Carissimi
Anche l'anno 2009 volge al suo termine, un anno pieno di eventi che in qualche modo toccano tutti noi. Se dovessimo elencarli, avremmo probabilmente più notizie di segno negaqtivo che positivo. La crisi che attanaglia un po' tutti,
i conflitti che continuano ad insanguinare molte zone del nostro pianeta, il clima che dà indiscutibili segni per i quali preoccuparsi, i vari virus influenzali che ormai invadono più i nostri canali televisivi che il fisico della gente. Venendo al nostro paese, una segnalazione è d'obbligo riguardo la situazione politica che è in continuo fermento. Scandali e scandaletti quasi quotidianamente evergono, quasi a dare pepe ad una situazione stagnante e quantomeno assopita. Tuttavia se è vero come è vero che dobbiamo reagire a tutte queste situazioni, allora prendiamo atto anche degli eventi di segno positivo. La stessa crisi economica cui prima facevo riferimento sembra rallentare, e timidi segni di ripresa devono farci ben sperare.
Il Presidente degli Stati Uniti, sembra impegnarsi seriamente per migliorare varie situazioni interne ed estere. A tal proposito, Il recente premio Nobel per la pace assegnatogli, speriamo possa spronarlo per spingerlo e incoraggiarlo ad andare avanti.
Venendo a noi, anche il fatto che io vi stia scrivendo e voi stiate leggendo, direi che non è poco; non èforse vero?
Prima di concludere queste pochissime e semplici riflessioni, vi ricordo che tutti coloro che ricevono la rivista su nastro audio, devono rinnovare l'abbonamento telefonando o inviando una mail al centro del libro parlato di Firenze. Qui di seguito ecco il numero di telefono: 055 55 20 752.
Mail, lpfi@uiciechi.it.
Dopo questa comunicazione, non mi resta che inviarvi sia a titolo personale che a nome di tutta la redazione i più sinceri auguri di serene feste. Se permettete, un suggerimento. Quando farete gli auguri ai vostri amici, ai colleghi di lavoro, ai parenti ma anche a chi vi resta sulle scatole, provate a chiudere gli occhi per qualche secondo e concentratevi soltanto sul vostro cuore. Nella maggior parte dei casi, sentirete un calore, una piacevole sensazione che pervaderà il vostro essere.
Quando questo accadrà, allora gli auguri formulati non saranno più delle parole dovute che ci infastidiscono persino pronunciarle e riceverle, ma diventeranno davvero vive. Questo potrebbe essere un piccolo inizio per provare tutti noi a migliorare anche di una virgola questo stanco e pur magnifico palco scenico che è il Mondo.
Carissimi. TANTI, TANTI AUGURI.
Un’iniziativa concreta della Camera del Lavoro di Pistoia, che testimonia ancora una volta l’impegno della CGIL nella tutela dei diritti dei lavoratori in ogni ambito, ha portato all’apertura di uno sportello dedicato alle problematiche della disabilità e del lavoro. Tale struttura ha come scopo principale il rispondere in modo adeguato alle necessità informative e di indirizzo dei lavoratori diversamente abili e di coloro che soffrendo di una qualche disabilità motoria, sensoriale o psichica, aspirino comunque ad una dignitosa ed equa integrazione nel mondo del lavoro.
Ma non solo. Altri punti significativi del progetto saranno sviluppati attraverso:
la verifica dell’applicazione della legge 68/99 nel territorio pistoiese, mediante la richiesta degli elenchi previsti dagli art. 8, comma 2, e art. 9, comma 6, della sopracitata legge,relativi ai lavoratori disabili iscritti nelle liste di collocamento obbligatorio e ai soggetti datoriali che devono produrre l’offerta obbligatoria di posti di lavoro (tale controllo, impostato su base numerica e per categoria, non violerebbe nessun articolo del D.L. 196 del 30.6.2003, (denominato “Codice in materia di protezione dei dati personali”), ma permeterebbe l’individuazione di possibili incroci fra domanda ed offerta;
il confronto con le Amministrazioni e le Associazioni di tutela, di volontariato e del Terzo Settore operanti nel campo della disabilità nel territorio di competenza, con particolare attenzione per quelle operanti nell’ambito lavorativo o la cui attività è propedeutica all’integrazione lavorativa dei disabili (ad es. cooperative);
la promozione di campagne di sensibilizzazione relative all’integrazione delle persone diversamente abili nel mondo del lavoro e della vita sociale (ad es. attuazione delle linee guida per la vita indipendente delle persone disabili o del Piano Regionale di abbattimento delle barriere architettoniche pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 28 del 3.8.2009).
“Oggi più che mai è indispensabile potersi avvalere di servizi e tutele per conoscere i propri diritti, per poterli esercitare, per vederli riconosciuti. Avere la possibilità di contare su un aiuto, una consulenza e soprattutto sulla professionalità degli interventi a difesa dei propri diritti, diventa dirimente per chi si trova a vivere situazioni di difficoltà: questo il senso di un impegno che da sempre caratterizza la CGIL nell'ampliare e qualificare i propri servizi” afferma Gessica Beneforti della Segreteria della CGIL.
“Vuole essere poi un’operazione culturale” spiega Tiziano Storai, responsabile non vedente del progetto, volta ad affermare la cultura dei diritti e dell’integrazione, i valori della solidarietà e della centralità della persona umana, con tutte le specificità del caso; così il progetto può produrre risultati importanti”.
Altri elementi qualificanti del progetto sono rappresentati dalla scelta delquadro sindacale diversamente abile preposto alla sua realizzazione e la grande sinergia realizzata con gli altri componenti del gruppo di lavoro e con le strutture regionali e nazionali del sindacato.
Recapiti: presso il Patronato INCA della Camera del Lavoro Via Puccini 104, piano terra, il primo ed il terzo venerdì di ogni mese dalle ore 15.00 alle ore 17.30. Telefono (nei giorni e negli orari indicati precedentemente): 0573.3781, e-mail tstorai@pistoia.tosc.cgil.it..
Carissimi lettori,
Lo scorso settembre la nostra rivista ha raggiunto un accordo di collaborazione con i seguenti enti:
La Caritas di Oliveto Citra in provincia di Salerno
La proloco Siberene di Santa Severina paese in provincia di Crotone
Rivista Fuori dall’ombra dell’associazione A.R.V.E. Associazione Regionale Veneta Epilissia di Padova
Oltre a questi, prossimamente seguiranno altri accordi.
A tal proposito, un particolare ringraziamento per l'opera svolta va al nostro membro di redazione Luigi Palmieri.
Lo scopo principale di questi accordi è uno scambio sempre maggiore di informazioni tra i portatori di handicap e la società comune.
Ciao carissimi, ben ritrovati!
Eccoci giunti alla fine di un altro anno insieme, cominciano ad essere tanti, speriamo non vi siate stancati di me!
Come consuetudine, a ridosso delle feste, sono a proporvi qualche ricettina un po' sfiziosa che possa, almeno così spero, ispirarvi nella preparazione dei vostri banchetti che preparerete per i vostri cari in queste feste.
Prima di lasciarvi alla lettura delle ricette, desidero augurare a tutti voi ogni bene, che queste feste passino in allegria con la compagnia e l'affetto delle persone a voi più care, e che il nuovo anno porti per voi serenità, salute e la realizzazione dei vostri sogni più belli.
Un saluto e un ringraziamento a tutti voi che mi leggete e allo staff di "Giovani del 2000" che mi da la possibilità di continuare a stare in vostra compagnia!
Tanti auguri, appuntamento al prossimo numero!
Ingredienti
Per il ripieno:
Preparazione
Impastare gli ingredienti per la pasta e far riposare in frigo per mezz'ora. Stendere la pasta sottile in forma quadrata e tagliare dei triangoli. Chiuderli inserendo il ripieno scelto partendo dalla parte più lunga spennellandoli prima sui bordi. Metterli su una teglia con la carta da forno e spennellarli con uovo sbattuto anche fuori. Cuocerli in forno caldo a 200° per 10 minuti.
Ingredienti per 6 porzioni
Preparazione
Lavare e sbollentare la borragine scolare aprendo le foglie. Farcire ogni foglia con mozzarella ed acciuga. arrotolare e fare gli involtini. passare gli involtini nella farina, poi nell'uovo sbattuto e poi nel pangrattato, non salare, friggere in olio abbondante e caldo finché risulterà dorato, questi involtini sono un antipasto sfizioso e molto gustoso.
Un consiglio: per non far uscire il succo della mozzarella, ripiegate all'interno i bordi della borragine, potete preparare in anticipo ma vanno fritti al momento
Ingredienti per 6-8 porzioni
Preparazione
In una tortiera adagiate la pasta sfoglia (lasciando sul fondo la sua carta forno) e bucherellatela con i rebbi di una forchetta. Adagiarvi le fettine di salmone e il brie a pezzetti. In una terrina battere uova, panna, sale e pepe. versare questo composto sulla quiche, aggiungere il gruyère e mettere in forno a 180° per 30 minuti circa. Servire tiepida.
Ingredienti per 6 porzioni
Preparazione
Lavare le arance non trattate e grattare la scorza. In una padella antiaderente scaldare il burro e unire la scorza grattugiata delle arance. Lasciar insaporire per un paio di minuti quindi aggiungere il succo delle arance e far consumare leggermente. Unire quindi il mascarpone e mescolare bene il tutto. Spegnere il fuoco. Cuocere la pasta al dente e saltarla in padella a fuoco vivo, eventualmente aggiungere poca acqua di cottura (non devono essere asciutte!!!). Servire con una spolverata di pepe nero macinato al momento e decorare il piatto con fette di arancia.
Ingredienti per 4 porzioni
Preparazione
Rosolare il petto per qualche minuto, con olio, unire la salvia, l'alloro e bagnare con il vino. Coprire e cuocere per 20 minuti circa, se occorre bagnare con poco brodo. La carne non deve cuocere troppo, ma rimanere rosata all'interno, altrimenti diventa dura. Togliere il petto dal tegame, trasferirlo in una pirofila e lasciare riposare coperto con carta alluminio. Preparare ora la salsa: tritare le acciughe, unire il succo di limone, un cucchiaio di olio, la senape, il fondo di cottura del petto di tacchino dopo avere tolto gli aromi, e sbattere tutto per montare la salsa, aggiungere l'aceto balsamico e dopo aver tagliato la carne, versarla sopra e servire con contorno di una bella insalatina fresca.
Ingredienti per 4 porzioni
Preparazione
Togliere la scorza dura dai finocchi e tagliarli finemente con la mandolina. Spremere un'arancia e l'altra spellarla a vivo. Sgranare il melograno. Condire i finocchi e i grani con olio evo sale e pepe e il succo dell'arancia. Guarnire il piatto con le fettine di arancia spellata.
Ingredienti per 4-6 porzioni
Preparazione
Dalla pasta sfoglia ritagliare dei dischetti del diametro di circa 8cm con i quali foderare degli stampini da muffin in modo da ottenere dei cestini. Cuocere in forno caldo a 200°C per circa 10 minuti e lasciar raffreddare. Preparare la crema lavorando in terrina il mascarpone con lo zucchero e il caffè in modo da ottenere una crema liscia; aggiungere il torrone tritato fine e amalgamare bene per ottenere una crema omogenea. Lasciar riposare in frigo per circa un'ora. Al momento di servire, suddividere la crema di torrone nei cestini di sfoglia e decorare la superficie con della granella di torrone e (a piacere) con cioccolato fuso fatto scendere a filo aiutandosi con una sac-à-poche munita di bocchetta liscia.
Un,due,tre ,quattro,cinque…si,cinque sole lettere dell’alfabeto unite ad una grande,grandissima emozione:ecco gli “ingredienti” che compongono la parola danza.DANZA.Danza,come parte integrante del genere umano.Danza,come suprema e raffinata espressione artistica di tutti i tempi. Danza,come momento di aggregazione,felicità,riappacificazione,sensualità.Danza,come specchio riflettente il vissuto della società.Danza come ARTE.Danza come oggetto di tantissimi istanti della nostra esistenza.Si potrebbe dire di tutto su questa bellissima attività che,nel corso del tempo,ha sempre lasciato dietro sé un non so che di magico.Se ne potrebbero dare definizioni,cercare citazioni,intavolare discussioni o semplicemente fare riflessioni a bizzeffe,forse non se ne uscirebbe mai.Perchè si sa,la danza è vecchia come il mondo.E se per capirne il significato molti hanno pensato di aprire un dizionario o un’enciclopedia…beh,io ho preferito spalancare le porte del mio cuore e far si che queste righe non rimanessero solo incise fra le pieghe della mia anima.C’è chi la chiama sport,chi la identifica come divertimento,chi la addita come fatica e chi ancora,come me,non ha trovato le giuste parole per definirla,la giusta espressione che possa racchiudere e portare con sé tutto quell’affascinante universo che le vortica intorno e che,ogni volta,ci lascia senza fiato.Cos’è la danza?Passione.Passione,senz’altro.E poi grinta,impegno,forza,molta forza d’animo.Forza per riuscire a sconfiggere l’ansia che ti attanaglia lo stomaco prima di una prima.Forza per superare ostacoli e per affrontare sacrifici.Forza per sfidare te stesso.Forza per vincere te stesso.Forza per credere in te stesso.Che è probabilmente la battaglia più dura,ma al contempo più grande.Magia.Magia che rende tutto più bello,più vivo,più colorato.La magia di un passo che,se eseguito con la giusta intenzione ti porta proprio dove non immagineresti mai.Sacrificio.Perchè se ami una cosa e la vuoi raggiungere tocca lavorare sodo, metterci tutto l’impegno,provare,riprovare…oggi,domani,tra un mese,tra un anno.Sempre con la stessa voglia di fare,di fare di più,di migliorare e di “spaccare tutto”.Lotta continua.Perchè chi non ha il coraggio di lottare per i propri sogni e di affermare sé stesso è perduto per sempre e fa morire lentamente, ogni giorno,la sua essenza.Voglia.Voglia di apprendere,ascoltare,osservare. Voglia di vivere.Voglia di ballare.E poi,l’aspetto forse per me più importante,quello basilare: emozione.”Tu chiamale,se vuoi,emozioni” cantava Lucio Battisti.Ed io mi sento di riprendere questo passo della sua straordinaria canzone appunto per “chiamare” emozione quel brivido che arriva all’improvviso,che scuote profondamente,che fa prendere il volo verso un pianeta lontano. Quella lacrima calda che annebbia la vista,lucida gli occhi e fa vedere il mondo sotto una luce diversa.Quella scossa,quel sentimento che non si può descrivere,ma solo provare.E’ meraviglioso emozionarsi.E lo è ancora di più emozionarsi per emozionare. Se ci penso,una buffa espressione sorridente si dipinge sul mio viso e non posso fare a meno di commuovermi e poi ridere a crepapelle quando ricordo le mie prime lezioni da bambina,le mie prime scarpette rosa.E adesso, questi ricordi che si riflettono nel mio presente si tingono di una luce bellissima,quella che ho negli occhi da qualche mese,per la gioia di essere finalmente tornata a ballare,ad imparare,a credere che,se lo vuoi,tutto (o quasi!) è possibile.E ne è testimone il mio entusiasmo,quello che mi porta a ripetere,appena tornata a casa,quegli strani passi davanti allo specchio,allo stereo o alla tele in cucina,quando danno qualche programma musicale. LEI accompagna come una fedele ombra al fianco di chi ha deciso di accoglierla.Sempre.Silenziosa ma eloquente come nessuno.Aiuta a non mollare,a non lasciare che la paura di perdere impedisca di partecipare,e continua a farlo giorno dopo giorno.Sussurra di non abbandonare mai la propria stella e di non smettere mai di sognare, perché i sogni,quelli,che riescono a darci quella spinta che serve per andare avanti,nessuno avrà mai il diritto di strapparceli.Dopotutto,che male c’è ad aggrapparsi ad un magnifico sogno per poter riuscire a realizzarlo e creare una realtà proprio come l’avevi immaginata? Ed è proprio allora che la musica ti dona un paio di bianche ali invisibili e ti trascina in quel mondo incantato chiamato DANZA!
La “Magna Charta libertatum”, fu promulgata da Giovanni Senzaterra, re d’Inghilterra ed Irlanda, (1199-1216), nel 1215, in seguito alle rivolte dei feudatari.
Papa innocenzo Iii, (1198-1216), di cui il monarca era vassallo, ne sancì la nullità, al fine di riaffermare il primato della Chiesa, la quale costituiva, secondo la concezione teocratica, l’unica fonte di legittimazione del potere dei sovrani.
Tuttavia, il re Enrico Iii Plantageneto, asceso al trono nel 1216, la adottò nuovamente, durante lo stesso anno.
La costituzione, suddivisa in 63 articoli, constava di un unico foglio, grande carta, su cui erano elencate le libertà concesse, anzitutto, alla Chiesa inglese, a cui veniva assicurata la pienezza dei diritti, primo fra essi, la libera elezione delle proprie cariche religiose, (artt. 1, 63), statuendo, al contempo, la soggezione dei suoi membri al testo in esame (art. 60).
Lungo questa direttrice, il re stabiliva la necessità, a fronte dell’imposizione di nuovi tributi, del “comune consenso” , (art. 12), dei nobili e del clero, riuniti in assemblea, (art. 14). A mio avviso, siffatta assemblea può ritenersi una primitiva forma di Parlamento, dove i convenuti, convocati tramite lettera che, per così dire, specificava l’ordine del giorno, deliberavano a maggioranza semplice.
Si enunciava, poi, il principio della proporzionalità della pena, rispetto alla gravità del reato, fosse il colpevole un uomo libero, un mercante, un agricoltore, (art. 20), un nobile, (art. 21), o un religioso, (art. 22); in ogni caso, il reo avrebbe conservato i propri “mezzi di sussistenza”, (art. 20).
Si proseguiva, tracciando previsioni normative, che oggi appaiono desuete, ma che, all’epoca, contribuivano a delineare, al pari delle altre, contenuti e limiti del potere del sovrano. Così, ad esempio, egli vietava a chiunque, compresi i suoi ufficiali, la sottrazione, per lavori di trasporto, o altre necessità, di cavalli, carri, o legname, senza il previo consenso del proprietario (artt. 30, 31). Più avanti, si disponeva l’uso delle stesse unità di misura in tutto il regno, (art. 35). Ancora: ad una donna non era consentito accusare alcuno per la morte di un individuo, salvo che quest’ultimo non fosse il marito, (art. 54).
Tutt’altro significato avevano le norme di cui agli artt. 39, e 41.
La prima proibiva l’arresto, l’esilio di un uomo libero, nonché l’espropriazione dei suoi beni, se non a seguito di un processo svolto da individui dello stesso ceto. Ecco che ricevevano tutela valori quali la libertà personale, la legalità, la tempestività ed imparzialità della giustizia, (si veda anche l’art. 40).
La seconda prevedeva la libertà di circolazione dei mercanti stranieri, in tempo di pace, e l’osservanza, in tempo di guerra, del cd, principio di reciprocità di trattamento, (art. 41). Era questa una clausola basilare del diritto internazionale, ripresa nella disposizione successiva, che ne estendeva l’ambito applicativo a tutti gli uomini liberi, (art. 42).
Infine, il re ribadiva la vincolatività (art. 60), e l’efficacia “in perpetuo” del testo, (art. 63; si veda anche l’art. 1).
LaMagna Charta codificava le “antiche” e ”libere consuetudini”, proprie delle città inglesi, nonché di “borghi, ville e porti”, (artt. 13, 41, 60) e introduceva nuove disposizioni che limitavano il potere del sovrano, ampliando, per converso, le libertà individuali dei sudditi. Perciò, essa ha acquisito un ruolo cruciale, nel passaggio dal feudalesimo allo Stato moderno, dalla monarchia assoluta a quella costituzionale.
Il documento originale si trova nella cattedrale della città di Lincoln, distante, all’incirca, 200 chilometri da Londra.
Se prestiamo fede alla credenza religiosa del Genesi biblico e se seguiamo la logica umana, possiamo credere che il maschilismo abbia le sue origini dalla cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre quale punizione per il peccato da loro commesso. Infatti, possiamo trovare la spiegazione della dipendenza di Eva dall’uomo, dal fatto che Eva è stata tratta da una costola di Adamo ed è stata considerata responsabile della disubbidienza all’ordine divino. Come il Genesi dice, cacciandoli dal Paradiso Terrestre, è stato Dio stesso ad assegnare i compiti esistenziali ad Eva e ad Adamo, confermando con ciò la dipendenza dell’una dall’altro.
Ma indipendentemente dal Genesi, gli studi archeo – antropologici dimostrano che l’umanità ha dovuto seguire un percorso secolare prima di giungere ad un certo grado di civiltà da poter stabilire consapevolmente le diverse posizioni e mansioni dei suoi componenti. C’è da credere che non si sia dovuto attendere l’avvento dell’”homo sapiens” per stabilire la dipendenza della donna dall’uomo. Si può dire che tale dipendenza, a quei tempi, si sia creata per necessità naturale, dovuta alla differente condizione fisica dei due sessi. Infatti, la donna, per sua natura più debole, non avrebbe potuto affrontare il gravoso impegno lavorativo dei cacciatori, dei pastori e degli agricoltori, attività più idonee agli uomini fisicamente più dotati. Alla donna fu riservato il compito di mantenere acceso il fuoco, di provvedere ai bisogni della “casa”, alla preparazione degli alimenti e all’allevamento dei figli che avrebbe partorito.
Va detto che tale condizione si è sempre più consolidata attraverso i secoli tanto da essere considerata quasi una legge naturale. Infatti, anche quando si entrò nell’era dell’ “homo sapiens” e i popoli raggiunsero un notevole livello di civiltà, gli uomini continuarono ad affermare sempre più la loro supremazia e le donne furono sempre più segregate in casa, impegnate nella sorveglianza delle schiave e delle ancelle, nel soddisfacimento dei bisogni sessuali e nel partorire i figli da allevare.
Tale stato di inferiorità è stato confermato e ancor più aggravato dall’ignoranza culturale in cui le donne, salvo rare eccezioni, furono tenute per lunghi secoli.
La convinzione dell’egemonia maschile divenne un abito culturale, condiviso da filosofi, da letterati e poeti. Perfino il “divino” Platone, grande filosofo greco vissuto dal 428-27 al 348-47 a.C considerò naturale l’inferiorità spirituale delle donne tanto che le anime che dovevano continuare la loro purificazione dopo la morte del corpo oltre che in animali, per punizione, potevano trasmigrare nel corpo di una donna. Aristotele, altro grande filosofo greco, vissuto durante il IV sec. a.C, non giudicò positivamente “l’essere” delle donne.
I vangeli che contengono la predicazione di Gesù, in un certo senso rivalutano l’essere delle donne nelle persone di Maria Madre di Gesù, di Maria Maddalena, risorta con la riacquistata fede a nuova vita, di Maria di Betania che accoglie Gesù con atteggiamento schiettamente mistico e di altre ancora. Notiamo che la predicazione di Gesù non riguarda soltanto il riscatto spirituale, morale e sociale degli uomini ma anche delle donne le quali quindi sono “persone” come gli uomini e come tali vanno trattate su di un piano di parità e di rispetto reciproco. Ma la rifondazione del Cristianesimo ad opera del neofita Paolo di Tarso, vissuto dal 5-10 d.C al 64-67 d.C, e la sua costituzione in Chiesa, ha riaffermato l’inferiorità della donna, intesa per sua natura fragile, debole, emotiva, inaffidabile, evidentemente ignorando ancora le numerose donne che con particolare forza d’animo e coraggio successivamente avrebbero affrontato il martirio per mantenere la fede cristiana acquisita.
Nei secoli successivi, gli atteggiamenti nei confronti delle donne furono sempre più negativi e più diffidenti per l’attribuzione loro di tentazioni, soprattutto di natura sessuale, in cui potevano indurre gli uomini. Infatti, dei sette vizi capitali, la lussuria, o più semplicemente l’attività sessuale, fu considerato per lungo tempo il più grave e il più pericoloso. Alle donne furono attribuite perversioni coinvolgenti, malefici, stregonerie, e perfino contatti diretti con Satana.
A ciò seguirono carcerazioni, supplizi inauditi, condanne ad essere bruciate vive sempre in nome di presunte verità universali e in nome di una fede male interpretata. Nei periodi bui del medioevo, si arrivò perfino a vietare alle donne l’ingresso nelle Chiese principali della città di Roma. Naturalmente, questa situazione affermò ancor più l’egemonia degli uomini che la esercitarono con operazioni e trattamenti spesso brutali. L’uomo era padrone e le donne, fossero mogli, figlie o sorelle erano assoggettate a tale trattamento, socialmente prive di qualsiasi diritto.
Le vicende storiche degli ultimi due secoli, dalla Rivoluzione francese all’avvento del liberalismo, prima, e della democrazia, poi, dalla prima rivoluzione industriale all’avvento della macchina e del liberismo economico, all’affermazione del Marxismo, impressero alla vita dei singoli e degli Stati un rapido sviluppo delle società, in cui cominciò ad affermarsi il “femminismo” e l’ingresso delle donne nelle fabbriche come lavoratrici. Ma, fu soprattutto dopo la II guerra mondiale che si ebbe il più rapido e totale cambiamento, nel quale si andò attuando una sempre più completa liberazione della donna già in precedenza iniziata con la corrente femminista diffusa in tutto il mondo civile.
In Italia, fu modificato il codice di famiglia che abolì la disparità di trattamento dei sessi. La donna venne posta su di un piano di parità con gli uomini, con il riconoscimento non solo dei doveri, ma anche dei diritti. Fu abolito l’obbrobrioso delitto d’onore e giuridicamente fu riconosciuta anche all’uomo la colpa delle possibili crisi coniugali. Con il Referendum del 1974, a furor di popolo, si riaffermò la legge sul divorzio già promulgata nel 1972 e nel 1978 si riconobbe il diritto delle donne di decidere se o non abortire. Inoltre la maggiore età sottrasse le figlie all’autorità dei genitori, per cui furono libere di fare le scelte di vita loro più gradite.
Si aprì alle donne l’accesso a tutte le scuole, e a tutte le facoltà universitarie, comprese quelle a carattere medico e scientifico (si ricordi che solo alla fine del XIX sec. eccezionalmente la prima donna medico in Italia fu Maria Montessori). Fu abolito ogni impedimento alle donne di aspirare a tutte le cariche politiche elettive; di accedere alle cariche lavorative più impegnative e di aspirare alle funzioni direttive e dirigenziali di Enti pubblici e privati, con lo stesso impegno e con lo stesso profitto, quando anche non meglio degli uomini. Sono queste le dimostrazioni più eclatanti che non c’è e non c’è mai stata una condizione di inferiorità intellettiva naturale, come, purtroppo, nel passato si è creduto.
Giustamente furono promulgate leggi protettive della maternità e agevolazioni per l’allevamento dei figli e l’assistenza dei famigliari inabili e anziani.
Come si vede, i traguardi raggiunti sono certamente notevoli e sostanzialmente stanno ad attestare il conseguimento della parità dei sessi, anche se ancora vi sono settori in cui viene esercitata tale disparità, soprattutto in relazione al trattamento economico. Non si può, infatti, negare che il “maschilismo” è duro a morire e vi sono ancora atteggiamenti di superiorità e di diffidenza nei confronti della donna, nonostante le dimostrazioni concrete date.
Voglio infine rilevare che in questo campo si distingue negativamente la Chiesa Cattolica la quale, a differenza delle Chiese Cristiane, continua a negare alle donne pur meritevoli l’accesso al sacerdozio e si oppone alle pratiche scientifiche che possono rendere più vivibile la vita anche per le donne. Le donne, quindi, devono continuare a vigilare e continuare la lotta. Ma mi auguro che esse facciano buon uso della libertà e dei diritti conquistati con le affermazioni sociali, lavorative ed economiche, evitando di mascolinizzarsi e di seguire gli uomini nei loro aspetti più deteriori per non perder la “grazia” che è loro naturale.
Recensendo, nel 1933, per la rivista francese LE VOILE D' ISIS, consacrata a gli studi tradizionali, il volume di Pierre de Dienval LA CLE' DE SONGES,
Rene' Guenon , la cui opera, in Italia e nella nostra lingua tradotte ed edite presso Adelphi, occupano un posto preminente nel quadro degli studi simbolici
contemporanei; ecco , traendo occasione da quel volume , l' Autore francese poteva accostare con agio uno dei temi meno noti, oggigiorno, al grande pubblico
, vale a dire quello del simbolismo dei metalli in chiave monetaria. Ce n'è pochi oggi, se non qualche specialista, magari in qualità di studioso di
storia medievale , a poter riconoscere che ovunque sino all' alba dell' eta' contemporanea , in Occidente , e anche dopo presso popoli e nazioni non occidentali
, la moneta sia sempre stata connotata di un proprio simbolismo sacrale, nell' ordine minerale e iconologico , simbolismo che rimanda alla ragione ultima dell'Essere di lei , se MONETA METALLICA IN ORO O ARGENTO : quella di collocarsi nel mondo qual segno tangibile dello Spirito che si è realizzato :
dal servizio : per cui si dà , mediante l'uomo e la sua onesta e operosa mano , il realizzarsi , IN QUESTO STESSO MONDO , dello Spirito! Questo concetto così vivo in Europa , ancora , all'alba del cataclisma covogliatovisi a partire dalla Rivoluzione francese , questo preciso concetto , faceva si' che
tutta una serie di attività, di poi e or ora tuttavia esaltate come espressione del dinamismo dei tempi, venissero riguardate di malocchio e , quando non rigorosamente proibite , come il gioco del lotto nella Roma dei papi , se ne presagiva peraltro il contenuto di sventura animica pei loro fautori.
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Tornando al tema di seguito svolto dal Guenon , occorre subito fare una precisazione. Nel mondo attuale difatti esiste una precisa divisa monetaria la
quale conserva tuttavia , facendone mostra col elementi risalenti fino al lontano passato prebiblico, conserva e diresti pure in "bizzarro" logo ostanta un proprio determinato , e variegato, simbolismo sacrale. E questa moneta e' il Dollaro U.S.A.. Occorre intenderci , quasi nessuno fra coloro che maneggiano
la cartamoneta statunitense riesce attualmente a intendere , a livello di coscienza razionale, il senso del dato in luce: ombra profonda , e' dunque per quasi tutti i cittadini di questo mondo semi-globalizzato il tono di un Marchio tanto rivelatore . Di qual genere di "rivelazione" sia poi apportatore
codesto Marchio , ce lo illustra con acume e saggezza il signor Di Furia , Autore ed editore contemporaneo di preziosissimo talento. Ascoltiamolo : "1790
Parte da qui (...) la diffusione di un simbolismo occulto attraverso immagini che SINTETIZZATE (...) verranno UNITARIAMENTE visualizzate nel dollaro
americano. Questa inosservata bomba carta , questa atomica immaginativa , fronte-retro , comincia da quel momento in poi ad operare incoscientemente su chiunque maneggerà quella moneta cartacea . Applicando le INIZIALMENTE idealistiche immagini sopra accennate al denaro , le carichiamo di una valenza
che (...) ha però la forza di corromperne l'originario orientamento.(...) Nella sua incopletezza temporale ( il bigliettone verde da 1 dollaro sarà infatti reso definitivo solo durante il ritmo centrale nel 1933) sta appunto un duplice risultato : da una parte si inietta il veleno del FINE CHE GIUSTIFICA
I MEZZI nell' ignara popolazione guida dell'Estremo Occidente , e dall'altra vincolando le altre popolazioni (...) all'accettazione mondiale di tale
moneta come VALUTA DI RISERVA , in sostituzione dell'oro , le si addormenterà nel facile e illusorio benessere delle sfrenate ambizioni finanziarie ".
Siamo ben lontani dal contestare che esista , o sia esistita , una "scienza monetaria" tradizionale e che questa scienza abbia dei segreti ; ma , questi
segreti, sebbene non abbiano niente a che vedere con la "pietra filosofale", sono di natura del tutto diversa dalle cose di cui si parla nel libro di Pierre
DE Dienval (La clef des songes); per di più , continuando a ripetere, fino alla nausea, che la moneta è cosa puramente "materiale" e "quantitativa", si finisce proprio col concordare con coloro che si pretenderebbe criticare, i quali sono in realtà i distruttori di questa scienza tradizionale, esattamente
come sono i distruttori di ogni conoscenza avente lo stesso carattere, poichè sono proprio loro che hanno sradicato dallo spirito moderno ogni nozione
che va al di la' della "materia" e della "quantità". Costoro, quantunque non siano degli iniziati (poiché dipendono dalla "controiniziazione"), non sono
affatto vittime di questo "materialismo" che , al contrario, hanno imposto al mondo moderno per dei fini tutt' altro che economici; e ,quali che siano
gli strumenti di cui si servono a seconda delle circostanze, resta il fatto che sono un po' più difficili da identificare di quanto possa esserlo un Comitato
o un Gruppo qualunque di inglesi o di ebrei....Per quanto concerne la vera scienza monetaria, diciamo semplicemente questo : se essa fosse di ordine materiale,
non si capirebbe assolutamente perche' , li' dove ebbe una esistenza effettiva, le questioni ad essa relative non venissero lasciate alla discrezione del
potere temporale ma , al contrario, fossero sottomesse al controllo dell' autorita' spirituale; controllo che era confermato per mezzo di marchi di cui
si ritrovano le ultime vestigia, incomprese, nelle iscrizioni che , ancora fino a non molto tempo fà , figuravano sull' orlo delle monete(...).Dopo tutto
e' un errore dire che i metalli "monetari" non hanno valore proprio; e anche se il loro valore è essenzialmente simbolico ( oro e argento , Sole e Luna),non
per questo e' meno reale, poiche' è proprio tramite il simbolismo che le cose di questo mondo sono collegate alle realtà superiori.
Un'aura di preghiera si rattiene nell'eco della parola foscoliana. Ugo Foscolo , magnete di ritmi di pensiero .: sol per lui , avanzerebbe, apprendere
la nostra lingua, cuneo sempre all'ingegno di misteri. Mistero di questa identità radicale , in lui : tra la forza dell'idea , la parola e musicalità
che più intima la vola. L'"ombra" del verso foscoliano corona e rivela le piu' secrete aspirazioni tutte nel suo tempo. Non vien data parola , dal Foscolo, pur
sovente angosciato da bisogno di subita gloria , che all'ignoto non sorga con attrazione di sacrificio. La sua domus è il mondo ma non coreografico
o macchiettistico . Vita bensì , ove sian ricolti i moti, trascesi , di ogni intento;però la vita foscoliana è poesia : e resta , in poesia vita
: solta in lirica-orafa missione. Fedele al tono cui lo invita, rifugge il vate ogni scordante attrito dal giogo burocratico d'eventi. Dispose , un giorno, senz'altro preavviso, la sua dipartita in Svizzera , in Inghilterra : sortilegio a un segno per lui paterno tanto atteso.
Spigolatura foscoliana
I. DEE E GRAZIE.
"I numi festeggiavano un giorno in un convito celeste il ritorno di Venere da gli oracoli di Amatunta. Le Dive, per
onorar maggiormente la loro madre sorella ornarono de' loro doni pregi le grazje e Diana ornò le grazie ciascuna del proprio pregio. Diana concesse
a una grazia il pudore , e i mortali da quel dì l'adornarono come la grazia, Grazia, primogenita e la più bella".
II. ALLA SERA.
Forse perché della fatal quiete
Tu sei l'immago , a me sì cara vieni,
O sera ? E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zefiri sereni ,
E quando dal nevoso aere inquiete
Tenebre e lunghe all'universo meni ,
Sempre scendi invocata , e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co' miei pensier sull'orme
Che vanno al nulla eterno ; e intanto fugge
Questo reo tempo , e van con lui le torme
Delle cure , onde meco egli si strugge;
E mentre io guardo la tua pace , dorme
Quello spirito guerrier ch'entro mi rugge.
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Il grande fiume Ayeyarwady che, come un nastro pulsante di vita unisce i luoghi più importanti del paese, è stato l’indiscusso protagonista di alcuni dei molti splendidi tramonti che questo viaggio ci ha donato con generosa abbondanza. Abbiamo potuto ammirare il sole spegnersi nelle sue acque, condividendo lo spettacolo con molte altre persone dall'alto dei gradoni della pagoda Shwesandaw a Bagan o dalla sommità della collina di Mandalay. Sempre a Bagan ed in modo ancor più suggestivo, navigando su una barca in solitudine e a motore spento lasciandosi trascinare dalla corrente, mentre sulla riva scorrevano davanti ai nostri occhi i templi e le pagode dalle cupole d'oro. Non certo meno bello e magico il tramonto che ci ha regalato il lago Inle, dalla terrazza del nostro elegante albergo, mentre nel crepuscolo alcune piroghe scivolavano silenziose sulle immobili acque del canale. Ed infine, dall'aereo che ci riportava nella capitale, in un tripudio di colori dal giallo all'ocra, dall'azzurro intenso al rosso cupo.
Un altro elemento che ci ha accompagnato costantemente nel nostro itinerario è stato l'oro. Oro in forma di sottilissime foglie che i fedeli acquistano per poi donarle nelle pagode per ricoprire le grandi stupa - cupole inaccessibili che custodiscono le sacre reliquie dei diversi Budda -, rendendole preziose e scintillanti, o depongono con le loro stesse mani sulle grandi statue. Foglie d’oro lavorate ancora artigianalmente per mezzo di pesantissimi martelli, in un concentrato di fatica e misera monotonia davvero impressionanti.
E poi la strada, la strada assolata e polverosa nell’attesa della stagione delle grandi piogge,sulla quale si svolge la maggior parte della vita di questa gente. La strada dei monaci erranti con i loro vasi nelle mani alla continua ricerca di cibo e di offerte, dei mercati colorati e degli odori intensi. La strada dei bambini, dei negozianti, dei dentisti e dei parrucchieri. La strada delle corriere che percorrono in lungo e in largo il paese, sempre inverosimilmente strapiene di merci e di gente in precario equilibrio, che sfrecciano sfiorando galline, maialini in libertà e bambini in bicicletta. Strade approssimativamente asfaltate, che ci hanno condotto nei nostri trasferimenti, attraversando campagne, villaggi di capanne e guadi sassosi che in luglio e agosto si trasformano in torrenti rendendo impossibile ognicollegamento. Strade che hanno messo a dura prova le nostre schiene e le sospensioni dei pulmini, ma che ci hanno regalato immagini indimenticabili di un’arcaica vita contadina dimenticata nel tempo, ma anche chiassose, pittoresche e quanto mai improbabili situazioni.
Ripercorrendo a volo d’uccello alcuni momenti del nostroviaggio, a Yangoon abbiamo visitato la pagoda Schwedagon, una delle meraviglie del mondo, con la stupenda stupa d’oro, soffermandoci sino al crepuscolo in un’atmosfera carica di spiritualità e di simboli e rappresentazioni per noi a volte così lontane. La piana di Bagan, la più estesa e ricca dimostrazione della cultura e delle tradizioni birmane, cosparsa di centinaia di monasteri e di pagode che, come preziosi scrigni, custodiscono affreschi e affascinanti raffigurazioni del Budda, spesso rappresentato con grandiose bellissime statue di pietra o di oro. Centinaia di luoghi sacri e di tipici villaggi che ci siamo divertiti a ripercorrere su simpatici calessi a cavallo, riuscendo a respirare a fondo tutto il fascino di questo posto. La traversata del fiume da Mandalay a Mingun, che ci ha dato l’opportunità di osservare, sdraiati sulle stuoie di una tipica imbarcazione, la vita e il lavoro lungo le rive. Le ripetitive incomprensibili nenie cariche di fede delle donne nel tempio Mahamuni di Mandalay. Centinaia di monaci in fila per il loro parco pranzo nel monastero di Amarapura, la felicità del monaco maestro e dei suoi alunni per il dono di alcuni quaderni e alcune penne. Il dolce paesaggio della collina di Sagaing, anch’essa costellata di monasteri e pagode. Il bellissimo territorio tra il lago e Pindaya, in un ondulato panorama di terra rossa, coltivazioni e villaggi contadini e di grandi alberi di ficus, di Bombex dai meravigliosi fiori rossi e dei Perrot-tree dagli sgargianti fiori arancioni. Le spettacolari grandiose grotte di Pindaya, nelle viscere delle quali, tra le sculture naturali della roccia, sono stati lasciati nei secoli migliaia di statue grandi e piccole del Budda nelle più diverse forme e materiali, in un labirinto pieno di sorprese. Ed infine le incantevoli atmosfere del lago Inle, del quale siamo andati alla scoperta navigando sulle lunghe e affusolate piroghe, con i suoi mercati di barche, gli orti galleggianti stranamente sospesi sulla superfice, i tipici villaggi di pescatori su palafitte di legno e bambù, i canali pieni di vita, il fascino delle rovine delle antiche pagode di Indein tra boschetti di bambù e azzurre acque dove possenti bufali lasciavano fuoriuscire solo gli occhi e le grandi corna, il bel monastero con i suoi simpatici gatti ammaestrati, le donne giraffa imprigionate nei loro lunghi e pesanti collari e la impagabile dolcissima nitidezza del paesaggio.
Tutto questo allietato dal confort dei bellissimi alberghi nei quali abbiamo alloggiato, vere cattedrali di lusso e benessere in un deserto di povertà, dal contrasto a volte sin troppo stridente.
Nell’immediato ricordo rimane un impasto di immagini, di suoni e di emozioni, la cui amalgama è sicuramente stato il clima. Un clima meraviglioso che ci ha sempre accompagnato. Un sole e un cielo sempre terso che hanno illuminato le nostre giornate ed incendiato i tramonti e le stupa d’oro.
Un intreccio di luce e di polvere, di miseria e di tantissimi sorrisi, di spiritualità e di superstizione, di Budda e di dragòni, di stupa scintillanti e di modeste palafitte, di ameni paesaggi e di campanelli tintinnanti nel vento, di gesti lenti e di sensazioni antiche per noi irrimediabilmente perdute.
E’ così vuoto quest’anno il Natale,
la nebbia nasconde gli amici,
molti sono scomparsi, o fuggiti…
la speranza vola lontano,
insieme all’anima di un uomo buono.
Pane e circo non ci faranno felici:
è introdotta la legge marziale,
dissolti i sindacati, i partiti,
allineati studenti e giornali,
diminuiscono i salari…
è la mia terra, non voglio scappare,
porto capelli lunghi e gonne,
conviene – dicono - alle donne,
ma non sposerò un militare!
Santiago del Cile, 25 dicembre 1973
La necessità di fare presa sul pubblico indusse i giornalisti alla fine del secolo scorso a fotografare attori, cantanti e persone in vista all’interno
delle loro abitazioni e in atteggiamenti poco onorevoli o le cui foto si sarebbero potute cedere con grossi compensi
Ciò indusse i vip a lamentarsene con forza. Intelligentemente evitarono di chiedere una legge per loro soli e trasformarono la cosa in un problema generale,
non badando al fatto che al popolino l’inconveniente si presentava solo in alcuni casi e comunque in forme che ciascuno avrebbe potuto gestire anche senza
la presenza di una legge.
Così tutti noi siamo obbligati a tenere comportamenti fastidiosi di cui in passato non sentivamo alcun bisogno, mentre potremmo tutelare la privacy
in modi più semplici.
A me non interessava che la persona che mi seguiva nella fila allo sportello bancario sapesse a quanto ammontava il mio conto. Esso non è indice della mia
povertà o ricchezza, perché tali situazioni dipendono da ben altri fattori: titoli di credito e beni posseduti.
Tutti chiedevano all’impiegato di dir loro a voce alta quanto fosse l’ammontare del controcorrente… Se qualcuno si preoccupava di non farlo sapere, aveva
un mezzo semplicissimo: “Impiegato mi stampi l’estratto del mio conto per gli ultimi otto giorni.” Adesso anche a me, che sa bene che non ci vedo, mi dice:
“Non posso; la banca mi vieta di violare la privacy”
Stabilendo la responsabilità dei banchieri per i casi in cui la privacy viene violata, si sono messe le barriere formate da un solo nastro e si è vietato
agli impiegati di dire ad alta voce il saldo di un controcorrente.
Fermarsi dietro una barriera fittizia è poco simpatico per i normodotati, per noi ciechi è fonte di difficoltà.
Quando entro in una banca, specie se nuova per me e per il cane, vado facilmente contro i nastri divisori; il cane non sempre si ferma, ma anche se lo
fa, io avendo deciso di andare in quella direzione, lo invito a proseguire e, nel migliore dei casi, mi sento apostrofare ad alta voce e mi si ingiunge
di fermarni e aspettare una persona che mi aiuterà. Insomma, volendo io fare da solo e soprattutto non volendo dare nell’occhio, mi ritrovo a dover accettare
il compassionevole aiuto dì altri e viene richiamata su di me l’attenzione di tutti i presenti.
Se, poi, arrivato allo sportello, ho bisogno di sapere a quanto ammonta il mio saldo (per potermi regolare circa la somma da prelevare), mi trovo nella
necessità di farmi dare il foglietto con il saldo di tornare indietro e pregare di leggermelo una qualsiasi persona che difficilmente conosco e della
quale non ho elementi che mi permettano di giudicare la correttezza. Il lettore non potrà non ricordare la cifra e, eventualmente, servirsene per suoi
scopi. Dopo sono costretto a rimettermi in coda, se non voglio fare la figura del povero cieco. Se l’impiegato mi dicesse il saldo a voce alta, io quantomeno
eviterei di rifare la fila. Inoltre le persone dietro me potrebbero essere distratte e comunque c’è più probabilità che non ricordino la cifra.
Telefono al portiere di un condominio di Mestre e dico: “Vorrei ringraziare con un segno concreto la signora che l’altro ieri ha evitato che andassi
in acqua. Mi ha detto come si chiama e indirettamente dove abita. Io però non ricordo il suo nome. Se Lei mi dice i nomi degli abitanti nel suo palazzo,
molto probabilmente mi verrà in mente.” “E no, non posso violare la privacy degli abitanti.”Ma quando ho stabilito il nome della signora, mi dimenticherò
dei nomi di tutti gli altri.” “mbeh, venga qui che ne parliamo”
Andare a Mestre fra vaporetto e autobus, comporta un viaggio di almeno 40 minuti e, poi, mi è difficoltoso stabilire l’entrata, perché non posso dire al
cane “portami al numero …”. Comunque ci vado. “Senta. Mi descriva la signora”. Errori del genere almeno nei miei confronti sono frequenti
Non so che cosa fare: mi scoccia aver fatto il viaggio. Sosto un po’ davanti al portone ; per una strana fortuna sento: “professore, va dappertutto!”
.
“Chiaramente ho dovuto spiegare, perché ero lì e alla fine ho dovuto promettere falsamente che non le avrei fatto recapitare niente.
In questo momento non mi vengono in mente altri casi, ma posso affermare che essi sono abbastanza frequenti.
Insomma, la legge impone a tutti comportamenti spesso scomodi, ma mette spesse volte in seria difficoltà noi privi di vista.
Bisognerebbe che ci attivassimo e chiedessimo al Garante della privacy di dichiarare che le regole non valgono quando l’interessato chiede espressamente
di non seguirle. Beh, io aggiungerei “e quando è chiaro che l’interessato non vuole che siano applicate.” Temo, però, che l’aggiunta renderebbe improponibile
la richiesta e,allora, egoisticamente mi limiterei alla prima parte.
Cari lettori,
in queste giornate fredde e piovose dove la noia e la malinconia la fanno da padrone ,per tirarci un pò sù non c'è niente di meglio che raccontarci un pò di barzellette tra amici.
Io di seguito ve ne racconterò alcune, sperando che vi possano regalare un po di buonumore!
Certo non sono inedite,qualcuno le avrà già sentite,ma sicuramente vi piacerà rileggierle.
Almeno lo spero!
Buon divertimento!
1) Verso mezanotte uno scheletro esce dal cancello del cimiterocon una sigaretta spenta in mano e avvicinandosi a un signore che stà passando per la strada,e pensando di farlo spaventare le chiede
Per favore mi fà accendere?
L'uomo per nienteintimorito lo guarda e gli fà
ma quando la smetterai con le sigarette? Guarda come ti sei ridotto!
2) Lo sai perchè i carabinieri tengono sempre nel cofano della macchina una bacinella e un bidone pieno d'acqua?
Per bagnare la SIRENA naturalmente! ! !
3) Lo sai di che nazione sono le donne più curiose?
Le donne Persiane,stanno sempre alle finestre! ! !
4) Un bagnìno mentre stà mangiando un grosso panino all'ombra di un ombrellone le si avvicina un ragazzino in cerca di elemosina,e nel tentativo di impietosirlo le dice:
sono trè giorni che non mangio!
A bene gli fà il bagnìno,allora puoi fare tranquillamente il bagno!
5) Ultime notizie!
Torino,ragazza STUFA,scappa di casa.
Igenitori sono stati trovati da un parente morti di freddo!
6) Napoli,giovane donna ammazza il marito con il ferro da stiro.
Interrogata dai carabinieri sul motivo del folle gesto,la signora si e giustificata dicendo che il matrimonio aveba preso una brutta PIEGA!
7) Uscendo da un'osteriaun signore ubriaco cerca di raggiungere la sua casa distante qualche centinaio di metri
Ma vedendo che le gambe non lo reggevano si siede su una panchina ,e pensando a voce alta dice:
Non so perchè l'auto di mio figlio fà 20 km con un litro di benzina e io non riesco a fare nemmeno cento metri con un litro di vino!
8) Due mamme si stanno raccontanto le virtù dei loro bimbi,
dice la prima ,mio figlio ha 8 mesi e già tiene alzato l'ombrello!
Risponde la seconda,mio figlio ha5 mesi e quando piange di notte tiene alzata tutta la famiglia!
9) Una cipolla nata sotto un salice piangente pensa un pò preoccupata:
speriamo che non sono io la causa!
10) Un signore morendo si presenta per il giudizio finale con una lettera di raccomandazioni che porge all'addetto .
Dopo averla letta fa accompagnare il signore in un posto pieno di videogiochi e altri bellissimipassatempi,con l'unico inconveniente che a terra ci stà un metro di letame.
Un po storcendo il naso per la puzza ma tutto sommato contento prende posto e si mette a giocare divertendosi un sacco.
Passa un'ora ,si apre una porta si affacia un diavoletto con la forca in mano e urla,
Ragazzi l'ora d'aria e finita ,tutti a testa in giù! ! !
Carissime amiche,
Il Natale si avvicina a grandi passi... una festa che racchiude diversi significati importanti. Se sappiamo coglierla nei suoi
aspetti positivi, questa atmosfera magica ci consente di sognare e ci riporta, almeno per un istante, a quel mondo incantato
delle fiabe, troppo spesso dimenticato e trascurato da noi adulti. Credenti o non credenti, al di là del significato religioso
che può assumere per noi il Natale, non possiamo ignorare questa
importante festività cristiana. È sicuramente un tema che, pur toccando molto da vicino la nostra sensibilità femminile,
unisce tutti noi in quanto esseri umani e ci permette, almeno per una volta, di andare oltre le differenze di genere.
Vorrei proporvi un breve viaggio alla scoperta delle principali tradizioni che ogni anno ci accompagnano durante il periodo
natalizio, cominciando proprio da quella che ha sempre destato una grande curiosità nei più piccoli: Babbo Natale.
La figura del vecchietto più amato e atteso dai bambini ha una storia che si perde nella notte dei tempi. Il babbo Natale che
conosciamo noi è, infatti, l'evoluzione di un personaggio realmente esistito: San Nicola.
Nicola, nato in Turchia e divenuto vescovo
di Myra, nell'Asia Minore, attorno al 350 d. C., divenne popolare per la sua bontà
e carità. Intorno a lui, negli anni che seguirono la sua morte, si diffusero numerosissime
leggende.
Una tra le più famose, confermata anche da Dante nel Purgatorio, è quella che racconta
come Nicola, addolorato dal pianto e commosso dalle preghiere di un nobiluomo impossibilitato
a sposare le sue tre figlie perché caduto in miseria, decise di intervenire
lanciando
per tre notti consecutive, attraverso una finestra, tre
sacchi di monete
come dote per le ragazze. La prima e la seconda notte le cose andarono come stabilito, ma la terza notte San Nicola trovò la
finestra inspiegabilmente chiusa e decise di
arrampicarsi sul tetto per gettare il sacchetto di monete
attraverso il camino.
Quando morì, le spoglie del santo, o le presunte tali, vennero deposte a Myra fino
al 1087. In quell'anno vennero trafugate da un gruppo di cavalieri italiani e portate
a Bari, dove sono tuttora conservate, e di cui San Nicola è divenuto il santo protettore.
Dal Medioevo in poi la figura di San Nicola, il santo generoso, assunse
diversi nomi e fisionomie
nei vari paesi europei:
Father Christmas in Inghilterra, Julenisse
in Scandinavia,
Saint Nicolas in Svizzera, Père Noël in Francia,
SinterKlaas
in Olanda. I protestanti, dopo la Riforma, gli affidarono la missione di portare
regali ai bambini, però gli tolsero i paramenti solenni da vescovo, troppo vicini alle raffigurazioni dei cattolici.
E com'è nato invece l'albero di Natale?
Questa tradizione viene fatta risalire alle popolazioni
germaniche, in particolare ai Teutoni. Essi solevano celebrare il Solstizio d'inverno
recandosi nel bosco e recidendo un abete come rito propiziatorio.
Portato in casa, l'abete veniva addobbato con ghirlande e dolci: insomma un vero
e proprio antenato del nostro Albero di Natale. L'immagine dell'albero, specie se
sempreverde, come
simbolo del rinnovarsi della vita
è un tradizionale tema pagano, presente sia nel mondo antico che medioevale e, probabilmente,
in seguito assimilato dal Cristianesimo.
La prima notizia ufficiale sull'uso dell'albero di Natale viene dall'Alsazia. È una
cronaca di Strasburgo e nel 1605 annota: "Per Natale i cittadini si portano in casa
degli abeti, li mettono nelle stanze, li ornano con rose di carta di vari colori,
mele, zucchero, oggetti di similoro".
Prima dell'apparizione "ufficiale" dell'albero di natale, però, esisteva un gioco
religioso medioevale celebrato proprio in Germania il 24 dicembre, il "Gioco di Adamo
ed Eva" (
Adam und Eva Spiele
), in cui venivano riempite le
piazze e le chiese di alberi di frutta e simboli
dell'abbondanza per ricreare l'immagine del Paradiso. Successivamente gli alberi
da frutto vennero sostituiti da abeti poiché quest'ultimi avevano una profonda
valenza magica per il popolo. Avevano specialmente il dono di essere sempreverdi, dono che secondo
la tradizione gli venne dato proprio dallo stesso Gesù come ringraziamento per averlo
protetto mentre era inseguito da nemici.
L'usanza vera e propria dell'albero di Natale entrò nelle case tedesche nel
XVII secolo
ed agli inizi del secolo successivo era già pratica comune in tutte le città della
Renania. L'uso di candele per addobbare i rami dell'albero è attestato già nel XVIII secolo. Per molto tempo, la tradizione
dell'albero di Natale rimase tipica di queste regioni.
Furono gli ufficiali prussiani, dopo il Congresso di Vienna, a contribuire alla sua
diffusione
negli anni successivi. A tutt'oggi, la tradizione dell'albero di Natale, così come
molte altre tradizioni natalizie correlate, è sentita in modo particolare
nell'Europa di lingua tedesca
(si veda per esempio l'usanza dei
mercatini di Natale.
E il Presepe?
Il nome "presepe" viene del Vangelo di San Luca, in cui si racconta che la Madonna,
dopo aver partorito, avvolse il piccolo Gesù nelle fasce e lo mise in un
praesepe, cioè in una mangiatoia. L'invenzione del presepe come lo conosciamo oggi, è attribuita
a San Francesco.
Secondo la biografia del santo, due settimane prima del Natale del 1223 san Francesco
si accordò con Giovanni Velita, signore di
Greccio, per celebrare proprio nel paese umbro la nascita di Gesù, volendo ricreare non
solo l'atmosfera di Betlemme ma anche i disagi vissuti dal bambinello. Così, con
la partecipazione della popolazione, nacque il primo presepe vivente della storia.
Gran parte delle ambientazioni tipiche del presepe non derivano dai Vangeli canonici,
che parlano in modo vago della natività, ma da quelli
apocrifi
e da arcane tradizioni ormai dimenticate.
Il bue e l'asinello, ad esempio, derivano da un'antica profezia di Isaia:
"Il bue ha riconosciuto il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone". Sebbene Isaia non si riferisse assolutamente
alla nascita del Cristo, l'immagine
dei due animali venne utilizzata comunque come
simbolo degli ebrei
(rappresentati dal bue) e
dei pagani (rappresentati dall'asino).
Anche la stalla o la grotta in cui Maria avrebbe dato alla luce il Messia non compare nei Vangeli
canonici: anche quest'informazione arriva dai Vangeli apocrifi. Inoltre non bisogna
dimenticare che la grotta è un ricorrente
simbolo mistico e religioso
per molti popoli soprattutto del settore mediorientale: una delle più famose divinità
persiane, Mitra, nacque proprio in una grotta, il 25 dicembre.
Secondo la tradizione, il Presepe deve essere fatto il giorno di
San Nicola o di Santa Lucia
(di sant'Ambrogio a Milano), lasciando però la mangiatoia vuota, che accoglierà
il bambinello nella Notte di Natale. Il Presepe si
completa il 6 di gennaio, con l'arrivo dei tre Re Magi venuti dall'Oriente a portare doni di oro, incenso
e mirra a colui che la
stella cometa
aveva indicato come "Luce del mondo".
Il Primo esempio di presepe inanimato a noi pervenuto è quello che
Arnolfo di Cambio scolpì nel legno
nel 1280 e del quale oggi si conservano le statue residue nella cripta della Cappella
Sistina di S. Maria Maggiore a Roma.
Da allora e fino alla metà del 1400 gli artisti modellano statue di legno o terracotta
che sistemano davanti a un fondale riproducente un paesaggio, ambientazione della
scena della Natività: i presepi, però, vengono esposti solo all'interno delle chiese.
Per i primi veri presepi dobbiamo aspettare il XV secolo, quando si diffonde l'usanza
di collocare nelle chiese grandi
statue permanenti: uno dei più antichi, tuttora esistenti, è il presepe monumentale della Basilica
di Santo Stefano a Bologna che viene allestito ogni anno per Natale.
Dal XVII secolo il presepe inizia a diffondersi anche nelle case, quelle dei nobili,
sotto forma di soprammobili o di vere e proprie cappelle in miniatura, anche grazie all'invito del papa durante
il Concilio di Trento ad incoraggiare questa pratica.
Nel XVIII secolo, addirittura, a Napoli
si scatena una vera e propria competizione fra famiglie su chi possieda il presepe
più bello: in questo periodo il presepe napoletano raggiunge la celebrità che tutt'oggi
conserva, conferendo al tradizionale presepe caratteristiche sempre più umane,
con l'aggiunta di personaggi della quotidianità.
Ma concentriamoci un attimo sulle figure che, oltre a Gesù, Giuseppe e Maria, hanno sempre rappresentato i personaggi
principali del presepe: i re Magi e la stella Cometa.
"I re magi erano tre fratelli:
Melchiorre, che regnava sui persiani, poi Baldassare
che regnava sugli indiani, ed il terzo Gaspare
che dominava sul paese degli arabi." Così narrano i Vangeli apocrifi, che co forniscono
il numero e i nomi dei sapienti orientali.
Le gesta dei Magi vengono narrate anche nel Vangelo di Matteo, che ne racconta la
partenza verso Betlem, l'adorazione del bambino e la visita dell'angelo che li avvertì
di non tornare da Erode.
La parola mago, che deriva dal greco 'magoì, non faceva riferimento a persone con poteri soprannaturali,
bensì definiva gli appartenenti ad una
casta sacerdotale
persiana che si interessava di astronomia e astrologia. I magi erano gli studiosi
dei fenomeni celesti.
La loro religione li conduceva alla costante attesa
di un 'Soccorritore divino", il ruolo del quale sarebbe stato quello di aprire un'era
di rinnovamento e di rigenerazione dopo la fase di decadenza che l'aveva preceduto:
in particolare il 'Soccorritorè sarebbe dovuto nascere da una vergine discendente
da Zarathustra e avrebbe condotto con sé la resurrezione universale e l'immortalità
per gli esseri umani. Molte leggende accompagnavano il mito del 'Soccorritorè, tra
le quali: una
stella
lo avrebbe annunciato. Tenendo conto di questo contesto culturale, non meraviglia
il comportamento dei magi nella descrizione di Matteo.
I magi sono tre, il numero perfetto, e diverse sono le interpretazioni date a questo
numero. Alcuni ci vedono rappresentate le tre età dell'uomo: gioventù, maturità
e vecchiaia. Altri le
tre popolazioni
del mondo allora conosciuto, ovvero Europa, Asia e Africa.
Anche i tre doni dei Magi hanno un significato: fanno riferimento alla duplice natura
di Gesù, quella umana e quella divina: l'incenso
, testimonianza di adorazione alla sua Divinità, la
mirra, per il suo essere uomo, l'oro
perché dono riservato ai re.
Secondo la tradizione i Magi sarebbero morti in Persia e sepolti insieme in una grande
tomba. Elena (madre di Costantino), venutane a conoscenza, avrebbe fatto trasportare
le reliquie a Costantinopoli in una grande chiesa fatta costruire apposta per ospitarle.
Alcuni storici sostengono che queste reliquie, nello stesso IV secolo, furono trasportate
da Costantinopoli a Milano da Eustorgio, vescovo di questa città, mentre altri ritengono
che giunsero in Italia con le crociate.
Una cosa sembra certa: nel 1162
si sa che le spoglie dei Magi si trovavano
in Lombardia. Infatti in questa data il Barbarossa, che aveva raso al suolo Milano, teneva molto
alla conservazione di quelle reliquie per appropriarsene, come garanzia di una particolare
compiacenza e protezione da parte di Dio.
La presenza delle reliquie nel capoluogo lombardo è testimoniata anche dal
culto
che si diffuse nella regione. Queste reliquie nel 1164 da Milano furono trasportate
a Colonia, in Germania, dove attualmente sono conservate.
E qual'è la storia della stella che ha guidato i re Magi nel loro cammino fino alla capanna di Gesù?
Non tutti sanno che, nell'iconografia antica, la stella cometa non viene rappresentata
con una coda. Fu Giotto il primo a dipingere la natività con una stella dotata di
coda, nell'affresco contenuto nella cappella degli Scrovegni a Padova.
L'affresco, riporta probabilmente un fenomeno che impressionò fortemente il pittore:
il passaggio della
cometa di Halley nel 1301.
Da quel momento si moltiplicarono i quadri ispirati a questo affresco, probabilmente
perché la coda rispondeva al desiderio di avere un corpo celeste che indicasse una
direzione, e la stella con la coda entrò a pieno titolo nell'iconografia tradizionale della
natività.
LA STELLA C'ERA DAVVERO? ED ERA UNA COMETA?
Vari studiosi si sono cimentati nell'identificazione della "stella di Betlemme" apparsa
ai
Magi
intorno all'anno zero.
Alcuni hanno ipotizzato che si trattasse della cometa di
Halley, la stessa che impressionò Giotto e che fu visibile dalla Terra nel
12 a.C.
. Ma questa data non è compatibile con l'opinione corrente della maggior parte degli
storici che datano la nascita di Gesù tra il
7 e il 4 a.c.
La gran parte degli studiosi è propensa a credere che la stella che guidò i Magi
non fosse un singolo oggetto celeste, ma una
congiunzione di pianeti: Keplero segnalò che nel 7 AC. vi fu una
tripla congiunzione
di Giove con Saturno, evento molto raro che si verifica ogni 805 anni, mentre nel
6 a.C., vi furono simultaneamente le congiunzioni di Giove con la Luna e di Marte
con Saturno, entrambe nella costellazione dei Pesci.
Questo fenomeno deve aver avuto un enorme valore: essendo considerata una grande
congiunzione e in vista della imminente era del messia (o anche età dell'oro),
mise in allarme l'intero mondo antico.
Inoltre, secondo i calcoli, Betlemme si trova proprio nella direzione in cui la
luce nella costellazione dei Pesci poteva essere percepita da viaggiatori che giungessero
da Oriente ed alcuni documenti confermano che fu proprio nel 7 a.C. che nei cieli
della sponda meridionale del Mediterraneo e in Mesopotamia si verificò un fenomeno
luminoso nettamente percepibile con gli stessi caratteri di quello dell'episodio
dei Magi.
Ultima, ma non per questo meno importante delle altre, è proprio la Befana. Una magica figura tipicamente italiana che
viene a chiudere il periodo festivo. Il suo nome deriva dalla parola
epifania, la festività religiosa alla quale è collegata.
Questa figura è molto popolare in tutta la penisola, anche se il termine quasi certamente
deriva da una parola di origine toscana.
Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio la vecchietta, che si muove volando su una scopa,
scivola nei camini
con il suo capace sacco pieno di
doni per i bambini buoni e di
carbone
per quelli che durante l'anno appena trascorso si sono comportati male, e sistema
i medesimi nelle calze appese vicino ai letti.
Personaggio mitico, questa creatura ha origini molto
antiche. Ad esempio, in
Grecia,
era la dea Hera a percorrere il cielo portando
doni e abbondanza
durante dodici notti solstiziali. Hera, legata a Diana, patrona della stregoneria,
era la dea notturna per eccellenza, che soprintendeva al noto "Corteo di Diana",
in cui le donne compivano i loro sortilegi.
Donne che, dopo l'avvento del Cristianesimo, vennero considerate pagane, malvage
e dissolute. Questa decadenza spiega anche, con tutta probabilità, l'aspetto attuale
delle Befane: donne brutte e sdentate, dai capelli arruffati e coperte di miseri
stracci, proprio come le streghe che ben conosciamo.
Anticamente la notte dell'Epifania era l'occasione per praticare tutta una serie
di riti apotropaici. Ancora oggi è diffusa l'usanza di ardere la vecchia: un enorme pupazzo, composto da legna, stracci e
fascine, di forma umana, viene
posto su di una pila di legna e dato alle fiamme.
La figura della vecchia era anticamente una specie di capro espiatorio
per esorcizzare tutto il male
e per propiziarsi l'abbondanza e la fertilità dei campi. Con la distruzione della vecchia nell'immaginario popolare (forse un
antico retaggio di sacrifici umani o
animali) si intendeva rappresentare la fine di tutti i mali. La stessa cosa avviene
la notte di Capodanno, quando si lanciano oggetti vecchi dalle finestre.
In alcune località del Veneto e del Friuli si lanciano delle
ruote di legno incendiate
lungo i pendii dei monti; il rito viene detto "rito della stella", perché anticamente
le ruote rappresentavano la corsa del sole nel cielo.
Nel trevigiano era in uso fino a pochi decenni fa la tradizione della "notte del panevino. Si accendevano grandi fuochi,
appiccati dai bambini più piccoli del paese. E tutti prendevano a danzare intorno al falò, intonando un canto.
Moltissime sono le tradizioni legate al Natale, ed elencarle tutte risulterebbe impossibile. Preferisco terminare questo
fantastico viaggio insieme a voi sottolineando la grande influenza che i riti pagani esercitano ancora oggi sulla nostra
cultura. Anche una festa cristiana solenne come il Natale porta ancora con sè molti spunti che derivano dal culto degli dei.
Un culto magico che ci spinge ad attraversare altre epoche, a visitare altri mondi. Spero che riusciate a farvi avvolgere da
questa magia per riscoprire il bambino che c'è in voi. Anche se soltanto per un momento...
Vi auguro di passare un sereno Natale e di cominciare questo nuovo anno con la gioia nel cuore.