Gli accattivanti messaggi pubblicitari che ci invitano all'acquisto di questo
o quel prodotto sono sempre più sofisticati e studiati in modo da spingere
all'acquisto.
Se tutto procede bene e non ci sono intoppi o problemi nel prodotto acquistato
o nel servizio richiesto tirate un sospiro di sollievo.
Se invece per qualche motivo dovete ricorrere
all'assistenza, allora armatevi di tutta la pazienza possibile e nella maggior
parte dei casi, rinunciate al giusto ruolo di clienti rispettati e
da assistere. Sarete soltanto dei semplici numeri, delle insignificanti voci che
desiderose di arrivare ad una onesta risoluzione del problema, chiamano il
solito numero verde, e dopo infinite attese vi sentirete dare la stessa
risposta: " nell'arco delle prossime 48 ore tutto andrà a posto".
State pur certi, di ore ne passeranno non 48, ma anche 60 o 70 e tutto rimarrà
tristemente fermo.
A quel punto qualcuno sarà già sul piede di guerra, altri saranno intimoriti,
questo varia dal carattere di ognuno. Al di là del carattere, tornerete a
contattare il servizio clienti e li inizia l'estenuante
attesa con relativi rimbalzi di responsabilità. Vi sentirete dire: la pratica
non dipende più da noi ma da un altro settore, contatti questo nuovo numero
verde. A questo punto con una nuova speranza nel cuore chiamerete anche quel
nuovo numero, e a quel punto...buona fortuna!
Questa introduzione non è retorica ne tanto meno scherzosa, è quelllo che è
accaduto a chi sta scrivendo il presente articolo.
Attivata una nuova linea telefonica nel mese di febbraio con Telecom, tutto ha
funzionato già dal primo giorno. Tutto tranne la navigazione. No, quella
proprio non voleva funzionare. A quel punto ho effettuato una media di almeno
due chiamate al giorno al servizio 187, rivolgendomi alternativamente
agli operatori del commerciale e a quelli del tecnico. In pratica ognuno di
questi due settori mi rispondeva che non dipendeva da loro, e che
avrei dovuto contattare i colleghi dell'altro settore. Dopo vari giorni
di inutile attesa e continui solleciti mi hanno prenotato un appuntamento
telefonico con un tecnico, ma dopo quasi un'ora di tentativi, risultati non
ce ne sono stati, e persino la chiamata si è conclusa in maniera frustrante,
poichè la comunicazione è caduta, e lo stesso tecnico non ha più chiamato. Al
danno si è aggiunta pure la beffa!
A questo punto ero davvero esasperato e così mi hanno dato un
appuntamento con un tecnico dal vivo, al fine di verificare
direttamente la linea e la postazione informatica.
Il tecnico è arrivato puntualmente, e in quel
momento, come per magia salta fuori un nuovo elemento del tutto inatteso.
Da una qualche pagina dei loro sistemi risultava che l'adsl, era bloccata per
morosità. Rimango del tutto allibito e confuso.
Dicono che forse tale morosità è da imputare al vecchio intestatario del
numero telefonico che mi era stato assegnato.
Ovviamente faccio presente che io non posso farci niente e che devono essere
loro a trovare il modo di sbloccare la
situazione che a quel punto era diventata a dir poco ridicola.
Passano ancora due giorni e finalmente l'ultimo colpo di scena. Durante
l'ennesima chiamata al servizio commerciale, l'operatrice mi comunica che il
moroso sono pproprio io! e si, risultano non pagati 3 euro e 42 centesimi,
risalenti ad una fattura del 2005.
A quel punto la misura era colma per davvero. Ho preteso spiegazioni serie e
convincenti. Non tanto per i tre euro, piuttosto sul perchè soltanto dopo 4
anni veniva fuori questa morosità, e sopratutto, perchè erano serviti circa
venti giorni di tribolazioni affinchè magicamente questo mi venisse comunicato.
Ecco le due risposte fornitemi. Per quanto senza senso, mi è stato detto, i
sistemi di controllo impiegano questi tempi per accertare mancati pagamenti e
cose simili. Poi in un atto eroico, l'operatore ha aggiunto: in Italia funziona
così. Riguardo la seconda domanda da me posta, cioè perchè erano passati venti
giorni prima che il tutto mi fosse comunicato, nessuno ha saputo rispondere,
tranne un operatore che dopo aver letto sul suo computer di servizio la
vicenda, ha esclamato: " se non leggessi personalmente il tutto, non crederei ad
una storia simile".
Per onor di cronaca, dopo aver pagato i famosi 3 euro e 42 centesimi, la linea
è stata attivata in poche ore. Ma sempre per onor di cronaca, devo anche dire
che ho ritrovato la famosa bolletta incriminata risalente al 2005, e posso
garantirvi che era stata pagata esattamente per l'importo dovuto, e quei 3 euro
e 42 centesimi, Telecom non li doveva.
Dalle pagine di questo periodico, io chiedo in maniera davvero sentita ma
anche senza speranza, dove è finita quella che un tempo era la quarta o quinta
compagnia telefonica del mondo?
Dove è finita la professionalità dei suoi tecnici e operatori?
Quasi sempre le responsabilità vengono fatte cadere sugli operatori del
callcenter.
Io non so e non spetta a me stabilire se questa sia la vera spiegazione di
questi gravi disservizi, so però, che noi abbonati dovremmo usufruire di un
servizio rapido e funzionante, anche
perchè i vari canoni che paghiamo sono ancora decisamente alti, mentre i
contrattempi non soltanto commerciali ma anche di tipo tecnico sono a dir poco
incredibili e assolutamente indegni per una compagnia di così grande tradizione.
Tornando ai messaggi pubblicitari che citavo ad inizio articolo, a mio modesto
parere possono e devono essere definiti trufaldini, ed ecco il perchè di un
termine così poco onorevole.
Vengono proposte prestazioni mirabolanti, come ad esempio Velocità di
navigazione stratosferiche, mentre nella realtà, quando l'abbonato
arriva finalmente ad utilizzare il sudato servizio, scopre tristemente che i
mega di velocità promessi, nelle migliori delle ipotesi arrivano ad un terzo.
A questo punto viene detto che le velocità pubblicizzate si riferiscono a
condizioni teoriche perfette di navigazione, e se anche uno soltanto dei
parametri tecnici non è allo stato ottimale è naturale che la velocità si riduca
drasticamente. Vedete, proprio qui calza a pennello il termine da me
utilizzato, a punto, pubblicità truffaldina.
Lor signori sanno benissimo che le condizioni teoriche ottimali non solo sono
quasi impossibili da realizzare, ma anche quando l'abbonato disponesse di una
postazione perfettamente rispondente ai requisiti tecnici indispensabili,
le centrali, le cablature che Telecom utilizza, in moltissimi casi sono ormai
vetuste e usurate., In questi casi occorrerebbe non una manutenzione
ordinaria, ma la sostituzione totale di tutte quelle parti ormai obsolete.
La spiegazione fornita a queste osservazioni è sempre la medesima, non ci sono
soldi per mantenere in uno stato decente gli impianti.
Giunto a questo punto dell'esposizione, cosa posso aggiungere ancora?
Lascio ad ognuno di voi trarre le dovute conclusioni.
Prima di concludere desidero raccontarvi una vicenda
riferita a quella che fu la vecchia SIP. Circa trenta anni fa, abitavo in
una zona di campagna priva di servizi telefonici.
In quel periodo per importanti motivi di salute che mi riguardavano, i miei
genitori necessitavano del telefono in maniera frequente e come potete
immaginare, per motivi davvero seri.
La situazione era la seguente. L'allacciamento telefonico più vicino al quale
era possibile collegarsi si trovava a più di due chilometri di distanza, e i
costi per portare il cavo telefonico nella zona dove abitavamo, ammontavano a
circa trenta milioni delle vecchie lire.
Come è facile intuire, si trattava di una somma assolutamente inimmaginabile
da sostenere. Mia madre espose al direttore provinciale della Sip Pistoiese
la situazione di emergenza che stavamo vivendo, e quel direttore, mostrando
un'umanità non comune, promise di interessarsi personalmente del caso.
Mia madre tornò a casa senza troppe illusioni, perchè lei per prima capiva che
il lavoro necessario per portare la linea telefonica in quella zona era davvero
imponente. Provate ad immaginare cosa non provò, quando dopo circa dieci
giorni, cominciarono ad arrivare tecnici di ogni genere, ingegneri, geometri, i
quali per molti giorni misurarono, consultavano cartine geografiche,
controllaVAno tutti i possibili inconvenienti che potevano presentarsi, come
linee elettriche, ostacoli naturali ecc. Passarono ancora alcuni giorni, e
finalmente una imponente squadra di tecnici ed operai iniziarono dei lavori che
durarono alcune settimane. grandi ruspe aprirono solchi sotterranei per
evitare linee elettriche, molti pali furono impiantati per superare corsi
d'acqua e salti del terreno.
Ricordo personalmente che i mezzi impiegati furono davvero
molti, e anche il personale utilizzato ammontava a parecchie unità.
Da quel primo contatto di mia madre quasi disperato col famoso Direttore
del quale purtroppo non ricordo il nome, passarono circa due mesi, quando il
tecnico Piero Pellegrini, divenuto poi un caro amico, isttallò
in casa il vecchio e indimenticabile telefono a disco perfettamente funzionante.
Con questa testimonianza di affetto verso certi valori che oltrepassavano di
granlunga il semplice e vile interesse legato al profitto, chiedo alla
moderna Telecom, Dove sono finite le glorie del vostro illustre predecessore?
E ancora un'ultima amara domanda. Siete sicuri di onorare coloro che vi
precedettero facendosi onore in tutto il mondo?
L'Accademia Italiana Shiatsu Do, in collaborazione con il Consiglio
Regionale Toscano dell'Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti, visto il
notevole interesse dimostrato nelle precedenti edizioni, organizzera' per i
giorni 4 - 5 aprile 2009 a firenze, un nuovo corso introduttivo di Shiatsu
rivolto a tutti non vedenti e ipovedenti, che desiderino avvicinarsi a
questa affascinante tecnica di trattamento corporeo.
Il lavoro proposto, sarà prevalentemente pratico e avrà la finalità di
provare a muovere i primi passi con lo Shiatsu, tramite l'apprendimento di
un semplice trattamento su tutto il corpo.
Il metodo sviluppato per questa tipologia di corsi, privilegia il lavoro
guidato verbalmente, per assicurare all'allievo non vedente o ipovedente,
la piu' agevole comprensione delle tecniche utilizzate.
L'incontro avra' una durata di 12 ore distribuite nell'intero week end, al
solo costo della tessera associativa dell'aCcademia (Euro 60), piu' le spese
di pernottamento nell'ostello, situato nei pressi della scuola.
L'organizzazione provvedera' all'accompagnamento dei partecipanti da e verso
la stazione di firenze Campo di Marte, nonche' tra la scuola e l'ostello.
come e' gia avvenuto nelle precedenti edizioni, l'Accademia Shiatsu Do, in
base all'interesse dimostrato dai partecipanti, proporra' la realizzazione
un primo percorso professionale.
Per informazioni e prenotazioni contattare Sauro Fani, 347/3801448, o
scrivere a
sauro.fani@gmail.com
Segue una breve descrizione
Mai come in questi tempi vi e' per ognuno di noi la necessita' sempre
maggiore di veri contatti interpersonali, che prediligano i nostri sensi e
sensibilita', a fronte di un dilagare di rapporti spesso virtuali che
rischiano a lungo andare di impoverirci umanamente.
Ancor piu' per chi vive come noi l'handicap della disabilita'
visiva, e' di primaria importanza dare spazio a questo primo tipo di
rapporti in un CONFRONTO paritetico che dia l'opportunita' di
esprimere finalmente le potenzialita' di ognuno, anche attraverso una nuova
professione da affiancare ad esempio alla propria attivita' lavorativa,
troppo spesso cosi' povera di gratificazioni.
Che cos'e' lo Shiatsu?
Lo Shiatsu o digitopressione, e' una pratica di trattamento corporeo che
trae
origine dall'esperienza millenaria della medicina orientale.
Un trattamento shiatsu consiste in una serie di pressioni mantenute,
perpendicolari e costanti eseguite con le mani, il pollice, il gomito e il
ginocchio lungo una rete di percorsi detti meridiani, aree e punti che
costituiscono "l'impalcatura energetica" del corpo umano.
Lo Shiatsu ha una funzione preventiva, rinforzando in maniera generica i
processi di autoguarigione e favorisce il mantenimento del benessere e
dell'armonia
dell'organismo, a livello fisico, emotivo e mentale.
In oltre lo Shiatsu è un valido strumento di sostegno in ogni momento della
nostra vita, soprattutto nei momenti di transizione, cambiamento, stress e
fatica, per
il potenziamento del nostro benessere.
e' particolarmente indicato in tutte le sintomatologie dolorose croniche o
acute, da quelle articolari alle cefalee, le tensioni di ogni tipo, sia di
natura psichica che muscolare, stress, nervosismo e disturbi del sonno.
La diffusione di questa tecnica in Giappone, dopo la seconda guerra
mondiale, ha permesso, grazie anche all'intervento di Helen Keller, ai
ciechi di
svolgere una professione che ne garantiva loro il sostentamento economico.
Ed ecco che, in questi tempi di incertezza anche lavorativa, le particolari
caratteristiche dello Shiatsu, ne fanno un'attivita' adatta ad essere svolta
anche da non vedenti i quali, avendo sviluppato gioco forza una particolare
sensibilita' non soltanto tattile, ne esaudiscono in pieno i requisiti
propri di questa pratica.
Ciao carissimi, ben ritrovati!
In questo numero ho deciso di cambiare rotta: il mese scorso mi sono comprata un bellissimo libro "1000 Ricette Vegetariane" e, sfogliando le gustose ricette, mi son detta: Perchè no?
Molte volte per chi deve pensare a preparare quotidianamente un qualcosa di buono per i propri cari, è difficile trovare delle idee che lascino un po' da parte la solita carne che, è vero che fa bene ma è anche vero che, per preservare la nostra salute, occorrerebbe non abusarne. Soprattutto la carne rossa non andrebbe consumata più di un paio di volte a settimana.....voi come siete messi?
Ho deciso quindi di proporvi qualche ricettina tratta da questo libro sperando che questa idea possa piacervi.
A me, invece, piacerebbe che da questa volta mi faceste sapere le vostre impressioni, critiche o richieste così da creare tra me e voi una sorta di filo diretto per far crescere la nostra rubrica e renderla sempre più interattiva.
Inviate le vostre mail al mio indirizzo: e.barsotti@gio2000.it
Mi raccomando, vi aspetto numerosi!
Via dunque con le ricette, come sempre un paio di ricettine per ogni portata, dall'antipasto al secondo.....no no, stavolta niente dolci! Con la Pasqua che si avvicina chissà quanti ne mangerete, biricchini!
Bando alle ciance, vi do appuntamento al prossimo numero che, vi anticipo già, sarà un po' speciale.
Ciao!
Ingredienti:
Preparazione:
In una terrina lavorare i caprini fino ad ottenere una crema omogenea, aggiustare di sale e pepe. Mondare il cetriolo e tagliarne metà a fettine sottilissime (aiutarsi con il pelapatate) e l'altra metà a bastoncino; raschiare la carota e grattugiarla; lavare bene i capperi e sminuzzarne grossolanamente una metà.
Unire le verdure così preparate alla maionese e con questo composto spalmare le fette di pane a cassetta che avrete precedentemente privato della crosta. Appoggiare al centro un cucchiaio di crema di caprini e guarnire con qualche cappero.
Ingredienti:
Preparazione:
Togliere la crosta alle fette di pancarrè e tagliare ogni fetta a metà per ottenere due triangoli. Lavare e spuntare le zucchine, affettarle sottilmente nel senso della lunghezza e grigliarle.
Spalmare su metà dei triangoli di pancarrè la maionese, mettetevi sopra prima le fette di zucchina grigliata e poi la mozzarella a listarelle. Coprire con le fette di pane rimaste, fermare ogni tramezzino con uno stuzzicadenti. Sistemare su un piatto da portata e servire.
Ingredienti:
Preparazione:
Scottare i peperoni alla piastra, eliminare la pellicina esterna, tagliarli in falde e privarli dei semi e delle parti bianche filamentose; tagliare quindi ogni falda a strisce sottili.
Affettare sottilmente il porro e soffriggerlo in olio caldo insieme all'aglio; lasciare stufare per qualche minuto poi aggiungere i pomodori a tocchetti, i peperoni, il timo e il peperoncino.
Proseguire la cottura delle verdure e intanto cuocere le conchiglie in abbondante acqua salata. Scolare la pasta al dente e farla saltare nella padella con le verdure. Spolverizzare di parmigiano grattugiato e servire subito.
Ingredienti:
Preparazione:
In una casseruola soffriggere in qualche cucchiaio di olio l'aglio tritato e il prezzemolo. Quando il soffritto comincerà a profumare versare l'orzo e farlo tostare per un paio di minuti. Sfumare con il vino e, non appena sarà evaporato, aggiungere gradualmente il brodo come si fa per il risotto; a metà cottura unire i gherigli di noce tritati grossolanamente. Appena l'orzo è cotto, aggiustare di sale, insaporire con un pò di pepe e prezzemolo tritato.
Mantecare con una noce di burro e con il parmigiano grattugiato. Prima di servire, lasciare riposare per qualche minuto a pentola coperta.
Ingredienti per 4 persone:
Preparazione:
Tagliare le melanzane a metà nel senso della lunghezza, scavarne la polpa aiutandosi con un cucchiaio, adagiarle poi in una pirofila unta e salarle leggermente.
In una padella soffriggere la cipolla tritata in poco olio, farla appassire e aggiungere i peperoni spellati e tagliati a losanghe, i pomodori a spicchio, il sedano tritato e la polpa delle melanzane spezzettata. Cuocere per 15 minuti poi regolare di sale e pepe, togliere dal fuoco e lasciare intiepidire.
In una ciotola sbattere le uova con sale e pepe, incorporarle quindi al composto di verdure e mescolare velocemente. Con questo composto riempire i cestini di melanzane e mettere in forno già caldo a 180 gradi per 15 minuti. Togliere dal forno, spolverizzare di parmigiano grattugiato e far gratinare nuovamente in forno, a temperatura elevata, per qualche minuto.
Ingredienti:
Preparazione:
Lessare le patate, sbucciarle e passarle allo schiacciapatate. Pulire i funghi, affettarli e saltarli in padella con un po' di burro. Dopo qualche minuto, unire il succo del limone, salare, pepare e cuocere per 15 minuti.
Alla purea di patate, incorporare una noce di burro, il parmigiano grattugiato, l'uovo e il gruviera tagliato a fettine, amalgamare il tutto e aggiustare di sale e pepe.
In una pirofila, imburrata e cosparsa di pangrattato, fare uno strato con la purea, continuare con uno strato di funghi, ricoprire con fettine di mozzarella e continuare in questo modo fino ad esaurimento degli ingredienti; terminare cospargendo la superficie con fiocchetti di burro e cuocere in forno già caldo a 180 gradi per 20-25 minuti.
Emily Elizabeth Dickinson, Poetessa statunitense, nacque il 10 dicembre 1830, ad Amherst, piccolo centro di tradizioni puritane, a 50 chilometri da Boston, in Massachusetts.
La famiglia, rigidamente puritana, era conosciuta per il sostegno alle istituzioni scolastiche locali: il nonno, Samuel Fowler Dickinson, (1775-1838), era uno dei fondatori dell’Amhers College, scuola pensata per forgiare ministri e predicatori cristiani. Il padre, Edward, (1803-1874), legale e tesoriere dell’istituto, era un noto avvocato, membro del tribunale generale del Massachusetts, del senato dello Stato, e, poi, del Congresso degli Stati Uniti. Egli aveva un carattere autoritario, mentre la madre, Emily Norcross, (1804-1882), era una donna dall’animo fragile. La poetessa aveva un fratello, William Austin, (1829-1895), ed una sorella, Lavinia, (1833-1899), ai quali fu sempre legatissima.
Ricevette un’educazione approfondita, che comprendeva letteratura inglese, latino, letteratura classica, storia, matematica, botanica, presso la Amherst Accademy, ove studiò dal 1840 al 1847, e, poi, presso il seminario femminile di South Hadley: il Mount Holyoke College, dal quale il padre la ritirò nel 1848, dopo neanche un anno, a causa del rifiuto di professarsi pubblicamente cristiana.
Ma Emily, già allora orgogliosa e indipendente, non condivise la decisione paterna, e proseguì gli studi a casa, da autodidatta, con l’aiuto di Benjamin Newton, un praticante presso lo studio legale del padre, con cui sarebbe rimasta in corrispondenza.
Si ritirò, così, a vita privata, e iniziò a scrivere lettere, e poesie per gli amici.
Una di questi, fu Susan Huntington Gilbert, fidanzata, e poi moglie del fratello, con la quale ebbe sempre un forte legame affettivo, e un altro fu un carismatico predicatore: il reverendo Charles Wadsworth, di cui, sembra, fosse innamorata; con entrambi istaurò una fitta corrispondenza.
In quel periodo compì qualche viaggio, con la sorella, a Cambridge, Boston, Philadelphia, in visita da alcuni parenti, e, nel 1855, a Washington D.C., a trovare il padre, divenuto deputato del Congresso.
Nel 1856 Austin, anch’egli avvocato, sposò Susan, e i due andarono ad abitare accanto alla famiglia Dickinson. Pochi mesi dopo, ospitarono Ralph Waldo Emerson, uno scrittore e filosofo, recatosi ad Amherst per tenere delle conferenze, col quale la poetessa strinse amicizia, così come con Samuel Bowles, direttore dello Springfield Daily Republican journal, su cui, dal 1861, apparirono alcune sue poesie.
Ne scrisse molte nel 1860, circa 365, in concomitanza, - sembra -, con l’amore non corrisposto per Bowles, con cui ebbe un intenso scambio epistolare.
Nel 1862 inviò alcune composizioni al critico dell’Atlantic Monthly, il colonnello Thomas Wentworth Higginson, che, pur ammirandole molto, la consigliò di non pubblicarle, in quanto non conformi al gusto del tempo; e, ad ogni modo, non risulta che ella nutrisse il desiderio di darle alle stampe. I due si scrissero a lungo. Emily, infatti, continuava a scambiare lettere con amici e parenti, a comporre poesie, e a studiare la Bibbia, nonchè gli autori preferiti, ovvero Shakespeare, John Keats, Charles Dickens, Elizabeth Barrett Browning, Emily Brontee.
Questa sorta di reclusione non fu imputabile a delusioni d’amore, né ad invalidità fisica, anche se ella è stata spesso dipinta come un’egocentrica, una semiinvalida, o un’agarofobica.
Tra il 1864 e il 1865, fu ospite delle cugine Norcross, a Cambridge, per curare una malattia agli occhi.
Higginson si recò a farle visita nel 1870 e nel 1873; secondo il parere di alcuni, anch’egli fu oggetto del suo amore.
Nel 1874, venne a amancare il padre e, nel 1878, Samuel Bowles.
La tendenza a recludersi fu accentuata dalla malattia della madre, confinata a letto fin dal 1875, in seguito ad un ictus, e assistita da entrambe le figlie.
A recarle un poco di conforto, apparve, nel 1879, l’amore, ricambiato, per lo stimato giudice Otis P. Lord, un anziano vedovo, amico del padre.
In famiglia, vi furono dissapori causati dalla relazione extraconiugale del fratello Austin con Mabel Loomis Todd, trasferitasi nel 1881 ad Amherst col marito, David Pech Todd, il nuovo insegnante di astronomia dell’Amherst College.
Morirono, in quegli anni, il reverendo Wadsworth, e la madre, (1882), il nipotino prediletto, il piccolo Gilbert, di soli 8 anni, (1883), e il giudice Lord, (1884).
Emily li seguì il 15 maggio 1886, all’età di 56 anni: l’anno precedente si era ammalata di nefrite; da allora riposa nel West Cemetery, ad Amherst.
Fu sepolta con uno dei vestiti biancchi, che era solita indossare.
Emily era bella, aveva occhi scuri ed una voce gentile e gradevole; intelligente, e dotata di un acuto senso dell’umorismo, amava l’arte, la musica e il canto. Ma era anche timida, vulnerabile e cercava, nelle persone a cui teneva, amicizia e protezione, specialmente nel padre.
Aveva dato ordine alla sorella di bruciare i suoi scritti, dopo la morte, ma fortunatamente Lavinia non le obbedì; scoprì più di 1700 poesie, raccolte in fascicoli: molte prive di titolo, alcune incompiute, altre scritte sul retro di ricette, o su buste usate.
Un paio di anni dopo, incaricò Mabel Todd di farle pubblicare, e, con l’aiuto di Higginson, una prima edizione apparve nel 1890, subito salutata con entusiasmo da riviste e giornali.
Comunque, le raccolte furono parziali, fino all’edizione completa del 1955, curata da Thomas H. Johnson, intitolata “Le poesie di Emily Dickinson”, e comprendente 1775 composizioni; solo 7 erano state pubblicate, anonime, durante la vita della poetessa.
Nel 1958, furono dati alle stampe anche tre volumi di lettere.
La sua poesia sgorga dalla naturalezza della propria vita domestica, semplice come il linguaggio utilizzato, per sfociare in temi quali fede, dubbio, amore, morte, natura, immoralità, dolore, con uno stile innovativo, condensato in pochi versi, brevi ed efficaci, intrisi di metafore, simbolismi, paradossi, che creano immagini evocative, uniche, indimenticabili. Caratteristico e originale è anche l’uso della metrica, della punteggiatura, del trattino, e di una sintassi inconsueta e spontanea.
Solo nel ventesimo secolo, il mondo le ha riconosciuto il tributo che le spetta, includendola tra i più grandi poeti moderni.
gli Ipovedenti della Provincia di Napoli ha scelto di mettere in scena “Il morto stà bene in salute”, un’opera di Gaetano di Maio, commedia divertente, dall’umorismo chiaro e dall’effetto immediato sul pubblico.
Nei giorni di giovedì 11 e venerdì 12 dicembre la nostra compagnia si è vista circondata dall’affetto del pubblico, che sempre più numeroso, è accorso ad applaudirla nonostante la pioggia incessante che inondava le strade. Giovedì sera ci hanno onorato con la loro presenza diversi esponenti politici dei comuni di Portici ed Ercolano, il Presidente Regionale della Campania dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Prof. Pietro Piscitelli ed il Presidente Provinciale di Napoli Cav. Giovanni D’alessandro. Alla fine della commedia sono intervenuti i rappresentanti U.I.C.I. delle zone di Ercolano e Portici, Matteo Cefariello e Mario Mirabile, che per la forte emozione è rimasto senza parole! I nostri rappresentanti, hanno evidenziato i problemi economici e discriminatori che ancora una volta questa Associazione, per non dire l’intera categoria dei disabili, deve affrontare. È’ stato scandaloso apprendere che in un bando di concorso del Comune di Torre del Greco, riservato alle categorie protette, la partecipazione per i non vedenti è stata preclusa a causa dell’inaccessibilità delle apparecchiature informatiche; una piccola frase scritta in grassetto su di un bando che ha messo in risalto una grave discriminazione! Questi momenti di riflessione, non hanno oscurato la carica positiva e la bravura di questa compagnia, definita dal Preside Piscitelli un modello di integrazione perfetto trà i disabili ed i cosiddetti normodotati. Anche il Presidente D’Alessandro non ha mancato di fare i complimenti ai nostri attori, che ha definito dei professionisti. Lo stesso D’Alessandro ha concluso il suo intervento con una proposta, di cambiare nome alla compagnia, suggerendo di chiamarla “La stabile uic del miglio d’oro”. La compagnia accoglierà il suggerimento?
Per secoli, i ciechi, nati o divenuti, avvolti nelle tenebre fisiche e spirituali, furono considerati reietti della vita e vivevano in un condizione di umiliazione, di bisogno, costretti all’immobilismo, forse anche ad inveire contro la malasorte, colmati di pietismo, ma anche di indifferenza da parte dei più. Quali sogni, quali speranze potevano nutrire esseri umani così prostrati e avviliti? Nessuna.
Oggi, la situazione è radicalmente mutata. Infatti, i ciechi sono tornati a vivere spiritualmente, moralmente, intellettualmente, socialmente. Non sono più reietti, non più questuanti ma uomini che hanno una loro personalità anche spiccata che si impone all’attenzione e alla stima soprattutto di chi li conosce e li segue nelle loro attività di docenti, di avvocati, di impiegati pubblici, di uomini di spettacolo.
Fu questo il miracolo operato dall’Unione Italiana Ciechi che, fin dalla sua fondazione avvenuta il 26 ottobre 1920, si pose come programma e come impegno prioritario il riscatto della categoria.
Tutti i ciechi quindi, vecchi e giovani, devono sempre avere profonda riconoscenza, gratitudine e amore verso l’Unione Italiana Ciechi che ha sollevato i privi della vista alla luce luminosa dello spirito, ponendoli in condizione di sognare il raggiungimento di un avvenire che consente loro di vivere dignitosamente come uomini fra uomini.
Non si può, comunque, negare la particolare gravità della cecità, soprattutto assoluta, che solo in parte può essere compensata dai sensi residui, il tatto e l’udito in particolare, adeguatamente esercitati.
Il riscatto conseguito non è quindi un regalo del “cielo” , ma frutto di un impegno costante, di intelligenza, di volontà, di coraggio, di accettazione della minorazione, di fiducia in sé e quindi di autostima.
Con questo spirito i ciechi assoluti meglio dotati ancora negli anni trenta e nei decenni immediatamente successivi con spirito pionieristico, hanno intrapreso gli studi superiori con il fermo proposito di arrivare alla laurea e soprattutto all’insegnamento. Erano ragazzi coscienti delle difficoltà soggettive e oggettive che avrebbero dovuto affrontare; ma sentivano di avere la forza d’animo adeguata alla situazione. Chi all’istituto di Napoli e chi all’istituto di Bologna, in generale hanno frequentato i licei pubblici. Non esistevano ancora gli insegnanti di sostegno, né gli ausili elettronici, come registratori e computer né esistevano altri aiuti sostanziali. Infatti, la stamperia nazionale braille non trascriveva testi per le scuole superiori; la biblioteca per ciechi “Regina Margherita” era povera di opere valide; bisognava quindi sfruttare al meglio la biblioteca degli istituti, seppure anch’esse non dotate di tutte le opere di studio necessarie, e le ore di lettura a ciascuno assegnate dall’amministrazione. Va detto che fra i giovani c’era un profondo spirito di solidarietà e di aiuto reciproco. Nonostante le difficoltà, immaginabili e comprensibili, posso dire che, di solito, questi giovani si ponevano meritatamente al livello dei ragazzi più bravi della classe. Godevano della stima dei professori e dei compagni vedenti che non fecero mai pesare l’aiuto che davano per trascrivere in nero i compiti scolastici svolti in classe. Infatti, nessun cieco pensò mai di chiedere l’esonero dalle prove scritte come per legge si sarebbe potuto avere. Niente pietismi, e niente particolari comprensioni, tanto che c’erano i rimandati e, anche se raramente, qualche bocciato.
Per la frequenza dell’Università, mentre a Bologna c’era il pensionato per gli universitari, i ragazzi di Napoli abbandonavano l’istituto e ognuno doveva provvedere da sé sia per studiare sia per frequentare l’Università.
Purtroppo, la maggioranza dei ciechi di allora apparteneva a famiglie povere e non acculturate. Quindi era scarso o nullo l’aiuto che esse potevano dare per risolvere gli inevitabili problemi, forse maggiori rispetto a quelli del liceo ginnasio. Per altro furono affrontati e risolti con lo stesso coraggio e con lo stesso slancio che avevano caratterizzato gli studi precedenti.
Quale motivazione ha sostenuto costantemente per tanti anni l’impegno di questi giovani fino al conseguimento della laurea e oltre? Va ricordato che per i ciechi gli esami della vita non finiscono mai poiché la vita implica sempre nuovi problemi da affrontare e superare. Comunque, la motivazione principale di un così forte impegno sta nell’esigenza e nell’assillante bisogno che ciascuno aveva di elevarsi intellettualmente, socialmente ed economicamente, nonché sconfiggere con dimostrazioni concrete le varie forme di pietismo e di pregiudizi che gli umiliavano.
Come la realtà ha dimostrato e ancora dimostra, l’impegno non è stato vano se i ciechi laureati di quei decenni hanno trovato adeguata sistemazione professionale come insegnanti negli istituti per ciechi a quel tempo ancora esistenti, o nelle scuole pubbliche come docenti di storia e filosofia o di scienze giuridiche ed economiche.
Naturalmente risolto questo importante problema, ognuno ha affrontato le altre evenienze della vita, fra cui il matrimonio e la formazione di una famiglia, superate nei modi che meglio e più felicemente ciascuno ha potuto.
Nel 1846, il Giornale del Regno delle due Sicilie pubblicò la notizia della scomparsa del marchese Leopoldo Santacroce, morto all’età di trent’anni. L’articolo descrisse i solenni funerali in Santa Chiara. Il rapporto del commissariato specificò che il Santacroce era precipitato in mare inciampando su un teschio ivi portato dalle torrenziali acque con altro ossame proveniente dalla prospiciente grotta del Chiavicone. Il rapporto della polizia ammise un particolare importante: il teschio apparteneva a persona giovane perché aveva tutti i denti intatti tranne un incisivo per metà tronco. Dalla circonferenza cranica, fu possibile dedurre che era di donna. Un commissario acuto avrebbe rapportato il teschio con dente rotto alla scomparsa di una l’anno prima. All’epoca dei fatti, testimonianze accurate non mancarono. Può darsi che la polizia non indagò oltre per evitare di compromettere il ricordo del marchese, morto in modo tragico. Né la polizia tenne conto di testimoni che videro il marchese buttarsi in mare urlando stralunato come un pazzo. Adesso è possibile ricucire i fili della vicenda oscura.
Nel 1845, il marchese s’invaghì di una giovane ventenne sfortunata e povera di nome Giulia, figlia di un certo Rocco Damiano finito in carcere perché aveva ammazzato la moglie con un colpo d’ascia. Toccò a Giulia mantenere le due sorelline ed il fratellino, rimasti soli. Fu operaia in uno dei capannoni del marchese in Via Medina. La ragazza fu cucitrice insieme con una ventina di coetanee sotto la direzione di una sarta di professione, madama Durso. Giulia ricuciva i pezzi di stoffa ritagliati da madama. La ragazza era alta e ben fatta. Aveva solo un dente rotto. Anni prima, dei monelli le avevano lanciato pietre e reciso a metà uno degli incisivi. Il marchese Leopoldo la notò lavorare e s’infiammò per lei. Per necessità o perché non si poté sottrarre, Giulia fu amante del marchese. Mesi dopo era incinta. La poveretta non poteva nascondere il fatto ai parenti e non sapeva come fare. Il marchese strasvolto la uccise e di notte buttò il cadavere nel Pertugio, parte iniziale del Chiavicone, ampio condotto sotterraneo. Il canalone passava sotto Via Toledo e finiva a poca distanza dal mare in Via Chiaia, convogliando le acque dagli avvallamenti di Monte San Martino. Lo storico Carlo Celano riferisce che durante la peste del 1656 a Napoli ci furono oltre duecentomila morti su una popolazione di poco più di 400.000. Non si sapeva dove seppellire i cadaveri. I becchini promettevano di dare sepoltura ai morti in un luogo sacro, ma li buttavano nel Chiavicone. Nei secoli successivi, il canale fu usato come immondezzaio. D’estate, miasmi melensi di morte emanava la forra piena di sorci. Il 14 agosto 1846 ci fu a Napoli un temporale. Piovve e grandinò con tuoni e fulmini dal primo mattino. Si formò un devastante torrente che s’incanalò nel Chiavicone dove trovò ostruito il percorso al mare. La massa d’acqua fracassò le pareti del condotto e penetrò nelle fondamenta delle case prospicienti facendole crollare. Crollò anche il collegio di S. Tommaso e l’antica costruzione del Monte dei Poveri Vergognosi. La gran parte degli scheletri che il Chiavicone custodiva, si versò in strada e Via Toledo ne fu piena. Nel pomeriggio, cessò il temporale. Le carrozze transitanti per quella via non poterono evitare di passare su carcasse e scheletri umani. Il marchese Lorenzo Santacroce andava dalle parti di Via Chiaia a vedere come stava sua madre. Il cocchiere fermò la carrozza perché doveva rimuovere uno di quei cadaveri espulsi dal Chiavicone. Scese chissà perché anche il marchese che si trovò davanti ai piedi un teschio con resti di capelli e pelle. Il teschio sembrava sorridergli coi denti incisivi in bella mostra. Vide l’incisivo tronco e fu stravolto. Urlando si gettò in mare. Nel 1890, un prete discendente del marchese fece pubblicare a proprie spese il diario dell’avo dov’era descritto il delitto di Giulia Damiani. Il marchese Leonardo Santacroce scrisse il diario forse per mettere a tacere la coscienza ed il prete volle far luce su tanta infamia.
1) dio,, necessità e libertà
Spinoza (1632-1677) ha creato un sistema filosofico rigidamente razionale, monistico e meccanicistico.
Seguendo il pensiero di Cartesio anch’egli definisce il concetto di sostanza, intesa come ciò che è causa sui, vale a dire che per esistere non ha bisogno di alcun intervento estrinseco. Pertanto per Spinoza è sostanza solo Dio perché solo Dio è causa sui, diversamente da Cartesio, che estende il concetto di sostanza anche al pensiero e all’estensione, nel senso che per esistere hanno bisogno solo dell’intervento di Dio. Ovviamente Spinoza rifiuta il dualismo cartesiano. Infatti, si tiene fermo al monismo e ribadisce in tutto il suo pensiero l’esistenza di una sola sostanza che, come detto, si identifica con Dio. Infatti, Egli esiste ab eterno non per costrizione di altra realtà estrinseca, in quanto la sua esistenza si identifica con la sola sua perfezione assoluta, la quale si estende all’esistenza di tutta la realtà, come sostiene nel Breve Trattato.
Soprattutto nella sua opera maggiore, l’Ethica “More Geometrico Demonstrata” Spinoza sostiene che “Dio agisce per le sole leggi della sua natura e non costretto da nessuno”. Ne segue: che nessuna causa oltre alla perfezione della sua natura, spinge Dio ad agire. Conseguentemente: in Dio libertà e necessità si identificano, sicché solo Dio è causa libera perché egli esiste per la sola necessità intrinseca alla sua natura con cui si identifica la libertà. Ancora nel Breve Trattato sostiene che se non fosse la sua perfezione a farlo agire, le cose non esisterebbero affatto. Tutte le cose derivano necessariamente dalla perfezione divina e poiché Dio si identifica con la natura, segue che in essa non c’è niente di contingente e tutte le cose sono determinate dalla necessità divina ad esistere e ad operare in un processo rigidamente meccanicistico.
In conseguenza non vi sono atti umani liberi, cioè determinati da alcunché di esterno, ma si inseriscono necessariamente nel rigido processo meccanicistico impresso da Dio a tutto il mondo. Secondo Spinoza sia l’esperienza e sia la ragione insegnano che gli uomini credono di essere liberi per il solo fatto che sono consci delle loro azioni ma ignari delle cause da cui vengono necessariamente determinate (Ethica). Questa ignoranza delle cause porta Spinoza, nell’Ethica, ad una conclusione positiva, secondo la quale gli uomini sono portati a odiare una azione nociva se la considerano fatta liberamente e consapevolmente, mentre diversamente non la odierebbero o la odierebbero di meno.
Ancora nell’Ethica, Spinoza sostiene che se l’ordine della natura fosse diverso, allora si dovrebbe estendere tale possibilità anche a Dio e di conseguenza si potrebbe ammettere l’esistenza di due o più Dei il che per lui è assurdo.
Spinoza nega l’esistenza di un Dio trascendente concepito antropomorficamente e personalisticamente, oggetto di fede delle religioni positive. Ha invece una concezione panteistica poiché identifica Dio con la natura, cioè, “Deus sive Natura”. Egli definisce infatti Dio natura naturans e natura naturata, naturans nel momento creativo, naturata nell’oggetto creato, cioè è soggetto e oggetto nello stesso tempo. Pertanto, poiché per conseguenza viene a negare l’esistenza in Dio sia dell’intelletto che della volontà, sostiene che non può esserci né provvidenza né predestinazione ma tutto rientra nell’ordine rigidamente meccanicistico delle realtà. Egli possiede un numero infinito di attributi, di cui, però noi conosciamo solo il pensiero e l’estensione. E’ qui evidente la differenza con la filosofia cartesiana che considera tali attributi sostanze nel senso sopra detto. Contenuto di questi attributi sono i modi numericamente infiniti con contenuto determinato. Modi del pensiero sono le idee, mentre modi dell’estensione sono i corpi. Fra gli uni e gli altri modi vi è una perfetta corrispondenza per cui si può parlare di un parallelismo psicofisico. Egli infatti sostiene che “Ordo et Connexio Idearum Idem est Ac Ordo et Connexio Rerum”.
2) LA CONOSCENZA
Alla fine della seconda parte dell’Ethica, Spinoza sostiene l’utilità della conoscenza nell’attività pratica. Infatti, la conoscenza ci fa consapevoli che la verità e l’azione ci portano a conoscere Dio. Insegna che noi apprendiamo per volere di Dio, al quale tanto più ci eleviamo quanto più sono perfette le nostre conoscenze. Questo stato d’animo costituisce per Spinoza la felicità, o meglio la beatitudine rappresentata dall’intuizione intellettuale con cui l’uomo si eleva direttamente alla visione e conoscenza di dio. Tale condizione induce l’uomo all’amore e alla pietà.
Poiché Spinoza nega l’esistenza di un Dio provvidenziale, deve necessariamente negare anche la possibilità che dio elargisca premi come ricompensa delle virtù esercitate dagli esseri umani.
Sempre nell’Ethica, Spinoza sostiene che poiché tutto deriva dall’eterno decreto di Dio, l’uomo deve accettare e sopportare con uguale animo sia la buona che la cattiva sorte.
Lo stato di beatitudine ci induce a non odiare, a non adirarsi, a non deridere, a non disprezzare, a non biasimare, a non invidiare nessuno. Insegna che ognuno si accontenti di ciò che è suo e che aiuti il prossimo solo seguendo i suggerimenti della ragione, giammai per pietà o per altra suggestione. Giova ancora alla società perché insegna come i cittadini devono essere governati e trattati non da schiavi o servili, ma da uomini liberi. Infatti, la visione di tutte le cose in Dio ci porta all’accettazione gioiosa di ciò che accade come effetto della necessità divina e dell’ordine necessario e universale delle cose.
Spinoza si rende conto che non è facile realizzare tale condizione, ma sostiene che ad ogni buon conto il tentativo vada fatto.
3) LA MORALE
Secondo Spinoza, i tre gradi della conoscenza, cioè la sensitiva, la razionale e l’intellettiva, vengono a coincidere con la concezione morale dell’uomo, riguardante il bene e il male.
Poiché l’uomo tende a conservare il proprio Essere, Spinoza considera bene ciò che è utile a tal fine e male il suo contrario. La virtù quindi viene a identificarsi con l’utile, mentre il vizio con il suo contrario. Agire per virtù, per Spinoza significa conservare il proprio Essere sotto la guida della ragione. Infatti, l’uomo che si comporta secondo ragione, è utile non solo a sé, ma anche a tutti gli altri uomini, per cui egli dice “Homo Homini Deus” se vive secondo ragione. Spinoza nega l’esistenza ontologica di bene e male e li considera concetti istituiti dall’uomo paragonando le cose tra loro.
Le passioni fanno parte della nostra natura, più esattamente rientrano nelle verità oscure e confuse del primo grado di conoscenza. Esse quindi non sono estirpabili, ma vanno chiarite e razionalizzate. Con ciò la passione cessa di essere tale e con la razionalizzazione diventa verità chiara e distinta corrispondente alle verità del secondo grado di conoscenza. In merito, Spinoza sostiene: “Chiarisci le tue idee e tu cesserai di essere schiavo delle passioni”. Le passioni fondamentali sono l’amore e l’odio, da cui nascono tutte le altre che caratterizzano il comportamento dell’uomo.
L’amore nasce come affezione accompagnata da una causa esterna che provoca la gioia; chiamiamo odio l’affezione del dolore anch’esso accompagnato da una causa esterna. Spinoza sostiene che l’odio genera odio che può essere distrutto solo dall’amore. Taluni interpreti hanno ritenuto di trovare in tale affermazione una contraddizione col principio della necessità vigente nella realtà universale. Penso che l’affermazione possa essere chiarita sostenendo che anche la vittoria dell’amore sull’odio rientri nella necessità naturale affermata da Spinoza. Comunque, il filosofo chiarisce ancora che le passioni non sono dovute a debolezze o a fragilità dell’uomo, ma sono dovute alla potenza della natura e quindi non sono detestabili, ma vanno chiarite e capite.
E’ evidente che l’Ethica dello Spinoza sia affine a quella stoica, soprattutto per quanto riguarda il superamento delle passioni con la consapevolezza della razionalità del Tutto.
4) LA RELIGIOSITA’ SPINOZIANA
Come detto, la filosofia dello Spinoza si contrappone in maniera totale e globale alla concezione che le religioni positive hanno in Dio. I principali motivi di opposizione riguardano la libertà di Dio e la visione finalistica del mondo, principi strettamente connessi al teismo.
Infatti, pensare che Dio possa scegliere fra più possibilità, per Spinoza significherebbe in realtà mettere in dubbio la sua onnipotenza. Affermare la concezione finalistica significherebbe pure ammettere in Dio la mancanza di qualcosa, il che implicherebbe la sua imperfezione con evidente contraddizione.
Non stupisce che la filosofia di Spinoza sia stata condannata dai teologi di tutte le religioni positive. Il punto fondamentale della loro critica riguardava l’assoluta mancanza di alcuno spazio per la fede. Infatti il suo filosofare fu considerato la negazione di ogni religione positiva e assertore dell’ateismo più totale.
Possiamo rilevare che tali critiche non colgono nel segno poiché Spinoza fu tutt’altro che ateo. Poiché il mondo sarebbe incomprensibile senza riferimento a Dio, inteso come sostanza che si identifica con la natura, dice infatti: “Deus sive Natura” (Dio ossia Natura). Non ateismo quindi, ma panteismo e immanentismo, per cui, come qualcuno sostiene, tale filosofia può essere considerata come la vera religione.
Egli infatti con tale identificazione non ha fatto altro che riaffermare in maniera più evidente l’esistenza di Dio. Si può dire che, da un lato, lo ha abbassato al mondo e, dall’altro, ha elevato il mondo a Dio.
Bones, ditta svizzera all’avanguardia per quanto concerne il tema dell’integrazione di soggetti con ridotte o impedite capacità visive, ha lanciato sul mercato, dallo scorso 15 dicembre, il nuovo Milestone 312. Se già i precedenti prodotti Milestone, come le versioni 310 e 311 daisy potevano già definirsi dei gioielli della tecnologia, il nuovo Milestone 312 è semplicemente ingegnoso!
Questo nuovo prodotto è, principalmente, un registratore-lettore MP3 e Daisy di alta qualità, ma racchiude in se tante altre funzioni, tutte gestibili grazie alla sintesi vocale incorporata. Milestone 312 ha circa le dimensioni di una carta di credito e ha una memoria interna di un Giga che, tramite l’inserimento di una SD Card nell’apposito slot dell’apparecchio, è espandibile fino a un massimo di 32 Giga. Con Milestone 312 è dunque possibile fare registrazioni in formato MP3 e ascoltare musica in ogni tipo di formato, ma non solo: con Milestone 312 è possibile, appunto, leggere anche i libri in formato digitale Daisy e, a differenza delle versioni precedenti, il Milestone 312 dispone della funzione “lettore di testi” che consente la lettura anche dei file in Word grazie a una sintesi vocale multilingue, regolabile in velocità. In ogni modo, l’elenco delle numerose funzioni di Milestone 312 non finisce qui!
Un’altra funzione molto interessante di questo apparecchio è la cosiddetta “registrazione line-in”: tale funzione permette il collegamento del Milestone 312 a fonti esterne quali impianti stereo, in modo da poter effettuare registrazioni da CD, audiocassette o radio, ottenendo così file MP3 di ottima qualità; tale funzione, attraverso un pre-amplificatore integrato nell’apparecchio, consente anche di poterlo collegare ad un qualsiasi microfono esterno per interviste o altri tipi di uso. Inoltre, Milestone 312 ha anche una sua radio incorporata in grado di cercare e memorizzare le stazioni che vengono scelte.
Un’altra funzione che è compresa nella versione base del Milestone 312 è la funzione sveglia e sleeptimer, anch’essa semplice da gestire, sempre grazie alla sintesi vocale.
Vi sono poi altre funzioni già comprese ed altre che verranno invece aggiunte in futuro, denominate comunque “funzioni extra”, che possono cioè essere aggiunte su richiesta dell’utente, in modo da creare un apparecchio su misura a seconda delle diverse esigenze: tra le “funzioni extra” sono compresi:
- la funzione di agenda, pratica e facile da usare;
- il lettore di etichette RFID Speakout, tramite il quale è possibile, registrando un messaggio vocale sull’apposita etichetta fornita, un messaggio vocale per riconoscere elementi di vario tipo (medicinali, CD, prodotti per la casa e così via);
- il lettore colori, che ha circa le stesse funzioni dell’ormai noto Colortest;
- un microfono stereo esterno per registrazioni di alta qualità, appositamente creato per il Milestone 312.
L’ultima importante qualità dell’apparecchio è senza dubbio il prezzo: il Milestone 312 costa infatti 350 Euro, un buon prezzo dunque, soprattutto se si considerano tutte le funzioni incluse.
Queste dunque le principali funzioni del Milestone 312 che, per quanto concerne l’Italia, sarà prossimamente disponibile presso la Cooperativa Cipsa, con sede in barco di Bivigliano (RE), presso Tifcom di Marco gasparini, nonché presso il Centro nazionale Tiflotecnico di Roma; ovviamente è possibile consultare i siti Internet dei rispettivi punti vendita e scrivere ai rispettivi indirizzi e-mail per ulteriori informazioni sul prodotto.
Il giorno 5 Febbraio scorso il Comitato Nazionale Giovani dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti in collaborazione con l’Ufficio Stampa della stessa Associazione, ha organizzato una trasmissione on line dedicata ai giovani universitari non vedenti ed ipovedenti.
Nel corso della trasmissione condotta magistralmente dalla Componente della Direzione nazionale U.I.C.I. Luisa Bartolucci, sono intervenuti il Presidente Nazionale dell’Unione Ciechi Prof. Tommaso Daniele, il dirigente nazionale responsabile dei giovani Arch. Giuseppe Bilotti e il coordinatore del Comitato Nazionale Giovani Mario Mirabile, oltre a diversi giovani universitari e non, che hanno raccontato le proprie esperienze e hanno dato suggerimenti e consigli al fine di superare le diverse difficoltà che si incontrano durante il percorso scolastico.
Molto importante è stato il contributo del Prof. Claudio Lucchesi che ha illustrato le diverse strategie messe in campo dalle Università alla luce della legge n. 17 del 2000.
Dalla trasmissione, nonostante i notevoli passi in avanti fatti negli ultimi anni, è emersa ancora una volta la difficoltà nel reperimento dei testi di studio; le case editrici sono restie a fornire i libri su supporto digitale che consentirebbero ai nostri studenti di essere alla pari dei loro colleghi normodotati. In questo settore è stato evidenziato grosso aiuto da parte del servizio del libro parlato grazie soprattutto al sistema Daisy.
Diversi ragazzi, studenti o vero già laureati, hanno raccontato le esperienze fatte grazie al programma Erasmus che ha consentito loro di trascorrere periodi di studio presso Università straniere nonostante l’handicap.
In generale è stata fatta una carrellata sulle varie Università e su come funzionino i servizi messi in campo da esse per l’integrazione degli studenti minorati della vista e anche se c’è ancora molto da fare, siamo sulla buona strada.
L’ultimo atto sta per compiersi. Greggi di popolo si addensano per l’ultimo applauso. L’attesa è spasmodica, il risultato incerto, il fragore garantito. Il pugno di Dio sta per calare sul nostro pianeta e tutto sarà altro. Mani incoscienti si giungono e invocano Il miracolo. Una morte felice è illusione e speranza che il mito ha predetto. Uno schermo gigante ricorda i punti salienti della vita umana: il dolore, la miseria, la guerra, la tortura e la paura sono immagini, suoni, odori e vissuto senza scopo. Bambini incoscienti continuano i loro giochi di guerra. Un’aquila reale volteggia nel cielo e saluta disegnando una svastica. Il suo ghigno è feroce e gli occhi sembrano iniettati di sangue. Qualcosa la incuriosisce e si getta in picchiata. Un neonato è la preda. Il gregge umano osserva impotente e silenzioso, le emozioni sono passato. il neonato è felice e saluta con la manina. Lo schermo gigante delle menti, proietta una cometa e il picco di una montagna. Un nido di aquile, si ravviva e un folto piumaggio quasi cela e riscalda un Piccolo bimbo. Un presagio? Il pugno di Dio ha dunque un volto? Qualcuno ricorda ed un sussurro si estende tra la folla: “Dio è con noi”. Un’antica fortezza ora Tempio, celebra un rito segreto e un fumo denso invade le anime divenute così immortali. Giovani guerrieri sono pronti all’estremo sacrificio. I corpi moriranno, ma le anime vivranno di altre anime e il pugno di Dio apparterrà all’idea.
Le luci si accendono, il film è terminato.
Ancora una volta nella storia, tra mito e realtà, una setta segreta ha compiuto un rituale satanico e un fuoco rubato a Prometeo, sarà l’idea che tenterà la conquista del mondo. La morte ha forse viaggiato nel tempo, ha travolto anime inconsapevoli, uomini contro sono la realtà del passato, del presente e saranno futuro. IIl nuovo Messia è ora tra le vette delle montagne che sfiorano il cielo. Tutto è pronto e il botto finale sarà il risultato che la volontà di potenza mitizzata dall’Uomo ha legato al simbolo dell’aquila reale .
Il regista che è in mè, ancora non è sazio. Una colonna sonora mi avvolge come un mantello e un popolo in marcia attraversa il deserto in un esodo storico senza eguali. La Terra Promessa è la meta e il Credo. La marcia durerà secoli e il vissuto delle varie tappe è storia di Fedi a confronto e ideologie contrapposte in un groviglio di certezze e dogmi. Eserciti in marcia sono vincitori e vinti di una Storia mai scritta né compresa.
Un destino implacabile travolge il mondo. La forza dell’idea ha trovato il suo momento e sfoga la sua natura diabolica.
Un fumo nero e denso oscura un cielo grigio come un tappeto di cenere. Occhi spenti attendono il mostro di cui saranno cibo e rito. Un odore fetido è il respiro della voragine che dilata le fauci avide di carne umana. Un linguaggio oscuro e stridente dirige il macabro festino. Il buio avvolge il crimine nel silenzio e l’incubo di menti che non distinguono più il sogno dalla realtà. Sentinelle come spettri attendono un’alba che nessun raggio di sole potrà illuminare. Un rombo lontano si sta lentamente trasformando in speranza e un tremulo bagliore di luce lo accoglie. L’ultima ora è suonata e il mostro si contorce e crolla. Occhi increduli si ravivano e lacrime di commozione ritrovano l’antico percorso e scendono sulle gote smunte e stremate dal dolore e la paura.
Sguardi cercano altri sguardi col cuore gonfio e negli occhi l’ultima scintilla in cerca di un affetto che pochi assaporano e ricordano in un abbraccio e nel grido d’un nome. L’amore ritrova il sapore d’un bacio tremante e stupito. Il suono d’una campana scandisce il tempo di un ritorno tra l’attesa e la speranza ancora timorosa e solitaria. Binari infiniti attraversano campi incolti e macerie che rimproverano silenziose come gli sguardi che si interrogano.
La guerra è finita!
Il film della vita si snoda veloce e il futuro ritrova il suo bisogno di esistere. La Storia, ancor giovane e immatura, è una serie infinita di perché senza risposta, con testimoni reticenti, distratti, assenti, sazi di ricordi e memoria. Idee a confronto dividono la belva umana in due storie parallele e contrapposte simili a trincee ancora scavate nell’odio e la competizione di pochi e il sacrificio dei molti. Un popolo esangue cerca un nuovo tempo e un antico spazio. La terra promessa non può attendere il compiersi della profezia. La marcia nel deserto scandisce la lotta della disperazione e la volontà di essere popolo e nazione. Ancora sangue e paura diventano il pane quotidiano che non sazia né nutre.
Un muro divide i vinti del momento e il prezzo pagato ccon la vita di milioni di persone sarà vergogna e disprezzo da subire. L’odore acre di quel fumo che avvolgeva il corpo e l’anima del guerriero per trasmettere l’idea,, si spande in tutto il mondo confuso tra altri odori quotidiani
Marzo 2008: scenario: campagna elettorale italiana.Citttà: Napoli.
La capitale italiana della canzone, la città simbolo del cielo terso e del sole splendente; meta turistica con un litorale tra i più belli del mondo, è ora sommersa nella spazzatura. Cittadini umiliati, intossicati, morenti, terrorizzati dalla criminalità e dallo Stato, si ribellano come possono e sanno al mostruoso che li circonda. Il simbolo della repressione e della barbariea raggiunta, è l’incaricato dal governo, ora esangue e in cerca di ricambio, commissario straordinario,inviatoesercito appresso, per la soluzione al problema. I buffoni e amorali di turno, privi di ogni senso di dignità e immuni dalla vergogna, si cimentano in una tragicomica campagna elettorale. Mani ormai protesi e strumento di asservimento inconsapevole, applaudono allo scempio di ogni valore etico e morale pensabile ed immaginabile. Un ex comico, ora al confine tra il manager e il politico, investe il suo capitale e il suo umorismo di bassa lega e di volgare estrazione, certo del risultato raggiungibile e opulento. Un clero avvizzito e irreale, celebra l’ultima gloria in riti e linguaggio dei vincitori, (in latino) al margine di discariche sia di merci che umane. Un Papa di grande Germania, compie l’ultima crociata in un mondo dissolto tra le rovine di civiltà e piegate al destino della mondializzazione.
Una nuova invasione di barbari di longobarda memoria, minaccia la secessione del nord Italia, in nome di una superiorità ed una etnia basata sulla ricchezza procapite. Il sud reagisce con una sua lega e le isole ritrovano la voglia di autonomia e lo Stato cede al ricatto di una mafia sempre più internazionalizzata e pronta a liberarsi dei vecchi reperti storici che ne costituiscono il braccio armato. La violenza è sempre più a basso costo e parla lingue diverse.
La ricerca di una Europa unita, si sgretola nel suo impianto cultural politico, mentre la moneta unica celebra in un signoraggio bancario senza limiti e confini etici o morali, un trionfo che sarà il canto del cigno. Il seme della discordia è giunto sul territorio più fertile e corrotto. Un genocidio mai narrato e tenuto in considerazione, sarà popolo di zingari ancora vittima e carne da macello.
L’Italia del malaffare e dominata dal potere anglo americano e israeliano, riconosce l’indipendenza del Kosovo e avvalla l’instabilità più subdola e pericolosa che il potere mondiale ci offre su un lacrimatoio ancora umido per un passato recente e colposo. La campagna elettorale continua e coincide con la campagna elettorale americana. Quell’odore acre disperso in tutto il mondo si ravviva e giunge alle narici più sensibili. Nuovi genocidi stanno compiendosi in ogni dove e la belva umana sente l’odore del sangue e rinvigorisce ed è pronta all’ultima impresa. Il mondo sarà l’ultimo pasto macabro e il primo desiderio da saziare.
Una statua enorme di Prometeo si erge davanti ad un colosso bancario, la G.P. Morgan, e sembra sorridere ansioso.L’idea ha viaggiato nel tempo e nello spazio ed ha raccolto i suoi antagonisti in un unico mostroAssociazioni segrete e servizi deviati, hanno nutrito per anni le menti di follia criminale, mentre religioni e sette, di nuova invenzione si uniscono e ingannano il bisogno di credere con un elemento unificante irrealizzato e irrealizzabile. L’idea definita Pangermanesimo insieme al Panslavismo, lasciano il posto al palladismo statunitense e al sionismo anglo americano e israeliano, mentre il marxismo ed il fascismo hanno raggiunto un punto dincontro che uomini di entrambe le credenze non colgono e non intuiscono come pericolo e nuovo barbaro connubio di crudeltà.
Interessi comuni creano super clan che accolgono il potere in ogni sua forma e delirio. Il pianeta sta per ribellarsi e lo scontro sarà ora tra natura e presunzione umana che scruta il sistema solare e sogna la conquista dello spazio.
La terza guerra mondiale è ora passato.
Le folle vagano tra macerie e morte, mentre il potere ha perso l’ultima chanche per la nuova conquista dello spazio. Occhi stupiti e assopiti in un torpore demenziale, osservano il cielo e il volo di aquile che inventano giochi e danze propiziatorie. Il nuovo messia a giudicato! Una serie infinita di valanghe scende lungo le valli e le acque si innalzano. Un rombo assordante e continuo saluta il genere umano e accoglie il nuovo eletto che dispiega le ali e attende l’esito finale.
La Terra tornerà ad essere la madre di chi la saprà amare e curare con giusta ragione e intelletto. L’Uomo ha fallito, un simbolo usato dal potere è divenuto il potere stesso e sarà la nuova complessità che sfiderà la corsa del tempo che il sole concederà per trasformarsi in padre del mondo e della vita.
Carissime,
in questo numero vorrei affrontare un argomento complesso che riguarda tutte noi molto da vicino, analizzandone gli aspetti psicologici e culturali che troppo spesso vengono ignorati dalla nostra societa'.
Da un punto di vista biologico il ciclo mestruale puo' essere diviso in due fasi. Nella prima fase, che va dal primo al quattordicesimo giorno, l'ipofisi (una ghiandola situata alla base del cervello) produce due ormoni, il Tsh (follicolo stimolante) e l'lh (follicolo luteinizzante). Il primo serve a far giungere a maturazione il follicolo, una specie di sacchetto contenente la cellula uovo, e a stimolare lo stesso follicolo a produrre gli estrogeni (gli ermoni che rigenerano la mucosa uterina sfaldatasi dopo l'ultima mestruazione e che stimolano l'ipofisi a produrre l'Lh). E' proprio l'elevata concentrazione dell'ormone luteinizzante a provocare l'ovulazione che consiste nel far scoppiare il follicolo e fuoriuscire la cellula uovo che entra nelle tube di Falloppio (piccoli condotti che collegano l'ovaio all'utero) ed e' pronta ad essere fecondata da uno spermatozoo. Se la fecondazione non avviene, la parte del follicolo rimasta nell'ovaio (corpo luteo) degenera e cessa la produzione di ormoni. Parte della mucosa uterina si stacca e viene espulsa assieme all'uovo non fecondato, dando origine ad una peqdita di sangue che dura alcuni giorni.
Pur non volendo sminuire l'importanza di queste fasi biologiche e fisiologiche correlate alla procreazione, dobbiamo ricordare che il ciclo mestruale non e' solo un evento naturale che ci permette di essere donne. Rappresenta molto di piu' e il suo valore in passato era estremamente esaltato. Varie ricerche archeologiche e antropologiche hanno infatti evideyziato l'esistenza, in epoche molto remote, di civilta' matriarcali che consideravano sacro il sangue mestruale, caratteristica esclusivamente femminile, generatore e rigeneratore di vita. Le donne rivestivano un ruolo centrale nella vita quotidiana della tribu' e nel periodo mestruale venivano ritenute portatrici di un'acuita sensibilita' che le rendeva capaci di fare profezie. Il mestruo era anche legato al trascorrere del tempo attraverso le fasi lunari che duravano 28 giorni. L'importanza del femminile ci viene iooltre confermata dall'etimologia che indica come molte parole derivanti dalla tradizione greca e latina facciano riferimento alle donn. Esistevano poi vari animali simbolici correlati al ciclo mestruale come il cinghiale femmina, considerato fonte di carica vitale, di forza indomabile e selvaggia, di sessualita' indipendente.
Con l'avvento del patriarcato molti dei simboli sacri vennero stravolti e demonizzati. Il cinghiale divenne un misero maiale domestico e il serpente, fino ad allora associato a diversi fondamentali riti tribali legati alla femminilita', acquisi' in molti casi la personificazione del demonio. Anche nella Bibbia si racconta che Eva venne punita con le mestruazioni per aver peccato accettando la mela dal serpente, indicato come il simboro femminile della sessualita'.
Il sangue mestruale, non piu' simbolo sacro e vitale, venne interpretato come perdita di vita e la donna mestruata, capace di fare oracoli e considerata impura in molti testi religiosi, si trasformo' in una malefica strega da eliminare fisicamente nei secoli piu' critici della storia femminile. Questo ha dato origine a varie superstizioni e credenze popolari diffuse ancora oggi che attribuiscono alla donna mestruata effetti magici negativi senza alcun fondamento, come ad esempio far appassire piante e fiori o far impazzire la maionese. Altrettanto false sono alcune concezioni per le quali la donna mestruata non possa lavarsi i capelli o fare il bagno. Queste derivano dalla credenza diffusa nel settecento secondo la quale il contatto con l'acqua ostruisce i pori e rende il sangue denso, provocando come conseguenza l'amenorrea (mancanza delle mestruazioni). In questo modo si spiegavano i disturbi delle lavandaie e delle contadine che lavoravano nella macerazione della canapa e del lino.
Ancora oggi esistono molti tabu' associati al ciclo mestruale. Ad esempio, in Africa e' severamente proibito andare nei campi o ad attingere acqua nei giorni di impurita'. Uno dei maggiori tabu' di questa civilta' e' proprio l'effusione di sangue che viene considerato offensivo per la madre Terra: una donna che avesse le mestruazioni mentre e' nei campi o mentre lava la sua biancheria al ruscello, deve deporre un uovo ai piedi dell'albero piu' vicino al luogo profanato. Se non lo facesse la colpa comprometterebbe i futuri raccolti, anche se nessuno ne fosse a conoscenza.
E' chiaro che quando il sangue femminile viene demonizzato come qualcosa che rende impuri, dall'altra parte vi e' una riminescenza del suo potere intrinseco. In campo magico, ad esempio, esso viene usato fra gli ingredienti dei filtri amorosi per riunire le anime mediante la sua assunzione o il contatto: la fattucchiera, facendo ingurgitare il suo sangue all'amante neghittoso, ne conquista la sua attenzione. In tutta l'Italia meridionale e' molto diffuso un incantesimo che consiste nel versare all'uomo nel caffe' caldo alcune gocce di sangue mestruale di una fanciulla, mischiate con sangue tratto dal suo pollice: questa miscela fara' innamorare le due persone e le leghera' indissolubilmente.
Nei confronti del ciclo mestruale e' stato ormai interiorizzato un atteggiamento negativo, che sembra non essere affatto circoscritto alle classi sociali piu' basse o a particolari gruppi etnici. Anche nel linguaggio sono spesso usate espressioni che, pur se pronunciate con tono scherzoso, sono una manifestazione di disprezzo. Un primo e semplice passo per sconfiggere i pregiudizi consiste sicuramente nel diffondere un'informazione corretta. La maggior parte delle ragazze riceve a proposito delle mestruazioni un atteggiamento sterile, freddamente clinico e privo di rispetto per il corpo femminile e la sessualita'. Le mestruazioni sono vissute spesso dalle donne come una vergogna, qualcosa da nascondere, da non nominare se non con delle perifrasi, qualcosa di sporco o comunque come una seccatura di cui si farebbe volentieri a meno. C'e' anche una sorta di invidia nei confronti degli uomini che non sono costretti a dover sopportare ogni mese questo fastidio. Io per prima, dimenticando il grande potere della procreazione che caratterizza l'universo femminile, mi sono trovata spesso a discutere con i maschietti che non comprendono quanto sia difficile per noi donne adattarsi a questa inevitabile esperienza per cercare di viverla nel migliore dei modi.
La nostra societa', invece di celebrare la natura ciclica come un aspetto positivo dell'essere donna, insegna ad ignorare del tutto il mestruo in modo da non trascurare i bisogni del marito, dei figli e del lavoro. In questa negazione dell'essenza stessa del femminile trovano origine molti disturbi ginecologici assai diffusi come la sindrome premestruale che di solito non e' solamente associata a sbalzi ormonali come si vorrebbe far credere. E' molto piu' semplice sospirare, scuotere le spalle e affermare con rassegnazione che "la moglie o la fidanzata in questa fase diventa insopportabile per colpa degli ormoni." Anche in questo caso si potrebbe rintracciare una sorta di invidia da parte dell'uomo che e' mancante di questa esperienza propria del femminile. Sicuramente il ciclo ormonale influenza molto la donna, ma l'aspetto psicologico ha un peso altrettanto rilevante. In questo periodo infatti l'attenzione delle donne si volge verso l'interno e si stabilisce un contatto piu' stretto con la loro interiorita' personale e con l'essenza del mondo, incluso il dolore e la sofferenza. Al mestruo spesso si accompagna una grande creativita' che permette alle donne di formulare le loro idee piu' brillanti proprio in questa fase, anche se rimandano di solito le realizzazioni ad altri momenti piu' produttivi. Si avverte iooltre l'esigenza di dedicare tempo al riposo e a se stesse, ma spesso queste necessita' non vengono ascoltate e finiscono talvolta per esprimersi nei classici dolori mestruali che costringono ad imbottirsi di farmaci o a restare a
letto. E' probabile che la maggior parte dei casi di sindrome premestruale diminuirebbe se le donne potessero allontanarsi dai loro doveri per tre o quattro giorni al mese e fossero sollevate da altri dal preparare i loro pasti e assolvere le loro incombenze. La nostra societa' ama l'azione, mentre il ciclo mestruale e' progettato per insegnarci a rispettare il processo vitale in ogni sua fase, di contrazione come di espansione.
Il potere creativo delle donne va al di la' della procreazione e consiste nel cogliere attraverso l'esperienza del ciclo mestruale il senso della ciclicita' ed imparare a fluire con essa. Lasciandosi trasportare con consapevolezza dalla guida della ciclita' mestruale, la donna dovrebbe arrivare a quella fase detta menopausa, in cui ha imparato ad essere in sintonia con il pulsare dell'universo. E' un percorso difficile, ma non impossibile. Richiede meditazione e riflessione (due aspetti che sono nettamente in contrasto con lo scorrere frenetico dei nostri ritmi quotidiani), ma soprattutto la capacita' di comprendere e amare la propria femminilita' imparando a prendersi cura di noi stesse e ad aprrezzarci per cio' che siamo veramente.