Giovani del 2000


Informazione per i giovani del III millennio    numero 23    Dicembre 2006


Direttore  Prof. Carlo Monti


Vice Direttore  Maurizio Martini


Redattori  Alessio Lenzi, Massimiliano Matteoni


Collaboratori di redazione Elena Aldrighetti Consuelo Battistelli Cristina Della Bianca Luigi Palmieri


Redazione


Via Francesco Ferrucci 15


51100 - PISTOIA


Tel.  057322016




e-mail:

redazione@gio2000.it


Sito internet:

www.gio2000.it


Tipologia: notiziario


Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Firenze al n. 4971 del 26.06.2000


Gli articoli contenuti nel  periodico non rappresentano il pensiero ufficiale della redazione, ma

esclusivamente   quello del singolo articolista.


ELENCO RUBRICHE


Annunci


Comunicati


Cucina


Cultura


Esoterismo, religioni e dintorni


Hobby e tempo libero


Informatica


Istruzione


Lavoro


Musica


Normalità e handicap


Patologia


Racconti e poesia


Riflessioni e critiche


Satira


Spazio donna


Sport


In questo numero

 

Editoriale

 

Spunti vari

Di Maurizio Martini

 

Comunicati

 

Concorso fotografico


Il museo è  per tutti


Cucina

 

Tutti in cucina (parte ottava)

Di Elisabetta Barsotti


Cultura


L’arte sottomano

Di Luisa Bartolucci


Istruzione


La scuola media superiore italiana oggi

Di Antonino Cucinotta


Musica

 

Dodicimila lune

Di Luisa Bartolucci


Normalità e handicap


Per  una  giusta   rieducazione  ed istruzione  dei  ragazzi  ciechi nella  scuola 

ordinaria

Di Antonino Cucinotta


Racconti e poesie


Papavero

Di Diletta Saracino


Dove sei?

Di Tess


Riflessioni e critiche


Xenofobia  e discriminazioni: quelle profonde piaghe  sociali…

Di Andrea Bonfiglio

 

Il rapporto  con  la  bilancia

Di Elisa Alfier


Editoriale

 

Spunti vari

di Maurizio Martini


Scrivere un editoriale  in prossimità  Del fine anno non è facile.

Tale difficoltà proviene   da vari fattori. In primo luogo, il desiderio di riassumere l’anno che sta

finendo,  parlando delle cose che non vanno, ma    anche di quelle che invece funzionano.

Poi c’è la voglia di gettare lo sguardo all’anno che sta per giungere, insomma le idee si affollano, e

quel che risulta è un minestrone di pensieri non facili da ordinare.

Per la verità, potremmo parlare di molte cose. La finnanziaria che tante  paure sta creando, il caso

Welby, che grazie   al   suo coraggio  ha messo  in piazza la propria drammatica storia personale, 

sollevando così un problema che chiede una soluzione rapida, che non si risolve certo  negando il

funerale alla vigilia del santo Natale; certo, proprio un bel modo questo, per dimostrare la carità

cristiana.

  Potremmo parlare della  situazione mondiale che vede il medio oriente sempre molto caldo ed

esplosivo,  il tutto contornato da scandali e scandaletti più o meno seri, più o meno pubblicitari.

Insomma possiamo parlare di molte cose, ma a noi basta constatare che tutto procede, che siamo

ancora qui, e  Nonostante il grado di idiozìa generale stia crescendo in maniera preoccupante,

giungono ancora segnali di vita e intelligenza, che  lasciano un filo di speranza.

A questo punto desidero informare tutti i nostri lettori delle ultime novità che ci riguardano da vicino.

Come molti di voi avranno notato per un certo periodo il nostro sito è stato irraggiungibile, e ancora

adesso non è del tutto funzionante.

Questo non è stato dovuto ad  problema  della rete o simili, l’interruzione è stata necessaria perché

stiamo  apportando profonde novità al sito stesso.

Tali novità riguardano particolarmente aspetti tecnici,  tuttavia anche voi lettori qualche novità la

troverete. Mi riferisco in particolare, al fatto che collegandovi alla pagina dei collaboratori, potrete 

contattare direttamente ognuno di loro tramite mail. Basterà cliccare sul nominativo, e non avrete da

far altro che scrivere ciò che desiderate. Questo è stato fatto per rafforzare la tradizione che la nostra

redazione porta avanti fin dall’inizio, cioè avere un rapporto diretto, uno scambio sempre più stretto

con chi fruisce dei nostri servizi.

    Queste novità saranno pienamente funzionanti nell’arco delle  prossime due settimane circa.

In ogni caso  sarà nostro piacere  avvertire tutti voi non appena  i servizi saranno nuovamente e

pienamente disponibili.

A tal proposito desidero ringraziare Alessio e Massimiliano, che sono gli esperti nella parte

informatica.

Un’altra interessante iniziativa è la collaborazione che la nostra rivista ha iniziato con l’associazione

culturale (Orizzonte cultura).

   Nella sezione  comunicati, troverete un bando dedicato alla fotografia, ma  prossimamente saranno

organizzati bandi dedicati alla poesia, alla narrativa ecc. Tutti questi bandi saranno pubblicizzati e

patrocinati dalla nostra testata.

Chi desiderasse visitare il sito   dell’associazione orizzonte cultura con noi gemellata,  può collegarsi

al seguente indirizzo: www.orizzontecultura.org

Giunto a questo punto, mi fermo e lascio la parola,anzi lo scritto agli interessanti articoli che seguono.

Prima di concludere desidero formulare a tutti voi e ai vostri cari, un augurio sincero di buone feste, e

di un 2007 ricco di ogni gioia e serenità.


Torna all’indice 


Comunicati

 

Concorso fotografico


La redazione di Gio2000 è lieta di annunciare ai suoi lettori l’indizione del I Concorso Fotografico

“Immagini – Orizzonte Cultura” la cui organizzazione è curata in collaborazione con l'associazione

"Orizzonte Cultura". L’adesione è libera ed aperta a tutti. Per partecipare è sufficiente seguire le

istruzioni riportate nel bando pubblicato nella sezione “Concorsi” del sito www.orizzontecultura.org 

Di seguito riportiamo le principali notizie inerenti la manifestazione.

Il concorso si articola in 4 sezioni:

A) “GENTE” – Destinata ad opere fotografiche aventi per tema le persone.

B) “NATURA” – Destinata ad opere fotografiche aventi per tema l’ambiente.

C) “CITTA’” – Destinata ad opere fotografiche aventi per tema la vita urbana.

D) “TEMA LIBERO” – Destinata ad opere fotografiche aventi per tema soggetti che non rientrano in

alcuna delle precedenti categorie.

 

Al concorso possono partecipare tutti gli appassionati di fotografia senza distinzione alcuna inviando,

entro il 15 Febbraio 2007, non più di tre foto inedite per categoria (è possibile inviare le fotografie sia

in formato digitale tramite e-mail che stampate su carta fotografica tramite posta ordinaria) e

compilando l’apposita scheda d’adesione. A parziale copertura delle spese di segreteria è richiesto un

contributo di partecipazione pari a 5 Euro.

Nel mese di marzo verrà organizzata una pubblica cerimonia di premiazione durante la quale saranno

premiati con targhe, coppe, medaglie e trofei i primi tre classificati di ciascuna sezione, inoltre sarà

nominato un vincitore assoluto al quale verrà assegnata la somma di 50 Euro.

Si ricorda che il bando integrale è disponibile sul sito www.orizzontecultura.org 


Per ulteriori informazioni contattare l'associazione "Orizzonte Cultura" all’indirizzo di posta

elettronica info@orizzontecultura.org oppure al numero telefonico 338 1924150.


La Redazione


Torna all’indice

    

Il museo è per tutti

Percorsi tattili per non vedenti


Da sempre attento alle esigenze dei propri visitatori, il Museo di Storia della Scienza rende fruibili da

quest'anno le preziose collezioni di strumenti scientifici anche al pubblico dei non vedenti.

Seguendo un percorso tattile studiato ad hoc, realizzato anche grazie al supporto dell'Unione Italiana

Ciechi, il visitatore non vedente ha la possibilità di fare esperienze nelle 21 sale che compongono il

Museo. La visita, gratuita, prende in esame alcuni strumenti, sia originali che in replica, che il disabile

può "vedere con le mani", dopo averne appreso dall'accompagnatore le peculiarità, la storia e il

funzionamento.

Di particolare interesse, all'interno del percorso, le esperienze sensoriali con i notturnali che, usati in

assenza di luce, costringevano gli utilizzatori a sviluppare un'elevata sensibilità tattile o quelle con le

macchine elettrostatiche a disco che, elettrizzate tramite strofinio, producono scosse ben percepibili a

livello sensoriale. Altrettanto affascinante la visita alla sala XVIII, dedicata alla chirurgia e

all'ostetricia, all'interno della quale i non vedenti hanno la possibilità, toccando alcuni modelli in

terracotta, di seguire passo dopo passo il processo del parto.


Il Museo di Storia della Scienza, che da tempo offre al proprio pubblico un elevato livello di

accessibilità, intende con questa iniziativa compiere un primo passo verso la totale fruibilità da parte

dei visitatori con handicap visivo.


Il servizio, completamente gratuito, viene effettuato su prenotazione allo 055 210866 (lunedì-

mercoledì-venerdì 9-13; martedì-giovedì 13-17)

Istituto e Museo di Storia della Scienza Piazza dei Giudici 1 - Firenze

Tel. 055 265311; http://www.imss.fi.it



Torna all’indice

 


Cucina


Tutti in cucina (parte ottava)

di Elisabetta Barsotti


Carissimi amici, ben ritrovati!

 

Rieccoci per un altro numero della nostra rubrica golosona! Allora, che mi raccontate? Qui ci si sta

preparando per le grandi abbuffate del periodo di festa! Solo a  pensare a tutto quello che ci

magneremo mi sento già ingrassata, aiuto!

Però, come rinunciarci? Vabbè, vorrà dire che da gennaio ci metteremo seriamente a dieta, per il

momento pensiamo a divertirci e a star bene!


Dunque dunque, vi starete chiedendo quali ricettine vi proporrò questa volta, a dire il vero è qualche

giorno che ci penso e cerco di trovare qualcosa che si addica al periodo, qualcosa di goloso, raffinato e

non troppo impegnativo da preparare perché anche chi fa gli onori di casa deve potersi godere la festa!

E allora, mettetevi il grembiulino, si comincia!


Vol-au-vent agli asparagi


Ingredienti per 4 persone

8 vol-au-vent già pronti

1 confezione di punte di asparagi surgelati

200 gr. besciamella

50 gr. grana


Preparazione

Tuffare le punte di asparagi in acqua bollente salata per farle scongelare rapidamente. Dopo

pochissimi minuti scolarle,  tagliarle a rondelle e terminare la cottura facendole saltare in padella con

burro bagnandole, se necessario, con poco brodo. Dopo una decina di minuti unire la besciamella,  il

grana, salare e pepare a piacere  e amalgamare molto bene. Se preferite potete ridurre tutto a crema

passando il composto nel frullatore o servendovi del minipimer.

Con questa crema riempire i vol-au-vent, cospargere la superficie con con una spruzzata di grana e

passare in forno per qualche minuto a gratinare prima di servire.

Variante: Se volete potete sostituire gli asparagi con dei funghi: In una padella fate rosolare aglio e

prezzemolo e cuocete i funghi per una quindicina di minuti. Procedete poi come sopra.


Ravioli con Gamberi e Champagne


Ingredienti per 4 persone

800 gr di ravioli con ripieno di verdura

600 gr di code di gambero sgusciate

2 porri

100 gr burro

2 bicchieri di champagne

6 cucchiai panna

sale pepe

 

Preparazione

Tritate grossolanamente metà delle code di gambero.

In una padella soffriggere il porro tagliato a rondelle con il burro. Aggiungere le code di gambero (sia

quelle tritate che quelle intere) e far cuocere per 1 2 minuti.

Salare e Bagnare con lo champagne e continuare la cottura per 5 minuti alzando un poco la fiamma

per far evaporare il vino.

Aggiungere la panna fresca e far saltare i ravioli, che nel frattempo avremo cotto in acqua salata,  in

padella insieme al sugo di gamberi e champagne. Aggiustare di sale e pepe e servire guarnendo i piatti

con foglioline di prezzemolo.

Semplici ma di grande effetto, ne andrete matti!

 

Involtini di pesce spada


Ingredienti per 4 persone

4 fette di pesce spada sottili

1 confezione di cuori di carciofo surgelati

una manciata di olive nere

2 o 3 capperi

1 cucchiaio di formaggio grana

1 cucchiaio di pane grattugiato

olio

origano

1 spicchio aglio

100 gr burro

1/2 bicchiere vino bianco

poco brodo


Preparazione

Rosolare i cuori di carciofo in 2 cucchiai d'olio, l'aglio e il prezzemolo tritati.

Cuocere 10 minuti, unire il formaggio e il pane e frullare. Battere leggermente le fette di pesce,

farcirle con il purè di carciofi e salare. Arrotolare a formare gli involtini, infarinarli e rosolarli in

padella antiaderente con il burro, sfumare con 1/2 bicchiere di vino bianco e lasciarlo evaporare. 

Aggiungere le olive e i capperi, spolverizzare con una manciata di origano e, se occorre, per non farli

asciugare troppo,  bagnare con del brodo e portare a cottura, circa 10 minuti.

Se volete potete anche servirli su un letto di lenticchie, in questo caso eliminate olive e capperi.


Dunque cari amici, per questa volta niente dolce perché, di questi periodi, tra panettoni, pandori,

torroni e simili,  in casa ne circolano già in quantità industriale!

Non mi resta che farvi i miei più sinceri auguri, che queste feste siano serene per voi e trascorse con le

persone più care. Brindo idealmente con voi al nuovo anno che possa essere come voi lo desiderate!


Torna all’indice


Cultura


“ L’Arte Sottomano”

di Luisa  Bartolucci


“Ma guarda! Quella signora sta toccando il quadro!  Anche il ragazzo che le è accanto!”

“Non sono i soli,sono in molti a toccarli!” “Guarda le loro mani sulle tele, sembrano

farfalle,delicate, sapienti,  leggere!”

“Che dici?  potrò toccarli anch’io?”

“Ora li tocco!E’ meraviglioso,sto scoprendo nuove emozioni, diverse sensazioni, per me prima

inimmaginabili! Senza toccare non si coglie a fondo la bellezza di queste opere!”.

Queste sono soltanto alcune delle esclamazioni  di visitatori sorpresi, sconcertati e confusi

capitati in un piovoso pomeriggio di Aprile all’Ambulacro Sant’Ivo alla Sapienza in

Roma,ove la pittrice Roberta Pugno esponeva in una personale dal titolo “Pensiero interno”

alcune delle proprie opere.  Ma quelli dell’artista Roberta Pugno non sono dei semplici dipinti,

delle tele comuni, i suoi quadri sono qualcosa di più, la sua è pittura materica, che dà la

sensazione del basso ed alto rilievo, talora, finanche della scultura. Le sue opere risultano,

pertanto, fruibili per la maggior parte, anche da persone che non vedono. Ed a ciò ha pensato

l’artista allorquando, con grande intelligenza e sensibilità, si è avvicinata all’Unione Italiana

dei Ciechi e degli Ipovedenti offrendo la propria disponibilità alla realizzazione di un evento

volto a mettere a disposizione di chi non vede, i propri quadri, non separatamente, ma in un

pomeriggio qualsiasi in cui la sua personale era aperta al pubblico.Le  sensazioni e le emozioni

sono state tante e molto diverse tra loro,Roberta Pugno ha voluto conoscere le impressioni ed i

commenti di ciascun visitatore non vedente e...  ciò che risulta più difficile, le interpretazioni

ricavate dall’esplorazione delle tele. Un’artista sensibile,interessante, aperta, che colpisce

anche per il suo entusiasmo e la naturalezza con la quale si confronta. A distanza di giorni le

abbiamo chiesto di rilasciarci un’intervista al fine di conoscerla meglio ed invogliare tante

altre persone a vivere questa singolare ed affascinante esperienza.

D. -  Roberta Pugno vuole presentarsi ai nostri lettori?

R. - Sono una pittrice professionista, nel senso che dedico la mia vita a questo lavoro, a questa

arte, mediante la quale mi sostengo anche finanziariamente. Sono a Roma da Quattro anni, ho

lavorato molto intensamente a Modena.Sono nata a Bolzano. Qui a Roma mi sto proponendo

ad un pubblico che in parte mi conosce ed in parte assolutamente no. Nella mia vicenda di

mostre in istituzioni  ed in gallerie ho avuto l’opportunità di incontrare anche voi.

D. - Come è nata la sua passione per la pittura,ammesso che la sua possa essere definita così,

giacché i suoi quadri sono molto più che semplici dipinti...

R. - La chiamano pittura materica, a tecnica mista. Le mie opere in effetti somigliano quasi più

al basso rilievo e non alla tradizionale pittura ad olio. A me piace far uscire, emergere dalla

superficie oggetti quasi ci venissero incontro. Questi oggetti possono essere libri, lune, o

ancora l’affiorare di un corpo... Come nasce la passione per la pittura? Nasce con la vita, nel

senso che ho sempre disegnato, il disegno da sempre è la mia primaria forma di espressione e

comunicazione con gli altri. Mi sono laureata, ho studiato mi sono resa un minimo autonoma

ed ho quindi deciso che la pittura sarebbe stata la spina dorsale del mio percorso nella vita. La

passione è per le emozioni che danno le immagini, ma anche per le emozioni originate dalle

nascite delle immagini all’interno.

D. -  Vuole diffondersi maggiormente sul significato di questi oggetti che paiono venirci

incontro,sulla loro importanza nella sua stessa vita?

R.  -  Quando mi commissionarono la mostra sull’”Orlando Furioso” fu un prorompere di

armature, elmi, maglie di battaglia, farli sensorialmente era veramente una cosa per me

bellissima. Poi vi è l’oggetto del libro,, il papiro, le note musicali. Dalla superficie,intesa come

la realtà od il mare od il presente, emergono queste cose che hanno da dire di più. E’ una sorta

di “Concentrato di energia”  come dice Giordano Bruno, una delle mie passioni.

D. - Filosofia e pittura si uniscono dunque. Ma come avviene l’incontro tra esse?

R. - La filosofia esprime concetti e pensieri; la filosofia vera esprime pensieri che, però, hanno

immagini, nel senso che sono poi legati  anche al corpo umano, alla sua biologia, alla sua notte

in cui si sogna, alla fantasia. Tutta la produzione  di immagini che fanno il rapporto

dell’interno dell’uomo; questo interno accomuna  la filosofia e la pittura, l’una con le parole,

ovviamente, l’altra mediante le immagini.   Esse, però, si possono fondere.

D. - Nella mostra che abbiamo avuto l’opportunità di visitare vi era un quadro legato al ciclo

di Giordano Bruno: vuole tentare di descriverlo ai nostri lettori?

R. -  La tela alla quale si riferisce è “Il libro nero”. E’ un immenso libro nero aggettante è un

vero volume, che si apre...dalla copertina passiamo alla prima pagina dalla quale emergono,

escono ventiquattro coni molto elevati, neri loro e nero il libro così come nera è la base dalla

quale il libro fuoriesce. Tuttavia le punte dei ventiquattro coni  sono luminosissime.  .. Non ho

l’interpretazione.  D. - Ad Oriolo Romano in una suggestiva cornice sta esponendo il ciclo

dedicato a Giordano Bruno.Come si compone tale ciclo al quale ha lavorato con particolare

passione?

R. - Siamo nel cinquecentesco Palazzo Altieri di Oriolo Romano, che anche con la sua

architettura ed i suoi affreschi abbraccia queste tele molto colorate,che raccontano il pensiero

dell’infinito  di Giordano Bruno,il pensiero della continua trasformazione della materia. Si

passa quindi al processo,al sacrificio,alla morte,al rogo di Giordano Bruno ed all’ipotesi

che,comunque, c’è un’immortalità nel pensiero che io rappresento come volto di donna.

D.- Nell’osservare le sue opere si riceve l’impressione di una Roberta Pugno in veste quasi di

pittrice notturna. E’ così?

R. - Sono una pittrice notturna, forse perchè nella notte vi sono le immagini più vicine all’arte,

cioè le immagini del sogno. A me il buio piace moltissimo, nel senso che esso è come

l’interno, da lì nascono i colori. D’altronde il bambino appena nato vede in modo confuso,ma

non è che per questa ragione egli non abbia immagini. Questo è tutto il grande discorso su

questo mondo di immagini in cui siamo immersi;la notte è la padrona di questa cosa,giacché il

giorno è come troppo netto, toglie la fantasia.

D. - Quali sensazioni ha prodotto in lei il fatto che delle persone con minorazione visiva si

accostassero ai suoi quadri esplorandoli?

R. - L’idea di avere un rapporto con le persone non vedenti nacque in Germania,quando feci

una mostra all’Istituto di Cultura; allora mi proposero questa esperienza, non la feci

direttamente, ma delegai degli operatori. Quella con voi, al contrario, è stata un’esperienza

diretta;parlavo io, parlavano altre persone, mentre voi scorrevate le superfici le curve ed i

colori. La sensazione che ho provato è stata il constatare che le immagini vi nascevano dentro,

cioè in pratica, quando un pubblico guarda una mostra, si sente se la guarda in maniera

fotografica o se sta costruendo una propria immagine. Voi siete obbligati a costruire una

vostra propria immagine e questa cosa dà un senso di realtà.

D.- Durante la mostra è capitato di udire visitatori normodotati fare esclamazioni di vario

genere:taluni hanno asserito di aver scoperto un nuovo modo per interpretare la sua arte,la sua

pittura materica. Qualcuno le ha riportato questo tipo di esperienza?

R. - In questo tipo di esperienza  vi è stato un fluttuare di emozioni incredibili;attraverso voi,

infatti, si rileggevano le opere;il pubblico poteva toccare ed avere un arricchimento della

comprensione dell’immagine. Debbo dire che la persona più sconcertante è stata, se posso

dirlo,il custode dell’Archivio di Stato, che ospitava la mostra. Costui ha detto:”Questa mostra

la conosco, ma l’ho capita solo in questa situazione.”. Ha poi aggiunto: “Ma allora l’arte è

questo!”  E’ stato molto bello.

D.- E’stato come scoprire un ulteriore aspetto della sua opera?

R. - Naturalmente.Quando abbiamo dialogato, al termine della visita, la prima risposta, che

vedeva in un’immagine che aveva dei piccoli canali in cui si collocavano delle perle, delle

palline uno spartito infinito mi ha fatto pensare ed io farò un quadro che si intitolerà “Spartito

Infinito”. Vi è stato anche motivo di ispirazione,giacché quando c’è  un rapporto vi sono tesi,

antitesi e sintesi. Da un rapporto si partorisce,se di rapporto si tratta,una terza cosa.

D.- Vi era anche un dittico di estremo interesse:la porta maschile e femminile. Come nasce e

quale è il suo significato?

R. - E’un dittico: a sinistra la porta femminile a destra la porta maschile o viceversa. Il

pensiero è che il contorno della porta è uguale, per entrambe i sessi; invece dentro vi sono

forme diverse e direi che tutti sanno quale è la porta maschile e quale la femminile. Non so

perchè,non è semplicemente perchè una è razionale e l’altra irrazionale...  Ci ho messo proprio

l’anima, affinché io potessi esprimere queste due diversità:una è me stessa,ma l’altra il resto

del mondo.

D. - Torniamo al ciclo dell’”Orlando Furioso”.Abbiamo potuto toccare il quadro dell’anello di

Angelica..

R. - E’ un altro modo di raccontare un’immagine femminile.Era l’anello di Angelica che era

stata inviata al fine di far litigare saraceni e paladini;la fanciulla era dalla parte dei saraceni.

Faceva innamorare i paladini e,al momento dell’approccio amoroso, si metteva l’anello

magico sotto la lingua e spariva. Ho inserito questo anello dentro un ovale che sta dentro un

rettangolo che è dentro al quadro. E’ questo un continuo sovrapporsi di superfici. L’anello è il

centro del mondo.

D.- Ma come e dove dipinge Roberta Pugno?

R.-  Posseggo un bello studio,dotato di un ampio terrazzo.Io lavoro in senso orizzontale,cioè a

terra,giacché opero sovrapponendo superfici, di colori,di materia, di oggetti,è un lavoro

lunghissimo, che termina solo quando esce l’immagine che avevo in mente non precisa, ma

come sensazione, finché, cioè,la mia sensazione non si trasforma in un’immagine.Solo

quando,guardando l’immagine,mi dico che ciò era quello che volevo, l’opera può dirsi

riuscita,conclusa.

D. - L’esperienza vissuta con persone ipovedenti e non vedenti è stata particolare anche perchè

ci si è confrontati su e con una forma d’arte anche un poco astratta.Come ha risposto dal suo

punto di vista questo pubblico differente e,soprattutto, è stato in grado di cogliere quanto lei ha

inteso esprimere mediante le sue opere?

R.- La cosa che mi ha sorpresa di più è che questo pubblico ha compreso perfettamente che

queste opere sono piccoli pezzi di qualcosa di più grande:aleggiava l’idea della possibilità che

anche una tela potesse avere in sé un pensiero molto più espanso e che le  tele erano solo un

fissare un attimo, un qualcosa in bilico tra il figurativo e l’astratto, in modo che tutti e, in

particolare voi, potessero vederci qualcosa producendo ed aggiungendo voi stessi un qualcosa

in questo “informe”,che dovrebbe essere l’arte,la quale si differenzia dalla fotografia che ha

una perfezione piatta, che non ci fa dire niente di più.

D.- Dove esporrà prossimamente e quali sono i suoi progetti?

R. - Ho uno spazio di Roma splendido che, però, per ora non voglio rivelare; lo saprete.

Stiamo lavorando per una mostra grandiosa.Lavoro generalmente in gallerie. Sono in fase di

trattative per diversi spazi. Sono abbastanza autonoma nell’andare a cercarmi degli

spazi,giacché questi debbono essere congeniali alle opere,mi piacciono le sfide di

un’architettura difficilissima ed allora lavoro  con opere che possano adattarsi ad essa. Mi

faccio trasformare dalle splendide forme di architettura.  Comunque sino al venti di Settembre

esporrò  ad Oriolo Romano tutto il ciclo di Giordano Bruno. Ho anche un mio sito piuttosto

complesso,ricco di immagini,per il quale sono riconoscente a chi vi ha lavorato:

www.Robertapugno.it.” 


Torna all’indice

 


Istruzione 


La scuola media superiore italiana oggi

di Antonino Cucinotta


Da un quarantennio a questa parte, la scuola italiana ha subito continue parziali riforme

fino a quella completa della Moratti, che non solo ha portato alla totale abolizione della

riforma Gentile del 1923, da tutti considerata elitaria e rigoristica, ma ha anche sovvertito

l’organizzazione e le stesse tradizionali finalità della scuola stessa.

Si è voluta aggiornare l’organizzazione con una maggiore apertura della scuola alla società

e con l’introduzione nella stessa di una maggiore democraticità.

A questo fine, è stata promulgata la legge con la quale nel 1973 si sono istituiti i decreti

delegati che hanno sancito la costituzione dei Consigli di classe e di istituto con la

partecipazione agli stessi di una rappresentanza degli studenti e dei genitori

democraticamente eletti.

Questi nuovi componenti avrebbero dovuto collaborare con i docenti a migliorare

l’organizzazione scolastica, a correggere eventuali disfunzioni delle classi, a suggerire

nuove iniziative scolastiche e a scegliere i testi riguardanti le singole materie.

Come spesso avviene, in Italia si promulgano leggi d’avanguardia, ma di difficile

applicazione pratica. Così è stato per i decreti delegati che avrebbero voluto dare nella

conduzione della scuola maggiore peso ai genitori. In realtà, nella maggioranza dei casi, i

genitori partecipanti ai Consigli approvavano passivamente ciò che proponevano i docenti

e si limitavano a chiedere notizie del profitto dei loro figli.

Sempre per una maggiore apertura alla società civile e per meglio contribuire ad una

maggiore maturazione mentale degli studenti, è stata istituita anche un’assemblea mensile

degli stessi, alla quale, di solito, partecipava uno sparuto numero di studenti, per lo più

politicizzati. Così, in pratica, l’assemblea si risolveva in un puro e semplice giorno di

vacanza.

Su altro settore scolastico, le riforme hanno riguardato l’abolizione degli esami di

sbarramento riguardanti l’accesso al triennio finale delle superiori, compreso il liceo

classico, che, pur mantenendo un certo livello di studi, non ha avuto più il profilo naturale

che l’aveva sempre caratterizzato.

A scapito della cultura e anche del regolare svolgimento delle lezioni, l’esame di stato, a

cominciare dal 1969 è stato ridotto a quattro materie che il Ministero faceva conoscere già

nel mese di Aprile. Era naturale che i ragazzi trascurassero lo studio delle materie non

d’esame al quale dovevano presentare solo due delle quattro indicate.

Una era scelta dal candidato; l’altra avrebbe dovuto essere scelta dalla Commissione, la

quale, però, quasi sempre, accettava come seconda materia quella proposta dal

Commissario interno, su indicazione degli stessi candidati.

Ma la massima decadenza dell’esame di Stato si è avuta con la riforma Moratti la quale,

all’insegna dell’economia finanziaria, ha eliminato le commissioni formate da docenti

esterni all’Istituto, togliendo così all’esame quel briciolo di impegno che ancora veniva

richiesto ai ragazzi.

Con questa riforma, infatti, gli esaminatori sono gli stessi professori che per tre anni hanno

seguito la classe.

Ma non basta. Con le ultime riforme i ragazzi arrivano agli esami con un punteggio (i

cosiddetti crediti) acquisito per lo svolgimento di attività extrascolastiche socializzanti,

come fare attività sportive, musicali, teatrali, ecc.

Alla fine erano tutti o quasi tutti promossi.

Addio serietà e impegno dell’esame di stato! Non furono più gli esami che facevano

tremare le “ vene e i polsi” e che per molti rimanevano un incubo anche per anni.

Direi che si tratta di un esame fatto su misura per gli svogliati, per gli ignoranti, per chi

non sa che cosa è cultura e formazione e che, comunque, magari con una buona dose di

irresponsabilità, gioiscono per il “ pezzo di carta” conseguito.

In contrapposizione, ci sono gli scontenti; coloro, cioè, a cui un tale esame ha tolto la gioia

e la soddisfazione di dare prova della loro maturità, della loro preparazione culturale e

della loro personalità individuale, frutto di uno studio formativo e di assimilazione critica,

nonché delle capacità di riflettere sulle varie problematiche esistenziali con giudizi

pertinenti.

Rendendo più facile l’accesso al superiore, le classi sono notevolmente aumentate e quindi

vi è stata la necessità di assumere un crescente numero di docenti, i quali, purtroppo, non

tutti avevano la vocazione dell’insegnamento e, quel che è peggio, non tutti avevano una

preparazione culturale adeguata, né sentivano la necessità di impegnarsi in questo senso,

dimostrando così di non comprendere la funzione dell’insegnamento, né l’importanza

culturale ai fini di formazione dei giovani.

Altri docenti, seppure preparati, si limitavano a svolgere i programmi con un minimo di

impegno per reagire così al trattamento economico veramente inadeguato che lo Stato

riservava alla categoria.

Naturalmente, la maggioranza dei docenti possedeva tutte le doti culturali, morali e

didattiche per cui svolgevano al meglio il loro compito. Erano i docenti più stimati dai

ragazzi studiosi e temuti soprattutto dagli svogliati, è quindi naturale che in queste classi

regnasse la disciplina non coatta ma dovuta all’autorevolezza del professore e sentita dai

giovani come necessario coadiuvante del regolare e proficuo svolgimento delle lezioni.

Questa felice condizione non si verificava nelle classi con docenti impreparati, abulici,

didatticamente incapaci e deboli, quindi incapaci di tenere la disciplina e costretti ad

assistere impotenti al disordine che di solito regnava nell’aula.

Vi sono anche docenti autoritari che, pur non producendo cultura, riescono a mantenere la

disciplina ricorrendo ai mezzi coercitivi a loro disposizione.

Va riconosciuto che la scuola svolge un compito culturale e formativo assai importante sia

dal punto di vista formativo che culturale che dovrà consentire a tutti i giovani di

assumersi consapevolmente e responsabilmente i ruoli che la società destinerà loro.

A questo fine sarà necessario che la scuola riacquisti la capacità di trasmettere ai giovani

valori e modelli culturali significativi e validi per la formazione di una personalità

equilibrata e democraticamente aperta.

E’ proprio vero che il livello di civiltà di un popolo si misura con il grado di cultura dei

suoi cittadini. E’ necessario quindi impegnarsi per riportare la scuola ai livelli che le

competono con l’impegno globale ed efficiente di tutti gli operatori scolastici e, in primis,

dei docenti che, senza nulla imporre coercitivamente, contribuiscano alla formazione di

quella che il grande pedagogista Aristide Gabelli significativamente chiamava “ strumento

testa”.

A questo fine è necessario ridare alla scuola la serietà che merita per essere all’altezza di

adempiere ad un compito tanto nobile, quanto difficile, qual è l’educazione dei giovani.

E’ necessario ridare alla scuola uno spazio maggiormente autorevole e democratico, aperto

al dialogo, ma anche capace di non tollerare comportamenti trasgressivi.

Ciò può favorire il risveglio delle menti, la responsabilizzazione dei ragazzi e un ritorno

all’impegno che lo studio richiede, ma è anche necessario pretendere dai docenti impegno

morale, preparazione culturale, didattica e pedagogica; comprensione, senza eccessive

indulgenze, dei problemi dei giovani; svolgere l’insegnamento senza arroganza, ma con

umiltà e autorevolezza che non disdegni di dialogare democraticamente con gli allievi

senza che ciò sbocchi nel permissivismo.

Solo così la società potrà ridare alla scuola e ai suoi operatori l’antico prestigio unitamente

alla stima e al decoro che meritano.


Torna all’indice


Musica


Dodicimila lune

di Luisa Bartolucci


   Quarant'anni di vita e canzoni racchiusi in "12.000 lune",

il cofanetto composto da tre cd che ripercorrono

antologicamente i momenti più significativi della carriera

artistica di Lucio Dalla.   Un titolo ed una copertina

d'autore, Milo Manara, che racchiudono un po' tutto

l'universo del cantautore bolognese, il mare con il timone in

mano ben saldo  che tiene la rotta  verso quel futuro al

quale l'eclettico artista ha sempre guardato e verso cui

ancor oggi pieno di entusiasmo e nuove sorprese volge lo

sguardo. Il triplice cd ancora ai primissimi posti delle

classifiche  di vendita italiane, ci ha offerto lo spunto per

realizzare  una breve intervista con il Nostro.

   D. - Da qualche tempo Lucio Dalla è presente ai primissimi

posti delle classifiche di vendita con un lavoro antologico

"12.000 lune", che racchiude anche tre pezzi inediti. Vuole

illustrarcelo?

   R. -  Si tratta di un cofanetto contenente tre cd, sono

cinquantatre canzoni delle quali tre inedite. Vuole essere un

excursus, un lungo viaggio, un lungo cammino dal primo disco

che ho fatto sino ad adesso, partendo dal presupposto che si

tratta di un lavoro pensato per la gente, per cui le canzoni

sono state scelte  tra le più conosciute, quelle maggiormente

popolari, tra i successi insomma. Si è seguita una sorta di

traccia storica della mia esperienza artistica lunga

all'incirca quarant'anni.

   D. - I tre pezzi inediti ""Stella", "Sotto casa" e "Dark

Bologna"chiudono il primo cd e le tre  tracce più remote

concludono il terzo disco e l'intera antologia davvero

complessa. Non credo possa essere casuale, è come se le date

dei brani 2006 1966 si guardassero a distanza,

simmetricamente, quasi a riflettersi in uno specchio

ideale...

   R. - Beh, io ho cercato di tematizzare la scrittura dei

tre inediti in modo che fosse visibile una linea di

continuità con gli altri pezzi.   Onestamente io  oggi

compongo anche un altro tipo di musica,  che non è

localizzabile nella musica pop. Ma in questo caso, poiché

"12.000 lune" è un disco pop, che racchiude canzoni popolari

gli inediti sono stati pensati su quella linea musicale. Per

rispondere alla sua domanda, è vero, vi è una linea di

continuità dalla prima a queste ultime tre. Io ho già quasi

pronto il mio prossimo lavoro inedito che sarà certamente

diverso, giacché da lì ad oggi vi è una differenza di tanti

anni, però  non volevo che gli inediti da inserire nel

cofanetto  fossero di segno opposto, mi sembrava sbagliato

che le caratteristiche , il sapore, fossero  troppo diversi

dalle altre canzoni.   Vi è, dunque, in questo caso, un'integrazione

voluta ed è giusta la sua annotazione.

   D. - In più occasioni Lei ha avuto modo di cantare la sua

città, lo si può constatare anche in questo suo lavoro che

   contiene, tra gli altri  il singolo "Dark Bologna"...

R.  -Sì...  Tutto casualmente in realtà. Pensi che dopo che

io avevo scritto e già inciso questa canzone  Bologna è stata

eletta città della musica per l'UNESCO. Per questo abbiamo

fatto un grande concerto con molti degli artisti bolognesi;

era davvero complicato, giacché a Bologna vi è un’enclave

amplissima di cantanti, musicisti, di produttori, di editori,

è proprio la città della musica a tutti gli effetti. Ma tutto

ciò in realtà è stato assolutamente indipendente da questo

evento, giacché la canzone era stata addirittura mixata

allorquando è giunta la notizia dell'elezione di Bologna a

città della musica.   Le dico questo perchè vi erano altre

canzoni che parlavano di Bologna quali "Piazza grande",

"Disperato erotico stomp", come "Anna e Marco" tutte canzoni

che sono ambientate anche in maniera diretta, chiara, a

Bologna.

   D. - Come è cambiata Bologna, non solo nel tempo, ma

soprattutto nella sua rappresentazione nelle sue canzoni?

   R. - Beh, è cambiata in questi anni, non quanto sono

mutate altre città. In fondo Bologna  negli anni in cui io

iniziavo era un grande paesone, importante, conosciuta, una

città rappresentativa sotto il profilo economico, dal punto

di vista della sanità ed anche della politica in sostanza.

Forse questo suo aspetto meritocratico è andato un po'

scemando, rendendo Bologna abbastanza simile ad altre realtà

italiane, però rimane sempre una città caratteristica, ove,

ad esempio, vi è l'università  più antica del mondo, con una

grande tradizione di ricerca per quello che riguarda alcune

discipline mediche quali la gastroenterologia , ha inoltre il

DAMS, vi è Umberto Eco, vi abitano anche numerosi artisti che

non sono di Bologna ma scelgono di viverci: Renato Zero, ad

esempio, possiede lì una casa ove trascorre parecchio tempo;

così anche Gianna Nannini, Antonio Albanese, che vive a

Bologna da anni, e come lui Diego  Abatantuono, Biagio

Antonacci, milanese, vive a Bologna da anni...   E' una città

curiosa, richiama persone che, più o meno, operano tutte nel

settore della comunicazione.

   D. - Immagino che ciò possa dipendere anche da una

particolare qualità della vita...

   R. - Sì, ritengo che pur con i dovuti distinguo Bologna

sia ancora una città vivibile rispetto ad altre che lo sono

meno. Però debbo dire che confrontando la Bologna che mi

ricordo io da ragazzo con quella odierna, la città ha perso

delle caratteristiche di felicità, i ristoranti, ad esempio,

non sono più aperti la notte, mentre prima lo erano.  Non  vi

è una precisa ragione di ciò, probabilmente l'evoluzione

delle città ha un suo segno ed è difficile in qualche modo

opporvisi.

   D. - Le sue canzoni hanno scandito la vita di tutti gli

italiani e continuano a scandirla, ma lei  si è anche

dedicato alla stesura di racconti. In cosa si differenzia

l'attività di paroliere, di cantautore, da quella di

scrittore di racconti?

   R. - Ma, non trovo una grande differenza,  come sa ho

scritto anche un libro per la Rizzoli proprio di racconti

"Bella Lavita"... Ma in realtà credo che in fondo tutte le

cose siano integrabili tra di loro. Mi sono divertito a

scrivere il libro perchè esso ha rappresentato un'altra forma

di sperimentazione; era l'anno in cui avevo scritto e

realizzato il programma televisivo "La bella e la Besthia",

per cui volevo vedere di andare anche in un altro settore che

non avevo mai pensato di affrontare, quello dell'editoria.

La cosa importante è che non vi sia, non si crei l'equivoco

della musica, della  poesia del cantautore, c'è anche

quella...  però ciò che a me piace è una comunicazione di

massa, più che portare un pubblico di nicchia a condividere

le mie scelte nei testi e nella musica, preferisco essere io

a far qualcosa da poter dare alla gente.

   D. -  Dedicarsi, invece, ad operazioni tanto diverse quali

la messa a punto di una sua versione di "Pierino e il lupo"

di Prokofiev  rappresentata con grande successo anche a Roma

presso l'Auditorium di Santa Cecilia e la scrittura di

un'opera quale "Tosca.Amore disperato" composta ispirandosi

alla "Tosca" di Giacomo Puccini tanto differenti da quanto lei

fa di solito. E' questa quasi un'attività parallela...

   R. -  E' così, in questo modo eviti anche la routine, la

noia... In questo momento io sto curando due  regie

contemporaneamente, il "Pulcinella" di Stravinskij e

l'"Arlecchino" di Ferruccio  Busoni, che saranno parte della

stagione sinfonica ed operistica del  Comunale di Bologna.

Sto inoltre preparando una regia per Siracusa, una

rappresentazione che andrà in scena al Teatro Greco è una

"Fedra" con Marco Alemanno che interpreterà Ippolito e Piera

Degli Esposti sarà Fedra.  Sì mi piace muovermi anche in

altri settori, forse mi intriga ancora di più, visto che la

musica ormai è proprio nei miei cromosomi.

   D. - Tornando alla musica: si ricordano diverse sue

collaborazioni, duetti, legati anche a famose tournée quali

quella con De Gregori del 1979, dalla quale fu tratto l'album

"Banana Republic" e quella del 1988-1989  legata al progetto

Dalla-Morandi. Che ricordi ha di queste esperienze?

   R. - Ma, sostanzialmente piacevoli, anche se è proprio una

mia caratteristica quella di non voltarmi mai indietro;

infatti io, ad esempio, non ho ancora sentito il mio

cofanetto, lo ascolto mediante le radio che mandano i miei

pezzi, così  ho modo di ricordare... provo le stesse

sensazioni che ho, che so,  quando penso al mare ove andavo

da piccolo... non ho un culto particolare nei confronti delle

cose che faccio, mi basta esserne soddisfatto una volta.. poi

non ripercorro più quelle strade.

   D. - Nel cofanetto è anche contenuta la sigla dei film RAI

del Lunedì, "Lunedì Cinema", che ha accompagnato negli anni

molti di noi nella visione dei lungometraggi più diversi.

   R. - E' vero, è vero! L'ho risentita proprio ieri, ero in

trasmissione non ricordo bene se da Fiorello o in qualche

altra radio, sì, ora ricordo ero in onda su Radio Kiss-Kiss e

debbo dire che mi ha molto colpito risentirla.

   D. - Come nasce una sigla come quella?

   R. - Conoscevo la persona che aveva avuto l'incarico di

realizzare la grafica che poi abbiamo visto per anni.

Poiché a lui piaceva il mio sistema di far musica filmico

esso stesso, mi chiese di scrivere una musica che

commentasse il suo lavoro grafico di sigla ed in cinque

minuti venne fuori "Lunedì cinema". Ero in studio a

registrare il mio disco, sospesi per mezz'ora  e facemmo

tutto...

   D. -  Lei ha composto anche numerose musiche da film per

Monicelli,  Antonioni, Giannarelli, Verdone, Campiotti,

Placido ed altri. Come nascono in lei le colonne sonore?

   R. - Ma, io non decido mai prima di aver visto il film

perchè è importante. Mi è capitato alcune volte di non aver

accettato,  non perchè il film proposto non mi desse garanzie

di successo, ma piuttosto perchè l'idea di farlo  non

suscitava in me quel senso di soddisfazione. Invece in altri

casi è stato fondamentale... Di recente ho avuto un film

presentato alla mostra del cinema di Venezia la cui colonna

sonora era scritta da me...

   D. - Si riferisce al "Quijote"  per la regia di Mimmo

Palladino, presentato nella sezione Orizzonti della mostra

del Cinema di Venezia... In quel film lei ha anche

recitato...

   R. -  Sì, ho interpretato Sancho Panza.

   D. - Il ruolo dell'attore l'affascina?

   R. - No... Mi piace molto il cinema,. mi piacerebbe fare

un film  scrivendone la storia,  il soggetto e vorrei

anche dirigerlo.  Questo è ciò che mi manca.

   D. - Ha fatto cenno ad un nuovo album inedito. Quando lo

avremo sul mercato?

   R. - Uscirà in Settembre, i pezzi sono in parte già

pronti, gli altri terminerò di scriverli e registrarli

entro Maggio.

   D. - Le è mai capitato di incontrare o comunque interagire

con persone non vedenti?

   R. -  Sì, ho vissuto una storia particolare. Ero molto

amico di un non vedente; quando eravamo al Liceo io andavo

praticamente tutti i giorni presso l'Istituto Francesco

Cavazza a studiare con questo ragazzo; studiavamo insieme,

lo aiutavo in qualche modo a svolgere i suoi compiti. Sono

molto legato alla società "misteriosa"  dei non vedenti.

Come spesso capita, una patologia, una anomalia, se così

si può dire, crea nelle persone altre cose che sono per me

davvero straordinarie, una particolare intelligenza,

sensibilità, l'amore per la musica. Credo che vi sia

davvero un notevole grado di sensibilità,  di gusto della

comunicazione e per quello che mi risulta, dalle amicizie

che ho, anche di saper vivere, di ironia. Ritengo che non

sia per tutti così, a  coloro che non vivono con questo

atteggiamento la propria esistenza auguro davvero di

scoprire presto che la vita è un regalo davvero misterioso

a tutti i livelli.

   D. - In lei come si è evoluta  o modificata la percezione

della cecità, rispetto allo stereotipo comunemente diffuso?

   R. - Ma per la verità, poiché in un certo qual modo io vi

ero proprio dentro non lo avvertivo tutto sommato questo

diverso modulo per affrontare la cecità. Io trascorrevo

dei lunghissimi pomeriggi d'inverno in questo istituto a

Bologna, dove l'unica cosa che mi faceva comprendere che

tra me ed il mio compagno vi era qualcosa di diverso era

che durante l'inverno, faceva buio presto e non si

accendeva la luce; ma su ciò ovviamente ci si rideva sopra

e c'era davvero una grande atmosfera.

   D. - I non vedenti amano, proprio come gli altri,  fruire

del cinema, ha mai riflettuto su quanto possa essere

importante anche per noi una colonna sonora, che

all'interno del film è una delle forme di descrizione, un

modo per meglio comprendere ciò che sta avvenendo o sta

per accadere?

   R. -  Certo... Ma poi vi è tutto il fascino del sentito,

l'immaginario che si scatena quando non si vede... Io ad

esempio conferisco grande valore al suono delle voci; in

uno dei miei dischi, quello che preferisco anche se è

quello che ha venduto meno rispetto ai precedenti,  venivo

da "Attenti al lupo", contenuta in "Cambio" che è stato

acquistato da più di un milione di persone, questo invece, ne

ha vendute trecentomila,... dicevo in questo disco vi era una

canzone oltre ad Henna che dà il titolo all'album vi è una

canzone "Cinema", dove proprio per sonorizzare, per dare una

sorta di imprinting, un marchio, convinsi Marcello

Mastroianni che era amico mio, a cantare con me. La seduzione

era nel fatto che quando si sentiva cantare lui,

nell'introduzione della canzone, ti veniva in mente tutto il

mondo che ha circondato Mastroianni ed il cinema degli anni

60, i grandi registi come Visconti, Fellini, e le grandi cose

che ha fatto Mastroianni. Concordo nel dire che la musica è

un settore imprescindibile dal film, diventa importante

proprio quanto l'opera cinematografica.


Torna all’indice               


Normalità e handicap


Per  una  giusta   rieducazione  ed istruzione  dei  ragazzi  ciechi nella  scuola 

ordinaria

di Antonino Cucinotta

    

     La presenza dei ragazzi ciechi nelle scuole ordinarie impone ai docenti che dovranno curarne la

rieducazione e l’istruzione il possesso di un’adeguata preparazione culturale, tiflologia, psicologica,

didattica e sociologica; impone il possesso di particolari capacità di coerenza, di stabilità di umore, e

di amore, di autocritica, di ascolto e comprensione del soggetto da educare ed istruire.

     Per assolvere al meglio a tale delicato compito, ritengo necessario che il docente sgombri

preventivamente la sua mente dai pregiudizi e preconcetti che certamente sarebbero di gravissimo

intralcio all’esito positivo dell’opera. A questo fine, sarebbe importante conoscere direttamente gli

interessati ed era questo lo scopo che si proponeva la Scuola di metodo Augusto Romagnoli con un

tirocinio pratico biennale per coloro che intendevano dedicarsi all’insegnamento nelle scuole speciali

per ciechi, praticamente abolite con la legge 361 del 1976. Purtroppo, va anche rilevato che i corsi

biennali di preparazione per gli insegnanti di sostegno nella maggior parte dei casi nulla o poco hanno

fatto per dare agli allievi una preparazione specifica dei singoli handicap, sicché non è stato raro il

caso che questi insegnanti si venissero a trovare con un bambino cieco impreparati ad accoglierlo con

la sicurezza e con la fiducia spirituale e didattica che solo una chiara conoscenza delle problematiche

può assicurare.

     Va rilevato che, nel caso del bambino cieco, il rapporto educatore-educando acquista un

significato particolare e il successo dipende in buona parte dalla capacità dell’insegnante di entrare in

sintonia con il bambino, dimostrandogli sicurezza, apertura mentale, capacità di manifestare una

profonda fede nell’opera che intraprende.

     Il docente, intelligente e sensibile, si renderà quindi conto che il bambino non vedente ha

bisogno di particolari accorgimenti psicologici e tecnici per potersi adeguare al migliore rendimento

della classe. I bambini normodotati apprendono sinteticamente mediante la vista; i bambini ciechi

apprendono analiticamente mediante il tatto. Questa condizione valorizza al massimo l’insegnamento

individualizzato non solo per le particolari attitudini che caratterizzano i singoli educandi, ma anche

per i limiti che soprattutto la cecità congenita comporta. L’insegnamento individualizzato, peraltro,

non deve isolare il bambino non vedente e sarà compito dell’insegnante conciliarlo con il lavoro di

gruppo, altrettanto peculiare per una globale formazione e normale crescita degli interessati. Infatti, al

pari dell’istruzione, vanno curate le attività ludiche e complementari per promuovere lo sviluppo

armonico del corpo e della mente.




Racconti e poesie


Papavero

Di Diletta Saracino


Posso farti dono di una stella?

O di un papavero rosso

che alla fine poi non ho raccolto

al lato della strada che percorrevamo insieme.


“Perché l’idea conta più dell’atto” hai detto

e l’atto l’avrebbe ucciso il tuo papavero

privandolo della terra e dell’acqua

del sole e del vento.


Così ho pensato di lasciarlo respirare

dov’era nato

così che il dono

si colorasse di rosso

di rosso più intenso.


Perché nell’idea è tuo

non solo il papavero che desideravo raccogliere

ma tutti i papaveri già nati

e pure quelli che nasceranno domani.


E per te non raccoglierò mai fiori

così che tutti saranno tuoi.


Così che tutti ti diranno che sono tua.


Torna all’indice


Dove sei?

di Tess


Dove sei?

Che la mia voce non ti tocca più.

Che allineate sulla soglia

neanche le mie sorprese

lasci più entrare.


Dove sei?

Che cadere senza di te

nella voragine sempre aperta del cuore

è adesso insostenibile.

Perché prima tu c’eri

e dal fondo erano le tue parole

le scale per risalire.


Torna all’indice


Riflessioni e critiche


Xenofobia  e discriminazioni: quelle profonde piaghe  sociali…

di Andrea Bonfiglio


Dall’osservazione della realtà quotidiana si evince che, nonostante il processo di evoluzione

multiculturale che caratterizza l’attuale società europea, non sono ancora debellati fenomeni di

esclusione sociale derivanti da ideologie becere quali ad esempio il razzismo e la xenofobia.

L’articolo 13 del trattato CE stabilisce che l’UE può prendere provvedimenti per “combattere le

discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali,

gli handicap, l’età o le tendenze sessuali”. L’uguaglianza davanti alla legge pare quindi un fatto

indiscusso, ciononostante nella vita di ogni giorno molte persone subiscono discriminazioni per

molteplici motivi. Da un’indagine condotta nel 1997 dall’UE è emerso che il 33% dei cittadini

europei intervistati ritenevano di considerarsi spesso od occasionalmente razzisti. Ciò denotava e

purtroppo denota tuttora – causa gli episodi d’intolleranza di stretta attualità –  la considerevole

presenza nel territorio dell’Unione di fenomeni quali la xenofobia, l’antisemitismo e altre forme

discriminatorie che violano i diritti umani. Nella dichiarazione universale dei diritti fondamentali

dell’uomo, infatti, all’articolo n.1 si legge che “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in

dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in

spirito di fratellanza”. Niente viene da obiettare sulla prima parte, mentre sorgono spontanee

riflessioni critiche sulla seconda. Appare quanto mai evidente che in merito agli atti discriminatori

perpetrati per motivi di origine etnica, nazionalità, religione, orientamento sessuale, handicap… la

radice del problema sia da individuare in coloro che le pongono in essere. Il problema, dunque, non

è rappresentato dall’esistenza di differenze tra le persone, ma dalla incapacità delle stesse di

comprenderne il valore. La gente ha spesso paura di ciò che è diverso perché non lo conosce,

oppure perché s’illude di conoscerlo. Basterebbe quindi preoccuparsi di curare questa forma di

timore per sconfiggere l’intolleranza? No. Sfortunatamente no. Sarebbe, tuttavia, certamente utile

per iniziare ad invertire la tendenza. Rappresenterebbe un primo passo. Piccolo, ma pur sempre un

passo avanti. Qualora non si riuscisse a causare un decremento di episodi di xenofobia e di altre

discriminazioni quantomeno se ne arresterebbe la crescita. Ma quale sarebbe allora la strada da

percorrere per giungere ad una tale meta? La retta via non può che essere una: l’educazione. Risulta

di fondamentale importanza, infatti, l’educazione da impartire ai bambini non solo tra le mura

domestiche ma anche e soprattutto in ambito scolastico, perché passa proprio dall’apprendimento il

processo culturale che consente di acquisire quella consapevolezza tale da permettere ad un

individuo di evitare di rendersi attivo protagonista di beceri fenomeni discriminatori. E se un errore

commesso dalla famiglia durante questo percorso di crescita intellettuale può essere tollerato –

sebbene non giustificato – non può accadere altrettanto se a cadere in fallo sono le istituzioni. Lo

Stato, difatti, ha il dovere di collocare nelle scuole educatori preparati affinché gli alunni possano

essere adeguatamente sostenuti non solo lungo la strada del mero indottrinamento ma soprattutto

lungo il lastricato sentiero della formazione personale. Guardarsi indietro, quindi, ormai non ha più

senso – se non per prendere coscienza di quel che è stato – ciò che conta è concentrarsi sul presente

per costruire poco alla volta le fondamenta di un solido futuro dove l’emarginazione sociale possa

rappresentare una frazione minimale del quotidiano vivere.


Torna all’indice


Il rapporto  con  la  bilancia

di Elisa Alfier


Ultimamente in televisione si sta discutendo riguardo ad un argomento molto spinoso: la

MAGREZZA.

Ovviamente a sentire le modelle e gli stilisti è tutto normale,ma in realtà non è così:le ragazze sono

troppo ossessionate dal peso,tanto che alcune ne fanno una vera malattia che può portare anche alla

morte,com’è successo poco tempo fa ad una modella di 21 anni,alta un metro e settanta per quaranta

chili di peso… Com’è possibile negare l’evidenza?Guardare una ragazza in passerella equivale a

trovarsi davanti ad un mucchio d’ossa che cammina…Non sto facendo una campagna a favore

dell’obesità,dico solo che anche l’eccessiva magrezza può portare a gravi problemi di salute.

Rimango sempre molto colpita quando per strada o in università vedo persone talmente magre che

non vorrei mai abbracciare per paura di “romperle”…E spesso dietro a questi problemi alimentari si

celano disturbi di carattere psicologico molto profondo.

In questo senso la società di oggi non aiuta,anzi,spesso propaganda questo grosso

problema;già,perché basta accendere la televisione su qualunque canale per vedere le veline,le

schedine,le ereditiere e tante altre,oppure guardare con film con protagoniste delle donne che non

potranno mai superare un certo peso,che sono sempre perfette:mai una smagliatura,un velo di

cellulite,niente. Così la ragazza,spesso adolescente,che sta davanti al televisore e vede che più sei

magra e più piaci e fai soldi,comincia a prendere queste bellezze come esempi,come obbiettivi da

raggiungere,perdendo la cognizione delle cose e cominciando ad avere in testa solo di

dimagrire…Scivolando in un baratro dal quale solo alcune riescono ad uscire.

Sarebbe bello ogni tanto poter vedere alla televisione “la ragazza comune”,con i suoi più o meno

piccoli difetti corporei,per dare il messaggio che si può essere belle anche se con qualche chiletto di

troppo (certo,non obese),anche se con qualche piccola smagliatura o un accenno di cellulite;perché

per fortuna non siamo tutte uguali,anche se ormai i modelli che ci vengono proposti sembrano fatti

con lo stampino. Ma il mondo è bello poiché siamo tutti diversi,non bisogna mai cercare di

assomigliare ad un'altra persona in tutto,si deve mantenere la propria identità


Torna all’indice