherebbero il fio, e stanno davvero correndo ai ripari. Ma nessuno è

profeta e... Comunque vada, l’offesa rimane. Il calvario rimane. La

violenza morale rimane. Sicché, fiorentini, abbassatele davvero quelle

saracinesche. Mettetecelo davvero il cartello «Chiuso per lutto».

Esprimetelo, esprimiamolo davvero il nostro sdegno. Dico «esprimiamolo»

perché a Firenze ci sarò anch’io.

 


Retorica vergognosa


Di Eugenio Scalfari (tratto da Repubblica del 07/11/02)

 

La retorica di Oriana Fallaci è spontanea, autocreativa. Il suo caso

non è certo unico ma è raro: fino a un secolo fa la retorica si

studiava ancora in certe scuole e fino al Settecento era materia

d’obbligo in tutta Europa per chi volesse addottorarsi in diritto,

filosofia, teologia. Oriana però non ha avuto bisogno di nessun

retroterra acca-demico, la sua retorica promana dai flussi di

adrenalina che debbono essere miracolosamente efficaci se producono i

frutti che conosciamo dai suoi articoli, dalle sue interviste e da

almeno qualcuno dei suoi libri. Come tutti i fenomeni rari del

linguaggio, la sua sintassi, il montaggio delle frasi, la

concatenazione dei periodi, degli aggettivi, dei tempi verbali meritano

attenzione e analisi. L’argomento cui si applica importa fino a un

certo punto, di solito è un pretesto che serve da stimolante; una volta

che lo stimolante sia entrato in azione i risultati sono quasi sempre

quelli attesi che si possono riassumere in una sorta di dichiarazione

di guerra di Oriana contro il resto del mondo. Il resto del mondo si

materializza in un personaggio che ovviamente deve avere statura

planetaria; oppure in uno specifico gruppo politico, anch’esso di

dimensioni globali, se no che guerra sarebbe? Oriana non è pulzella da

guerricciole.
Un altro elemento della sua retorica che bisogna tenere in

conto: la Nostra non sopporta alleati, la guerra è la sua e lei deve

esser la sola a combatterla; perciò mentre attacca il nemico mondiale

non manca mai di riservare qualche trafelato periodo anche ai suoi

potenziali amici, soggettivi o oggettivi che siano, affinché si

guardino bene dal-l’intervenire accanto a lei. Lei è l’Unica, riassume

in sé tutto il Bene del mondo in lotta contro il Male.
Fin qui l’Oriana

che noi - suoi colleghi in giornalismo - abbiamo conosciuta. Negli

ultimi tempi c’è qualche tono in più. Forse dipende dal correr del

tempo che rende alcuni un poco più saggi, altri un poco più cinici,

altri ancora più rabbiosi di prima. Per Oriana dev'essere stato

difficile superarsi nella rabbia, eppure c’è riuscita egregiamente; non

a caso titolò “La rabbia e l’orgoglio” il suo primo pamphlet contro

l’Islam pubblicato dal Corriere della Sera qualche mese fa. Il titolo

fece effetto, il testo anche: se incitate la gente ad esser rabbiosa e

orgogliosa di esserlo, se siete capaci di esprimervi con una retorica

adeguata e adeguatamente infuocata e se infine disponete d’una tribuna

e d’un altoparlante di buona potenza, otterrete una moltitudine di

consensi. La moneta cattiva ha sempre scacciato la buona dal mercato,

non è vero? Oriana contro l’Islam è una contrapposizione un po’ comica

ma funziona per le menti semplici. E così la tenzone è proseguita in

varie puntate ma poi si è in qualche modo illanguidita: quando stanno

per entrare in campo le bombe e i cannoni veri lo spazio per gli

sbandieratori si riduce. Per fortuna (di Oriana) si è presentata

un’altra occa-sione: Firenze minacciata, Firenze stuprata violentata

intimidita terrorizzata. La sua Firenze (di Oriana). La città-simbolo,

la città-scrigno, la città del mondo. Minacciata da chi? Da Agnoletto?

Da Casarini? Dal sindaco Domenici? Dal presidente della Regione,

Martini? Da un corteo pacifista? Avversari ridicoli, nemici

inesistenti. Ma se dietro le maschere di Agnoletto, di Casarini, di

Domenici, dietro la complicità di Fassino, dietro le ipocrisie di

Berlusconi, dietro l’ignavia di Ciampi (ed ecco che le dimensioni del

nemico cominciano già ad ingrossarsi); se dietro a questi modesti

bersagli si profilano anche le ombre di Bin Laden, di Saddam Hussein,

di tutto il terrorismo internazionale, allora sì, ci siamo di nuovo, lo

schema Oriana contro il resto del mondo riprende quota, torna a volare

alto, manda di nuovo il grido dell’aquila dalle colonne del Corriere

della Sera. L’aquila difende Firenze, altrimenti inerme e preda della

violenza barbarica. Ma Firenze deve fare anch’essa la sua parte: deve

chiudere per cinque giorni tutti i negozi (anche quelli alimentari),

tutti i cinematografi, tutti i teatri, tutte le discoteche, tutte le

chiese, tutte le scuole. Su ogni portone sbarrato deve appendere il

cartello “chiuso per lutto”. E con questo silenzio spettrale deve

accogliere le orde dei barbari che certamente dilagheranno, bruceranno,

romperanno, insozzeranno. Li accolga il gelo del silenzio e quella sarà

la loro Beresina. C’è anche il caso che la violenza materiale dei

barbari non abbia luogo perché anche i barbari si sono fatti furbi. Ma

resterà pur sempre la violenza morale che hanno esercitato sulla città

e questo deve bastare. Questa l’Oriana del 6 novembre. Si direbbe che a

lei piaccia che quelle violenze materiali ci siano veramente. Con

l’articolo di ieri ha fatto quanto poteva per provocarle e attizzarle.

Da Giovanna d’Arco si è trasformata in provocatrice seriale, “picador”

e “matador” d’un toro che rischia di esser diventato remissivo e di

mandare a monte lo spettacolo. Mi per-metto di dire che questo tipo di

retorica è vergognoso.

 


Per un Natale che non porti sofferenza e morte agli animali

 

A cura di Vita universale

 

Gli animali – vittime innocenti.
Cosa dicono alcuni grandi personaggi in merito al consumo della carne
in merito alla caccia?

 

Natale è alle porte: una festa che dovrebbe rappresentare per ognuno di

noi un momento di riflessione, di pace e serenità, un’occasione per

riconciliarci con il prossimo (ed anche con il secondo prossimo, ossia

gli animali) ed approfondire il significato della venuta di Gesù di

Nazareth su questa terra. Con i Suoi insegnamenti – contenuti ad

esempio nel “Discorso della Montagna” – Egli ci invita a seguire

principi etici e morali elevati nella nostra vita, includendo anche il

rispetto e l’amore per ogni forma di vita e quindi anche per gli

animali e la natura. Una frase del Cristo dice infatti: “Ciò che fate

alla  più piccola delle Mie creature, lo fate a Me”.
Il Natale è divenuto una festa esteriorizzata e caotica, ha perso il

proprio significato più profondo ed è purtroppo causa di indicibili

sofferenze per milioni di animali costretti a morire per l’egoismo e il

piacere del palato dell’uomo, che festeggia con banchetti una festa

della quale ben poco è rimasto di cristiano. Gesù venne invece al mondo

in mezzo agli animali, come simbolo dell’amore di Dio per tutte le Sue

creature e dell’unità che dovrebbe esistere tra l’uomo e le altre forme

di vita.
In un libricino edito da Vita Universale – dal titolo “L’amore di Gesù

per gli animali che è sempre stato tenuto nascosto”- , antichi scritti

dimostrano che i cristiani delle origini erano vegetariani. Leggiamo in

merito al rapporto che Gesù aveva con tutte le creature:
«Gesù giunse in un villaggio dove vide un gattino randagio che soffriva

di fame e Lo implorava miagolando. Lo raccolse da terra, l’avvolse nel

suo mantello e lo fece riposare sul Suo petto. E attraversando il

villaggio, diede al gatto da mangiare e da bere. Ed esso mangiò e bevve

e Gli dimostrò la Sua gratitudine. Ed Egli lo diede ad una delle Sue

discepole…
Ed alcuni del popolo dissero: “Quest’uomo si prende cura di tutti gli

animali. Sono forse Suoi fratelli e sorelle da amarli così tanto?” Ed

Egli disse loro: “In verità, questi sono i vostri confratelli della

grande famiglia di Dio, vostri fratelli e sorelle, che hanno lo stesso

soffio di vita dell’Eterno. E chiunque si prende cura del più piccino

di essi e gli dà da mangiare e bere nella sua pena, lo fa a Me; e chi

permette intenzionalmente che uno di essi abbia a soffrire penuria e

non lo protegge quando viene maltrattato, permettendo che avvenga

questa malvagità, è come se fosse stata inflitta a Me…» (Cap. 34)

Nella seconda parte di questo libretto vengono riportate affermazioni

fatte da grandi personaggi che condannano il consumo di carne e la

pratica della caccia, come per esempio:

Albert Einstein, fisico e premio Nobel, padre della teoria della

relatività:
«Nulla aumenterebbe la possibilità di sopravvivere su questa terra come

il passo verso un’alimentazione vegetariana».

Leonardo da Vinci:
«Verrà il giorno in cui gli uomini condanneranno l’uccisione di un

animale come oggi condannano quella di un uomo. Verrà un tempo in cui

condanneremo chi si ciba di animali nello stesso modo in cui oggi

condanniamo come cannibale chi si ciba dei nostri simili.»

Leo Tolstoi
«Fino a che esisteranno macelli, esisteranno campi di battaglia.»
«L’uomo può vivere e restare sano senza dover uccidere animali per

cibarsene. Quindi, mangiando carne si rende responsabile della morte di

animali solamente per soddisfare il proprio palato. Agire in questo

modo è immorale…»

Paul McCartney
«Credo nelle proteste pacifiche e non mangiare animali è una protesta

pacifica».
«Non si può mangiare ciò che ha un viso»

Pitagora
«L’uomo dovrà pagare con la stessa moneta ciò che infligge agli

animali».

(Coloro che desiderino  ulteriori  informazioni sulle attività di vita

universale, possono visitare il nostro sito:
www.vita-universale.org)

 

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